View Full Version : Scuola Italiana Bocciata dall'OCSE
MesserWolf
09-09-2009, 09:18
La pagella dell'Ocse alla scuola italiana: bocciata
di Federica Micardi
Tanta scuola non significa buona scuola. I giovani italiani passano più tempo dei coetanei stranieri nelle aule scolastiche (unica eccezione i cileni) ma i risultati non si vedono. E’ quanto emerge dal rapporto "Education at a Glance" dell’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo) presentato martedì, che calcola il rendimento degli investimenti in educazione, confrontando i costi dell'istruzione e l'assenza di un guadagno durante il corso di studi, con le prospettive salariali.
L’Ocse sottolinea che la preparazione e l’adeguata formazione sono e saranno la leva principale per uscire dalla crisi; dai dati pubblicati e relativi al 2007 in Italia c’è ancora molto da fare.
Tempo a scuola se ne passa anche troppo ma i risultati sono scarsi, il corpo insegnanti è sottopagato e poco, per non dire nulla stimolato; resta alta la percentuale di abbandoni e l’investimento rispetto al Pil è decisamente sotto la media.
Pochi risultati. Tra i 7 e i 14 anni i nostri ragazzi passano sui banchi oltre 8mila ore (la media Ocse è 6.862) ma nei test internazionali finiscono nelle ultime file.
Più in dettaglio a 7 e 8 anni gli alunni stanno in classe 990 ore (media Ocse 790, media Ue 802) di queste, 891 per insegnamenti obbligatori il che rivela la poca flessibilità per gli insegnamenti aggiuntivi. Tra i 9 e gli 11 anni diventa anche peggio, il tempo passato tra le mura scolastiche è di 1.023 ore (media Ocse 835 e medi Ue 847). Con l’avanzare dell’età, tra i 12 e i 14 anni le ore davanti agli insegnanti diventano 1.089 (media Ocse 926 e Ue 928).
La flessibilità nella formazione nel Belpaese è praticamente assente in tutte le scuole dell’obbligo. Alle medie le materie sono rigidamente suddivise tra: lettere a affini (21%, media Ocse 16%), matematica 13%, scienze 9% (media Ocse 16%).
Un dato che coglie di sorpresa è la percentuale di tempo dedicata alle lingue straniere, in Italia il 16% contro una media del 13%, eppure non si direbbe visti i risultati.
Scuola secondaria. Resta alta la percentuale di abbandoni negli ultimi anni della scuola dell’obbligo: il 19% la media Ocse, il 20% l’Italia. Un dato piuttosto grave se si considera che il 42% dei “senza diploma” non ha alcun lavoro; chi ha titoli di studio non elevati perde il lavoro più facilmente e passa lunghi periodi senza riuscire a trovarlo.
Paradossalmente chi è dissoccupato ma con buoni studi alle spalle dedica il tempo “libero” a corsi di formazione, strada non percorsa dai meno scolarizzati.
Insegnanti senza stimoli e controlli. Valutazione pari a zero per il lavoro degli insegnanti. Secondo il rapporto il 55% degli insegnanti italiani non riceve alcun tipo di riscontro, positivo o negativo, in riferimento al lavoro svolto, e il 20% non riceve giudizi neanche all’interno dell’istituto per cui lavora.
Sul fronte stipendi i nostri insegnanti sono sottopagati: 40mila dollari l’anno dopo 15 anni di servizio contro i 90mila del Lussemburgo, i 60mila della Svizzera e i 50mila della Germania.
Nella scuola primaria se la media nazionale vede come stipendio iniziale poco meno di 29mila euro e uno stipendio di fine carriera pari a 36.800 dollari contro una media Ocse di 47.800.
La musica non cambia nella scuola secondaria diprimo grado (elementari e medie) dove in Italia oscilla tra i 26.877 per chi inizia ai 40.351 per chi è prossimo alla pensione con 35 anni di anzianità (media Ocse rispettivamente 31.000 e 51.470).
Chi insegna alle superiori comincia con uno stipendio di 26.877 e arriva al massimo a 42.179 (media Ocse 32.183 e 54.440). Lo stipendio più basso non corrisponde però a un minor numero di ore lavorate.
Investimento e formazione. I paesi Ocse investono mediamente il 6,2% del Pil nella formazione. Sotto la media il nostro paese con il 4,9%. La spesa pubblica per l’educazione nell’area Ocse è pari al 13%, in Italia il 10%. Nella spesa media per studente (fino alla scuola secondaria) il nostro paese raggiunge quota 100mila dollari, più della media (93.775 dollari). L’Italia vanta un triste primato, è tra i paesi in cui l’educazione terziaria (l’università per esempio) è tra le più care con un costo annuo di 1.100 dollari
Università poco internazionale. Per gli stranieri siamo poco interessanti. Dei 3milioni di studenti che ogni anno decidono di andare a laurearsi all’estero solo l’1,9% sceglie l’Italia dove seguono corsi in medicina (20,4%), arte e scienze umanistiche (19,9%) e scienze sociali o giurisprudente (in tutto 31,8%). Gli Stati Uniti sono la prima scelta (19,7%), seguono Regno Unito (11,6%), Germania (8,6%), Francia (8,2%), Australia (7%), Canada e Giappone (intorno al 4%). Meglio di noi anche Spagna e Russia con il 2%.
Tra le cause, la scarsa presenza di corsi in lingua inglese. I pochi che scelgono l’Italia vengono per lo più a seguire corsi di laurea (oltre il 90%). La ricerca, infatti, che fa espatriare tanti cervelli, attira solo il 4% dei 57.000 studenti stranieri che sbarcano da noi. Un piccolo risultato, bisogna ammetterlo, è stato raggiunto: dal 2000 al 2007 è più che raddoppiato il numero di iscritti stranieri nei nostri atenei.
Università: iscritti e abbandoni. La percentuali di laureati italiani resta bassa, il 10% nella fascia di età 55-64 e il 20% tra chi ha tra i 25 e i 34 anni. Aumenta in modo considerevole il numero di laureati, che grazie alla formula del 3+2 (tre anni per la larea di primo livello e due anni per chi vuole prendere anche la laurea specialistica) passa dal 20 al 35%. In aumento, però, anche gli abbandoni: lascia gli studi il 55% degli iscritti
Gli effetti della laurea. La disparità tra uomo e donna, che esiste nell’intera area Ocse, in Italia è molto più marcata. Il valore del titolo accademico, al netto di tasse e contributi, per un uomo è pari a circa 173mila dollari nell’arco della vita lavorativa (in questo siamo secondi solo agli Stati Uniti), per la donna di 25mila (la media Ocse è rispettivamente di 82mila e 51mila).
Un dato positivo: aumentano del 6% gli studenti che raggiungono la laurea o un diploma di specializzazione)
8 settembre 2009
http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Italia/2009/09/ocse-scuola-italia-pagella.shtml
Che dire ... male ! Le riforme servono, lo si sapeva in fondo.
Il 3+2 ha portato a dei buoni risultati complessivamente [e dove è stato applicato con criterio]. Consentendo di aumentare i laureati e dando maggior flessibilità al sistema , ma di lavoro ce ne ancora molto da fare.
di chi sono le responsabilità ? Molto trasversali probabilmente.
Però considerando che i ragazzini, fino almeno alle medie, sono simili in tutto il mondo, direi che i principali sospetti sono i docenti e il sistema così com'è .
Tante tante ore , forse troppe?, che non rendono . 0 attività extra scolastiche , a parte qualcosina , ma che è più una farsa che una cosa seria.
Docenti che.... tanto sono bravi alcuni tanto sono pessimi altri , sia come preparazione che come motivazione e capacità didattiche [sono 2 cose ben distinte], e bastano pochi di questi ultimi a fare disastri.
Che poi c'è da dire che chi arriva in fondo bene nel nostro sistema esce davvero preparato . Non so voi , ma io ho amici andati a studiare un po' ovunque nel mondo [ e non solo in erasmus ] e mi dicono quasi sempre di come sia più facile la scuola all'estero ... magari neanche per i contenuti , ma per una miglior organizzazione e una maggior attenzione verso le esigenze degli studenti [quindi magari no 5 esami tutti un una settimana , o attrezzature adeguate etc etc].
La preparazione dei nostri atenei migliori , è molto buona , ma è più una sfida alla sopravvivenza che una scuola ! E basterebbe un po' più di attenzione per gli studenti per ridurre gli abbandoni etc etc.
Non ultimo il post studi . Capisco anche che uno che ha difficoltà a un certo punto si chieda chi glielo fa fare , sapendo che poi lo aspetta uno stipendio da operaio o peggio , se non qualche stage/schiavitù.
Ziosilvio
09-09-2009, 10:31
Troppa letteratura, troppa poca matematica, troppe poche scienze, e soprattutto quasi completa impossibilità di imporre la disciplina e rendere gli elementi dannosi incapaci di nuocere.
Con questi presupposti, è difficile che la scuola dell'obbligo in Italia possa fornire grandi risultati. Di più: è già quasi troppo quello che riesce a fare.
dave4mame
09-09-2009, 11:19
oddio... certo che se l'aumento del numero dei laureati è un parametro di giudizio...
Mythical Ork
09-09-2009, 11:42
oddio... certo che se l'aumento del numero dei laureati è un parametro di giudizio...
Non mi sembrava l'unico :rolleyes:
Ciao
Orlado
MesserWolf
09-09-2009, 12:11
oddio... certo che se l'aumento del numero dei laureati è un parametro di giudizio...
bhe valutando la scuola direi che è significativo .... poi ok che ci sono tante facoltà fuffà etc ect, però è cmq un livello di scolarizzazione più alto
blamecanada
09-09-2009, 12:25
Troppa letteratura, troppa poca matematica, troppe poche scienze
Non credo sia questo il problema, perché se fosse questo ci sarebbero studenti ignoranti in scienze, ma dovrebbero essere tutti dei fini letterati. Invece anche chi esce dal liceo è al 90% un analfabeta.
Inoltre piú di una persona piú esperta di me sostiene che la matematica in Italia sia proprio insegnata male.
bhe valutando la scuola direi che è significativo .... poi ok che ci sono tante facoltà fuffà etc ect, però è cmq un livello di scolarizzazione più alto
Non è che se uno si laurea in enologia sia piú scolarizzato...
dave4mame
09-09-2009, 12:29
Non mi sembrava l'unico :rolleyes:
Ciao
Orlado
io non l'ho scritto.
se mi proponi l'elenco dei nomi di 10 criminali, e uno di questi è quello di madre teresa, credo che ti dirò che è quello che "non c'entra".
Troppa letteratura, troppa poca matematica, troppe poche scienze, e soprattutto quasi completa impossibilità di imporre la disciplina e rendere gli elementi dannosi incapaci di nuocere.
Con questi presupposti, è difficile che la scuola dell'obbligo in Italia possa fornire grandi risultati. Di più: è già quasi troppo quello che riesce a fare.
Verissimo. Avevamo la professoressa di italiano, che ci insegnava anche latino, due ore al giorno. Scienze invece due ore la settimana. Non abbiamo completato neppure 1/3 del programma, per non parlare del libro...
Dovrebbero togliere il nome scientifico. Mai fatto in 5 anni più di 15 ore di informatica :doh:
Non credo sia questo il problema, perché se fosse questo ci sarebbero studenti ignoranti in scienze, ma dovrebbero essere tutti dei fini letterati. Invece anche chi esce dal liceo è al 90% un analfabeta.
Inoltre piú di una persona piú esperta di me sostiene che la matematica in Italia sia proprio insegnata male.
Lettere piace a pochi, latino non lo studia quasi nessuno. In scienze tutta la classe aveva ottimi risultati. Capisci che quelle ore sono sprecate?
dave4mame
09-09-2009, 12:31
Non è che se uno si laurea in enologia sia piú scolarizzato...
più che altro può anche essere laureato cum laude, ma se poi non sa riconoscere un barbera da un pinot...
più che altro può anche essere laureato cum laude, ma se poi non sa riconoscere un barbera da un pinot...
lo si manda a ripetizioni da sursit !
:O
Cò,a,òzò,a
MesserWolf
09-09-2009, 12:56
Verissimo. Avevamo la professoressa di italiano, che ci insegnava anche latino, due ore al giorno. Scienze invece due ore la settimana. Non abbiamo completato neppure 1/3 del programma, per non parlare del libro...
Dovrebbero togliere il nome scientifico. Mai fatto in 5 anni più di 15 ore di informatica :doh:
Lettere piace a pochi, latino non lo studia quasi nessuno. In scienze tutta la classe aveva ottimi risultati. Capisci che quelle ore sono sprecate?
quoto . Nel liceo Scientifico poi questa situazione è particolarmente assurda.
Latino in particolare ha un numero di ore spropositato .Personalmente allo scientifico lo limiterei al biennio o lo eliminerei del tutto in favore di fisica /scienze /mate .
Wolfgang Grimmer
09-09-2009, 12:59
Troppa letteratura, troppa poca matematica, troppe poche scienze, e soprattutto quasi completa impossibilità di imporre la disciplina e rendere gli elementi dannosi incapaci di nuocere.
Con questi presupposti, è difficile che la scuola dell'obbligo in Italia possa fornire grandi risultati. Di più: è già quasi troppo quello che riesce a fare.
Io vedo gente che esce dalle superiori e legge stentando.
Più che troppa letteratura direi proprio cattivo insegnamento.
MesserWolf
09-09-2009, 13:02
più che altro può anche essere laureato cum laude, ma se poi non sa riconoscere un barbera da un pinot...
Ok , condivido il fatto che molti parametri non sono significativi se non ben indagati, ma, ammettendo che il 10-20-30-40-50 % percento delle lauree sia un titolo vuoto, se ci fossero più laureati , la percentuale sarebbe più o meno la stessa , ma aumenterebbe anche la gente con un titolo utile e con dei contenuti.
Non credo che siamo a un livello per cui tutti quelli in grado come capacità e non lazzaroni già fanno l'università , ragion per cui aumentare il numero equivale a aumentare le facolta' cazzone e basta.
Quelle statistiche sono raccapriccianti... ne veniamo fuori con le ossa rotte!
Concordo con chi dice troppe materie umanistiche (per carità, non fanno mica male, ma non si può farle a scapito del resto!) ma aggiungo che le materie scientifiche (e anche le altre) vengono comunque insegnate con metodi davvero inefficaci e credo sia questo il più grande problema.
Viene lasciato in mano all'abilità personale dei professori il destino degli studenti, senza formare nè motivare il corpo docente a migliorare.
Vengono insegnati concetti (che tanto prima o poi si dimenticano) e non metodi di ragionamento (che invece diventano parte del bagaglio intellettuale delle persone)
Non andremo da nessuna parte in questo modo...
gigio2005
09-09-2009, 14:00
ma magari il problema fosse "troppe materie umanistiche"!!!!!
il problema e' che siamo un popolo di capre...e la cosa raccapricciante e' che anche tra i laureati ci sono capre di altissima levatura....
questo dimostra che non sono le ore scolastiche o i professori a mancare, ma che i professori esistenti non fanno bene il loro mestiere e che lo studente italiano ha la voglia di imparare di un muflone, in italia la parola cultura non esiste
blade9722
09-09-2009, 15:47
Scusate, ma mi spiegate questo passaggio:
Gli effetti della laurea. La disparità tra uomo e donna, che esiste nell’intera area Ocse, in Italia è molto più marcata. Il valore del titolo accademico, al netto di tasse e contributi, per un uomo è pari a circa 173mila dollari nell’arco della vita lavorativa (in questo siamo secondi solo agli Stati Uniti), per la donna di 25mila (la media Ocse è rispettivamente di 82mila e 51mila).
Come viene calcolato il valore della laurea? Dalla differenza di stipendio fra uomini laureati e non, e idem fra donne?
La scuola è completamente da riformare,ma no le solite riforme del cavolo,inutili e senza sbocchi.
Vi parlo da studente,abbiamo insegnanti che dal punto di vista formativo non ti insegnano nulla,molti non sanno spiegare o spiegano molto superficialmente gli argomenti studiati durante l'anno,gli argomenti che si studiano (al 80%) sono inutili,le attività extracurriculari sono 0,sono andato a studiare in un corso sperimentale (domotica) ma ci hanno preso in giro e il corso non si e fatto più...
Negli altri paesi si hanno mentalità diverse,si finanzia di più la ricerca e si cerca di concedere più pil possibile alla scuola,qui invece si tagliano i fondi alla scuola....
MesserWolf
09-09-2009, 16:03
La scuola è completamente da riformare,ma no le solite riforme del cavolo,inutili e senza sbocchi.
Vi parlo da studente,abbiamo insegnanti che dal punto di vista formativo non ti insegnano nulla,molti non sanno spiegare o spiegano molto superficialmente gli argomenti studiati durante l'anno,gli argomenti che si studiano (al 80%) sono inutili,le attività extracurriculari sono 0,sono andato a studiare in un corso sperimentale (domotica) ma ci hanno preso in giro e il corso non si e fatto più...
Negli altri paesi si hanno mentalità diverse,si finanzia di più la ricerca e si cerca di concedere più pil possibile alla scuola,qui invece si tagliano i fondi alla scuola....
attenzione che per la ricerca possono anche essere salutari i tagli ... specie se per ricerca si intende mantenere qualche barone con il suo stuolo di raccomandati (e non è fantasia questa) . Non ci si può dimenticare di ciò nella nostra realtà. Bisogna dare i soldi a quelli che se lo meritano e tagliare agli altri... facile a dirsi , un po' meno a farsi.
Invece per il corpo docente secondo me manca completamente la meritocrazia... Insegnate bravo e non bravo fanno la stessa carriera , prendono gli stessi soldi e nessun provvedimento nel caso non faccia un cazzo.
zerothehero
09-09-2009, 16:09
Si fanno troppe ore e spesso i programmi ministeriali non hanno nè capo nè coda.
Posso dire una cosa senza che qualcuno si offenda?
Ho l'impressione che i professori delle superiori e delle medie nelle materie scientifiche siano piuttosto scadenti (in media), forse perchè per un laureato in materie scientifiche l'attività dell'insegnamento in molti casi è un ripiego (e quindi in genere ad insegnare rimangono i peggiori).
Trovo che siano molto più preparati i professori delle materie letterarie, anche perchè probabilmente l'attività dell'insegnamento è una scelta quasi obbligata.
Per il resto ci vorrebbero dei cambiamenti, visto i risultati pessimi (specie al sud) nei test ocse-pisa e invalsi.
attenzione che per la ricerca possono anche essere salutari i tagli ... specie se per ricerca si intende mantenere qualche barone con il suo stuolo di raccomandati (e non è fantasia questa) . Non ci si può dimenticare di ciò nella nostra realtà. Bisogna dare i soldi a quelli che se lo meritano e tagliare agli altri... facile a dirsi , un po' meno a farsi.
Invece per il corpo docente secondo me manca completamente la meritocrazia... Insegnate bravo e non bravo fanno la stessa carriera , prendono gli stessi soldi e nessun provvedimento nel caso non faccia un cazzo.
Il problema che qui i finanziamenti non li danno neanche a quelli meritevoli,inoltre come ha detto tu il corpo docente è pessimo,conosco insegnanti che leggono il giornale in classe o spiegano tanto per...nella mia carriera scolastica ho incontrato solo 3 professori che mi hanno invogliato a studiare e questo deve far riflettere sulla qualità degli insegnati,che molte volte non solo non sanno spiegare ma portano le propie frustazioni e il loro nervosismo pure a scuola...rendendo così la vita dello studente difficile.
zerothehero
09-09-2009, 16:10
attenzione che per la ricerca possono anche essere salutari i tagli ... specie se per ricerca si intende mantenere qualche barone con il suo stuolo di raccomandati (e non è fantasia questa) . Non ci si può dimenticare di ciò nella nostra realtà. Bisogna dare i soldi a quelli che se lo meritano e tagliare agli altri... facile a dirsi , un po' meno a farsi.
Invece per il corpo docente secondo me manca completamente la meritocrazia... Insegnate bravo e non bravo fanno la stessa carriera , prendono gli stessi soldi e nessun provvedimento nel caso non faccia un cazzo.
Se i tagli sono indiscriminati, non sono mai salutari. :fagiano:
zerothehero
09-09-2009, 16:12
Il problema che qui i finanziamenti non li danno neanche a quelli meritevoli,inoltre come ha detto tu il corpo docente è pessimo,conosco insegnanti che leggono il giornale in classe o spiegano tanto per...nella mia carriera scolastica ho incontrato solo 3 professori che mi hanno invogliato a studiare e questo deve far riflettere sulla qualità degli insegnati,che molte volte non solo non sanno spiegare ma portano le propie frustazioni e il loro nervosismo pure a scuola...rendendo così la vita dello studente difficile.
Il professore mica ti deve invogliare a studiare.
Quello che deve fare è spiegare la materia in modo comprensibile, valutando il discente in modo obiettivo, attraverso i voti. :fagiano:
Scannabue²
09-09-2009, 16:13
questo dimostra che non sono le ore scolastiche o i professori a mancare, ma che i professori esistenti non fanno bene il loro mestiere e che lo studente italiano ha la voglia di imparare di un muflone, in italia la parola cultura non esiste
L'Italia era uno dei paesi più avanzati culturalmente, fino ad un paio di decenni fa. I nostri studenti del liceo erano tra i migliori al mondo.
Sono contrario a chi denigra lo studio del latino.
Il latino insegna la logica, esattamente come la matematica.
E' un insegnamento che richiede allo studente di imparare ad usare il cervello.
Qualche tempo fa ho visto una puntata di 8 e 1/2 dove si discuteva dello scarso livello dell'insegnamento in Italia.
In particolare si diceva che la matematica è insegnata in un modo assurdo (non so sinceramente come si insegni oggi la matematica nei licei) mentre nelle scuole indiane usavano i testi di Amaldi.
A questo si aggiunge la totale mancanza di stimoli verso l'istruzione.
Già 30 anni fa quando ho fatto lo scientifico, l'unica motivazione all'approfondimento era quella personale, altrimenti bastava andare al minimo dei giri e te la cavavi comunque.
Oggi la situazione è ancora peggiore, il peso dato dalla società all'istruzione ed alla cultura è nullo o addirittura negativo, il berlusconismo televisivo propina i modelli del GF dove chi rutta e scorreggia più forte diventa ricco, mentre emerite nullità assurgono alle più alte cariche dello stato.
Lo stato in cui versano la scuola e la cultura sono lo specchio della nostra società.
DvL^Nemo
09-09-2009, 16:16
L'Italia era uno dei paesi più avanzati culturalmente, fino ad un paio di decenni fa. I nostri studenti del liceo erano tra i migliori al mondo.
Sono contrario a chi denigra lo studio del latino.
Il latino insegna la logica, esattamente come la matematica.
E' un insegnamento che richiede allo studente di imparare ad usare il cervello.
Qualche tempo fa ho visto una puntata di 8 e 1/2 dove si discuteva dello scarso livello dell'insegnamento in Italia.
In particolare si diceva che la matematica è insegnata in un modo assurdo (non so sinceramente come si insegni oggi la matematica nei licei) mentre nelle scuole indiane usavano i testi di Amaldi.
A questo si aggiunge la totale mancanza di stimoli verso l'istruzione.
Già 30 anni fa quando ho fatto lo scientifico, l'unica motivazione all'approfondimento era quella personale, altrimenti bastava andare al minimo dei giri e te la cavavi comunque.
Oggi la situazione è ancora peggiore, il peso dato dalla società all'istruzione ed alla cultura è nullo o addirittura negativo, il berlusconismo televisivo propina i modelli del GF dove chi rutta e scorreggia più forte diventa ricco, mentre emerite nullità assurgono alle più alte cariche dello stato.
Mah io quando stavo alla ragioneria una decina dianni fa, il prof spiegava facendo paragoni con piatti di patate e instalata mista, col risultato che se volevi capirci qualcosa eri costretto a studiarti le cose da solo.. Tornando indietro farei senza dubbio il liceo classico..
zerothehero
09-09-2009, 16:19
soprattutto quasi completa impossibilità di imporre la disciplina e rendere gli elementi dannosi incapaci di nuocere.
.
Voi professori (sei prof? :D ) dovreste fare campagna per restituire ai dirigenti la facoltà di sospendere un alunno senza convocare il collegio docenti entro 3gg. :fagiano:
La sinistra ha tolto questa facoltà, questo governo che è di centrodestra non si è neanche sognato di ripristinare questo potere fondamentale del dirigente contro bulli&teppistelli. :fagiano:
Mythical Ork
09-09-2009, 16:21
Scusate, ma mi spiegate questo passaggio:
Come viene calcolato il valore della laurea? Dalla differenza di stipendio fra uomini laureati e non, e idem fra donne?
sta scritto al netto tra tasse e contributi...
Credo che facciano una media di quanto guadagnerebbe un uomo se si laureasse e cercasse lavoro e idem per la donna... non credo coinvolga solo lo stipedio (ma anche: tempo per trovare un lavoro, possibilità di fare carriera, fruizioni e agevolamenti fiscali avri ecc... ecc...)
MesserWolf
09-09-2009, 16:23
Il professore mica ti deve invogliare a studiare.
Quello che deve fare è spiegare la materia in modo comprensibile, valutando il discente in modo obiettivo, attraverso i voti. :fagiano:
molto discutibile come affermazione .
Un bravo professore deve saper far appassionare i suoi studenti , nel limite del possibile , alla materia e al piacere dello studio.
Lo spiegare in modo chiaro e un minimo di espressività già fanno il 90% del lavoro in ciò.
ilguercio
09-09-2009, 16:24
quoto . Nel liceo Scientifico poi questa situazione è particolarmente assurda.
Latino in particolare ha un numero di ore spropositato .Personalmente allo scientifico lo limiterei al biennio o lo eliminerei del tutto in favore di fisica /scienze /mate .
Ne stavo parlando in un altro thread andando OT.
Io ho fatto uno scientifico da ridere,con un solo anno di biologia e un ultimo anno di astronomia che non ho capito a cosa sarebbe dovuto servirmi.
Mi pare abbastanza palese che c'è bisogno di una riforma e di una maggiore severità nelle valutazioni.Magari,a quest'ora,non soffrirei così tanto l'università...
zerothehero
09-09-2009, 16:24
L'Italia era uno dei paesi più avanzati culturalmente, fino ad un paio di decenni fa. I nostri studenti del liceo erano tra i migliori al mondo.
Sono contrario a chi denigra lo studio del latino.
Il latino insegna la logica, esattamente come la matematica.
E' un insegnamento che richiede allo studente di imparare ad usare il cervello.
Qualche tempo fa ho visto una puntata di 8 e 1/2 dove si discuteva dello scarso livello dell'insegnamento in Italia.
In particolare si diceva che la matematica è insegnata in un modo assurdo (non so sinceramente come si insegni oggi la matematica nei licei) mentre nelle scuole indiane usavano i testi di Amaldi.
A questo si aggiunge la totale mancanza di stimoli verso l'istruzione.
Già 30 anni fa quando ho fatto lo scientifico, l'unica motivazione all'approfondimento era quella personale, altrimenti bastava andare al minimo dei giri e te la cavavi comunque.
Oggi la situazione è ancora peggiore, il peso dato dalla società all'istruzione ed alla cultura è nullo o addirittura negativo, il berlusconismo televisivo propina i modelli del GF dove chi rutta e scorreggia più forte diventa ricco, mentre emerite nullità assurgono alle più alte cariche dello stato.
Lo stato in cui versano la scuola e la cultura sono lo specchio della nostra società.
L'ho vista anch'io quella puntata, mi sa.
http://www.la7.it/approfondimento/dettaglio.asp?prop=ottoemezzo&video=13725
Quoto quasi tutto, tranne la parte sul GF, che non è certo la causa del degrado della scuola italiana.
http://hwupgrade.it/forum/showthread.php?t=1763208
ilguercio
09-09-2009, 16:26
molto discutibile come affermazione .
Un bravo professore deve saper far appassionare i suoi studenti , nel limite del possibile , alla materia e al piacere dello studio.
Lo spiegare in modo chiaro e un minimo di espressività già fanno il 90% del lavoro in ciò.
Concordo,sennò basta comprarsi i libri e andare a scuola solo per fare i compiti.
Forse è un po' lungo ma ne vale la pena...
LINK (http://espresso.repubblica.it/dettaglio/la-scuola-e-da-rifare/2108865/8)
La scuola è da rifare
di Daniela Minerva e Mariaveronica Orrigoni
Proteste, polemiche e scioperi. L'era Gelmini si apre nel caos. Eppure statistiche e storie dimostrano che il degrado si può evitare. Con prof più giovani, nuove tecnologie e meno noia
Con gli insegnanti di Benevento abbarbicati sul punto più alto della loro città perché, dicono: "dal basso nessuno nessuno ci ascolta"; e mille altre iniziative sempre più fantasiose studiate dai precari lasciati a terra dai decreti Gelmini (vedi box qui accanto). Con il virus dell'influenza A che aleggia come un corvo sulle classi e le pretese della Lega sul dialetto si apre a giorni il primo anno scolastico dell'era Gelmini-Tremonti. Con la ciliegina sulla torta delle discussioni su quanto deve pesare l'apprendimento della religione nella valutazione degli alunni che s'intrecciano nella questione dei rapporti tra il Vaticano e il governo: ai primi di agosto una sentenza del Tar del Lazio ha disposto che i docenti di religione non hanno voce in capitolo nella cosiddetta determinazione dei crediti scolastici, il ministero ha impugnato la sentenza, ma, per tagliar corto sta studiando una soluzione definitiva e ha richiesto al Consiglio di Stato un parere sulla possibilità di attribuire "piena e completa pari dignità" al docente di religione che potrebbe dare i voti in decimi (anziché il giudizio) di modo che l'apprendimento della parola di Dio potrebbe fare media a tutti gli effetti. Con l'inevitabile coda di polemiche, turbamenti.
E caos, perché è questo ciò che ci si aspetta nell'anno che avrebbe dovuto marcare un ritorno alla disciplina, all'ordine, al merito: le tre parole chiave del dicastero Gelmini. Sostituite nei fatti da disordine, insegnanti mancanti e alunni lasciati a sé stessi, tagli ai fondi ordinari che impediranno ai presidi qualunque iniziativa. Professori, dirigenti scolastici e esperti di didattica si disperano perché è ovvio che al governo Berlusconi la scuola interessa solo come potenziale voce di risparmio. È mandata al macero. Mentre poche e precise azioni basterebbero: cinque mosse. Semplici, precise, definite e, quel che più stupisce, condivise dalla maggior parte degli addetti ai lavori. Basterebbero a trasformare la scuola italiana, a portare l'istruzione degli adolescenti a un livello europeo e, magari, a far loro tornare la voglia di entrare in classe. Perché il ritardo complessivo della scuola italiana non è un handicap a cui possiamo rassegnarci, commenta Andrea Gavosto, direttore della Fondazione Giovanni Agnelli, che ha appena redatto il 'Rapporto sulla scuola in Italia 2009': "Si traduce in un progressivo arretramento del paese. E costituisce un vero pericolo per la nostra società. Invece lo spazio e il modo per rovesciarne il declino c'è. Non è troppo tardi, basta fare rapidamente le scelte giuste".
La Fondazione Agnelli, l'Ocse, la società di consulenze Mc Kinsey, gli esperti di didattica e gli studiosi di cognitivismo hanno man mano identificato con grande chiarezza passi molto concreti capaci di riallineare la scuola con la modernità: mettere mano alla carriera degli insegnanti cominciando con l'abolire le graduatorie e premiare chi è più motivato e fa bene; cambiare il volto della scuola media, il vero buco nero dell'istruzione italiana, puntando su italiano, materie scientifiche e lingue straniere; rimescolare, quando non abbattendo, le discipline partendo dalle opportunità che offrono le nuove tecnologie per sostituire al nozionismo dei vecchi tempi non il nulla dell'oggi, ma il problem solving, l'abitudine al ragionamento; personalizzare l'insegnamento tracciando curricoli ad personam. Insomma, tutto il contrario di quanto prevede il ministero di Maria Stella Gelmini che toglie soldi ai presidi azzerando di fatto i benefici dell'autonomia scolastica, rimescola le ore e taglia gli insegnanti, cambia tutto per non cambiare niente tenendosi aggrappata alla riforma Gentile che dà al centro-destra l'illusione di seppellire l'odiato '68. Nei fatti, però, i cambiamenti introdotti, a sentire gli addetti ai lavori, cristallizzano la scuola com'è, proprio a cominciare dalla verbosità ideologica postsessantottina. Mentre adeguarla alle esigenze della modernità non sarebbe poi difficile.
Perché quel che è certo è che le migliaia di Giulie, Tommasi, Lorenzi, Francesche, di 12, 15, 17 anni, quando, tra qualche giorno, si troveranno di nuovo con lo zaino in spalla sull'autobus delle otto si sentiranno su un'astronave, diretti oltre Marte, su quel pianeta-bolla astruso e incomprensibile dove, per la maggior parte di loro, si parla una lingua aliena. E se i prof saranno sui tetti questo gli apparirà come l'ennesima bizzarria del pianeta-bolla, qualcosa che ha poco a che fare con la loro vita.
Che oggi, come non mai, sia enorme il gap tra i ragazzi che frequentano la scuola e gli adulti che la gestiscono è un fatto che tutti gli esperti rilevano. Ed è la ragione per la quale, a fronte di un certo numero di ragazzi che si adattano alla bolla e hanno risultati soddisfacenti, i più faticano e trascinano gli anni senza trarne vantaggio. E accade che nelle rilevazioni internazionali gli studenti italiani restino inequivocabilmente indietro rispetto a quelli degli altri paesi sviluppati (vedi tabella di pag. 64). Mentre, grazie alla legge sull'autonomia degli istituti voluta dal governo Prodi, molte scuole hanno ribaltato il vecchiume e adeguato didattica e materie alle esigenze della modernità. Questo è accaduto, per lo più, in regioni leader come il Trentino Alto Adige, il Veneto, l'Emilia-Romagna, come dimostrano i risultati delle rilevazioni Ocse che raccontano di aree del paese perfettamente allineate con i migliori d'Europa, la Finlandia (capolista), l'Olanda, la Svizzera e la Danimarca, anche se istituti capaci di preparare degnamente i giovani ci sono a macchia di leopardo in tutto il paese, come dimostrano le rilevazioni dell'Ivalsi, l'istituto del ministero incaricato di valutare le scuole italiane. E chi pensa che il buono si trovi soltanto nei blasonati superlicei dove studia la classe dirigente si sbaglia: un'indagine della Fondazione Agnelli è andata a vedere come se la cavano al primo anno di università tutti gli studenti del Piemonte e ha scoperto l'ottima performance delle scuole di provincia, Cuneo in particolare, rispetto a quelle cittadine; e l'ottimo livello di molti istituti tecnici che vanno meglio dei licei di città (chi volesse vedere tutta la graduatoria degli istituti piemontesi la trova su www.fondazioneagnelli.it).
La grande disparità tra una scuola e l'altra indica senz'altro che l'autonomia è servita almeno ad alcuni presidi, certo i migliori capaci di rimboccarsi le maniche e fare alcune semplici quanto utili modifiche. Indica che un'altra scuola è possibile.
TWITTERIAMO LA PROF
Loro, gli studenti, sono nativi digitali (ovvero nati con la tastiera in mano), gli insegnanti tra i trenta e i quarant'anni, la minoranza, sono immigrati digitali (ovvero hanno appreso il web-world già da adulti), gli altri, la maggioranza, sono al più fruitori digitali (ovvero usano con cautela e fatica ciò che il web offre per facilitargli la vita). Basta questa schematica distinzione, unita alla realtà dell'età media degli insegnanti italiani (vedi grafico di pag. 67), che alle superiori va oltre i 51 anni, per fotografare la causa prima del gap tra la scuola e gli studenti. Perché essere o meno 'digitali' non è un nuovo gioco, ma il modo in cui funziona il cervello. E a chi fa spallucce dicendo che non si può passare la vita giocando al computer ma bisogna anche imparare, tutti gli addetti ai lavori rispondono che le nuove tecnologie sono proprio il più prezioso strumento per imparare. Nel senso moderno del termine, che significa saper cercare le informazioni, distinguere le bufale da quelle certificate, creare scenari multisciplinari e risolvere problemi. Le statistiche dell'Ocse che ci bollano come i somari del mondo industrializzato misurano proprio questo. Perché, conclude Gavosto: "Ovvio che un bagaglio di nozioni ce lo dobbiamo assicurare, ma la vera novità è imparare a essere trasversali. I professori, però, per lo più sono nati col nozionismo e a quello credono fino in fondo".
Già, la vecchia prof innamorata di Cicerone e disgustata da Twitter. Magari persona degnissima, ma non è più sufficiente. Va affiancata da una generazione di digitali, almeno immigrati. "Bisogna trovare il modo di abbassare l'età media degli insegnanti: secondo le nostre stime 300 mila andranno in pensione nei prossimi 10 anni. Ma in lista d'attesa ci sono 240 mila precari di formazione tradizionale che hanno più di 40 anni e aspettano da dieci. Poi c'è un gruppo di trentenni che vorrebbe entrare nelle scuole e non sa nemmeno come fare. Dobbiamo puntare su di loro per rinnovare il corpo docente: fare un salto generazionale e far entrare ragazzi sotto i 30 abolendo le graduatorie".
Sulla carta nessuna obiezione, ma che farne di quei 240 mila in attesa? A dire il vero lo strumento c'è già, ed è l'autonomia scolastica che dà ampia discrezionalità ai presidi di organizzare la vita dell'istituto. Basterebbe liberalizzare anche l'assunzione dei docenti. "Bisogna fare un albo nel quale entra sia chi ha appena terminato gli studi sia chi ha fatto esperienze, e la scelta la devono fare i dirigenti scolastici. Il preside che vuole attivare un insegnamento legato alle nuove tecnologie deve poter scegliere un giovane o chi gli dà maggiori garanzie, non può essere obbligato a prendere il primo in fila, magari un grecista 45enne che detesta i computer", stigmatizza Gavosto. Che dice di essere per la politica dei piccoli passi e immagina una scuola dove il nuovo convive con l'antica impostazione disciplinare, insomma dove vecchi professori conducono al meglio i giovani attraverso i curricula tradizionali, ma dove altri scompaginano le carte, rompono le discipline e insegnano a ragionare muovendosi su più piani.
In concreto questo significa, ad esempio, studiare la fisica o la biologia in inglese come già si fa nelle scuole che adottano il progetto Clil (Content and Language Integrated Learning). "Si tratta di usare la lingua per l'apprendimento di un'altra disciplina" spiega Silvia Minardi, presidente dell'associazione di insegnanti Led (Lingua e nuova didattica): "In Europa è molto diffuso, in Italia si scontra con la difficoltà di reperire insegnanti delle diverse discipline che abbiano la competenza linguistica per farlo. Quando il ministero ci esorta a estendere questo programma bluffa perché nei fatti è quasi impossibile".
Diverso sarebbe se un preside che vuole attivare, ad esempio, un corso di fisica in inglese in un liceo scientifico potesse scegliersi l'insegnante in grado di farlo, figura professionale rarissima tra gli agé ma non così rara tra i giovani laureati.
Ma c'è di più, rompere le discipline significa entrare con tutte le scarpe nell'addestramento al problem solving. Ad esempio, continua Gavosto: "Studiando la caduta dell'impero romano come farebbe un economista, insieme a un demografo, insieme a un geo-ecologo e a uno studioso di storia delle malattie; lavorando su tante fonti, reperite sui libri o su Google in inglese. E persino con i giochi di ruolo, magari in comunicazione con una classe di Lille che sta facendo lo stesso lavoro". Fantasie? Niente affatto.
NATIVI DIGITALI
La bella principessa è prigioniera nel castello. Ovvio che, come in tutti i videogiochi che si rispettino, debba arrivare il principe a liberarla sconfiggendo il drago dalle lingue di fuoco. Ma per farlo non basta la destrezza di mano alla consolle, bisogna cliccare sulla frazione giusta, a soluzione di un piccolo rebus matematico. E a ogni frazione corrisponde una porta. Alla fine, o impari le frazioni o finisci in bocca al drago. Raccontato così sembra un giochetto, ma il videogioco della principessa e del drago è uno strumento didattico raffinato elaborato, tra molti, dai maggiori esperti italiani di matematica e cognitivismo. E ci sono persino delle scuole in Italia che lo usano per far capire ai ragazzini la non semplice faccenda delle frazioni. Riuscendoci. Perché videogiochi, libri multimediali, cd rom e approfondimenti interattivi sono gli strumenti dell'apprendimento moderno e possibile. Quando in Gran Bretagna lessero nelle statistiche dell'Ocse che gli studenti del regno si piazzavano ben dopo i finlandesi, gli asiatici o gli scandinavi, il governo Blair mise mano immediatamente al gap e stanziò due miliardi di sterline per ribaltare la situazione. Come? Wifi, computer e lavagne multimediali ovunque, centinaia di progetti destinati a rendere l'ambiente il più interattivo possibile, garantendo quella flessibilità necessaria a far sì che sia gli insegnanti, sia la nuova generazione di quindicenni inglesi siano spinti a dare il massimo. Questa rivoluzione, anche dello spazio-classe ha innescato un processo virtuoso. Possibile in Italia?
A sentire Francesco Antinucci, direttore della sezione processi cognitivi e nuove tecnologie dell'Istituto di Psicologia del Cnr e grande esperto di didattica: "Un computer in ogni banco di per sé non porterebbe a niente. Finirebbero con l'usare lo schermo e la tastiera al posto della matita e della penna".
Antonucci la scuola italiana la conosce e sono anni che prova a scrostare i professori. Per ora c'è riuscito soltanto nelle scuole trentine col programma Dant (Didattica assistita dalle nuove tecnologie), che potrebbe essere trasferito senza alcuna difficoltà in tutti gli istituti italiani che volessero darsi da fare: schemi semplici, basati su un metodo di apprendimento simile a quello che i nativi digitali usano ormai quotidianamente per rapportarsi con ciò che li circonda. "Abbiamo creato di prodotti per tutte le età e le classi" spiega Antinucci: "Dai conigli che con i loro cappelli magici illustravano le leggi della fisica ai laboratori di scienze interattivi, sono stati tutti un successo". Poi il pifferaio magico per l'educazione musicale a riconoscere i diversi strumenti. E la geografia dell'Europa senza la grande carta geografica appesa al murro scrostato che sta lì dai tempi dei Patti di Roma, ma con un videogioco che ci fa entrare virtualmente in un'agenzia di viaggi, per costruire manualmente la geografia dei luoghi trascinando le città, i fiumi e le montagne al posto giusto, e ricreare sul computer il giusto aspetto dei Paesi che ci circondano.
Antonucci è un visionario con le mani nella realtà, pensa che vadano aboliti programmi e divisione in materia. Racconta che l'esperienza più bella è stata quella di quando hanno chiesto ai ragazzi su cosa volevano lavorare: il nucleare, hanno risposto. Cosa c'è di meglio per fare fisica, biologia, economia, educazione civica, storia... fuori dal programma ma capendo un problema reale e contemporaneamente imparando come si ragiona nel Terzo millennio.
Il ministero invece pensa di diventare digitale con una circolare approvata nel 2008 che stabilisce: dall'anno scolastico 2010/11 tutti i libri di testo adottati dovranno essere disponibili online, scaricabili da internet o avere delle parti consultabili solo tramite pc. Peccato che però, guardando agli ultimi dati Istat, si scopre che il 40 per cento degli adolescenti italiani non ha internet a casa, e il 25 per cento non possiede neanche un computer. Finiranno con lo scaricarsi i Pdf e stamparseli, magari risparmiando sui libri; ma cosa c'è di digitale?
Di fatto, spiega Giuseppe Ferrari, direttore editoriale della Zanichelli, già molti libri scolastici hanno un Cd che contiene un'interfaccia multimediale dei programmi: esercizi risolvibili col click, simulazioni di problemi matematici, conversazioni e animazioni per le lingue. È già qualcosa, ma non ha niente a che fare con la rivoluzione di Antonucci.
D'altra parte, sentite cosa racconta lo stesso Ferrari: "Visto il successo di un particolare manuale di inglese per le scuole medie, avevamo creato un video con una storia girata a Londra e pensato per offrire uno strumento di immersione nel linguaggio con una progressione di elementi linguistici introdotti. Gli insegnanti lo hanno apprezzato, ma ci hanno confessato di averlo usato pochissimo: nelle aule mancano le tv, quindi bisognava andare nella sala video, aspettare il bidello che trovasse le chiave e aprisse la porta... e l'ora se ne andava".
LA PALUDE
È vero, il bidello che non vuole spostare la tv, le professoresse ingrigite, i presidi con la circolare in mano sono la realtà della maggior parte delle scuole. Ma anche la scuola italiana può cambiare e la riforma delle scuole elementari lo ha dimostrato: oggi alla fine del primo ciclo scolastico, i piccoli italiani si piazzano al settimo posto nel mondo, comprendono bene l'italiano, sanno risolvere i problemi matematici e mettono le mani con expertise nelle scienze naturali. Poi, il disastro: a 15 anni sprofondano. Perché? Cosa succede negli anni delle medie inferiore? Perché i bambini entrano motivati e curiosi ed escono, per lo più, somari e svogliati. "Perché le scuole medie non sono né carne né pesce, perché la qualità degli insegnanti è mediamente più bassa, perché i programmi sono quanto di più lontano da questi adolescenti, i veri nativi digitali", commenta Gavosto. E su come riformare la scuola media, i pedagogisti si sono sbizzarriti: abolirla allungando le primarie come fanno in Finlandia, mantenerle e allungarle un po', e chi più ne ha più ne metta. Ma in realtà, commenta Sofia Toselli, presidente dell'associazione di insegnanti Cidi: "Bisogna ribaltare tutto l'impianto culturale e decidere cosa è indispensabile che i giovani sappiano usciti dalla scuola dell'obbligo".
Risolvere i problemi, saper vivere la modernità: due cose indispensabili che si imparano con la cultura scientifica, la vera "emergenza non più procrastinabile", afferma Gavosto. I bambini escono dalle elementari da piccoli scienziati e nelle classifiche del Rapporto Timss (Trends in International Mathematics and Science Study) "ottengono risultati superiori alla media internazionale sia in matematica che in scienze", si legge nel rapporto. Poi, anche in queste classifiche, scivolano in basso e in terza media "ottengono risultati inferiori alla media Timss". E gli esperti di didattica delle scienze concordano sul fatto che questo accade perché alle elementari la matematica e le scienze non sono 'discipline' fatte di regole e definizioni, ma problemi di vita vissuta. Che poi si trasformano, con l'ingresso alle medie, in grafici, formule, descrizioni astratte: non lo fa più nessuno nel mondo; solo noi e per questo restiamo indietro (vedi box di pag. 64). Lo stesso vale per la lingua straniera. Giacché, aggiunge Silvia Minardi: "Alle media si insegna la grammatica, si seguono i libri di testo, si lavora con i vocaboli. Tutti errori".
La faccenda dell'insegnamento delle lingue ha del grottesco: tutti gli esperti sanno come si dovrebbe fare e ci sono gli esempi stranieri di quali sono i metodi giusti, ma quasi nessuno lo fa. "Innanzitutto bisogna parlargli sempre in lingua, cosa che molti insegnanti non sono in grado di fare. Seguire il libro e insegnare la grammatica significa, invece, fargli apprendere regole di un sistema (linguistico) che non frequentano". E quindi non lo imparano visto che nel gennaio scorso gli studenti col debito in inglese superavano quelli col debito in matematica: magari erano gli stessi ragazzi che usano la lingua su internet o per ascoltare la musica. "I miei colleghi si affannano con le regole grammaticali e magari si crucciano perché non fanno in tempo a fare i verbi irregolari, poi scopriamo che gli studenti li usano regolarmente su internet. I ragazzi imparano molte cose in contesti comunicativi che non sono la classe; e noi dobbiamo imparare a sfruttarli. Dobbiamo partire da quello che loro amano, che fanno nella loro vita". Insomma, invece che incattivirsi sul genitivo sassone forse conviene portare in classe fotocopie di giornali col loro gossip preferito, chiedergli su quale musicista vogliono informazioni e cercarle insieme su internet in inglese, fargli raccontare storielle. Ma di certo, conclude Minardi: "È più facile aprire il libro di grammatica e spiegare i verbi".
CHI ME LO FA FARE
Perché la nota più dolente della scuola italiana sono gli insegnanti: è inutile progettare videogiochi, immaginare lezioni in lingua, scompaginare le discipline se loro non ne hanno nessuna voglia. E la conferma viene dall'analisi dei sistemi scolari di quelle nazioni che stanno in cima alle classifiche dell'Ocse: in Finlandia, in Corea, in Canada, gli insegnanti sono ben pagati e molto motivati perché fare il professore è un ruolo di grande prestigio. Non solo: due studi fatti rispettivamente nel Tennessee e a Dallas hanno dimostrato che se a un gruppo di studenti di media qualità dai i cinque migliori professori della scuola, quegli alunni si piazzeranno in cima alle classifiche dell'istituto; se, invece, a un gruppo analogo di allievi dai i cinque peggiori insegnanti della scuola, i ragazzi finiranno in fondo alla classifica.
Così la società di consulenze McKinsey, in un rapporto dal significativo titolo 'In che modo i migliori sistemi scolastici del mondo sono arrivati al top', raccomanda tre azioni concrete: assumere i migliori insegnanti, trarre il meglio da loro, e intervenire quando uno studente è in difficoltà. Ma, come sono i professori italiani? Certamente tanti, 766.119 lo scorso anno scolastico, certamente pagati meno che nei paesi che vantano buone performance, ma soprattutto frustrati.
"Sono persone straordinariamente motivate: più del 90 per cento dei nostri intervistati non vorrebbe fare un altro mestiere", spiega Gavosto: "Ma l'organizzazione del sistema non premia chi è più capace e questo genera pericolose frustrazioni". È il tema più volte trattato della carriera degli insegnanti, che non esiste: una volta passati in ruolo conta solo l'anzianità. L'allora ministro Luigi Berlinguer, col primo governo Prodi, ci provò a introdurre un sistema di valutazione del lavoro dei docenti a cui far corrispondere scalini di retribuzione, ma la reazione dei sindacati fu così dura che il ministro ci ha rimesso la poltrona (sostituito da Tullio De Mauro nel seguente governo D'Alema).
Eppure oggi tutti auspicano che quei gradini salariali vengano istituiti: per la Fondazione Agnelli è una precondizione per poter affrontare qualunque discorso sulla scuola. E anche gli insegnanti sono possibilisti. "In molti siamo convinti che si debba riconoscere economicamente chi si migliora, studia, si impegna. E questo motiverebbe i colleghi a dare il meglio. Ma certamente non ha senso parlare di valutazione", afferma Sofia Toselli, presidente del Cidi.
No, questo no: accettano di essere sottopagati, di essere incolpati del disastro nazionale, di essere sbeffeggiati dagli studenti, ma non vogliono, per nessuna ragione, essere valutati. "Come si fa a capire chi insegna meglio? È impossibile", chiude Toselli.
Eppure ogni cambiamento nella scuola non può prescindere dalla qualità degli insegnanti e, commenta Maria Teresa Siniscalco, autrice del volume 'La valutazione della scuola italiana' edito da Zanichelli: "Bisogna dare ai dirigenti degli strumenti per valorizzare i più bravi. Ma anche selezionarli all'ingresso della carriera, come fanno in Finlandia o nelle altre nazioni al top". Nel paese scandinavo addirittura la selezione avviene prima dell'entrata all'università: i candidati vengono selezionati sulla base del curriculum, di un test di ammissione e di un colloquio che, riassume Siniscalco: "Scopre se sono persone che hanno voglia di impegnarsi per tutta la vita".
Se non fosse che tra i professori d'Italia, commenta Silvia Minardi: "prevale il 'chi me lo fa fare. E i più, quando gli proponi di cambiare qualcosa dicono: 'ho sempre insegnato in questo modo. Perché mi viene chiesto di cambiare?'".
Semplice: perché il mondo è cambiato.
Ecco, il problema è che mia madre a sessant'anni, che sa accendere il computer solo per usare male facebook, e che è contenta della riforma (???) Gelmini in quanto ritorna ad essere tutto come prima, ancora non riesce ad andare in pensione :muro:
zerothehero
09-09-2009, 16:30
molto discutibile come affermazione .
Un bravo professore deve saper far appassionare i suoi studenti , nel limite del possibile , alla materia e al piacere dello studio.
Lo spiegare in modo chiaro e un minimo di espressività già fanno il 90% del lavoro in ciò.
Sarebbe già un bel passo se i professori spiegassero in modo comprensibile la loro materia. :fagiano:
La passione e lo studio ce li metto io. :sofico:
ilguercio
09-09-2009, 16:32
Sarebbe già un bel passo se i professori spiegassero in modo comprensibile la loro materia. :fagiano:
La passione e lo studio ce li metto io. :sofico:
Spieghi comprensibile quando sai quello con cui hai a che fare e spesso tutto ciò coincide con l'amore verso quello che insegni.
zerothehero
09-09-2009, 16:38
Spieghi comprensibile quando sai quello con cui hai a che fare e spesso tutto ciò coincide con l'amore verso quello che insegni.
Io ho avuto degli ottimi professori *, tranne in matematica. Laureata in fisica, assolutamente incapace di spiegare in modo comprensibile sia matematica che fisica.
2 anni di ginnasio buttati a fare teoremi del cazzo del 2millennio a.c...sono uscito dal classico senza sapere che cosa fossero derivate, limiti e studio di funzione.
E non per colpa mia. :fagiano:
Se avessi avuto una professoressa del genere anche nelle altre materie, mi sarei sparato o avrei cambiato sezione. :sofico:
* vabbè avevo come professoressa di scienze/biologia/astronomia una laureata in geologia, che di stelle non ne capiva una mazza... ma tant'è. :sofico:
La mia professoressa di matematica mai e poi mai avrebbe dovuto accedere alla professione dell'insegnamento...avrebbe dovuto finire in qualche laboratorio segreto a qualche km di profondità, in modo da non rovinare generazioni e generazioni di studenti in matematica e fisica :asd:
Sarebbe già un bel passo se i professori spiegassero in modo comprensibile la loro materia. :fagiano:
La passione e lo studio ce li metto io. :sofico:
Guarda che se un professore sa invogliare il ragazzo nella sua materia sicuramente ci saranno meno bocciati e sopratutto più impegno,invece molti prof se ne fregano e gli studenti non vogliono migliorare e loro vedono il 6 come un voto buono,ma se vogliamo il meglio per i ragazzi dobbiamo fargli capire che devono migliorare,se un professore tende ad "abbandonarli" e a spiegare male loro non si impegneranno più di tanto.
Inoltre per gli studenti che fanno i bulli (che io non chiamerei studenti ma solo teppisti),ci vuole una linea dura,non il 5 in condotta,ma quando fai una cacchiata di becchi un espulsione e si abbassano i voti,così vedi se lo rifà ancora il bullo,non quel inutile 5 in condotta che non è stato "appioppato" a nessuno.
blamecanada
09-09-2009, 16:57
Il professore mica ti deve invogliare a studiare.
Quello che deve fare è spiegare la materia in modo comprensibile, valutando il discente in modo obiettivo, attraverso i voti. :fagiano:
L'importante è il risultato.
Ed un professore che invoglia a studiare ha risultati migliori.
Ovviamente, considerando i prof. attuali, già che spiegassero bene sarebbe qualcosa...
In ogni caso concordo sul fatto che mediamente i prof. delle discipline scientifiche non sono granché, probabilmente perché per i piú l'insegnamento è un mestiere di ripiego. Comunque considerando i laureati attuali non so quanto durerà questa situazione.
Secondo me dovrebbe non si dovrebbe fare una netta separazione tra cultura scientifica e umanistica, è pur sempre cultura. Ed un umanista non deve essere completamente ignorante in scienze, come uno scienziato non deve essere completamente ignorante nelle discipline umanistiche.
Secondo me dovrebbero tutti i licei dovrebbero contemplare almeno un terzo delle ore alle discipline umanistiche, ed un terzo a quelle scientifiche. Il restante terzo in base all'indirizzo.
Sono contrarissimo a qualsiasi influenza della condotta sulla media. Il voto in matematica (o in qualsiasi altra materia) deve rispecchiare la conoscenza di quella materia, non altri aspetti.
Se una persona compie atti di teppismo, vanno presi adeguati provvedimenti discipliari, fino alla denuncia nei casi piú gravi.
Però oltre alla disciplina per gli studenti servirebbe anche la disciplina per docenti e dirigenti scolastici, che talvolta abusano del loro potere, senza che vi sia modo per far intervenire qualcuno.
NetEagle83
09-09-2009, 17:04
Secondo me dovrebbe non si dovrebbe fare una netta separazione tra cultura scientifica e umanistica, è pur sempre cultura. Ed un umanista non deve essere completamente ignorante in scienze, come uno scienziato non deve essere completamente ignorante nelle discipline umanistiche.
Secondo me dovrebbero tutti i licei dovrebbero contemplare almeno un terzo delle ore alle discipline umanistiche, ed un terzo a quelle scientifiche. Il restante terzo in base all'indirizzo.
Amen. Condivido completamente. :)
Riguardo alla figura del "docente", mi permetto una citazione:
"Ardo dal desiderio di spiegare, e la mia massima soddisfazione è prendere qualcosa di ragionevolmente intricato e renderlo chiaro passo dopo passo. È il modo più facile per chiarire le cose a me stesso."
A parlare così è Isaac Asimov... ecco, secondo me descrive perfettamente "chi" dovrebbe essere un insegnante. :)
L'importante è il risultato.
Ed un professore che invoglia a studiare ha risultati migliori.
Ovviamente, considerando i prof. attuali, già che spiegassero bene sarebbe qualcosa...
In ogni caso concordo sul fatto che mediamente i prof. delle discipline scientifiche non sono granché, probabilmente perché per i piú l'insegnamento è un mestiere di ripiego. Comunque considerando i laureati attuali non so quanto durerà questa situazione.
Secondo me dovrebbe non si dovrebbe fare una netta separazione tra cultura scientifica e umanistica, è pur sempre cultura. Ed un umanista non deve essere completamente ignorante in scienze, come uno scienziato non deve essere completamente ignorante nelle discipline umanistiche.
Secondo me dovrebbero tutti i licei dovrebbero contemplare almeno un terzo delle ore alle discipline umanistiche, ed un terzo a quelle scientifiche. Il restante terzo in base all'indirizzo.
Sono contrarissimo a qualsiasi influenza della condotta sulla media. Il voto in matematica (o in qualsiasi altra materia) deve rispecchiare la conoscenza di quella materia, non altri aspetti.
Se una persona compie atti di teppismo, vanno presi adeguati provvedimenti discipliari, fino alla denuncia nei casi piú gravi.
Però oltre alla disciplina per gli studenti servirebbe anche la disciplina per docenti e dirigenti scolastici, che talvolta abusano del loro potere, senza che vi sia modo per far intervenire qualcuno.
Il problema che i provvedimenti non vanno presi ne verso gli studenti ne verso gli insegnanti,che molte volte quanto sono incacchiati,si mettono a interrogare a raffica.
ceccoggi
09-09-2009, 17:14
Scusate, ma qua si parla non dell'insegnamento in generale, quanto della qualita' della scuola italiana comparata con la situazione internazionale..
Ora, premesso di aver frequentato un liceo scientifico in cui paradossalmente le materie scientifiche negli ultimi tre anni erano spiegate in maniera ridicola, ho poi frequentato ingegneria informatica a torino.
Praticamente quasi tutto il corso di specializzazione l'ho poi svolto all'estero e mi sono reso conto, al contrario di quanto scritto in quegli articoli, di essere moooolto piu' preparato rispetto ai colleghi provenienti da varie nazioni europee (germania, francia, spagna)..e vi diro' di piu', ho ricevuto gli stessi commenti da altri colleghi del poli sparsi in giro per l'europa.
Per quanto mi riguarda vi posso assicurare di non essere un genio, e di non aver basato le mie sensazioni solo sui voti dei vari esami, piuttosto accadeva molto spesso che i colleghi locali o stranieri (non italiani) venissero a chiedere "ripetizioni" a noi italiani :D
Sono l'unico che ha studiato all'estero e ha notato questa cosa?
MesserWolf
09-09-2009, 17:34
Scusate, ma qua si parla non dell'insegnamento in generale, quanto della qualita' della scuola italiana comparata con la situazione internazionale..
Ora, premesso di aver frequentato un liceo scientifico in cui paradossalmente le materie scientifiche negli ultimi tre anni erano spiegate in maniera ridicola, ho poi frequentato ingegneria informatica a torino.
Praticamente quasi tutto il corso di specializzazione l'ho poi svolto all'estero e mi sono reso conto, al contrario di quanto scritto in quegli articoli, di essere moooolto piu' preparato rispetto ai colleghi provenienti da varie nazioni europee (germania, francia, spagna)..e vi diro' di piu', ho ricevuto gli stessi commenti da altri colleghi del poli sparsi in giro per l'europa.
Per quanto mi riguarda vi posso assicurare di non essere un genio, e di non aver basato le mie sensazioni solo sui voti dei vari esami, piuttosto accadeva molto spesso che i colleghi locali o stranieri (non italiani) venissero a chiedere "ripetizioni" a noi italiani :D
Sono l'unico che ha studiato all'estero e ha notato questa cosa?
http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Italia/2009/09/ocse-scuola-italia-pagella.shtml
Che dire ... male ! Le riforme servono, lo si sapeva in fondo.
Il 3+2 ha portato a dei buoni risultati complessivamente [e dove è stato applicato con criterio]. Consentendo di aumentare i laureati e dando maggior flessibilità al sistema , ma di lavoro ce ne ancora molto da fare.
di chi sono le responsabilità ? Molto trasversali probabilmente.
Però considerando che i ragazzini, fino almeno alle medie, sono simili in tutto il mondo, direi che i principali sospetti sono i docenti e il sistema così com'è .
Tante tante ore , forse troppe?, che non rendono . 0 attività extra scolastiche , a parte qualcosina , ma che è più una farsa che una cosa seria.
Docenti che.... tanto sono bravi alcuni tanto sono pessimi altri , sia come preparazione che come motivazione e capacità didattiche [sono 2 cose ben distinte], e bastano pochi di questi ultimi a fare disastri.
Che poi c'è da dire che chi arriva in fondo bene nel nostro sistema esce davvero preparato . Non so voi , ma io ho amici andati a studiare un po' ovunque nel mondo [ e non solo in erasmus ] e mi dicono quasi sempre di come sia più facile la scuola all'estero ... magari neanche per i contenuti , ma per una miglior organizzazione e una maggior attenzione verso le esigenze degli studenti [quindi magari no 5 esami tutti un una settimana , o attrezzature adeguate etc etc].
La preparazione dei nostri atenei migliori , è molto buona , ma è più una sfida alla sopravvivenza che una scuola ! E basterebbe un po' più di attenzione per gli studenti per ridurre gli abbandoni etc etc.
Non ultimo il post studi . Capisco anche che uno che ha difficoltà a un certo punto si chieda chi glielo fa fare , sapendo che poi lo aspetta uno stipendio da operaio o peggio , se non qualche stage/schiavitù.
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Il discorso però è più ad ampio respiro e generalista . E volendo essere pignoli al nord come scuola secondaria siamo tranquillamente a livello europeo nella maggior parte dei casi.
C'è una sensibile differenza Nord -Sud . Ne aveva parlato anche in una conferenza al polimi Roger Abravanel [autore di Meritocrazia] citando dei risultati su dei test matematici [poi su lingue straniere la differenza di preparazione è ancora più acuta dalla mia esperienza].
Link interessante : http://www.meritocrazia.com/index.php?option=com_content&view=category&layout=blog&id=60&Itemid=129
quoto un pezzo :
Il sistema educativo italiano ha fallito in maniera drammatica nel suo compito di leva chiave delle pari opportunità e della mobilità sociale, un altro valore essenziale della meritocrazia. Ciò è avvenuto proprio perché i valori del merito sono spaventosamente assenti nella classe dei docenti italiani, che si tratti di insegnanti delle scuole primarie e secondarie o di docenti universitari.
Il risultato è sotto gli occhi di tutti. L’Italia non ha nessuna università di eccellenza, neppure al Nord, dove il livello di reddito pro-capite lo giustificherebbe, mentre le scuole primarie del Sud sono pessime, come dimostrano i risultati dei test PISA (peraltro neppure quelle del Nord eccellono).
La laurea come “ascensore sociale” è fallita miseramente. A laurearsi sono i figli dei più abbienti, i tassi di abbandono sono a livello record e la riforma 3+2, che avrebbe dovuto aumentare il numero di laureati triennali da inserire nel mondo del lavoro, è miseramente fallita. In Italia mancano almeno 100.000 laureati, e oltretutto quelli che si laureano non si inseriscono con successo nel mondo del lavoro e si ritrovano troppo spesso sottooccupati e sottopagati.
Nessuna riforma della pubblica istruzione ha sinora affrontato la causa di fondo di questa silenziosa e fatale catastrofe: la mancanza di meritocrazia dovuta alla totale assenza di valutazioni trasparenti e oggettive della qualità degli insegnanti. Un 100 alla maturità in un liceo non è necessariamente meglio di un 70 in un altro, e i pessimi risultati degli studenti del Sud nei test PISA in matematica non si riflettono nei voti assegnati dagli insegnanti, che invece sono più che accettabili, a livello di quelli del Nord.
Lo stesso vale per le università, dove i 110 e lode oggi fioccano e sono tutt’altro che un simbolo di selezione ed eccellenza.
Tutto il sistema educativo italiano sembra ormai orientato a eliminare la trasparenza sul rendimento degli studenti, a partire dagli stessi genitori che privilegiano un voto positivo non meritato piuttosto che un’insufficienza meritata, per finire con gli insegnanti che, di fronte ai rari tentativi dell’INVALSI di lanciare test nazionali standard, hanno spesso sabotato pubblicamente l’iniziativa, suggerendo le risposte agli studenti, nel timore che risultati negativi sarebbero stati interpretati come conseguenza del loro scarso merito di insegnanti. Tale preoccupazione è peraltro più che giustificata, perché è ormai dimostrato che la qualità di ogni sistema educativo dipende dalla qualità degli insegnanti, e non da quanto si spende e dalla dimensione delle classi.
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