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View Full Version : 2009: fuga da Las Vegas.


Franco2
22-07-2009, 06:05
Gennaio: crolla il prezzo delle case; cantieri bloccati.
http://www.corriere.it/esteri/09_gennaio_08/las_vegas_ferma_alessandra_farkas_a9da53b6-dd55-11dd-9758-00144f02aabc.shtml

Las Vegas, il declino del sogno
Fermo il boom che pareva infinito. I casinò del futuro hanno bloccato i cantieri

Più che una città, Las Vegas è da sempre uno state of mind. Una metafora: capitale del vizio, regno dell'effimero, paese di sogni e balocchi. Quando la crisi economica che ha messo in ginocchio le metropoli americane ha colpito anche Las Vegas, è stato un trauma collettivo per il paese. «La recessione significa crisi di identità per Las Vegas», spiega l'Associated Press in un lungo reportage ripreso da dozzine di giornali, grandi e piccoli. Sì, perché da quando fu fondata nel deserto del Nevada dai mormoni, nel 1855, la città occupa un posto unico e speciale nell'immaginario collettivo dell'America. Oltre ad aver ispirato centinaia di film cult, tra cui Proposta Indecente, Via da Las Vegas e Ocean's Eleven, resta l'unico luogo al mondo dove la prostituzione è legale, Piazza San Marco gareggia con la Torre Eiffel e le Piramidi ed è possibile sposarsi e divorziare in un'ora.
Il boom, negli ultimi 20 anni, sembrava inarrestabile. Con un tasso di disoccupazione tra i più bassi del Paese, gru e cantieri ovunque, la città vantava 140 mila stanze d'albergo e 40 milioni di visitatori annui. Per non parlare delle 10 nuove scuole inaugurate ogni anno per accogliere la marea di nuovi emigranti — poveri e ricchi, neri, bianchi, ispanici e asiatici — attratti dalla promessa di un posto sicuro e di una villa con palme e piscina per tutti. Ma verso la metà del 2008 la ruota della fortuna si è inceppata. Tutto d'un tratto il prezzo delle case è crollato, i turisti diminuiti e i cantieri bloccati. Il primo a mandare a casa gli operai è stato l'Echelon Las Vegas. Un colosso da 5 miliardi di dollari che nell'intenzione dei suoi architetti doveva essere il più immenso albergo al mondo: sei hotel di cinquemila stanze collegati tra loro da parchi, piscine, negozi, ristoranti, teatri e casinò. Per far posto al progetto la città ha demolito lo storico Stardust. Ma dopo 12 piani e un anno di lavori, in agosto i soldi sono finiti e nessuno sa se l'Echelon sorgerà mai.

L'effetto domino sul resto dell'industria immobiliare e sul mercato del lavoro è stato devastante. «Un tempo a Las Vegas era impossibile non trovare lavoro», si lamentano gli abitanti. «Adesso è vero il contrario». Oggi la città primeggia nei sondaggi negativi: il doppio di suicidi rispetto alla media nazionale, numero record di studenti che abbandonano il liceo, record di cittadini senza assicurazione medica. Certo, non è la prima volta che Las Vegas deve fare i conti con una crisi. Ma le due precedenti, alla fine degli anni '90 e dopo l'11 settembre, furono passeggere e circoscritte all'industria del turismo. «Tutti se ne dimenticarono appena i soldi ripresero a scorrere — spiega Michael Green, docente di storia al College of Southern Nevada —, in perfetto spirito lasveghiano». Questa volta è diverso. «È come se la crisi ci abbia fatto realizzare che la nostra prosperità era un'illusione», incalza Green. All'improvviso l'incognita del futuro attanaglia la città che ha sempre e solo vissuto sul presente, «nessuno sa che volto e anima avrà la nuova Las Vegas». Gli unici ottimisti sono i responsabili della Las Vegas Convention and Visitors Authority che continua ad avere un budget di 220 milioni di dollari all'anno per «vendere» la città all'insegna dello slogan «Ciò che accade qui resta qui». «Il problema — spiega Green —, è che a Las Vegas ormai non accade più nulla».



Marzo: disoccupazione dal 4,2% al 5,6%; appartamenti pignorati; immigrazione azzerata.
http://www.repubblica.it/2008/03/sezioni/esteri/las-vegas/las-vegas/las-vegas.html

Lacrime nella città Lunapark
Las Vegas spegne le luci

La torre dorata di Donald Trump resterà da sola a brillare nel tramonto sullo Strip, il viale dei casinò di Las Vegas: la sua gemella che doveva nascere in questi giorni non vedrà mai la luce. Il costruttore miliardario ha bloccato i suoi piani di espansione: non è tempo per nuovi palazzi, la recessione è cominciata, inutile costruire qualcosa che neppure lui sarebbe riuscito a vendere.

Così, dopo aver fatto appena in tempo il miracolo di piazzare 1200 appartamenti - 800mila dollari il prezzo del più piccolo, un monolocale di 70 metri quadrati - a floridi pensionati americani e ai nuovi ricchi del mondo: cinesi, russi e brasiliani, si è preso un pausa. Se Donald Trump rinuncia è davvero un brutto segno e oggi Las Vegas è la città americana dove il rallentamento dell'economia si può vedere con estrema chiarezza.

Come l'ipersensibile canarino dei minatori che quando smetteva di cinguettare segnalava l'arrivo del mortale gas grisoù, così l'affievolirsi delle luci nella Città del Gioco suona l'allarme all'America: non ci sono più soldi da spendere. L'ultimo albergo inaugurato si chiama "The Palazzo", una cattedrale del gioco e del divertimento costruita in "stile italiano", cinquanta piani d'altezza, 3449 tra camere e suite, marmi e arazzi ovunque, una ricchezza che pretende di ricreare "l'atmosfera di Capri e Portofino", con "la grandezza culinaria della Toscana" e i negozi di moda di Milano.

Tutto è prefetto, ci sono i migliori ristoranti, tutte le marche del lusso, una sala gioco con mille croupier, ma un solo particolare è andato storto: hanno scelto il momento peggiore per aprire. L'inaugurazione è caduta esattamente nel mezzo del cambio d'umore di una nazione intera e ora la suite di 80 metri quadrati, con due megaschermi al plasma, un bagno grande quanto un monolocale, le tende che si chiudono da sole se le si sfiora con una mano, viene offerta a 120 euro al giorno.

I croupier del black jack, immobili, cercano di sorridere davanti ai tavoli vuoti. Anche se i giocatori diminuiscono ogni giorno, dall'inizio dell'anno nessuno ha toccato i loro turni: per otto ore dovranno stare davanti al panno verde.

In tutto il Nevada a gennaio i guadagni dei casinò sono scesi quasi del 5 per cento, poi a febbraio le entrate fiscali che arrivano dal gioco (che sono il 40 per cento del bilancio statale) sono precipitate del 13 per cento. Dopo anni di crescita a cifre da favola, il meccanismo magico del consumo sfrenato si è bloccato: meno turisti, meno camere d'albergo prenotate, meno giocatori, meno convention d'affari e congressi che riducono le date.

"Gli americani - racconta Hunter Dhue, del sindacato dei croupier - non hanno più soldi per viaggiare e per giocare e allora rinunciano a venire, perché al casinò statisticamente perdi. Qui si viene per divertirsi non per vincere o per arricchirsi, ma se sei coperto di debiti, allora perdere quello che ti è rimasto in tasca non è divertente. La crisi è appena cominciata, siamo all'inizio del terzo mese, ma è visibilissima: sono cominciate le riduzioni forzate dell'orario di lavoro: non sono ancora arrivati a toccare i croupier ma hanno cominciato a sfoltire quella che in gergo si chiama "la periferia dei casinò", tutti i lavoratori che stanno fuori dal salone dove si gioca. Stanno tagliando i turni a portieri, camerieri e posteggiatori, non entrano con le forbici nel santuario del tavolo verde perché sarebbe sacrilego".

Fuori, intorno a quella striscia di luce che si vede dall'aereo, a quella sequenza di casinò famosa nel mondo, la situazione è ancora peggiore. I prezzi delle case, che nell'ultimo decennio crescevano a due cifre, a gennaio sono crollati del 17 per cento rispetto all'anno precedente, e sono state vendute meno di duemila abitazioni, la metà che nel 2007. Jeremy Aguero, il più illustre dei consulenti economici per casinò e costruttori edili, racconta che "ci sono 24mila case in attesa di un compratore, il doppio di quelle previste, e ci sono più pignoramenti che appartamenti acquistati. La città si impoverisce, ogni punto percentuale di calo del valore immobiliare significa una perdita di un miliardo di dollari nel patrimonio degli abitanti".

Las Vegas oggi ha un tasso tra i più alti in America di famiglie che perdono la loro proprietà perché non sono più in grado di pagare il mutuo. Le gru si sono fermate e già 15mila lavoratori delle imprese di costruzioni hanno perso il lavoro.

Questa è una città che ha raddoppiato la sua popolazione ogni dieci anni a partire dal 1950, ma che da metà degli Anni Novanta è stata protagonista di un boom clamoroso. Ora, nel giro di un trimestre la disoccupazione è cresciuta dal 4,2 al 5,6 per cento e improvvisamente si è inaridito il flusso migratorio che riempiva ogni nuovo condominio costruito. Dicevano che "Vegas", come la chiamano i residenti, era immune alla recessione, adesso i più ottimisti dicono che è resistente, nel senso che combatte, che cerca di resistere.

I manager dei grandi casinò cercano di minimizzare, anche se ai piani alti della MgmMirage, la compagnia che controlla gioielli del lusso come il Bellagio (al cui interno hanno ricreato il lago di Como) e il Mandala Bay, spiegano che c'è un crollo nelle prenotazioni di congressi e convention. E Steve Wynn, l'inventore della ricetta che ha sposato il gioco con il lusso, l'uomo che è in guerra con i suoi croupier per avergli tolto la proprietà delle mance, ammette: "È ridicolo pensare che Las Vegas sia un'isola magica immune dagli effetti della comunità che la circonda, dai problemi dei suoi visitatori".

Alla periferia di quest'isola troviamo un esempio illuminante dell'effetto domino che si è creato: la A&B Printing and Mailing è una società che stampa cataloghi e brochure per alberghi, casinò e costruttori, il suo giro d'affari è sceso del 7 per cento nell'ultimo mese. Non solo i resort dello "Strip" hanno diminuito le ordinazioni ma perfino i medici e gli imbianchini hanno dimezzato gli ordini di ricettari e moduli per fare le fatture.

"La gente che è stata licenziata o sta perdendo il lavoro - spiega Kathy Gillespie, la proprietaria della tipografia - non va più dal dottore o dal dentista e le persone che hanno una riparazione da fare in casa preferiscono farsela da soli piuttosto che chiamare l'idraulico o un muratore". Così la A&B ha licenziato 21 persone, la metà dei suoi dipendenti.

Bill Lerner, analista della Deutsche Bank specializzato nei proventi del gioco, è didascalico: "Questa crisi economica è diversa dalle precedenti perché è figlia di un rallentamento spinto dai consumatori che viene enfatizzato dalle preoccupazioni per il crollo del settore immobiliare e dalla mancanza di fiducia degli investitori nelle Borse. Anche se non lo siamo formalmente, la maggior parte della gente pensa che siamo in recessione e questo avrà conseguenze su tutti: dal resort più lussuoso al più piccolo dei casinò periferici. Può darsi che i clienti continueranno a venire, ma i loro budget saranno inferiori".

All'inizio a mancare sono stati i turisti del fine settimana, quelli che arrivano in macchina dalla California e che si gettano sui margarita a 99 cent, frenati dal prezzo della benzina, dai debiti e dalla crisi dei mutui. Ora cominciano a ridursi i visitatori della fascia alta, che mangiano da Charlie Trotter, fanno shopping sfrenato da Gucci, Bottega Veneta e Christian Louboutin e si possono permettere i massaggi da 300 dollari: a bloccarli è stata Wall Street.

Sembrava che il quadro fosse sufficientemente cupo, ma a deteriorare il clima di fiducia e a spegnere le luci questa settimana è arrivata anche la decisione della compagnia aerea Us Airways di tagliare i suoi voli notturni in partenza e in arrivo. Las Vegas era l'unico posto dove potevi trovare ancora trenta partenze dopo le undici di sera, una cosa immaginabile solo nella città che non dorme mai, dove la luce artificiale cancella il tramonto, dove se atterri alle due del mattino puoi andare sereno a farti una doccia e trovare un posto dove cenare.

Chi doveva decollare poteva giocare alle slot machines fino all'ultimo, mangiare una pizza al fast food griffato di Wolfgang Puck, lo chef simbolo di Beverly Hills, e tornare a casa entro l'alba. Adesso in quattro notti su sette non ci saranno più voli. Colpa del prezzo del petrolio, che rende questa tratta, che era offerta a prezzi scontati, non più conveniente per la compagnia. Ma è il segno tangibile di un cambio di clima.

Il 2007, l'anno dei record quando a Las Vegas sono arrivate quasi 40 milioni di persone, sembra lontanissimo. Ognuno cerca di inventarsi un modo per sopravvivere, c'è chi punta sugli stranieri sperando nella forza di euro e yen, e chi su un lusso ancora più attraente. A Las Vegas si incontra la crisi ma si trova anche il suo antidoto: la capacità americana di cambiare pelle, di scommettere sul futuro.

"Per trent'anni si è detto che non si poteva costruire un altro hotel o un altro casinò perché il mercato era arrivato al punto di saturazione, ma hanno continuato a farlo e ogni nuovo albergo è sempre stato riempito", racconta ancora l'analista Jeremy Aguero, in piedi davanti ad un'immensa mappa della città con evidenziati in rosso tutti i nuovi progetti: "Ora ci sono 41 miliardi di dollari di nuovi investimenti". Il più avanzato è City Center, un progetto della MgmMirage da otto miliardi di dollari, il più costoso della storia nordamericana, che sarà pronto nel novembre del 2009.

I proprietari vanno avanti secondo i tempi prestabiliti, contano sul fatto che lo scenario peggiore parla di una recessione di 18 mesi, destinata a finire nell'estate del prossimo anno. E allora puntano ad aprire esattamente nel momento in cui l'America avrà voglia di tornare a festeggiare, quando girerà l'umore e i consumi torneranno a gonfiarsi. "Sarà la più grande trappola per topi mai costruita - conclude Aguero - e bisogna preparare per tempo l'esca migliore".



Luglio: disoccupazione al 12,3%; emigrazione dei residenti.
http://ilsecoloxix.ilsole24ore.com/p/mondo/2009/07/20/AMaeDclC-turisti_ginocchio_allontana.shtml

La crisi allontana i turisti, Las Vegas è in ginocchio

La recessione colpisce duramente la capitale del gioco americana, Las Vegas, la famosissima città-casinò del Nevada in ginocchio a causa del brusco calo del turismo, da sempre suo motore di crescita. Las Vegas sfrutta il settore turistico, come principale fonte di ricchezza, garantendo un lavoro continuo a chi vuole investire nel mercato delle costruzioni. Secondo il Wall Street Journal, ora che i soggiorni nella città sono diminuiti, le aziende non riescono a reagire. «Non vedo nessuna speranza di sviluppo per Las Vegas al momento», ha spiegato Sheldon Adelson, direttore esecutivo dell’azienda Las Vegas Sands, in un’intervista. Nel 1999, Sands aveva fatto costruire il celebre hotel `The Venetian´, una perfetta replica in scala della città italiana, con tanto di gondole e canali. Più di diecimila persone avrebbero lasciato la città solo nell’ultimo anno. La colpa è, in primo luogo, del tasso di disoccupazione che dal 2007 è triplicato, passando dal 4% al 12,3 %, secondo quanto rivela Keith Schwer, direttrice del Centro di Business and Economic Research, della University of Nevada. Su Las Vegas Strip, la via più famosa della città, svettano decine di enormi palazzi ancora in costruzione, che probabilmente non verranno mai inaugurati. A giugno l’hotel casino, Fontainebleau Las Vegas del valore di 3,5 miliardi di dollari ha dichiarato la bancarotta e nello stesso mese 3.500 lavoratori nel settore sono stati licenziati. «Per i prossimi dieci anni non verrà costruito neanche un casino»` ha dichiarato Jim Murren, direttore esecutivo dell’azienda MGM Mirage, che ogni anno assume il piu´ alto numero di impiegati. La società di Murren sta per aprire il `City Center´, un albergo e complesso residenziale del valore di 8,4 miliardi di dollari, che dovrebbe assumere 12 mila lavoratori e risollevare un pò il mercato. Molti esperti del settore, tuttavia, temono che il nuovo mega hotel da cinquemila stanze, si aggiungerà alle decine di alberghi semi deserti che si vedono negli ultimi mesi, a causa del fortissimo calo di prenotazioni.

Amodio
22-07-2009, 08:14
la crisi c'è da un anno a questa parte
mi sembra strano che ci sia la bancarotta di un casino
posso capire la disoccupazione, ovvio, la gente spende di meno, ma bancarotta...ma suvvia dopo un anno di crisi?

.:V:.
22-07-2009, 08:53
la crisi c'è da un anno a questa parte
mi sembra strano che ci sia la bancarotta di un casino
posso capire la disoccupazione, ovvio, la gente spende di meno, ma bancarotta...ma suvvia dopo un anno di crisi?

OT:

Ma se fallisce Las Vegas poi lo continueranno a fare C.S.I.? :O

Blaster_Maniac
22-07-2009, 08:55
OT:

Ma se fallisce Las Vegas poi lo continueranno a fare C.S.I.? :O

Ci saranno più crimini, omicidi e suicidi in caso di fallimento. Quindi faranno ancora più puntate, probabilmente due doppie puntate a settimana. :O

.:V:.
22-07-2009, 08:58
Ci saranno più crimini, omicidi e suicidi in caso di fallimento. Quindi faranno ancora più puntate, probabilmente due doppie puntate a settimana. :O

Che ingenuo che sono :asd: :doh: in perfetto stile ammeriggano.:O

Wee-Max
22-07-2009, 09:18
io ci vado ad agosto, ho trovato dei prezzi più bassi rispetto agli anni scorsi proprio grazie alla crisi :cool:

poi per me può anche fallire, ma dopo il 15 agosto :O

Erian Algard
22-07-2009, 09:55
Cavoli se la passano male li...in 2 anni dal 4% al 12 di disoccupazione. E' anche vero che con la crisi che c'è una città incentrata sui Casinò non può non fare una brutta fine.

cocis
22-07-2009, 10:10
a las vegas le cose potrebbero andare ancora peggio . .se manca l'acqua e la corrente ... il lago che rifornisce las vegas mi pare che si sita abbassando parecchio.. ;)

bart_simpson
22-07-2009, 14:02
la crisi c'è da un anno a questa parte
mi sembra strano che ci sia la bancarotta di un casino
posso capire la disoccupazione, ovvio, la gente spende di meno, ma bancarotta...ma suvvia dopo un anno di crisi?

mai sentito quel casinò
probabilmente era in costruzione

Franco2
22-07-2009, 18:19
Cavoli se la passano male li...in 2 anni dal 4% al 12 di disoccupazione.

È anche peggio di così. Se compari gli ultimi due articoli, vedi che in un trimestre è passata dal 4,2 al 5,6 e nel trimestre successivo dal 5,6 al 12,3 (più che raddoppiata in 3 mesi!).
Aggiungici, come dice Cocis, che la città sta in mezzo ad un deserto, e quindi i costi per rifornire di cibo ed acqua la popolazione sono più alti che nelle altre città.

svarionman
22-07-2009, 18:34
Beh, c'era da aspettarselo........una cattedrale nel deserto, senza logica dal punto di vista ambientale, che vive solo sul turismo.