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View Full Version : Il patto. Dalle stragi del 1992 a oggi


Vincenzo1968
28-01-2010, 15:37
Da domani in libreria ''Il patto. Dalle stragi del 1992 a oggi''

http://www.antimafiaduemila.com/images/stories/copertine/libri/il-patto-web-big.jpg

27 gennaio 2010
E’ previsto per il 28 gennaio 2010 lo ’sbarco’ in libreria di uno dei libri che, oltre ad aprire il nuovo anno per l’editore Chiarelettere, farà parlare molto e a lungo sui fatti riportati nelle sue 300 pagine.
Il libro in questione è ‘Il patto. Dalle stragi del 1992 a oggi. L’accordo segreto tra Stato e mafia nel racconto inedito di un infiltrato’ di Nicola Biondo e Sigfrido Ranucci, un libro-inchiesta che svela i termini del famoso ‘Papello’, la presunta (o certa?) trattativa tra Mafia e Stato. Nicola Biondo e Sigfrido Ranucci raccontano la vera storia di Luigi Ilardo, infiltrato tra i mafiosi negli anni delle stragi e che nel 1995 condusse i carabinieri nella campagna di Mezzojuso, fino al casolare del boss Provenzano, senza che questi ne provvedessero all’arresto. I tempi all’epoca non erano maturi, bisognava aspettare e così anni dopo arrivò l’autoconsegna di Provenzano, com’era già stato per Riina e come probabilmente sarà per il superlatitante ancora in libertà Matteo Messina Denaro.


Il patto. Dalle stragi del 1992 a oggi. L’accordo segreto tra Stato e mafia nel racconto inedito di un infiltrato
Generi: Scienze umane, Sociologia
Autore: Nicola Biondo e Sigfrido Ranucci
Editore: Chiarelettere
Anno di pubblicazione: 2010
Informazioni: pg. 300
Codice EAN: 9788861900745
Prezzo di copertina: € 16,00


IL LIBRO

Sembra un film ma è una storia vera, e inedita, di cui pochissimo si è scritto e parlato. Un infiltrato dentro Cosa nostra negli anni delle stragi e all’inizio della Seconda repubblica. Un uomo d’onore al servizio dello Stato. Oggi le rivelazioni di Ilardo – raccolte dal colonnello Michele Riccio – sono alla base di un processo in corso a Palermo che vede come principale imputato il generale Mario Mori.

Ilardo parla di patti e di arresti di capimafia (“In Sicilia i capi o muoiono o si vendono“). Fa i nomi. Cita Marcello Dell’Utri: “un esponente insospettabile di alto livello appartenente all’entourage di Berlusconi“. Sembra una storia sudamericana, ma accade in Italia. Meno di venti anni fa. E oggi, dopo le rivelazioni del figlio di Vito Ciancimino, molti all’improvviso parlano.

Ilardo nel 1994 nessuno lo ascolta – a parte il colonnello Riccio, che registra tutto. Ed è incredibile perché proprio l’infiltrato porterà gli uomini del Ros nel casolare di Provenzano. Perché il boss non fu arrestato? Dice Mori ai magistrati di Palermo: “Non ricordo… tenga presente che io ero responsabile di una struttura quindi avevo una serie di problematiche…”

E il suo vice Mario Obinu: “Abbiamo localizzato il casale… (va considerata) la difficoltà tecnica di entrare, in quanto era costantemente occupato da pastori, mucche e pecore“. Risultato? Provenzano continuerà a trattare con i nuovi referenti politici della Seconda repubblica. E Ilardo sarà ammazzato dalla mafia nel 1996, pochi giorni prima di diventare ufficialmente pentito.

Oggi si parla di misteri e ombre dietro le trattative tra Stato e mafia. Ma non ci sono né misteri né ombre. Basta mettere in fila i fatti, come fanno gli autori in questo libro. Basta ascoltare Ilardo (ci sono i nastri con la sua voce). È difficile da credere ma è tutto clamorosamente chiaro.


GLI AUTORI

Nicola Biondo ha lavorato alla redazione di Blu notte, è stato consulente parlamentare e di alcuni uffici giudiziari. Vive a Palermo, collabora con l’Unità.

Sigfrido Ranucci è giornalista di Report. Ha realizzato numerose inchieste sulle stragi di mafia e altri temi di attualità.

http://www.antimafiaduemila.com/content/view/24496/48/

http://www.antimafiaduemila.com/content/view/24478/48/

first register
28-01-2010, 16:32
edit:(osservazione sul prezzo)

Vincenzo1968
14-02-2010, 16:50
Mafia: via D'Amelio, palazzo sospetto sparito da indagini

13 febbraio 2010
Roma. Nel libro ''Il patto'' c'e' una indicazione nuova sulla strage di Via D'Amelio. Una traccia che, al pari della famosa ''Agenda Rossa'' del magistrato Paolo Borsellino, morte nella strage del 19 luglio 1992 insieme agli uomini della sua scorta, e' stata tolta dalla vicenda.
Una traccia che ora il volume edito da ''Chiarelletere'' ripropone all'attenzione. Sono passate poco piu' di dodici ore dall'eccidio di Via D'Amelio. A sparire questa volta e' un intero palazzo, quello, sospettato fin dal primo momento dopo la strage,da cui poteva essere stato pigiato il telecomando che semino' morte e distruzione uccidendo il magistrato che si opponeva alla trattativa in corso tra spezzoni dello Stato e' una parte della mafia. Ecco come il volume di Nicola Biondo e Sigfrido Ranucci ricostruiscono questa ennesima incredibile ''sparizione''. ''Due agenti della Criminalpol venuti da fuori Palermo sono in via D'Amelio. La prima cosa che cercano di capire e' dove si siano appostati gli attentatori con il telecomando che ha fatto esplodere l'autobomba. I due escludono subito i palazzi che si affacciano su quel tratto della strada: sono sventrati, se si fossero posizionati li', i killer si sarebbero esposti a un rischio troppo alto. Lo sguardo si posa poco piu' in la', oltre un muro che separa la via da un grande giardino. Gli agenti mettono a fuoco un palazzo di dodici piani appena edificato. Percorrono poco piu' di cinquanta metri, entrano nello stabile e salgono le scale. Si imbattono nei due costruttori del palazzo, i fratelli Graziano. Si fanno portare nel loro ufficio e abbozzano una sorta di interrogatorio. Avete visto qualcosa?
Poi chiedono loro i documenti per un controllo via radio: vogliono sapere se hanno precedenti. Nell'attesa, uno dei poliziotti sale fino alla terrazza, rendendosi subito conto che da li' la visuale su via D'Amelio e' perfetta. Per terra, nota un mucchio di cicche. Dalla centrale intanto comunicano che i costruttori sono schedati come mafiosi. Sono due dei sei fratelli Graziano, una progenie di imprenditori edili legati ai Madonia e ai Galatolo. Uno dei fratelli, Angelo, vicino a Salvatore Riina, e' scomparso nel 1977 con il metodo della lupara bianca. Ce n'e' abbastanza per portarli in centrale e proseguire gli accertamenti, ma sopraggiunge all'improvviso una squadra di poliziotti. Colleghi, e' tutto a posto. Ce ne occupiamo noi, adesso, dicono ai due agenti della Criminalpol. Che se ne vanno perplessi, fanno ritorno in centrale e stilano comunque un rapporto dettagliato. L'indomani ricevono un ordine di servizio: devono rientrare al comando di origine. Il loro lavoro a Palermo e' concluso. I Graziano non vengono interrogati ne' posti sotto controllo. Dei fratelli costruttori qualche mese dopo la strage parlano pentiti del calibro di Gaspare Mutolo e Francesco Marino Mannoia. Secondo quanto dichiara il primo, Angelo Graziano e Vincenzo Galatolo sorvegliavano Bruno Contrada ( l'ex funzionario del Sisde, condannato per aver avuto rapporti con le cosche,Ndr). Poi Graziano era stato arrestato proprio da Contrada. Mutolo sostiene pure - e la sua versione ha retto fino in Cassazione - che i due imprenditori avevano messo a disposizione un appartamento per Contrada e uno per il giudice Signorino (morto suicida poco prima di essere arrestato, Ndr), pm nel maxiprocesso. La testimonianza degli agenti della Criminalpol e' finita oggi nella nuova inchiesta della Procura di Caltanissetta sulla morte di Borsellino e della sua scorta. Per tutti questi anni i due poliziotti hanno creduto che qualcuno avesse vagliato il loro rapporto, che quella pista fosse stata battuta. Invece il rapporto e' sparito dalla questura di Palermo. La Procura nissena ha pero' appurato che nel palazzo, poche ore dopo che gli agenti della Criminalpol si erano allontanati, era arrivato un gruppo di carabinieri. Nella loro relazione e' tutto a posto, tutto normale. E il palazzo della mafia su via D'Amelio sparisce. Come l'agenda rossa di Paolo Borsellino''.

ANSA


Mafia: in un libro la scioccante storia di Luigi Ilardo l'infiltrato nelle cosche ucciso in un momento cruciale

di Paolo Cucchiarelli - 13 febbraio 2010
Roma. ''Molti attentati addebitati a Cosa Nostra non sono stati commessi da noi ma dallo Stato. Voi lo sapete benissimo.''. E' Luigi Ilardo, l'infiltrato nel vertice di Cosa Nostra, a parlare. Le sue vecchie rivelazioni sono alla base del processo in corso a Palermo a carico dell'ex capo del Sisde e del Ros, generale Mario Mori, per la mancata cattura di Provenzano nel 1995.Una vicenda che e' al cuore della trattativa tra spezzoni dello Stato e Cosa Nostra e che chiama in causa il senatore Marcello Dell'Utri. Ora questa vicenda, relegata finora ai margini della cronaca, è ricostruita nel volume "Il Patto. Da Cianciminino a Dell'Utri. La trattativa Stato e mafia nel racconto inedito di un infiltrato", scritto da Nicola Biondo e Sigfrido Ranucci e pubblicato da "Chiarelettere". Ilardo e' un infiltrato dentro Cosa nostra negli anni delle stragi e all'inizio della Seconda repubblica. Un uomo d'onore al servizio dello Stato ma che muore alla vigilia della suo formale riconoscimento dello status di pentito. Muore perché aveva fatto un passo falso o perché "bruciato" da qualcuno nel vortice di contrattazioni tra Stato e mafia? Oggi le rivelazioni di Ilardo - raccolte dal colonnello Michele Riccio - sono alla base di un processo in corso a Palermo che vede come principale imputato il generale Mario Mori, ex comandante del Ros. Ilardo parla di patti e di arresti di capimafia (''In Sicilia i capi o muoiono o si vendono''). Fa i nomi. Cita, per primo, Marcello Dell'Utri: ''un esponente insospettabile di alto livello appartenente all'entourage di Berlusconi''.
Sembra una storia sudamericana, ma e' realmente accaduta in Italia. Meno di venti anni fa. E oggi, dopo le rivelazioni del figlio di Vito Ciancimino, molti parlano, confermano proprio quello che per primo disse proprio Ilardo.
Nel 1994 però nessuno lo ascoltò - a parte il colonnello Riccio, che registra tutto su preziose cassette. Ilardo e' credibile perche' proprio l'infiltrato portera' gli uomini del Ros nel casolare di Provenzano. Basta ascoltare Ilardo (ci sono i nastri con la sua voce e il tutto è dettagliatamente ricostruito nel volume)per capire quale incredibile partita si è giocata in quei mesi. Tra il colonnello Riccio e Ilardo nell'estate del 1995 intercorre questo dialogo:
- Per caso l'uomo dell'entourage di Berlusconi di cui mi parlavi e' Dell'Utri? - Colonnello, ma se lei le cose le capisce, che me le chiede a fare?".

ANSA

http://www.antimafiaduemila.com/content/view/25104/48/

first register
14-02-2010, 17:57
Questo libro lo tengo d'occhio, prima o poi dovrò decidermi ad acquistarlo.
ieri sul blog di beppe grillo è stata pubblicata l'intervista a Nicola Biondo, molto interessante quanto si dice sulla famiglia La Russa, e sui due mafiosi che si trovavano sul palazzo di fronte al luogo della strage, il verbale putroppo è sparito.... .


ma l’infiltrato Luigi Ilardo li fa, sono i nomi di Salvatore Ligresti, di Raul Gardini, fa in maniera particolare dell’entourage di Raul Gardini i nomi di famosi imprenditori a lui legati che poi saranno definitivamente processati e condannati per concorso esterno in associazione mafiosa, fa il nome di politici, a parte Dell’Utri, come quello del papà dell’attuale Ministro della difesa La Russa e di suo fratello Vincenzo e lega questo contatto che la famiglia La Russa avrebbe avuto con Cosa Nostra, insieme con la famiglia Ligresti. Tutto questo ci porta a vedere in maniera chiarissima quello che per Ilardo era normale, un patto tra Stato e mafia, quel patto che noi oggi vediamo chiaramente nei processi, la mancata cattura di Bernardo Provenzano, come la racconta Ilardo è finita in una processo che oggi abbiamo su tutte le prime pagine nei giornali, il processo al generale Mori, proprio perché quest’ultimo era l’ufficiale di più alto rango, responsabile di quell’operazione che avrebbe dovuto consentire l’arresto di Provenzano 11 anni prima di quando effettivamente è accaduto.
(fonte: post di ieri sul blog di beppe grillo)



Detto questo continuo a pensare che finchè il prezzo di un singolo libro sarà così alto per i cittadini italiani sarà molto difficile avere un informazione a 360 gradi. Ma forse la maggioranza degli italiani non avverte il problema.

Vincenzo1968
14-02-2010, 18:25
...
Detto questo continuo a pensare che finchè il prezzo di un singolo libro sarà così alto per i cittadini italiani sarà molto difficile avere un informazione a 360 gradi. Ma forse la maggioranza degli italiani non avverte il problema.

*

Io domani, comunque, corro a comprare il libro. Mi faccio coraggio pensando ai prezzi dei libri di informatica che mi tocca comprare per tenermi aggiornato. Un paio di esempi:

ottanta euro:
http://www.ibs.it/code/9788861141605/pialorsi-paolo-russo-marco/programmare-microsoft-linq.html

novanta euro:
http://www.ibs.it/code/9788861141865/marshall-donis/programmare-visual-c-2008.html

:D

anonimizzato
14-02-2010, 19:42
Sembra interessante ma da un certo punto di vista ne ho ampiamente piene le balle di questi libri stile "La Casta" che spuntano come funghi (e a caro prezzo).

Ormai mi sembra che sia nato un genere letterario a sè.

Il mio è solo un appunto, è il genere di lettura che mi piace, ma francamente vedo una marea di scrittori o pseudo tali che ci marciano sopra parecchio sul merdaio (vero e/o presunto) italiano.

toms
15-02-2010, 08:55
Questo libro lo tengo d'occhio, prima o poi dovrò decidermi ad acquistarlo.
ieri sul blog di beppe grillo è stata pubblicata l'intervista a Nicola Biondo, molto interessante quanto si dice sulla famiglia La Russa, e sui due mafiosi che si trovavano sul palazzo di fronte al luogo della strage, il verbale putroppo è sparito.... .

ma l’infiltrato Luigi Ilardo li fa, sono i nomi di Salvatore Ligresti, di Raul Gardini, fa in maniera particolare dell’entourage di Raul Gardini i nomi di famosi imprenditori a lui legati che poi saranno definitivamente processati e condannati per concorso esterno in associazione mafiosa, fa il nome di politici, a parte Dell’Utri, come quello del papà dell’attuale Ministro della difesa La Russa e di suo fratello Vincenzo e lega questo contatto che la famiglia La Russa avrebbe avuto con Cosa Nostra, insieme con la famiglia Ligresti. Tutto questo ci porta a vedere in maniera chiarissima quello che per Ilardo era normale, un patto tra Stato e mafia, quel patto che noi oggi vediamo chiaramente nei processi, la mancata cattura di Bernardo Provenzano, come la racconta Ilardo è finita in una processo che oggi abbiamo su tutte le prime pagine nei giornali, il processo al generale Mori, proprio perché quest’ultimo era l’ufficiale di più alto rango, responsabile di quell’operazione che avrebbe dovuto consentire l’arresto di Provenzano 11 anni prima di quando effettivamente è accaduto.

(fonte: post di ieri sul blog di beppe grillo)



Detto questo continuo a pensare che finchè il prezzo di un singolo libro sarà così alto per i cittadini italiani sarà molto difficile avere un informazione a 360 gradi. Ma forse la maggioranza degli italiani non avverte il problema.




"Gasparri e La Russa non vogliono il regolamento antimafia"

L'accusa di Granata. E la Napoli dice "Renderebbe complicato fare le liste in Calabria"

di Sara Nicoli

Un bel guaio. Non si potrebbe definire altrimenti quello che sta andando in scena nella Commissione bicamerale Antimafia presieduta da Beppe Pisanu. E che si è messa in testa, sospinta dalla volontà del medesimo presidente ma con il supporto di tutti i gruppi parlamentari che la compongono, di dare il via a un regolamento antimafia sulle candidature alle prossime elezioni regionali davvero a prova di bomba. Solo che, proprio mentre si stava arrivando alle battute finali su un testo che non solo prevederebbe la decadenza di chi è rinviato a giudizio pur essendo stato eletto ma che espande – addirittura – questi vincoli anche su sindaci, assessori e pure consulenti di un consiglio regionale, ecco che in scena è entrato il capogruppo Pdl Antonino Caruso. E che, per farla breve, ha detto che quel regolamento non s’ha da fare.

Pisanu si è arrabbiato e ha rinviato tutto di un paio di settimane, ma la spaccatura dentro il Pdl è emersa con chiarezza. Perché Caruso ha tentato di vanificare un regolamento davvero incisivo sul fronte antimafia?

"Glielo spiego io il perché – tuona il vicepresidente della Commissione, l’ex aennino Fabio Granata – perché questa volta metteremmo davvero nei guai chi vuol fare il furbo, perché nel regolamento abbiamo scritto anche l’obbligo della Commissione di rivedere tutte le candidature, una volta stilate e di relazionare al Parlamento in merito a quelle posizioni che vengono considerate fuori dalle regole antimafia. Lei capisce che si tratta di una presa di posizione politica molto forte, ma Caruso è arrivato addirittura a dirci, per mettersi di traverso, che la Commissione antimafia non aveva il potere di fare una cosa del genere e ha presentato una serie di emendamenti per rendere tutto l’articolato meno vincolante. E stiamo parlando solo di cinque articoli".

Granata svela anche al Fatto quelli che sarebbero i retroscena dell’agire del capogruppo Caruso che "ci tiene tanto – sostiene ancora Granata – ad evitare deterrenti morali per i partiti".
"Sono Gasparri e La Russa che non vogliono che ci sia questo regolamento – dice ancora Granata – perché hanno una sensibilità politica diversa".

Solo questo? Angela Napoli, pidiellina in Commissione antimafia, mette il dito direttamente nella piaga: "Gasparri sta sovrintendendo in prima persona alla stesura delle liste in Calabria, visto che Scopelliti è il suo pupillo, e a quanto ne so stanno anche deviando alcuni candidati su liste collegate a quella del presidente in modo che non appaiano direttamente collegati al Pdl, questo almeno si dice; e il regolamento renderebbe tutto molto più complicato. Ecco perché Gasparri difende Caruso".

A questo scontro assiste, al momento silente, l’opposizione: "Mi sembra – spiega la senatrice Pd, Silvia Della Monica – che siano beghe in casa Pdl, ma se la questione dovesse precipitare faremo la nostra parte".
E’ chiaro che la questione del regolamento antimafia per le regionali è solo la punta dell’iceberg. Berlusconi, infatti, è tornato a chiedere una lesta revisione della legge sui pentiti subito appoggiata (anche questa) da Maurizio Gasparri. Che ieri, confermando tutte le voci che lo riguardano soprattutto nel Pdl, ha dichiarato: "Non vogliamo abolire la figura dei collaboratori di giustizia, che spesso danno contributi importanti, bisogna però fare più verifiche sulle loro dichiarazioni".

In questo modo, il presidente dei senatori Pdl ha dato man forte a chi nel suo stesso partito e nello stesso entourage di Berlusconi, vorrebbe ritirare fuori dal cassetto al più presto il ddl Valentino.
Cosa che Anna Finocchiaro, tanto per mettere un punto, ha subito respinto al mittente: "Non c’è nulla da cambiare". Ma si corre davvero questo rischio? Granata non ci crede. "Contro questa normativa abbiamo la voce contraria sia di Maroni sia di Alfano".

Conferma Angela Napoli. "Entrambi i ministri non ne vogliono sapere nulla, speriamo che Alfano non si faccia convincere a cambiare idea, ma non ci credo perché sarebbe devastante per tutto il Pdl, che non si potrebbe più lamentare se poi esce un collaboratore di giustizia e fa certe dichiarazioni; sarebbe questo sì un caso lampante di legge ad personam, altroché!".

Da il Fatto Quotidiano del 12 febbraio

http://antefatto.ilcannocchiale.it/glamware/blogs/blog.aspx?id_blog=96578&id_blogdoc=2437268&title=2437268

Vincenzo1968
17-02-2010, 17:41
Questo libro lo tengo d'occhio, prima o poi dovrò decidermi ad acquistarlo.
ieri sul blog di beppe grillo è stata pubblicata l'intervista a Nicola Biondo, molto interessante quanto si dice sulla famiglia La Russa, e sui due mafiosi che si trovavano sul palazzo di fronte al luogo della strage, il verbale putroppo è sparito.... .



(fonte: post di ieri sul blog di beppe grillo)



Detto questo continuo a pensare che finchè il prezzo di un singolo libro sarà così alto per i cittadini italiani sarà molto difficile avere un informazione a 360 gradi. Ma forse la maggioranza degli italiani non avverte il problema.

Il libro questo sconosciuto
L'Italia è tra gli ultimi nella Ue

http://www.repubblica.it/spettacoli-e-cultura/2010/02/17/news/il_libro_questo_sconosciuto_l_italia_tra_gli_ultimi_nella_ue-2332404/

-ZEUS-
17-02-2010, 18:26
da acquistare, certo però che il prezzo è leggermente altino

Vincenzo1968
19-02-2010, 18:36
Sabella: "Sapevo del patto tra lo Stato e Provenzano fin dal 1996"
di Alfonso Sabella

Giovedì 18 Febbraio 2010 18:14
Parla Alfonso Sabella, il magistrato "stritolato dalla trattativa", come lo definì Marco Travaglio in un'intervista di qualche tempo fa su Il Fatto Quotidiano. Parla alla presentazione a Roma del libro "Il Patto" di Nicola Biondo e Sigrifdo Ranucci (1 febbraio 2010). Il libro che per la prima volta si addentra nelle carte del processo Mori-Obinu e racconta la storia incredibile di Luigi Ilardo, mafioso della famiglia di Piddu Madonia, confidente segreto del colonnello Michele Riccio, infiltrato in Cosa Nostra con il preciso obiettivo di condurre i Carabinieri alla cattura di Bernardo Provenzano, il capo indiscusso di Cosa Nostra dopo la cattura di Salvatore Riina. Quando Ilardo però, il 30 ottobre 1995, li porterà proprio all'uscio della masseria di Provenzano, dai vertici del Ros arriverà l'ordine di fermarsi e non intervenire. Oggi, i verbali di Massimo Ciancimino rimettono insieme i pezzi mancanti del puzzle e spiegano il perché di questa come di un'altra serie impressionante di coincidenze inquietanti. Parla Sabella e dice cose pesantissime e inedite, ma con la calma e la pacatezza che lo cottraddistinguono. Dice che in realtà anche prima delle dichiarazioni di Massimo Ciancimino si poteva sapere come erano andate davvero le cose. Lui e i suoi colleghi di Palermo, all'epoca delle indagini successive alle stragi, già avevano capito tutto. Ma non c'erano nè le condizioni giudiziarie, nè quelle politiche per poter giungere alla verità. Eppure era tutto troppo chiaro. Ora, dice Sabella, dopo 17 anni, sembrano esserci finalmente le condizioni giudiziarie. Quelle politiche, purtroppo, ancora no. E per quelle, si spera di non dover attendere altri 17 anni.
Di seguito i passi salienti del suo intervento.

Io sapevo

Quello che adesso sta emergendo, io come altri colleghi della procura di Palermo lo sapevamo già almeno dieci anni fa. Facciamo dodici. (…) Il patto non è stato uno, i patti sono stati tanti. Il primo aveva avuto dei tentativi di accordo, dei tentativi di trattativa, dei patti conclusi, dei patti che non hanno avuto buon esito e così si è andati avanti, almeno per quel che mi riguarda, a cavallo tra le stragi di Capaci e Via D'Amelio, probabilmente già prima della strage di Capaci, fino ai giorni nostri. (...) Queste cose erano già uscite nel lontano 1996, dopo la cattura di Giovanni Brusca. Brusca io l'ho interrogato tantissime volte, più di un centinaio, sono quello che l'ha catturato, quello che l'ha convinto a collaborare, quello che ha raccolto le sue dichiarazioni, ero in qualche modo il suo magistrato di riferimento. (…) Parlando con me mi ha raccontato del papello. Quello che adesso viene fuori dal papello, per esempio, il primo punto del papello, la revisione del maxiprocesso, non avevo bisogno di saperlo dal papello, perché lo sapevo già dal '97 quando Brusca mi aveva detto che l'unica cosa che interessava a Salvatore Riina era la revisione del maxiprocesso. Del resto, i mafiosi non hanno un'etica, (…) gli interessa soltanto due cose: potere e denaro. Denaro e potere. Non hanno nessun altro interesse. (…) E chi decide di trattare con questa gente si deve assumere le proprie responsabilità. Probabilmente adesso ci sono le condizioni giudiziarie perché si faccia luce su queste cose. Ma non ci sono certamente le condizioni politiche. A questo punto dicono: “Tu sei un magistrato, sei soggetto solo alla legge”. Secondo una certa equazione che ho visto all'inaugurazione dell'anno giudiziario, il magistrato è soggetto alla legge, le leggi le fa il parlamento, il magistrato è soggetto al parlamento. Del sillogismo mi sfugge qualche pezzo, probabilmente c'è qualcosa della logica che non riesco a comprendere bene, però questo è il sillogismo del nostro ministro. Fin quando un magistrato viene messo nelle condizioni di svolgere il suo lavoro e di essere giudice solo soggetto alla legge, le cose stanno in un certo modo, quando questo non si verifica, probabilmente le cose vanno in un modo un pochino diverso...


Paolo Borsellino era l'ostacolo principale alla trattativa

Ci sono stati punti oscuri. Io continuo a battere sulla mancata perquisizione del covo di Salvatore Riina. (…) Io con le cose che ho trovato in tasca a Bagarella ci ho arrestato 200 persone. Mi chiedo: che cosa si poteva fare con quello che avremmo trovato a casa di Salvatore Riina? Stiamo parlando del capo dei capi di Cosa Nostra. Questa è una cosa che nessuno sa, una chicca. La certezza che quella casa fosse la casa di Riina si è avuta soltanto per caso, perché non c'era alcuna prova, avevano imbiancato tutto, con i Carabinieri del Ros che avevano assicurato che avrebbero controllato quel covo con le telecamere. La certezza si è avuta soltanto perché in un battiscopa era finito un frammento di una lettera che Concetta Riina, la figlia di Riina, aveva scritto a una compagna di scuola. Soltanto per caso. E' l'unica cosa che si è trovata. (…) Non è una cosa da sottovalutare. Perché secondo me è la chiave di lettura del patto che è raccontato in questo libro. Ovvero un patto che viene stipulato, concluso, sottoscritto. Mi assumo le mie responsabilità di quello che dico: patto da cui verosimilmente si determina la morte di Paolo Borsellino, perché Paolo Borsellino molto probabilmente viene ucciso a seguito di questo patto.
Ricapitoliamo. Viene ammazzato Giovanni Falcone, c'è un movente mafioso fortissimo per la strage di Capaci. Falcone è l'uomo che ha messo in ginocchio Cosa Nostra, che l'ha processata, che l'ha portata sul banco degli imputati, l'ha fatta finalmente condannare (sentenza del dicembre dell'86). Il 30 gennaio 1992 (perché le date sono importantissime) viene confermata dalla Cassazione la sentenza di condanna all'ergastolo per la cupola di Cosa Nostra. (…) Al 30 gennaio c'è la sentenza. Falcone in quel momento è al Ministero e viene accusato da Cosa Nostra di aver brigato, di aver fatto in modo che quel processo non finisse al collegio della prima sezione della Cassazione presieduta da Corrado Carnevale. Il 12 di marzo viene ammazzato Salvo Lima. Salvo Lima è l'uomo, secondo tutti i collaboratori di giustizia, ancorché non sia mai stato processato e condannato per questo, che era il referente politico di una determinata corrente della DC in Sicilia per conto di Cosa Nostra. Ovvero era il canale tra la politica e Cosa Nostra. A questo punto è normale che i nostri Servizi si diano da fare. Quindi io credo che i movimenti siano iniziati già prima della strage di Capaci. E' soltanto un'ipotesi e null'altro. Sta di fatto che il 23 di maggio viene ammazzato Giovanni Falcone. Riina deve dire a Cosa Nostra che “questo cornuto” è morto, Cosa Nostra si è vendicata. Si prendono i classici due piccioni con una fava secondo i collaboratori di giustizia, perché Falcone viene ammazzato alla vigilia delle elezioni del presidente delle repubblica. In quel momento sapete benissimo chi era il candidato alla presidenza della repubblica (Giulio Andreotti, n.d.r.), persona che così, a seguito della strage di Capaci, non viene proposta e viene eletto poi un altro presidente della repubblica (Oscar Luigi Scalfaro, n.d.r.).


Tinebra ha creduto sempre a Scarantino, io mai

A questo punto ci sono quegli incontri di cui sta parlando Massimo Ciancimino. C'è un pezzo dello stato che va da Massimo Ciancimino e chiede: “Che cosa volete per evitare queste stragi?” Il messaggio a questo punto è arrivato chiaro allo stato. Noi stiamo eliminando tutti i nemici e gli ex-amici, quelli che ci hanno garantito delle cose che poi non ci hanno più dato. A questo punto arriva il papello. Il primo punto del papello è la revisione del maxiprocesso. (…) Ora abbiamo una vicenda inquietante. Il primo luglio del 1992 Paolo Borsellino viene convocato d'urgenza al Viminale dovi si incontra con il ministro dell'Interno di quel momento (Nicola Mancino, n.d.r.). Il ministro dell'Interno di quel momento negherà sempre di avere avuto quell'incontro, incontro confermato dall'altro procuratore aggiunto di Palermo, il dottor Aliquò, di cui si trova traccia nell'agenda di Paolo Borsellino. Quella trovata, perché una poi è stata fatta sparire e non s'è mai trovata, l'agenda rossa. Su quella grigia annotava dettagliatamente “Ore 18:00, Viminale, Mancino”. Che cosa succede in quell'incontro? Non lo sappiamo. Possiamo fare un'ipotesi. Allora, se al primo punto del papello c'è la revisione del maxiprocesso, chi è l'ostacolo principale alla revisione del maxiprocesso? Il giudice che insieme a Giovanni Falcone ha firmato l'ordinanza-sentenza di quel maxiprocesso. Ha un nome e un cognome e si chiama Paolo Borsellino. Ipotizziamo che a Borsellino venga proposto di non protestare tanto in caso di una revisione del maxiprocesso e Paolo si rifiuti, che cosa succede? Paolo muore. (...)
Non ho mai creduto che Pietro Aglieri fosse il responsabile dell strage di Via D'Amelio. Pietro Aglieri è stato condannato sulla base delle dichiarazioni di Scarantino. Scarantino era il pentito di cui mi occupavo io a Palermo. E' stato sempre dichiarato inattendibile, non l'ho mai utlizzato nemmeno per gli omicidi che confessava. Il dottor Tinebra l'ha utilizzato fino in fondo fino ad ottenere delle sentenze passate in giudicato. Io lo dicevo su una base logica. La strage di Via D'Amelio è talmente delicata che se l'ha fatta Riina, la doveva commissionare per forza ai suoi uomini più fidati, ovvero ai fratelli Graviano. Non poteva commissionarla a un uomo di Provenzano che è Pietro Aglieri. (...)


La mancata perquisizione del covo di Riina è la chiave di tutto

Paolo muore: due piccioni con una fava. Da un lato si alza il prezzo della trattativa dalla parte di Salvatore Riina, dall'altra parte si elimina l'ostacolo alla revisione del maxiprocesso. Perchè a Riina interessavo solo quello. Questa è solo un'ipotesi però vi assicuro che ci sono tanti elementi che vanno in quella direzione. E la prova poi ne è in quello che è raccontato esattamente in questo libro. Il Patto. Il patto (e questo lo dico invece senza il minimo problema) che invece è stato stipulato a quel punto tra lo stato e un'altra parte di Cosa Nostra, che non era più Salvatore Riina, ma la parte “moderata” che si chiama Bernardo Provenzano. Perché quello da cui bisogna partire è che Cosa Nostra non è un monolite. Cosa Nostra non era unitaria, Cosa Nostra già in quel momento aveva delle spaccature. (…) Il patto prevede questo. Da un lato Provenzano garantisce la cattura di Salvatore Riina (ho più di un elemento per dire che Salvatore Riina è stato venduto da Provenzano e non me lo deve venire a dire Ciancimno adesso: lo sapevo già). (…) Provenzano garantisce che non ci sarebbero state più stragi e infatti non ce ne sono state più, vengono fatte nel '93 dagli uomini di Bagarella, ovvero di Riina, fuori dalla Sicilia. Dall'altro lato ha avuto garantita l'impunità. Aveva avuta garantita la sua latitanza, come dimostra la vicenda Ilardo in maniera inequivocabile: una parte dell'Arma dei Carabinieri ha più che verosimilmente protetto e tutelato la latitanza di Bernardo Provenzano. Ma perché Provenzano fosse in grado di mantenere questo patto, questa è la novità di quello che sto dicendo, probabilmente una delle richieste era che venisse consegnato Riina, ma non l'associazione. Anzi. Che l'intera associazione mafiosa dovesse passare nelle mani di Bernardo Provenzano. E' questa la ragione per cui a mio avviso non si perquisisce la casa di Riina. Perché nell'accordo Provenzano vende Riina, ma non vende l'associazione mafiosa. Tutto questo con il sigillo del nostro stato. L'impresa mafia. (...) Balduccio Di Maggio sarebbe quello che ha portato i Carabinieri a casa di Riina. Sappiamo benissimo (adesso Ciancimino lo dice) ma lo sapevamo già che non era così, perché i Carabinieri erano sul covo di Riina già prima che Di Maggio venisse arrestato, quindi figuriamoci... Se la magistratura di Palermo fosse entrata nel covo di Riina avrebbe non dico distrutto, ma avrebbe dato un colpo, se non mortale, quasi, all'associazione mafiosa.


Intervento del giudice Alfonso Sabella alla presentazione del libro "Il Patto" di Nicola Biondo e Sigfrido Ranucci (1 febbraio 2010)
(trascrizione ed introduzione di Federico Elmetti)

http://www.19luglio1992.com/index.php?option=com_content&view=article&id=2579:qsapevo-del-patto-tra-lo-stato-e-provenzano-fin-dal-1996q&catid=20:altri-documenti&Itemid=38

Vincenzo1968
21-02-2010, 16:57
Il caso Ilardo - Rainews24

La storia di Luigi Ilardo è la storia di un infiltrato in Cosa Nostra che si incontrava con Bernardo Provenzano e che era pronto a farlo arrestare ma misteriosamente le sue informazioni non furono utilizzate e l'informatore si trovò abbandonato, tradito ed infine ucciso. Parlano di questo caso e del libro di Sigfrido Ranucci e Nicola Biondo "Il Patto": il magistrato Alfonso Sabella, il magistrato Luca Tescaroli, il giornalista Sigfrido Ranucci di Report, Emanuela Bonchino di Rainews24 e Mariagrazia Conti del Giornale. Conduce Maurizio Torrealta.

Il video:

http://www.19luglio1992.com/index.php?option=com_content&view=article&id=2588:il-caso-ilardo-rainews24-19-febbraio-2010&catid=31:presentazione-libri