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View Full Version : D'Alema al Copasir: l'uomo giusto?


sander4
24-12-2009, 15:17
L'ex premier in pole per il Copasir: è l'uomo giusto?

Siamo sicuri che Massimo D’Alema sia l’uomo giusto per subentrare a Rutelli alla presidenza del Copasir, il Comitato parlamentare di controllo sui servizi segreti? Alcuni trascorsi del suo passato prossimo e remoto farebbero pensare il contrario.

Missili da Picconatore. Nel novembre 1991 D’Alema è numero 2 del Pds subito sotto il fondatore Achille Occhetto. Il presidente della Repubblica Francesco Cossiga, in due interviste a Federico Orlando sul Giornale di Montanelli, chiama in causa il partito (che ha appena chiesto il suo impeachment) a proposito di strane visite di agenti cecoslovacchi a Botteghe Oscure.
Poi parla di presunte operazioni finanziarie fra Kgb e Pds: "Venimmo a sapere che il Kgb sottraeva fondi alle autorità sovietiche per trasferirli in Occidente. Ho temuto che il nuovo Pds potesse cadere nel gioco (magari per trascinamento dei vecchi tempi, quando il Pci riceveva finanziamenti dall’Est)… Ho mandato a chiamare il ‘freddo D’Alema’. Mi ha detto che avevano preso contatto con le autorità sovietiche. L’impressione è che D’Alema avesse tenuto all’oscuro Occhetto. E poi dicono che sono io che ho i dossier… Voglio sapere chi ha proposto a D’Alema o a chi per lui illeciti trasferimenti di soldi dall’Urss; perché l’on.D’Alema non ha informato di questo i servizi di sicurezza italiani e la magistratura". D’Alema replica a muso duro: “Sono stato un ragazzotto a fidarmi di Cossiga. Ma non è riuscito a spaventarci. Ha convocato al Quirinale i capi dei servizi segreti. Il governo chiarisce il rapporto tra presidente e servizi e l'uso degli apparati a fini di lotta politica e personale”. Nel bailamme di quei giorni convulsi, il caso finisce nel dimenticatoio. Ma per un paio d’anni rallenta la carriera di Max. Il quale poi diventerà amicone di Cossiga, grande sponsor del suo governo nel 1998.

Il virus dei Pollari. Nel 2006 scoppiano gli scandali che travolgono il Sismi di Niccolò Pollari, indagato per il sequestro di Abu Omar e per le schedature di politici di centrosinistra (fra cui i dalemiani Violante, Visco e Bargone, ma non il leader), giornalisti e pm. D’Alema, vicepremier e ministro degli Esteri del governo Prodi-2, partecipa a tutte le riunioni ristrette per decidere la riforma dei servizi e riesce a non dire mai una parola sulle responsabilità di Pollari. Ma Cossiga, altro protettore del generale, non è ancora soddisfatto e il 10 luglio lo richiama all’ordine: "D'Alema mi disse 'Pollari non si tocca'. Però quando poi ha incontrato Pollari ha allargato le braccia e non lo ha neppure salutato". Due giorni dopo D’Alema dichiara: "Conosco e stimo il gen. Pollari da molti anni e credo che lui abbia considerazione per la mia persona in ragione della cooperazione istituzionale che abbiamo avuto in passato. Non mi risulta che il Sismi abbia avuto una politica di violare i diritti umani. Mi pare una sciocchezza". Il 20 novembre Pollari è avvicendato al Sismi, ma D’Alema ne loda "l’efficienza" e auspica "giudizi equilibrati per salvaguardare strutture composte da servitori dello Stato che hanno pagato con la vita". Quando poi la querelle fra governo e giudici finisce alla Consulta, rivendica "il dovere di difendere il segreto di Stato, importante per la sicurezza dei cittadini".

Da Telecom al fondo Quercia. Indagando sullo spionaggio illegale della Security Telecom guidata da Giuliano Tavaroli, la Procura di Milano scopre migliaia di dossier che finivano in parte sulla scrivania di Pollari. Il numero 2 del Sismi, Marco Mancini, intimo di Tavaroli, confida ai pm di aver ricevuto nel 2003 un fascicolo della Security su presunti conti esteri legati ai Ds e dice di averli mostrati al dalemiano Nicola Latorre (che smentisce tutto) su suggerimento di Pollari. Impossibile, per ora, accertare se le notizie del dossier siano vere o false: si tratta di estratti conto di banche estere riferibili al presunto fiduciario di un importante leader Ds e di documenti sull'Oak Fund, un fondo delle Cayman socio di Bell, la holding lussemburghese creata dal finanziere Emilio Gnutti per dare la scalata a Telecom con Consorte e Colaninno (i famosi "capitani coraggiosi" benedetti da D’Alema). Max & C. han sempre querelato chiunque facesse cenno alla faccenda: curiosamente però, non appena uscì la notizia del sequestro dei dossier Telecom, destra e sinistra s’affrettarono a varare un decreto che ne ordinava l’immediata distruzione prim’ancora di sapere che cosa contenevano.

Chat line Unipol. Intanto D’Alema finisce nei guai per i suoi rapporti con Consorte. Il 14 luglio 2005, in piena scalata Unipol alla Bnl, telefona all’amico assicuratore alle 9.46 del mattino: "Io poi ti devo dire una cosa...ah...se tu trovi un secondo...direttamente…Volevo dirti...delle prudenze che devi avere. Forse... ti è arrivata la voce, diciamo… Devo farti l’elenco... delle prudenze che devi avere… sì, delle comunicazioni". Nell’ordinanza con cui chiede invano al Parlamento di autorizzare l’utilizzo delle intercettazioni, il gip Forleo spiega: "È evidente che la ‘prudenza delle comunicazioni’ non può che essere riferita a notizie avute in ordine a possibili, anzi a probabili intercettazioni in corso…verosimilmente alludendo alla notizia in quel periodo circolata negli ambienti in questione – delle operazioni di intercettazione innescate dagli inquirenti". Per quelle telefonate la Procura di Milano non ha potuto indagare D’Alema, protetto dall’immunità europea. Chissà se il processo Unipol che si apre a Milano il 1° febbraio riuscirà ad appurare chi lo informò delle intercettazioni sul cellulare di Consorte. Ma, di quella fuga di notizie, potrebbe sempre occuparsi il Copasir.

Da Il Fatto Quotidiano del 24 dicembre

http://antefatto.ilcannocchiale.it/glamware/blogs/blog.aspx?id_blog=96578

Onisem
24-12-2009, 16:00
Ma si, l'hanno trombato in Europa, con lui l'aria di inciuci non manca mai ed averlo al comitato di controllo dei servizi a qualcuno sicuramente da sicurezza. Una mano lava l'altra... E' l'uomo giusto! :rolleyes:

Tensai
24-12-2009, 16:00
"D'Alema" e "uomo giusto" nella stessa frase non ci possono stare, a meno che non si parli di entrare in pensione.

Lorekon
24-12-2009, 19:15
visto che rovina qualunque cosa tocchi, io lo suggerirei come ministro in questo governo :asd:

Vincenzo1968
24-12-2009, 19:32
http://antefatto.ilcannocchiale.it/glamware/blogs/blog.aspx?id_blog=96578&id_blogdoc=2406865&title=2406865

"Spiare e colpire": i dossier e la regia di Berlusconi
di Peter Gomez

Nessuno di loro ci sta a rimanere con il cerino in mano. Hanno spiato, certo. Hanno creato dossier e schede su quelli che Silvio Berlusconi considerava i suoi nemici. Hanno consultato fonti aperte e fiduciarie. Hanno archiviato documenti in cui si ipotizzavano interventi per "disarticolare", "neutralizzare", "ridimensionare" e "dissuadere", anche con "provvedimementi" e "misure traumatiche", i presunti avversari del premier.

Forse hanno addirittura organizzato pedinamenti e disposto intercettazioni telefoniche. Ma di sicuro non lo hanno fatto di loro iniziativa. Avevano ordini precisi. Disposizioni che arrivavano dall’alto. E, se mai adesso fossero processati, potrebbero parlare. Per questo il presidente del Consiglio, all’ultimo momento ha deciso di coprire con il segreto di Stato le attività dell’ex direttore del Sismi, Niccolò Pollari, legate all’ufficio disinfomatjia dei servizi segreti militari, scoperto a Roma, il 5 luglio del 2006 dalla Digos di Milano. Per questo l’uomo che dirigeva quel centro analisi, l’ex consulente di don Luigi Verzé, Pio Pompa – incredibilmente diventato prima uno 007 e poi un collaboratore de Il Foglio di Giuliano Ferrara – ha pure lui chiesto che il segreto, controfirmato da Berlusconi, blocchi di fatto l’inchiesta sul quelle schedature di stile vetero-cecoslovacco. Un’indagine che a Perugia era a un passo dalle richieste di rinvio a giudizio, ma che adesso è invece avviata verso un binario morto.

Restano però i fatti e i documenti. Carte che raccontano come tra il 2001 e il 2006, il governo Berlusconi abbia utilizzato i servizi per fare politica, avvelenare l’informazione, controllare o pagare i giornalisti (Renato Farina), spiare i giudici, il movimento dei Girotondi e una serie di esponenti dell’opposizione. Decine e decine di persone e di associazioni che nei computer di Pompa erano catalogate con degli acronimi e delle sigle: Furio Colombo, per esempio, era "Rioco", Magistratura democratica era "Traca", l’allora segretario della Federazione nazionale della stampa italiana, Paolo Serventi Longhi, era "Svli", il magistrato Juan Ignazio Patrone, all’epoca segretario di "Medel", l’associazione europea dei giuristi democratici, era "Jne". L’analista di Pollari che, in una lettera indirizzata al premier si descriveva come un suo “collaboratore fedele e leale”, aveva pronto un nomignolo per tutti. Ecco dunque che nel siglario l’ex capogruppo dei Ds al Senato, Cesare Salvi, diventa "Vli", l’ex membro del Copaco (il comitato di controllo sui servizi segreti), Massimo Brutti viene indicato come “Tti”, mentre Luciano Violante è "Nte".

Rileggendo in controluce la strana carriera di Pompa, prima comunista e sindacalista alla Sip, poi socio dell’uxoricida Patrizia Reggiani Gucci, è infine devoto a Don Verzé, Pollari e Berlusconi, verrebbe quasi da ridere. Senonché molte delle spericolate ed eversive analisi sequestrate in via Nazionale (carte delle quali Pompa tenta di disconoscere la paternità), risultano poi essersi trasformate in atti di governo o, come ha sottolineato il Consiglio superiore della magistratura, i precise campagne stampa riprese in Parlamento. In un documento, attualissimo, che parte da un assioma caro a Berlusconi (l’esistenza di "un dispositivo approntato in sede politico-giudiziaria” che si muove contro “esponenti dell’attuale maggioranza di governo e di loro familiari"), dopo gli elenchi contenenti i nomi dei presunti nemici, si suggeriscono le contromisure.

Vediamole in sintesi: "1) Disarticolazione, graduale ma costante, del dispositivo approntato in sede politico-giudiziaria [...] Tale attività implica la considerazione di alcuni personaggi, di rilievo, che in Italia ed, ora, anche all’estero rappresentano strutture di supporto [...] delle iniziative di aggressione. 2) Disarticolazione, nei medesimi termini, delle iniziative ed attività riconducibili a soggetti – politicamente caratterizzati – che hanno, anche, ricoperto incarichi di Governo nella pregressa Legislatura [...] 3) Neutralizzazione di iniziative, politico-giudiziarie, riferite direttamente a esponenti della attuale maggioranza di Governo e/o di loro familiari (anche attraverso l’adozione di provvedimenti traumatici su singoli soggetti). Sedi: Milano, Torino, Roma, Palermo. 4) Neutralizzazione o, al più, ridimensionamento di attività aggressive, politiche, giudiziarie, provenienti dall’estero, [...] Paesi di interesse: Spagna, Inghilterra [indagini Mills e Telecinco ndr]. 5) Neutralizzazione di un disegno, in fase di perfezionamento concettuale e operativo, realizzato nell’ambito di organismi investigativi dell’Unione Europea, volto [...] stimolare le dimissioni o anche proposte di impeachment. 6) Esigenza di concettualizzare un team di soggetti di riferimento che prenda come missione prioritaria la valutazione e la diagnosi precoce di ogni iniziativa aggressiva[...] Al contempo, il citato team, potrebbe (in parallelo) svolgere attività di dissuasione mediante l’adozione di adeguate contromisure".

Lo scritto risale all’estate del 2001. Subito dopo la teoria, si trasforma in prassi. Di governo. Il documento invita infatti a muoversi nella “prima quidicina di settembre”. Così se la Spectre anti-Cavaliere da “disarticolare” si occupa di corruzione e di reati finanziari, ecco subito la legge che depenalizza il falso in bilancio. Se il nemico si annida anche nelle magistrature del resto d’Europa, ecco pronta la norma che cestina le rogatorie internazionali. E se l’esecutivo deve guardarsi dagli “organismi investigativi dell’Unione Europea”, come l’Olaf e l’Eurojust (l’organo che facilita la collaborazione tra le magistrature), ecco il sabotaggio di entrambi gli enti, seguito dal no del governo italiano al mandato di arresto europeo. Il 23 novembre 2001 l’esecutivo Berlusconi blocca la nomina all’Olaf di tre magistrati italiani, Perduca (citato due volte nelle liste di via Nazionale), Mario Vaudano e Nicola Piacente, che hanno vinto un regolare concorso. A Gian Carlo Caselli non viene invece confermata la nomina ad Eurojust, mentre altri magistrati dossierati, come Ilda Boccassini e Gherardo Colombo, verranno perseguitati dal ministro della Giustizia con continue ispezioni e procedimenti disciplinari.

E in ogni caso quasi tutte le toghe citate saranno oggetto di "iniziative traumatiche": tra i primi provvedimenti del secondo governo Berlusconi c’è il taglio delle scorte ai giudici in prima linea. Il documento del Sismi denuncia poi il pericolo di "attività aggressive svolte in sinergia" tra pm italiani, spagnoli e inglesi. Anche questo delirio produce ben presto contromisure concrete. Il 14 dicembre 2001 il giornalista e senatore forzista Lino Jannuzzi, buon amico di Pollari, "rivela" su Panorama e su Il Giornale che Ilda Boccassini s’è incontrata in un albergo di Lugano con i colleghi Carlos Castresana, Carla Del Ponte ed Elena Paciotti (eurodeputato Ds) per incastrare Berlusconi» e “trovare il modo di arrestarlo”. Naturalmente è tutto falso, ma la smentita non arriverà mai. L’estensore del piano vanta comunque ottime fonti. In un passaggio, fa riferimento a qualcuno che si è appena insediato nello staff del ministro della Giustizia.

In un altro parla di un anonimo magistrato con un incarico di "supporto governativo". In un terzo cita una giornalista (senza nome) che avrebbe partecipato a Milano a un incontro tra pm in cui si era discusso il cambio d’imputazione in un processo alla Fininvest. Pare che l’informatissimo 007 disponga di una struttura in grado di controllare le mosse della parte più attiva della magistratura. E infatti L’Espresso scoprirà nel 2005 che sotto il governo Berlusconi, oltre al centro di via Nazionale, i servizi segreti avevano almeno altri due uffici – uno a Palermo in via Notarbartolo, l’altro a Milano in piazza Sant’Ambrogio – da cui si spiavano le inchieste delle Procure più calde d’Italia. Il tutto sotto una regia unica. E all’ombra di un premier che oggi vorrebbe diventare un padre costituente: Silvio Berlusconi.

Da Il Fatto Quotidiano del 24 dicembre


http://antefatto.ilcannocchiale.it/glamware/blogs/blog.aspx?id_blog=96578&id_blogdoc=2406954&title=2406954

La lunga lista degli spiati da "via Nazionale"
Una lista di 50 nomi. Eccone il dettaglio: Violante (Luciano, deputato Pci-Ds e oggi Pd); *Colombo (allora direttore de L’Unità); D’Ambrosio (forse il magistrato in aspettativa Loris D’Ambrosio, consigliere giuridico del Quirinale: l’ex magistrato milanese Gerardo compare più avanti); on. Brutti (Massimo, responsabile Ds per i servizi segreti); Arlacchi (Pino, sociologo, già consulente della Procura di Palermo); Caselli (Gian Carlo, ex procuratore di Palermo); Flores d’Arcais (Paolo, filosofo, direttore della rivista MicroMega); De Benedetti (Carlo, editore del gruppo Repubblica-Espresso); Bruti Liberati (Edmondo, sostituto procuratore generale a Milano); Alderighi (Mario Almerighi, giudice a Roma); Natoli (Gioacchino, pm antimafia a Palermo, in quel periodo membro del Csm); Ingroia (Antonio, pm antimafia a Palermo, sostiene l’accusa nel processo Dell’Utri e ha indagato anche su Berlusconi); Maritati (Alberto, deputato Ds); Principato (Teresa, pm palermitana antimafia); Sabella (Alfonso, ex pm a Palermo, ora in forza al Dipartimento amministrazione penitenziaria); Mancuso (Paolo, già pm antimafia a Napoli); Mancuso (Libero, fratello di Paolo, presidente di Corte d’assise a Bologna); Milillo (Gianni Melillo, ex pm a Napoli, poi consigliere giuridico al Quirinale e infine magistrato alla Procura nazionale antimafia); Monetti (Vito, prima alla Procura generale di Genova, ora Pg in Cassazione); Salvi (Giovanni, fratello del deputato Ds Cesare, pm antimafia a Roma); Cesqui (Elisabetta, pm a Roma, in passato ha indagato sulla loggia P2); Lembo (Corrado, pm antimafia a Bari); Paraggio RM (Vittorio, pm romano); on. Bargone (Antonio, deputato Ds); De Pasquale (Fabio, pm milanese del processo sui diritti Mediaset); Napoleone (Fabio Napoleone, pm a Milano); Casson (Felice, pm veneziano); Perduca (Alberto, pm a Torino). Borrelli (Francesco Saverio, procuratore generale); Davigo (Piercamillo, ex pm, giudice in Corte d’appello); Bocassini (Ilda, pm dei processi a Berlusconi e Previti); Greco (Francesco, pm specializzato in reati finanziari); Taddei (Margherita, anche lei pm, impegnata in alcuni processi a Berlusconi); Inchino (Giovanna, pm a Milano); Carnevali (Corrado, procuratore aggiunto); D’Ambrosio (Gerardo, procuratore capo); *Colombo (Gherardo, pm anticorruzione). Visco (Vincenzo, ministro delle Finanze del governo Prodi); Scernicola (Giovanni, segretario particolare di Visco); Veltri (Elio, deputato Idv); Leoluca Orlando (già sindaco di Palermo); Baltasar Garzón Real, titolare del processo a carico di Berlusconi e Dell’Utri per le presunte irregolarità nell’affare Telecinco.


http://antefatto.ilcannocchiale.it/glamware/blogs/blog.aspx?id_blog=96578&id_blogdoc=2406938&title=2406938

Il buio, il cittadino e la sua spia
di Furio Colombo

In un altro Paese, per esempio l’America, il Freedom of Information Act metterebbe in grado questo giornale, e soprattutto i grandi quotidiani impegnati a dire tutto all’opinione pubblica, di chiedere le carte sullo spionaggio illegale agli uffici di cui – a suo tempo – erano dirigenti o dipendenti il generale Pollari o il romanzesco funzionario Pio Pompa.

Gli uffici competenti li dovrebbero consegnare, perché quella regola democratica negli Stati Uniti non può essere violata. Gli americani devono sapere. Gli italiani no. Noi non solo non abbiamo un Freedom of Information Act. Non abbiamo neppure una contrapposizione netta, riconoscibile lungo linee di partito, fra chi vuole sapere e chi ritiene che non si debba sapere mai, persino in caso abusi. Ora è certo un abuso organizzare in Italia lo spionaggio continuato e sistematico di magistrati, giornalisti, scrittori italiani. Ma non ne sapremo mai nulla, perché su tutta la vicenda è calato il segreto di Stato fin dal 2007, quando era al Governo il Centrosinistra.Ora è chiaro che il capo del Popolo della Libertà intende mantenere il segreto di Stato "senza se e senza ma" (e senza "però" come Stefano Bartezzaghi suggerisce di aggiungere alla ormai celebre espressione).Tutto, perciò, rimane e rimarrà al buio. Ma è un buio che dà fastidio dirò le ragioni.

1. Non sapere vuol dire non poter calcolare il senso, dunque il pericolo dell’operazione di spionaggio che coinvolge tante persone. Dire che in tal modo si tiene il fiato sul collo dell’opposizione è un po’ ingenuo. Una simile operazione richiede – se non altro per il consenso di chi deve approvare e per gli archivi – un perché. Naturalmente quel perché è stato inventato. Ma intanto c’è. È un atto di governo ed è coperto da segreto. È un fatto grave e pericoloso.

2. Spiare un cittadino è un atto offensivo. Autorizza altre persone a pensare in buona fede "ci sarà una ragione" persino mentre leggono queste righe. Io sto per dire che sono stato tra gli spiati, con il nome in codice Rioco (accostamento della seconda sillaba del primo nome con la prima del cognome).

3. Eppure non è tutto. Qui entra in scena il sociologo sinistra-destra Luca Ricolfi (ottimo mestiere: ti definisci di sinistra, parli a destra e sei citato ogni giorno da una folla) che descrive così al Riformista (18 dicembre) il fare opposizione a Berlusconi: "C’è un vero e proprio capovolgimento rispetto al paradigma che vedeva l’impegno come sacrificio. È naturale che i più impegnati sono abituati a mescolare lavoro e divertimento. L’esatto contrario dei militanti di Berlinguer". In altre parole la "compagnia di giro" (definizione del prof. Ricolfi per chi si ostina ad opporsi) si diverte un mondo a dire che la Repubblica del conflitto di interessi è in pericolo. E se viene anche spiata, pensa che festa. Magari ci puoi scrivere un thriller. Quanto al perché, non conosceremo mai le motivazioni offerte ai superiori gradi. Ma Ricolfi riesce a descrivere il caso con parole di cui Pio Pompa dovrebbe appropriarsi subito: "Se siamo in uno 'stato di eccezione', come fai a non pensare in buona fede che il fine giustifica i mezzi?". I dipendenti di Pollari e Pompa hanno forse commesso un errore, trascurando Tartaglia. Ma se li lasciamo lavorare in pace nel segreto di Stato, tutti gli altri – da Travaglio, ai giudici di Milano e Palermo, a don Ciotti, al sottoscritto – non li perdono d’occhio un minuto. E l'Italia è salva.



Il nostro è un regime democratico o putiniano?

^TiGeRShArK^
24-12-2009, 23:35
E dopo cicciobello solo d'alema mancava... :doh:

Scalor
25-12-2009, 09:55
Il .... nuovo che avanza !

gerontocrazy ! :D



.... e non è un errore !:D