FabioGreggio
18-10-2009, 23:07
Criminale di guerra. E contro l'umanità. Per avere fatto un uso sproporzionato della forza. Per le violenze a Gerusalemme Est.
E aver inflitto una punizione collettiva ai palestinesi di Gaza. Venticinque palline bianche impallinano Israele, al Consiglio per i diritti umani dell'Onu. Venticinque sì che adottano le 575 pagine del Rapporto Goldstone e, dopo nove mesi, mettono al mondo la prima sentenza su quei 22 giorni di bombe dell'operazione Piombo Fuso: «Una grave violazione del diritto umanitario internazionale».
Il pronunciamento, del tutto scontato, stabilisce che i 10 mila documenti allegati, le 1.200 foto, le 200 interviste, i cinque mesi d'indagine del giudice sudafricano Richard Goldstone e dei suoi collaboratori, un'inglese, un irlandese e una pakistana, tutto questo è credibile.
E dice che Israele deve presentare una sua inchiesta altrettanto credibile, entro sei mesi. Altrimenti, il Consiglio di sicurezza discuterà d'un vero processo internazionale per crimini di guerra e contro l'umanità.
IL RAPPORTO - Il Rapporto per la verità contiene accuse anche a Hamas, per le violazioni dei diritti nella Striscia, l'uso di scudi umani e gli oltre 10 mila razzi Qassam lanciati in dieci anni sulle città del Sud israeliano.
Ma di questo, la sessione ginevrina dell'Onu s'è occupata solo a margine: il documento d’azione punta il dito soprattutto sui 1.300 morti della guerra, indicando per Hamas un generico obbligo d'indagare.
Lo stesso Goldstone, che è d'origine ebraica e ha ricevuto violenti attacchi dalla destra israeliana, se n'è lamentato: «Questa risoluzione mi rattrista: si riferisce solo alle accuse contro Israele.
Non c'è una frase che condanni Hamas, com'è invece nel mio rapporto». Giustizia è quasi fatta, esultano i palestinesi: «L'importante è che queste parole si traducano in maggior sicurezza per noi» (Nabil Abu Rdeneh, portavoce di Abu Mazen); «speriamo che questo voto porti a un processo degli occupanti sionisti» (Taher Al Nounou, Hamas).
È un premio al terrorismo mondiale e una minaccia al processo di pace, avverte il governo Netanyahu: «L'esercito israeliano ha usato i guanti di velluto sui civili di Gaza» (Eli Yishai, ministro dell'Interno); «Chi ha votato sì sappia che la prossima volta toccherà alla Nato in Afgha*nistan o ai russi in Cecenia».
SCHIERAMENTI - Numeri e dichiarazioni non spiegano ogni cosa, però. Innanzi tutto perché Netanyahu temeva un risultato peggiore: le febbrili consultazioni degli ultimi giorni hanno evitato che ai 25 scontati sì di Cina e Russia, Paesi arabi e islamici, s'aggiungessero anche i voti di tutta l'Unione europea, del Giappone, della Sud Corea.
Invece, oltre ai 6 no traghettati da Stati Uniti e Italia, sono spuntate 11 astensioni, e pure da Paesi tradizionalmente antisraeliani come Norvegia o Belgio. «Che si schierassero contro di noi Djibuti o il Bangladesh — confida l'ambasciatore israeliano a Ginevra, Aharo Leshno-Yaar —, lo sapevamo. La nostra paura era che si schierassero anche gli altri ».
Non è accaduto. O meglio, non in misura massiccia. Un po' perché solo gli Usa avevano criticato apertamente il Rapporto, ma solo Londra l'aveva difeso. Un po' perché la stessa Autorità palestinese aveva spinto per un rinvio del voto (c'è in ballo il processo di pace e la mediazione di Obama), salvo ripensarci per le proteste di piazza.
E poi perché a Ginevra sapevano benissimo tutti che questo voto non porta a granché: in Consiglio di sicurezza, basterà il veto Usa a farlo rimanere un'impallinata a salve, o poco più. «È vero, sono solo 25 palline — dice Ahmed Tibi, deputato arabo della Knesset —. Ma servono a contare il nostro onore».
http://www.corriere.it/esteri/09_ottobre_17/gaza-crimini-onu_38b1b16a-baeb-11de-af7b-00144f02aabc.shtml
E aver inflitto una punizione collettiva ai palestinesi di Gaza. Venticinque palline bianche impallinano Israele, al Consiglio per i diritti umani dell'Onu. Venticinque sì che adottano le 575 pagine del Rapporto Goldstone e, dopo nove mesi, mettono al mondo la prima sentenza su quei 22 giorni di bombe dell'operazione Piombo Fuso: «Una grave violazione del diritto umanitario internazionale».
Il pronunciamento, del tutto scontato, stabilisce che i 10 mila documenti allegati, le 1.200 foto, le 200 interviste, i cinque mesi d'indagine del giudice sudafricano Richard Goldstone e dei suoi collaboratori, un'inglese, un irlandese e una pakistana, tutto questo è credibile.
E dice che Israele deve presentare una sua inchiesta altrettanto credibile, entro sei mesi. Altrimenti, il Consiglio di sicurezza discuterà d'un vero processo internazionale per crimini di guerra e contro l'umanità.
IL RAPPORTO - Il Rapporto per la verità contiene accuse anche a Hamas, per le violazioni dei diritti nella Striscia, l'uso di scudi umani e gli oltre 10 mila razzi Qassam lanciati in dieci anni sulle città del Sud israeliano.
Ma di questo, la sessione ginevrina dell'Onu s'è occupata solo a margine: il documento d’azione punta il dito soprattutto sui 1.300 morti della guerra, indicando per Hamas un generico obbligo d'indagare.
Lo stesso Goldstone, che è d'origine ebraica e ha ricevuto violenti attacchi dalla destra israeliana, se n'è lamentato: «Questa risoluzione mi rattrista: si riferisce solo alle accuse contro Israele.
Non c'è una frase che condanni Hamas, com'è invece nel mio rapporto». Giustizia è quasi fatta, esultano i palestinesi: «L'importante è che queste parole si traducano in maggior sicurezza per noi» (Nabil Abu Rdeneh, portavoce di Abu Mazen); «speriamo che questo voto porti a un processo degli occupanti sionisti» (Taher Al Nounou, Hamas).
È un premio al terrorismo mondiale e una minaccia al processo di pace, avverte il governo Netanyahu: «L'esercito israeliano ha usato i guanti di velluto sui civili di Gaza» (Eli Yishai, ministro dell'Interno); «Chi ha votato sì sappia che la prossima volta toccherà alla Nato in Afgha*nistan o ai russi in Cecenia».
SCHIERAMENTI - Numeri e dichiarazioni non spiegano ogni cosa, però. Innanzi tutto perché Netanyahu temeva un risultato peggiore: le febbrili consultazioni degli ultimi giorni hanno evitato che ai 25 scontati sì di Cina e Russia, Paesi arabi e islamici, s'aggiungessero anche i voti di tutta l'Unione europea, del Giappone, della Sud Corea.
Invece, oltre ai 6 no traghettati da Stati Uniti e Italia, sono spuntate 11 astensioni, e pure da Paesi tradizionalmente antisraeliani come Norvegia o Belgio. «Che si schierassero contro di noi Djibuti o il Bangladesh — confida l'ambasciatore israeliano a Ginevra, Aharo Leshno-Yaar —, lo sapevamo. La nostra paura era che si schierassero anche gli altri ».
Non è accaduto. O meglio, non in misura massiccia. Un po' perché solo gli Usa avevano criticato apertamente il Rapporto, ma solo Londra l'aveva difeso. Un po' perché la stessa Autorità palestinese aveva spinto per un rinvio del voto (c'è in ballo il processo di pace e la mediazione di Obama), salvo ripensarci per le proteste di piazza.
E poi perché a Ginevra sapevano benissimo tutti che questo voto non porta a granché: in Consiglio di sicurezza, basterà il veto Usa a farlo rimanere un'impallinata a salve, o poco più. «È vero, sono solo 25 palline — dice Ahmed Tibi, deputato arabo della Knesset —. Ma servono a contare il nostro onore».
http://www.corriere.it/esteri/09_ottobre_17/gaza-crimini-onu_38b1b16a-baeb-11de-af7b-00144f02aabc.shtml