View Full Version : L'acqua non si vende, referendum
Gianluca99
24-04-2010, 14:08
L'acqua non si vende
fuori l'acqua dal mercato, fuori i profitti dall'acqua
Il 24 e il 25 aprile inizia la raccolta firme. Liberiamo l'acqua dal mercato
Il fine settimana del 24 e 25 aprile inizia in tutta Italia la raccolta firme per i referendum per la ripubblicizzazione dell'acqua. In centinaia di piazze italiane saranno allestiti i banchetti. L'anniversario della Liberazione dal nazifascismo è occasione per liberare anche l'acqua dal mercato e dal profitto.
I tre quesiti vogliono abrogare la vergognosa legge approvata dall’attuale governo nel novembre 2009 e le norme approvate da altri governi in passato che andavano nella stessa direzione, quella di considerare l’acqua una merce e la sua gestione finalizzata a produrre profitti.
Dal punto di vista normativo, l’approvazione dei tre quesiti rimanderà, per l’affidamento del servizio idrico integrato, al vigente art. 114 del Decreto Legislativo n. 267/2000.
Tale articolo prevede il ricorso alle aziende speciali o, in ogni caso, ad enti di diritto pubblico che qualificano il servizio idrico come strutturalmente e funzionalmente “privo di rilevanza economica”, servizio di interesse generale e privo di profitti nella sua erogazione.
Verrebbero poste le premesse migliori per l’approvazione della legge d’iniziativa popolare, già consegnata al Parlamento nel 2007 dal Forum italiano dei movimenti per l’acqua, corredata da oltre 400.000 firme di cittadini. E si riaprirebbe sui territori la discussione e il confronto sulla rifondazione di un nuovo modello di pubblico, che può definirsi tale solo se costruito sulla democrazia partecipativa, il controllo democratico e la partecipazione diretta dei lavoratori, dei cittadini e delle comunità locali.
La prendiamo bonariamente come informazione ma qui non sono ammesse pubblicità di raccolta firme, per questo ci sono siti specializzati
Che ne pensate?
Gianluca99
24-04-2010, 14:11
Perché un referendum?
Perché l’acqua è un bene comune e un diritto umano universale. Un bene essenziale che appartiene a tutti. Nessuno può appropriarsene, né farci profitti. L’attuale governo ha invece deciso di consegnarla ai privati e alle grandi multinazionali. Noi tutte e tutti possiamo impedirlo. Mettendo oggi la nostra firma sulla richiesta di referendum e votando SI quando, nella prossima primavera, saremo chiamati a decidere. E’ una battaglia di civiltà. Nessuno si senta escluso.
Perché tre quesiti?
Perché vogliamo eliminare tutte le norme che in questi anni hanno spinto verso la privatizzazione dell’acqua.
Perché vogliamo togliere l’acqua dal mercato e i profitti dall’acqua.
Cosa vogliamo?
Vogliamo restituire questo bene essenziale alla gestione collettiva. Per garantirne l’accesso a tutte e tutti. Per tutelarlo come bene comune. Per conservarlo per le future generazioni. Vogliamo una gestione pubblica e partecipativa.
Perché si scrive acqua, ma si legge democrazia.
Dai referendum un nuovo scenario
Dal punto di vista normativo, il combinato disposto dei tre quesiti sopra descritti, comporterebbe, per l’affidamento del servizio idrico integrato, la possibilità del ricorso al vigente art. 114 del Decreto Legislativo n. 267/2000.
Tale articolo prevede il ricorso ad enti di diritto pubblico (azienda speciale, azienda speciale consortile, consorzio fra i Comuni), ovvero a forme societarie che qualificherebbero il servizio idrico come strutturalmente e funzionalmente “privo di rilevanza economica”, servizio di interesse generale e scevro da profitti nella sua erogazione. Verrebbero di conseguenza poste le premesse migliori per l’approvazione della legge d’iniziativa popolare, già consegnata al Parlamento nel 2007 dal Forum italiano dei movimenti per l’acqua, corredata da oltre 400.000 firme di cittadini.
E si riaprirebbe sui territori la discussione e il confronto sulla rifondazione di un nuovo modello di pubblico, che può definirsi tale solo se costruito sulla democrazia partecipativa, il controllo democratico e la partecipazione diretta dei lavoratori, dei cittadini e delle comunità locali
ciccio er meglio
24-04-2010, 15:18
certo che firmerò:)
Crazy rider89
24-04-2010, 17:15
Se riesco a trovare un banchetto firmo sicuramente :cool:
Se nella proposta mettono dentro anche vino e birra firmo anche io.
blamecanada
25-04-2010, 21:44
Non una authority ma l’acqua pubblica
Riccardo Realfonzo - 24 Aprile 2010
Parte la raccolta di firme per il referendum a favore dell’acqua pubblica, indetto dal Forum italiano dei movimenti per l’acqua, e i fautori della privatizzazione moltiplicano le loro rassicurazioni. Costoro infatti precisano che in Italia non c’è un intento di privatizzare le reti, ma la “semplice” gestione dell’acqua, e rispolverano le solite vecchie tesi in materia dei poteri di controllo sui gestori privati di una nuova authority.
Ma procediamo con ordine. Con il decreto Ronchi approvato dal Parlamento il 18 novembre scorso risultano ulteriormente accentuate le privatizzazioni già promosse dal governo Berlusconi con il ben noto articolo 23 bis della legge 133 del 2008 (che spingeva verso la privatizzazione in materia di affidamento e gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica). Il decreto Ronchi impone la gara per l’affidamento dei servizi e stabilisce che le società a partecipazione pubblica quotate in borsa debbano portare la percentuale di proprietà pubblica al di sotto del 30%. Inoltre il decreto rende ancora più difficile il ricorso a quelle ambigue scappatoie - uno dei pasticci giuridici all’italiana - che sono le società per azioni di proprietà interamente pubblica. Infatti, gli affidamenti diretti (“in house”) vengono ora ammessi solo in casi di “situazioni eccezionali”, per il cui riconoscimento serve il parere preventivo dell’Antitrust.
Il decreto Ronchi interviene dunque in un ambito delicatissimo e cruciale per l’interesse pubblico nazionale. Per questa ragione sarebbe stato opportuno che per valutare la congruità del provvedimento si fosse aperta una discussione libera da pregiudiziali e fondata su elementi oggettivi. La letteratura scientifica sugli effetti delle privatizzazioni dei servizi pubblici, del resto, è ormai ampia. Autorevoli studi internazionali mostrano che storicamente le privatizzazioni non hanno assicurato una crescita della quantità e della qualità dei servizi offerti ai cittadini. I medesimi studi inoltre evidenziano che a seguito delle privatizzazioni i meccanismi perequativi si riducono e che le tariffe il più delle volte aumentano, dal momento che i ricavi aziendali devono assicurare non solo la copertura dei costi ma anche un margine di profitto. Ed ancora, diverse analisi rivelano che i meccanismi di liberalizzazione e apertura dei mercati risultano facilmente aggirabili, e che il servizio pubblico locale spesso finisce per assumere i tipici caratteri delle attività protette, che consentono ai capitali privati di godere di profitti elevati nella sostanziale assenza di pressioni competitive esterne. Insomma, il vecchio convincimento secondo cui la privatizzazione dei servizi determinerebbe aumenti dell’efficienza e del benessere collettivo, in realtà non trova riscontro nei dati[1].
In molti paesi di queste evidenze si tiene conto. Fin da prima della crisi - e dopo di essa in misura ancor più accentuata - assistiamo a veri e propri cambi di paradigma, che soprattutto in materia di servizi locali determinano un ampliamento della sfera pubblica. Basterebbe ricordare ciò che è accaduto a Parigi, dove le società private Suez e Veolia, che hanno gestito l’acqua nell’ultimo quarto di secolo, hanno lucrato ampi profitti reinvestendoli nei settori più disparati. I parigini, stanchi di assistere a un continuo peggioramento del servizio e ad una progressiva crescita delle tariffe, hanno chiesto a gran voce la rimunicipalizzazione dell’acqua e il sindaco Bertrand Delanoë ha vinto la campagna elettorale proponendo di tornare alla gestione pubblica dell’acqua.
Il governo italiano si muove dunque in controtendenza rispetto a quanto accade nei paesi più progrediti. Tra l’altro, appare significativa anche la scelta di tempo. Obbligare i comuni a cedere quote di proprietà delle società che erogano servizi pubblici in una fase di generale ribasso dei listini azionari può dar luogo a una vera e propria svendita a vantaggio del profitto di pochi. È preoccupante in questo senso che le reazioni al decreto Ronchi di molti esponenti imprenditoriali siano state improntate al grande apprezzamento per il rinnovato impegno liberista del governo. Soprattutto in una fase difficile e profondamente iniqua come questa, sarebbe stato bene che la parte più viva e lungimirante del mondo imprenditoriale avesse valutato il provvedimento dell’esecutivo con maggior consapevolezza e spirito critico.
A tutto ciò si aggiunge che l’operazione del governo ha anche un carattere fortemente sperequato sul piano territoriale, e ciò evidentemente riflette la “partita” politica - tutta settentrionale - che si è svolta intorno ad essa. Attraverso alcune “soglie”, di competenza dell’Antitrust, il decreto è infatti strutturato in modo tale da far sì che “le briciole” vengono lasciate alle aziende di proprietà pubblica del Nord, per i cui interessi territoriali si è evidentemente battuta la Lega, mentre “la polpa” dei servizi pubblici locali dei principali centri urbani va in appannaggio alle grandi società per azioni e alle multinazionali. In particolare, il Mezzogiorno sembra destinato a cedere pressoché interamente la gestione dei servizi pubblici locali, a cominciare proprio dall’acqua, a grandi imprese esterne al territorio.
Di fronte a questa azione privatizzatrice per troppo tempo le forze del centrosinistra sono apparse inerti, con il Partito Democratico che è risultato manifestamente portatore di interessi al suo interno divergenti, diviso come è tra fautori e critici delle privatizzazioni dei servizi pubblici locali. Ora il Partito Democratico annuncia una proposta di legge di riordino del settore che, riprendendo in buona misura le tesi avanzate dal sito lavoce.info[2], sembra ruotare intorno alla creazione di una nuova authority, che dovrebbe controllare una gestione sostanzialmente affidata ai privati. Vengono quindi rispolverate tesi già avanzate in occasione di passate operazioni di privatizzazione. E va da sé che, anche in questo caso, assisteremmo alla creazione di un altro organismo inutile, del tutto impotente rispetto alle multinazionali dell’acqua, al punto che gli esiti rischierebbero di non essere diversi da quelli del decreto Ronchi. Al tempo stesso, altrettanto discutibili appaiono le altre proposte presenti nel centrosinistra italiano che continuano ad avanzare soluzione ibride, che spingono nella direzione del ricorso a società miste pubblico-private o a formule giuridiche di diritto privato. È vero infatti che negli ultimi anni il ricorso alle spa di proprietà interamente pubblica è stato considerato spesso una soluzione utile per limitare i danni della privatizzatrice legislazione vigente (e su questo punto si è sviluppato un dibattito all’interno stesso dei movimenti per l’acqua pubblica[3]), ma questa soluzione non rappresenta certo l’ideale a cui tendere nel momento in cui si tratta di ridisegnare la normativa sui servizi pubblici locali.
Per tutte queste ragioni, i referendum proposti dal Forum italiano dei movimenti per l’acqua, con l’ampissimo tessuto sociale che lo sostiene, vanno nella direzione giusta. L’approvazione dei tre quesiti referendari, infatti, segnerebbe una straordinaria vittoria politica delle forze critiche verso le privatizzazioni e ci riconsegnerebbe una gestione dell’acqua finalmente affidata a un soggetto interamente pubblico.
[1] Si rinvia ad esempio agli studi sulle privatizzazioni britanniche, le più studiate. Tra gli altri i contributi di Massimo Florio hanno dimostrato che gli effetti positivi delle privatizzazioni sono stati sempre modesti o nulli per i consumatori e comunque largamente superati dagli effetti individuali e sociali negativi. A riguardo si rinvia al volume di Florio, The Great divestiture. Evaluating the welfare impact of British privatizations (MIT Press) 2004 e al contributo dello stesso autore nel volume a cura mia e di P. Leon dal titolo L’economia della precarietà (manifestolibri, 2008). Si veda inoltre il contributo di Bruno Bosco, “Privatization, reproduction and crisis: the case of utilities”, in corso di pubblicazione in E. Brancaccio e G. Fontana, The Global Economic Crisis. New Perspectives on the Critique of Economic Theory and Policy (Routledge).
[2] Il riferimento è ad esempio agli articoli di Carlo Scarpa del 18 novembre 2009 e di Antonio Massarutto del 10 dicembre 2009.
[3] In questi anni alcuni comitati hanno sostenuto la possibilità, a legislazione vigente, di sottrarre il servizio idrico all’applicazione dell’articolo 23-bis e della normativa successiva (mediante una delibera del Comune che dichiara il servizio “privo di rilevanza economica”), e quindi l’attribuzione del servizio idrico a un’azienda speciale. Altri hanno ritenuto che a legislazione vigente non sia praticabile la soluzione dell’azienda speciale, e hanno quindi in tal senso auspicato un mutamento del quadro legislativo nazionale. A riguardo rinvio all’articolo di Carlo Iannello in questa rivista (http://www.economiaepolitica.it/index.php/primo-piano/lacqua-pubblica-sotto-il-vincolo-della-legge/).
Fonte: Economia e politica. (http://www.economiaepolitica.it/index.php/pubblico-versus-privato/non-una-authority-ma-lacqua-pubblica-2/)
marchigiano
25-04-2010, 23:48
da noi le privatizzazioni diventano oligopoli... basta pensare che con quello che spendiamo di cellulare in un anno potremmo comprarci l'intera rete mobile e quindi parlare a gratis o quasi, pagando solo la manutenzione della rete
idem per le autostrade, basterebbe mettere una accise di pochi cent sulla benzina per comprarci la rete autostradale in un anno e viaggiare a gratis, tra l'altro già oggi in autostrada la benzina si paga di più ma il sovrapprezzo non va nelle tasche dello stato bensì di... :fiufiu:
da noi le privatizzazioni diventano oligopoli... basta pensare che con quello che spendiamo di cellulare in un anno potremmo comprarci l'intera rete mobile e quindi parlare a gratis o quasi, pagando solo la manutenzione della rete
idem per le autostrade, basterebbe mettere una accise di pochi cent sulla benzina per comprarci la rete autostradale in un anno e viaggiare a gratis, tra l'altro già oggi in autostrada la benzina si paga di più ma il sovrapprezzo non va nelle tasche dello stato bensì di... :fiufiu:
chissà perchè chi è al Governo lascia tutto immutato...
MesserWolf
26-04-2010, 06:47
finchè non viene riformato qualsiasi referendum è inutile.
Basterebbe far pagare il costo del referendum a coloro che hanno firmato per indirlo, eventualmente aumentando il numero di firme necessarie onde diminuire la tariffa singola.
E' assurdo che nella situazione attuale la collettività debba anche sostenere il costo di un'operazione che in pratica va a sommarsi a ciò che il parlamento deve fare per lavoro.
MesserWolf
26-04-2010, 09:12
Basterebbe far pagare il costo del referendum a coloro che hanno firmato per indirlo, eventualmente aumentando il numero di firme necessarie onde diminuire la tariffa singola.
E' assurdo che nella situazione attuale la collettività debba anche sostenere il costo di un'operazione che in pratica va a sommarsi a ciò che il parlamento deve fare per lavoro.
Mi sembra una sciocchezza .
Il costo viene sostenuto solo se ci sono abbastanza persone che lo vogliono , ed è una importante forma di democrazia diretta. NOn è affatto ridondante .
Il problema è il quorum , che andrebbe o abolito , o abbassato per tenere conto della % di astensionismo inevitabile e cronica.
Crazy rider89
26-04-2010, 09:24
Il problema è il quorum , che andrebbe o abolito , o abbassato per tenere conto della % di astensionismo inevitabile e cronica.
io lo abolirei proprio...non vedo perchè ci devono rimettere tutti quelli che sono interessati al referendum per colpa dei menefreghisti!
io lo abolirei proprio...non vedo perchè ci devono rimettere tutti quelli che sono interessati al referendum per colpa dei menefreghisti!
Basterebbe abbassarlo a un minimo sindacale più ragionevole, tipo il 33% + 1. Ma se per abbassare il quorum serve un referendum stiamo freschi :asd:
Crazy rider89
26-04-2010, 10:33
Basterebbe abbassarlo a un minimo sindacale più ragionevole, tipo il 33% + 1. Ma se per abbassare il quorum serve un referendum stiamo freschi :asd:
di certo sarebbe più ragionevole, ma questi politici sono anni che lavorano in favore delll'astensione difficilmente metteranno le mani sul quorum :rolleyes:
Mi sembra una sciocchezza .
Bella scoperta. La mia era solo una battuta per evidenziare la enorme massa di soldi pubblici che sono stati buttati nei referendum degli ultimi 20 anni, molti dei quali poi non hanno manco raggiunto il quorum per essere validi.
Per fare le leggi c'è il parlamento. Per disfarle pure.
ZetaGemini
26-04-2010, 11:35
l'acqua è un diritto ed è bene che rimanga pubblica !!!
xcdegasp
26-04-2010, 12:24
purtroppo le legge l'hanno già fatta e ogni tv è stata ben distante dal dirlo...
da noi le privatizzazioni diventano oligopoli... basta pensare che con quello che spendiamo di cellulare in un anno potremmo comprarci l'intera rete mobile e quindi parlare a gratis o quasi, pagando solo la manutenzione della rete
idem per le autostrade, basterebbe mettere una accise di pochi cent sulla benzina per comprarci la rete autostradale in un anno e viaggiare a gratis, tra l'altro già oggi in autostrada la benzina si paga di più ma il sovrapprezzo non va nelle tasche dello stato bensì di... :fiufiu:
E adesso si parla anche delle università...
Ma scusa, tu non eri di destra e a favore delle privatizzazioni?
Harry.86
27-04-2010, 08:01
http://www.unita.it/news/97777/pd_no_al_referendum_sullacqua_legge_con_un_milione_di_firma
Ridicoli !
Questa gente è la stessa di questo decreto qui :
http://www.parlamento.it/parlam/leggi/deleghe/99141dl.htm
Che di fatto ha aperto la " privatizzazione " dell'Acquedotto Pugliese , giusto per citarne il più grande d'Europa e perchè sono pugliese .
Sta a vedere che adesso sono tutti improvvisamente per la ripubblicizzazione dei servizi idrici .
E' noto a tutti che la gestione dell'AQP è stato forse il nodo principale delle due primarie Boccia-Vendola .
Oltretutto , anche in questo caso , continuano ad essere totalmente frazionati . A livello locale non manca una buona percentuale di realtà pd a favore del referendum , come accade ad Arezzo , una delle città più colpite dalle nefandezze della gestione privata .
Io penso che questo referendum potrà essere un segnale chiaro di sovranità popolare .
Badate che solo in Puglia nella prima giornata di raccolta sono state raggiunte 12000 firme e forse anche di più .
E' anche l'ora che il referendum riacquisti una sua valenza .
Harry.86
27-04-2010, 08:08
PRIMO QUESITO (modulo blu)
«Volete voi che sia abrogato l’art. 23 bis (Servizi pubblici locali di rilevanza economica) del decreto legge 25 giugno 2008 n. 112 “Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria” convertito, con modificazioni, in legge 6 agosto 2008, n. 133, come modificato dall’art. 30, comma 26 della legge 23 luglio 2009, n. 99 recante “Disposizioni per lo sviluppo e l’internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia” e dall’art. 15 del decreto-legge 25 settembre 2009, n. 135, recante “Disposizioni urgenti per l’attuazione di obblighi comunitari e per l’esecuzione di sentenze della corte di giustizia della Comunità europee” convertito, con modificazioni, in legge 20 novembre 2009, n. 166?»
Se firmi, vuoi anche tu bloccare la privatizzazione dell’acqua, obbligatoria in tutta Italia da dicembre 2011. Da quella data, infatti, per legge la gestione del servizio idrico sarà ovunque affidata a soggetti privati o a società a capitale misto pubblico-privato (in cui la quota privata dovrà arrivare in breve al 70%). Le società a capitale interamente pubblico dovranno diventare almeno miste.
Laddove in Italia i servizi idrici sono già affidati a privati o a società a capitale misto e, pertanto, il bene comune Acqua viene amministrato secondo logiche di mercato e di profitto, sta succedendo che:
gli investimenti strutturali scarseggiano;
i controlli sulla qualità dell’acqua diminuiscono;
non viene promosso il risparmio dell’acqua, ma il suo uso;
aumentano le tariffe anche del 300-400%;
non si esita a sospendere l’erogazione dell’acqua in caso di morosità.
SECONDO QUESITO (modulo verde)
«Volete voi che sia abrogato l’art. 150 (Scelta della forma di gestione e procedure di affidamento) del Decreto Legislativo n. 152 del 3 aprile 2006 “Norme in materia ambientale”, come modificato dall’art. 2, comma 13 del decreto legislativo n. 4 del 16 gennaio 2008?”
Se firmi, vuoi anche tu che la gestione dell’acqua torni ad essere pubblica (ripubblicizzazione).
La gestione dei servizi idrici in tal caso spetterà ad enti di diritto pubblico con la partecipazione dei cittadini e delle comunità locali, e non più a società di capitali, private, miste o pubbliche che siano.
TERZO QUESITO (modulo rosso)
«Volete voi che sia abrogato il comma 1, dell’art. 154 (Tariffa del servizio idrico integrato) del Decreto Legislativo n. 152 del 3 aprile 2006 “Norme in materia ambientale”, limitatamente alla seguente parte: “dell’adeguatezza della remunerazione del capitale investito”?»
Se firmi, intendi negare al gestore – chiunque egli sia – il 7% di profitto garantito e intascato come ricarico sulla bolletta di ciascun cittadino. Tale somma oggi viene percepita a titolo di remunerazione del capitale investito ed è svincolata da reinvestimenti e miglioramenti qualitativi del servizio. Eliminare tale profitto renderà meno appetibile il mercato dell’acqua.
Harry.86
27-04-2010, 08:12
http://www.youtube.com/watch?v=oxf2cOdaKSA
http://www.youtube.com/watch?v=oSnkx_5y9zg
http://www.youtube.com/watch?v=9Mh9mOKgweE
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