eraser
27-02-2010, 00:34
CITTA’ DEL VATICANO (26 febbraio) - E' uno dei siti più visitati al mondo: basti pensare che dai 243 milioni di contatti nel corso del 2001, è balzato al miliardo e 306 milioni di ’hits’, come si dice in gergo, dell’anno scorso. Una crescita impressionante, quasi inaspettata per chi gestisce www.vatican.va ma che aveva intuito con lungimiranza Giovanni Paolo II quando incoraggiò l’allora portavoce Joaquin Navarro Valls, alla metà degli anni Novanta, di studiare la realizzazione del progetto.
Il successo, fanno notare al di là del Tevere, sta ad indicare il bisogno della gente di attingere direttamente alla parola del Papa, di leggere i testi originali, di conoscere cosa succede nel governo della Chiesa. Ogni volta che qualcuno si collega al sito per aprire una pagina, lascia una traccia che viene automaticamente computata dall’ufficio Internet della Santa Sede, dove lavora una task force di ingegneri e tecnici altamente qualificati.
Non è necessario essere consacrati, basta essere un tutt’uno con l’informatica, benchè il capo sia l’uno e l’altro. Monsignor Ruiz è un giovane ingegnere monsignore, con tanto di master al Politecnico di Madrid. Ma, visto che le vie del Signore sono infinite, si è ritrovato a studiare teologia dogmatica con specializzazione in comunicazione. Ora insegna comunicazione digitale all’università della Santa Croce, l’ateneo dell’Opus Dei. A dispetto dell’età anagrafica il responsabile Internet della Santa Sede ha alle spalle la realizzazione di un altro sito di grande successo - www.clerus.org, il sito della Congregazione del Clero, altro luogo virtuale cliccatissimo dai parroci di tutto il mondo.
La missione di monsignor Ruiz, in sintesi, è di sfruttare al meglio le autostrade virtuali per diffondere il Verbo e raggiungere i fedeli nei quattro angoli del pianeta. Cosa non sempre facile, visto l’intasamento che ha raggiunto il web, il proliferare di blog pseudo-cattolici non sempre ortodossi e, in ultimo dalla pervicacia con la quale gli hacker attaccano («Sono sempre al lavoro, ma sappiamo farvi fronte»). Le difficoltà tuttavia non lo spaventano. Non è un mistero che www.vatican.va finisca ciclicamente nel mirino dei pirati, bersaglio prescelto per eccellenza di incursioni informatiche.
Per buona fortuna gli scudi difensivi attivati dai tecnici del Papa (uno si chiama San Michele) hanno sempre avuto la meglio, tanto che possono vantare un primato non indifferente: nessuno è mai penetrato nelle sacre stanze virtuali. Gli hacker hanno violato persino il Pentagono e la Casa Bianca ma non il Vaticano. Ormai l’attività della Santa Sede è strettamente connessa a quella di Internet, la maggior parte dei documenti viene messo on line, anche l’Osservatore Romano è finito in digitale.
Monsignor Ruiz ha appena dato alle stampe un volume scritto assieme ad altri due esperti del settore, Daniel Arasa e Lorenzo Cantoni, interamente dedicato al fenomeno dei siti religiosi (Religious Internet communication, pubblicato dalla Edusc, 20 euro). Pagina dopo pagina emerge il quadro di una fitta rete di siti cattolici, tutti stracliccati, a partire dalla Riial, la rete delle reti latinoamericana che ospita circa 2 mila siti web. E poi il sito del Celam, della Radio Vaticana, dell’Opus Dei, di Comunione e Liberazione, della tv Ewtn, della Congregazione degli Scalabriniani, il sussidiario.net. Annoverati tra quelli più gettonati non mancano i siti della Cei e della Diocesi di Madrid. Il web, dunque, non è più vissuto con l’indifferenza inziale ma come una grande opportunità per evangelizzare, per raggiungere i giovani, per informare meglio. Tuttavia non deve essere scevro da regole base. Monsignor Ruiz ha le idee chiare: «Così come nel mondo del reale sussistono regole di convivenza e di buona creanza, anche il virtuale, come qualsiasi realtà umana, necessita di regole basiche».
http://www.ilmessaggero.it/articolo.php?id=92849&sez=HOME_SCIENZA
Il successo, fanno notare al di là del Tevere, sta ad indicare il bisogno della gente di attingere direttamente alla parola del Papa, di leggere i testi originali, di conoscere cosa succede nel governo della Chiesa. Ogni volta che qualcuno si collega al sito per aprire una pagina, lascia una traccia che viene automaticamente computata dall’ufficio Internet della Santa Sede, dove lavora una task force di ingegneri e tecnici altamente qualificati.
Non è necessario essere consacrati, basta essere un tutt’uno con l’informatica, benchè il capo sia l’uno e l’altro. Monsignor Ruiz è un giovane ingegnere monsignore, con tanto di master al Politecnico di Madrid. Ma, visto che le vie del Signore sono infinite, si è ritrovato a studiare teologia dogmatica con specializzazione in comunicazione. Ora insegna comunicazione digitale all’università della Santa Croce, l’ateneo dell’Opus Dei. A dispetto dell’età anagrafica il responsabile Internet della Santa Sede ha alle spalle la realizzazione di un altro sito di grande successo - www.clerus.org, il sito della Congregazione del Clero, altro luogo virtuale cliccatissimo dai parroci di tutto il mondo.
La missione di monsignor Ruiz, in sintesi, è di sfruttare al meglio le autostrade virtuali per diffondere il Verbo e raggiungere i fedeli nei quattro angoli del pianeta. Cosa non sempre facile, visto l’intasamento che ha raggiunto il web, il proliferare di blog pseudo-cattolici non sempre ortodossi e, in ultimo dalla pervicacia con la quale gli hacker attaccano («Sono sempre al lavoro, ma sappiamo farvi fronte»). Le difficoltà tuttavia non lo spaventano. Non è un mistero che www.vatican.va finisca ciclicamente nel mirino dei pirati, bersaglio prescelto per eccellenza di incursioni informatiche.
Per buona fortuna gli scudi difensivi attivati dai tecnici del Papa (uno si chiama San Michele) hanno sempre avuto la meglio, tanto che possono vantare un primato non indifferente: nessuno è mai penetrato nelle sacre stanze virtuali. Gli hacker hanno violato persino il Pentagono e la Casa Bianca ma non il Vaticano. Ormai l’attività della Santa Sede è strettamente connessa a quella di Internet, la maggior parte dei documenti viene messo on line, anche l’Osservatore Romano è finito in digitale.
Monsignor Ruiz ha appena dato alle stampe un volume scritto assieme ad altri due esperti del settore, Daniel Arasa e Lorenzo Cantoni, interamente dedicato al fenomeno dei siti religiosi (Religious Internet communication, pubblicato dalla Edusc, 20 euro). Pagina dopo pagina emerge il quadro di una fitta rete di siti cattolici, tutti stracliccati, a partire dalla Riial, la rete delle reti latinoamericana che ospita circa 2 mila siti web. E poi il sito del Celam, della Radio Vaticana, dell’Opus Dei, di Comunione e Liberazione, della tv Ewtn, della Congregazione degli Scalabriniani, il sussidiario.net. Annoverati tra quelli più gettonati non mancano i siti della Cei e della Diocesi di Madrid. Il web, dunque, non è più vissuto con l’indifferenza inziale ma come una grande opportunità per evangelizzare, per raggiungere i giovani, per informare meglio. Tuttavia non deve essere scevro da regole base. Monsignor Ruiz ha le idee chiare: «Così come nel mondo del reale sussistono regole di convivenza e di buona creanza, anche il virtuale, come qualsiasi realtà umana, necessita di regole basiche».
http://www.ilmessaggero.it/articolo.php?id=92849&sez=HOME_SCIENZA