Ja]{|e
14-08-2009, 19:13
http://www.youtube.com/watch?v=-9AXQGGkgK8
Ci sono voluti trentanni di fanciulle scosciate e giovanotti palestrati, di casa*linghe disperate e quiz miliona*ri, di reality irreali, di gossip e volgarità eretti a sistema. Un la*voro lungo e paziente, che alla fine però ha fatto centro: la tv in Italia ha preso il posto della democrazia. E' la tesi di Video*cracy, il documentario che pro*mette di rendere davvero spe*ciale l'evento programmato per il 3 settembre al Lido dalle due sezioni autonome della Mostra del Cinema, la Settimana Inter*nazionale della Critica (SCI) e le Giornate degli Autori, che hanno scelto di concerto il film, ri*fiutato dalle sezioni ufficiali. Ot*tanta minuti di reportage spie*tato sull'Italia berlusconiana, le sue mutazioni antropologiche e culturali, firmati da Erik Gan*dini, regista quarantenne origi*nario di Bergamo ma traslocato a 18 anni in Svezia.
«In una videocrazia la chiave del potere è l'immagine - sostie*ne il cineasta - . In Italia solo un uomo ha dominato le immagi*ni per tre decenni. Prima ma*gnate della tv, poi Presidente, Silvio Berlusconi ha creato un binomio perfetto, caratterizza*to da politica e intrattenimento televisivo, influenzando come nessun altro il contenuto della tv commerciale nel Paese. I suoi canali televisivi, noti per l'eccessiva esposizione di ragaz*ze seminude, sono considerati da molti uno specchio dei suoi gusti e della sua personalità».
I recenti fatti di cronaca a lu*ci rosse confermano. In ogni ca*so Videocracy (prodotto dalla svedese Atmo con la danese Zentropa e poi distribuito dalla Fandango) non passerà indenne sugli schermi del Festival ve*neziano. «E' un film destinato a far discutere», assicura France*sco Di Pace, direttore della SCI, ben contento di essersi assicu*rato, in sintonia con il Festival di Toronto che lo proietterà do*po l'anteprima mondiale vene*ziana, la patata bollente che nessuno voleva. «Era stato pro*posto prima a Orizzonti, una delle sezioni ufficiali della Mo*stra, ma è stato scartato da Mar*co Müller e i suoi selezionatori - racconta Di Pace - . Così l'ab*biamo acchiappato noi. Comun*que la sia pensi è un film che andava mostrato. Perché de*nuncia il potere che la tv ha sul*la nostra società e sulla nostra cultura. Quel che produce nella gente, come ne condiziona i comportamenti». Un panorama inedito, per molti inspiegabi*le, che Gandini os*serva con lo sguar*do lontano ma partecipe dell'ita*liano all'estero. «Non è un film su Berlusconi ma sul*l'Italia berlusco*niana », ribadisce lui, già autore di un documentario su Guantanamo.
In Videocracy il punto di osser*vazione è un al*tro: il back stage di un'Italia osses*sionata dall'esibi*zionismo sessua*le e senza più fre*ni morali. L'Italia dei Lele Mora, dei Briatore, Corona, Ventura. Che com*paiono in scena insieme con i re*duci dei Grandi Fratelli, le veline e i tronisti, la tribù Costa Sme*ralda, smaniosa solo di appari*re, pronta a tutto per riuscirci. La tesi sostenuta da Moretti ne Il Caimano : «Berlusconi ha già vinto, ci ha cambiato la testa trent'anni fa».
Sapevatelo :read:
Ci sono voluti trentanni di fanciulle scosciate e giovanotti palestrati, di casa*linghe disperate e quiz miliona*ri, di reality irreali, di gossip e volgarità eretti a sistema. Un la*voro lungo e paziente, che alla fine però ha fatto centro: la tv in Italia ha preso il posto della democrazia. E' la tesi di Video*cracy, il documentario che pro*mette di rendere davvero spe*ciale l'evento programmato per il 3 settembre al Lido dalle due sezioni autonome della Mostra del Cinema, la Settimana Inter*nazionale della Critica (SCI) e le Giornate degli Autori, che hanno scelto di concerto il film, ri*fiutato dalle sezioni ufficiali. Ot*tanta minuti di reportage spie*tato sull'Italia berlusconiana, le sue mutazioni antropologiche e culturali, firmati da Erik Gan*dini, regista quarantenne origi*nario di Bergamo ma traslocato a 18 anni in Svezia.
«In una videocrazia la chiave del potere è l'immagine - sostie*ne il cineasta - . In Italia solo un uomo ha dominato le immagi*ni per tre decenni. Prima ma*gnate della tv, poi Presidente, Silvio Berlusconi ha creato un binomio perfetto, caratterizza*to da politica e intrattenimento televisivo, influenzando come nessun altro il contenuto della tv commerciale nel Paese. I suoi canali televisivi, noti per l'eccessiva esposizione di ragaz*ze seminude, sono considerati da molti uno specchio dei suoi gusti e della sua personalità».
I recenti fatti di cronaca a lu*ci rosse confermano. In ogni ca*so Videocracy (prodotto dalla svedese Atmo con la danese Zentropa e poi distribuito dalla Fandango) non passerà indenne sugli schermi del Festival ve*neziano. «E' un film destinato a far discutere», assicura France*sco Di Pace, direttore della SCI, ben contento di essersi assicu*rato, in sintonia con il Festival di Toronto che lo proietterà do*po l'anteprima mondiale vene*ziana, la patata bollente che nessuno voleva. «Era stato pro*posto prima a Orizzonti, una delle sezioni ufficiali della Mo*stra, ma è stato scartato da Mar*co Müller e i suoi selezionatori - racconta Di Pace - . Così l'ab*biamo acchiappato noi. Comun*que la sia pensi è un film che andava mostrato. Perché de*nuncia il potere che la tv ha sul*la nostra società e sulla nostra cultura. Quel che produce nella gente, come ne condiziona i comportamenti». Un panorama inedito, per molti inspiegabi*le, che Gandini os*serva con lo sguar*do lontano ma partecipe dell'ita*liano all'estero. «Non è un film su Berlusconi ma sul*l'Italia berlusco*niana », ribadisce lui, già autore di un documentario su Guantanamo.
In Videocracy il punto di osser*vazione è un al*tro: il back stage di un'Italia osses*sionata dall'esibi*zionismo sessua*le e senza più fre*ni morali. L'Italia dei Lele Mora, dei Briatore, Corona, Ventura. Che com*paiono in scena insieme con i re*duci dei Grandi Fratelli, le veline e i tronisti, la tribù Costa Sme*ralda, smaniosa solo di appari*re, pronta a tutto per riuscirci. La tesi sostenuta da Moretti ne Il Caimano : «Berlusconi ha già vinto, ci ha cambiato la testa trent'anni fa».
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