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View Full Version : Dell'Utri assolve dell'Utri


Ja]{|e
08-12-2009, 16:14
LINK (http://www.byoblu.com/post/2009/12/08/Meno-male-che-Giorgio-ce.aspx)

Meno male che Giorgio c'è

VIDEO: Porta a Porta: Bruno Vespa assolve dell'Utri (http://www.youtube.com/watch?v=nJREriaUBLc)

Mentre c'è una parte del paese che chiede a gran voce che le dichiarazioni dei pentiti vengano raccolte, valutate e casomai giudicate inattendibili; mentre nella società civile si annida un manipolo di nostalgici, inguaribili cittadini seguaci di una setta segreta, minoritaria, iconolatra, che vive nel culto della democrazia, si nasconde nelle catacombe della rete e adora un pezzo di carta, la Costituzione; mentre fioccano sentenze di lesa maestà, come le chiama Dell’Utri nel Gran Tribunale di Porta a Porta, dove lo stesso viene processato solo dalla difesa, senza nessun pubblico ministero a fare il controinterrogatorio, tranne un Sansonetti scialbo, incolore e più accomodante del PD: l'uomo giusto per fare da tappezzeria, da scendiletto al processo farsa imbastito in un'aula priva di pentiti, anche se gente come Belpietro motivi di pentimento ne avrebbe...
Ecco, mentre tutte queste cose accadono, possiamo ritenerci fortunati di avere un presidente della Repubblica in gran forma, che nel lancio del monito (http://www.byoblu.com/post/2009/12/01/Tutti-gli-sport-estremi-di-Giorgio-Napolitano.aspx) non è secondo a nessuno.
Ieri a Milano, in occasione del quarantesimo anniversario della strage di piazza Fontana, ha detto: «Nelle stragi italiane non tutto è chiaro e limpido». Come se ci fossero delle stragi limpide. Parlare di strage chiara e limpida è un ossimoro, come parlare di rompicapo semplice, di intuibile enigma, o di Berlusconi processato.
Non fa niente, diciamo che è stata una garbata concessione alla possibilità di un intricato garbuglio di collusioni istituzionali che forse – ma non corriamo troppo con la fantasia, o perlomeno mettiamoci la cannottierina che prendiamo freddo –, possono avere ostacolato le indagini fino a depistarle del tutto. Concentriamoci sul clou dell’incontro, ovvero il momento più atteso: la declamazione del monito di circostanza.
«La strage di piazza Fontana ci ha insegnato una lezione che non dobbiamo dimenticare».
Uno dice: chissà quali riflessioni di carattere escatologico sta per riservare ai suoi umili compatrioti la più alta carica dello stato?
«Ci insegna che dobbiamo evitare che in Italia i contrasti e le legittime divergenze possano sfociare in tensioni tali da minacciare la vita civile».
Apperò… e chi l’avrebbe mai detto? Questo è un monito che necessita di un certo approfondimento e di una critica ragionata, per facilitarne la comprensione da parte di un pubblico meno avvezzo alle sottigliezze dell’intelletto, quando si esprime in una forma così ispirata e lungimirante.
In cosa consiste, quindi, il monito? In buona sostanza, significa questo: se si litiga tanto, poi si finisce per mettersi le mani addosso. E quindi evitate di alzare la voce, per favore, che ho mal di testa…
Un pensiero profondo che apre su riflessioni di un certo tenore. Meno male che Giorgio c’è.

Faccio le veci di Sansonetti (http://it.wikipedia.org/wiki/Piero_Sansonetti), và...

Nel 1973 tramite Marcello Dell'Utri che l'aveva conosciuto anni prima venne assunto come "stalliere", con funzioni di amministratore, nella villa di Arcore di Silvio Berlusconi, nella quale visse e lavorò fino al 1975. La Procura della Repubblica di Palermo sostiene che Dell'Utri era a conoscenza dei precedenti penali di Mangano. Al tempo in cui Dell'Utri, infatti, lasciò l'impiego in banca per diventare collaboratore di Berlusconi, e successivamente chiamò Mangano ad Arcore, la locale stazione dei Carabinieri ricevette un'informativa dai loro colleghi palermitani che segnalava Mangano quale persona con precedenti giudiziari e Dell'Utri quale persona che ne era informata.
http://it.wikipedia.org/wiki/Vittorio_Mangano

"Un giorno - disse fra l'altro in quella occasione Cinà - Dell'Utri venne da me sfiduciato, dicendomi che voleva partire missionario e voleva lasciare il lavoro. Io cercai di dissuaderlo, anche perché lo considero persona di grande levatura". E ancora: "Ammetto di conoscere Mimmo Teresi (il mafioso - ndr), in quanto nipote di mio cognato Benedetto Citarda. Ma non conosco affatto Bontade, persona che ritengo troppo importante per me". E per ironia della sorte il primo importante riscontro a quell'antica amicizia fra il boss mafioso Cinà e Dell'Utri che è alla base del processo è arrivata ai giudici di Palermo proprio da Silvio Berlusconi. Nel processo, il neoduce si è avvalso della facoltà di non rispondere. Ma nell'87, ai magistrati di Milano, aveva affermato: "Chiesi a Marcello di interessarsi per trovare un fattore lui mi presentò il signor Vittorio Mangano come persona a lui conosciuta, più precisamente conosciuta da un suo amico con cui si davano del tu, che da tempo conosceva e che aveva conosciuto sui campi di calcio della squadra Bacigalupo di Palermo, squadra di dilettanti".
http://www.pummarulella.org/dell%27utri_marcello.htm

Quello che il tribunale ritiene pienamente provato è che anche sotto il dominio di Riina, la Fininvest, tramite Dell’Utri e Cinà, continua a pagare Cosa Nostra. E i rapporti continuano negli anni 90. Nel 1990, per esempio, la Standa di Catania subisce alcuni attentati a scopo estorsivo. Dietro queste azioni c’è Nitto Santapaola, capomafia di Catania, molto vicino a Riina. Secondo i pentiti e un testimone, Dell’Utri incontra Santapaola per cercare una mediazione. Quel che è certo è che gli attentati cessano all’improvviso e che la Standa non sporge denuncia.
http://www.narcomafie.it/articoli_2005/dos_09_2005.htm

elect
08-12-2009, 16:22
Vespa gli dà proprio via a Fede ^^

Ja]{|e
08-12-2009, 16:35
da Il Fatto Quotidiano del 6 dicembre 2009 (http://antefatto.ilcannocchiale.it/glamware/blogs/blog.aspx?id_blog=96578&id_blogdoc=2395335&title=2395335)

Il risiko delle cooperative e l'ombra di Dell'Utri
di Davide Milosa

“Nu’ mezzo c’è pure Dell’Utri”. Per qualche istante le parole restano sospese dentro la stanza del carcere. L’interrogatorio fino a quel punto un po’ noioso prende di colpo interesse. Angelo Chianello, palermitano, classe’64, trafficante di droga, sta seduto davanti al pm Ilda Boccassini. La faccia larga, gli occhi piccoli. È visibilmente teso. Sa che fare quel nome può essere un azzardo. Tanto più che accanto al senatore del Pdl metterà in fila personaggi molto vicini a Cosa nostra, componendo un quadro dettagliato degli interessi siciliani a Milano, spesso giocati su un risiko finanziario messo in piedi attraverso false fatture. Un comitato d’affari che, tra le altre cose, ha dato appoggio logistico a Gianni Nicchi e Gaetano Fidanzati, i due superlatitanti arrestati ieri.

L’inedita partitura comprende i più stretti eredi di Vittorio Mangano e un tipo come Giuseppe Porto, detto Pino il cinese, manager in doppio petto al centro di interessi siculo-calabresi e soprattutto, scrive la Squadra mobile di Milano “vicino alla famiglia mafiosa palermitana di Pagliarelli, segnatamente Gianni Nicchi”. Particolare, quello del suo presunto fiancheggiamento al picciutteddu, confermato dal pentito Fabio Manno della famiglia di Borgo Vecchio. “So che Pino è molto vicino a Nicchi”. Oltre a Porto c’è poi Natale Sartori, dominus delle cooperative di pulizia, già coinvolto in un’indagine di mafia anche per i suoi stretti rapporti con Dell’Utri, Mangano ed Enrico Di Grusa, il genero dell’ex fattore di Arcore. Porto e Di Grusa oggi sono soci occulti nella cooperativa Smc. E sono sempre loro, in particolare i Di Grusa, a dare appoggio al boss latitante Gaetano Fidanzati. Sempre Manno incontra a Milano Di Grusa e Guglielmo Fidanzati, il figlio di Gaetano. Dice: “Mi hanno portato nel loro ufficio di piazza Corvetto. Gli ho detto, ‘ma Guglielmo come sta, sta bene?’ Lui, dice sì, tutto bene. Ed io, ‘ma l'hai sentito il fatto di suo padre, ma dov'è? Sapete qualcosa? Dice: è a Milano”.

Anche per questo Chianello davanti alla Boccassini trema. Ma ormai non può tirarsi indietro. Con la giustizia ha iniziato a collaborare nel 2008, prima a Palermo e poi a Milano. In Cosa nostra ha sempre trafficato droga. Ecco cosa si legge nel primo verbale. “Daniele Formisano gli aveva detto che le ricchezze dei Mangano derivavano dall’aiuto di Dell’Utri”. Formisano, nipote dell’ex fattore di Arcore, sosteneva “che Dell’Utri aveva interesse nelle cooperative dei Mangano la cui sede si trovava in viale Ortles a Milano”. Non solo. “C’era anche un’altra cooperativa il cui titolare era un messinese che gli aveva presentato Formisano e che queste cooperative erano una cosa sola”. Gli investigatori non hanno dubbi: quel messinese è Sartori. Oggi la palazzina al civico 16 di viale Ortles è chiusa. Qui, fino al 2008, aveva sede la Cgs New Group Scarl nel cui consiglio d’amministrazione compaiono Cinzia, Loredana e Marina Mangano, le tre figlie del boss. Da meno di un anno, la società si è trasferita in via Romilli, la via dove dal 1968 abitano i Fidanzati. Fino a qua sul piatto ci sono le figlie di Mangano e Sartori, sullo sfondo l’ombra di Dell’Utri. Poi entra in scena Giuseppe Porto, l’uomo che, secondo Chianello, gestirebbe, in collaborazione con il duo Mangano-Sartori “un traffico di fatture false”. Reato che permette di accumulare milioni di euro in fondi neri. Dopo aver calato i suoi assi, Chianello riannoda il filo del discorso. “Sono arrivato a Milano nel 2004. In particolare, Porto mi veniva a prendere in albergo e mi portava con lui”. Va avanti: “Io so che Porto è in società con le figlie di Mangano”. Poi aggiunge un altro pezzo al puzzle. “Un giorno con Porto andammo in un ufficio che si trova in una traversa di viale Ortles. Qui, mi spiegava, era tutto in nero, mentre in viale Ortles le cose erano regolari”.

Emerge, dunque, una contabilità segreta. E le Mangano? “Loro erano al corrente di questa gestione parallela”. E se Pino Porto opera dal basso, badando ai bilanci, Sartori rappresenterebbe quel “benessere di amicizie lasciato in eredità da Vittorio Mangano”. Lui è quel “messinese alto e ben vestito” che Chianello incontra in un ristorante con Porto e Daniele Formisano. “Daniele mi riferiva che è uno dei più grandi imprenditori di Milano nell’ambito delle cooperative, che ha mille operai, e quindi mi faceva intendere che era tutta una cosa”.

Classe ’58, Sartori a metà anni Novanta viene indagato per mafia e traffico di droga. Il pm Maurizio Romanelli lo accusa, assieme al compaesano Antonino Currò, di aver appoggiato la latitanza di Enrico Di Grusa, genero di Mangano. L’inchiesta parte con grandi aspettative. In primo grado inizia però a sgonfiarsi, per sfumare del tutto in Appello. Sartori sarà condannato solo per corruzione e false fatturazioni perché ha accumulato fondi neri circa 60 miliardi di lire grazie a un sistema simile a quello descritto da Chianello. Ma, al di là della sentenza, restano gli stretti rapporti con Mangano e Dell’Utri e il fatto che le cooperative abbiano lavorato per Publitalia e la Fininvest. Sono almeno tre gli incontri, raccontati dal pentito Vincenzo La Piana e dichiarati attendibili dal Tribunale, tra Sartori, Currò, Di Grusa e il senatore azzurro.

Ma per i giudici, Sartori non è organico a Cosa nostra , anche se nel 1995 si interessa per far spostare Mangano dal carcere di Pianosa. “ Questo interessamento”, spiegano, “era però rivolto alla persona in quanto tale... dato che esistevano rapporti di amicizia tra Sartori e Mangano e tra Sartori e le figlie di Mangano, nonché di conoscenza tra Sartori e l’onorevole Dell’Utri”. Esattamente “quel benessere di amicizie lasciato in eredità da Mangano” di cui parla Chianello. Un pacchetto tutto compreso che lo stesso Di Grusa, uscito dal carcere nel 2005, voleva tenere per sé. “Lui”, dice Chianello, “voleva avere rapporti diretti con queste persone”.

first register
08-12-2009, 16:39
boh... mi spiace per i cittadini che credono ancora a quello che viene detto in tv.
:mad:

Vincenzo1968
08-12-2009, 16:39
Uh! Napolitano:

http://www.youtube.com/watch?v=2StAKAlrU5k

http://www.pieroricca.org/2009/11/27/giorgio-napolitano/

http://www.pieroricca.org/2009/11/30/giorgio-napolitano-2/

Ja]{|e
08-12-2009, 16:49
boh... mi spiace per i cittadini che credono ancora a quello che viene detto in tv.
:mad:

E quando cerchi di parlare al famoso ragazzo di seconda media che nemmeno siede a primo banco (http://archiviostorico.corriere.it/2004/dicembre/10/Annuncio_del_premier_voto_con_co_9_041210013.shtml)...

http://www.listaperasiago.it/public/images/scimmiette.gif

first register
08-12-2009, 16:57
HA MENTITO IN DIRETTA TV!!!

Dell’Utri, quest’ultimo non è stato condannato per la parola dei pentiti, si potrebbero anche prendere i pentiti e espungerli da quel processo e la sentenza reggerebbe lo stesso, perché si regge anche su elementi oggettivi, come il libro mastro trovato nel covo della famiglia di San Lorenzo a Palermo, la famiglia mafiosa di San Lorenzo, con scritta una cifra e vicino “ Canale Cinque”, un versamento che la Fininvest faceva per le antenne di Canale Cinque nel quartiere di San Lorenzo alla mafia; hanno trovato le agende di Dell’Utri, nelle quali risultavano appuntamenti a Milano con Mangano dopo le stragi, quando Mangano era capo della famiglia di Porta Nuova, che oggi sappiamo da Spatuzza essere l’alleata prediletta dei Graviano, che stavano facendo le trattative. Ci sono intercettazioni telefoniche del boss Guttadauro, che parla degli accordi presi da Dell’Utri con un capomafia che si chiama Gioacchino Capizzi, parliamo di intercettazioni registrate, ma troverete tutto nella sentenza che pubblichiamo su Il Fatto Quotidiano, intercettazioni in un’autoscuola con gli uomini di Provenzano dentro una macchina dell’autoscuola, che parlano delle elezioni europee del 99 e dicono “ dobbiamo sostenere Dell’Utri, altrimenti i giudici lo fottono, cioè lo dobbiamo mandare al Parlamento Europeo, altrimenti lo arrestano”.


Quando Berlusconi e Dell'Utri incontravano il capo di Cosa Nostra

Abbiamo degli elementi oggettivi che non c’entrano niente con la parola dei pentiti che va e che viene, ma dato che l’episodio ci racconta come è iniziata questa lunga trentennale storia di rapporti con la mafia, è interessante sentirlo raccontare dal diretto interessato, dal testimone oculare, da quello che partecipava a quell’episodio, perché siamo intorno al 1974, quando Vittorio Mangano viene assunto come fattore, amministratore soprastante, si dice da quelle parti, della villa di Arcore, prelevato in Sicilia da Dell’Utri e portato a Milano, segnalato da Gaetano Cinà, che è considerato un mafioso della famiglia dei Malaspina e che è, guarda caso, uno dei migliori amici di Dell’Utri e, prima che Mangano venga assunto da Berlusconi nella sua villa, c’è un incontro a Foro Bonaparte negli uffici della Edilnord di Berlusconi, tra i capi della Fininvest, dell’Edilnord e i capi della mafia, che all’epoca erano Stefano Bontate e Mimmo Teresi e c’era pure Francesco Di Carlo.




Ma Vespa non era uno dei migliori giornalisti che abbiamo in Italia???


:stordita: