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05-06-2009, 14:13
Articolo 41 bis
L'articolo 41-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354 (legge sull'ordinamento penitenziario) prevede la possibilità per il Ministro della Giustizia di sospendere l'applicazione delle normali regole di trattamento dei detenuti previste dalla stessa legge in casi eccezionali di rivolta o di altre gravi situazioni di emergenza ovvero, quando ricorrano gravi motivi di ordine e di sicurezza pubblica, nei confronti dei detenuti (anche in attesa di giudizio) per reati di criminalità organizzata, terrorismo o eversione. In questo secondo caso la legge specifica le misure applicabili tra cui le principali sono il rafforzamento delle misure di sicurezza con riguardo principalmente alla necessità di prevenire contatti con l'organizzazione criminale di appartenenza, restrizioni nel numero e nella modalità di svolgimento dei colloqui, la limitazione della permanenza all'aperto (cosiddetta "ora d'aria"), la censura della corrispondenza.
Alle stesse categorie di detenuti si applica l'art. 4 bis della stessa legge, che subordina la concessione di benefici carcerari e misure alternative alla detenzione (permessi premio, lavoro all'esterno, affidamento ai servizi sociali, semi-libertà, detenzione domiciliare) alla collaborazione con la giustizia.
Il complesso di queste misure è generalmente noto come "carcere duro per i mafiosi". Da più parti ne è stata messa in discussione la rispondenza ai principi generali in tema di trattamento dei detenuti; comunque fino a quasi una ventina d'anni fa la maggior parte della magistratura e delle forze politiche respingevano tali critiche e consideravano queste misure di grande importanza come strumento di lotta alla criminalità organizzata.
Dopo la stabilizzazione del 41-bis, il detenuto può presentare più volte nel tempo richiesta di sospensione perché non sussistono più le condizioni, mentre a seguito di una sospensione non può essere nuovamente sottoposto a questo regime carcerario.
Il giudice di merito deve valutare se la persona sia ancora socialmente pericolosa, collegata con l'organizzazione mafiosa. La valutazione, difficlmente dimostrabile, si traduce facilmente nella revoca del 41bis senza alcun rischio e senza alcuna formale irregolarità.
Le reazioni dei boss mafiosi [modifica]
Mentre si discute la proroga della legge, Leoluca Bagarella, in teleconferenza durante un processo a Trapani, legge un comunicato contro il 41 bis, in cui accusa i politici di non aver mantenuto le promesse (cfr. Papello di Totò Riina).
Viene resa pubblica una lettera firmata da 31 boss mafiosi, con alcuni avvertimenti ai loro avvocati che, diventati parlamentari, li hanno dimenticati. In seguito, viene assegnata una scorta ad alcuni di questi avvocati e a Dell’Utri; quest'ultimo dopo alcuni mesi vi rinuncerà.
In alcune lettere tra boss mafiosi (che sembra sapessero di avere la propria posta sotto controllo) si parla di arte e sport, di Formula 1 (automobilismo) e del Milan. In queste comunicazioni sembra che gli stessi si riferiscano a possibili vendette in caso di approvazione della legge (la Formula 1, ad esempio, indicherebbe il partito politico Forza Italia).[senza fonte] Dopo l'approvazione della legge, il giorno 22 dicembre 2002, nello stadio di Palermo viene esposto uno striscione: «Uniti contro il 41 bis. Berlusconi dimentica la sicilia».
http://it.wikipedia.org/wiki/Articolo_41_bis
» 2009-06-04 10:01
BOSS DEPRESSO, DA 41 BIS A DOMICILIARI
CATANIA - Il presunto boss Giacomo Maurizio Ieni, 52 anni, indicato come il capo della cosca mafiosa Pillera é fortemente depresso e per questo lascerà il regime di 41 bis, anche se scontato nel centro clinico del carcere di Parma, per passare agli arresti domiciliari a casa, a Catania. E' la decisione della terza sezione penale del Tribunale del capoluogo etneo per "gravi motivi di salute" contestata duramente dalla Procura etnea e da politici. Il suo stato di "depressione malinconica" , secondo i giudici, è infatti così grave da renderlo incompatibile con la detenzione e che "l'ambiente familiare appare allo stato insostituibile" per curarlo. "In casa - scrivono i giudici - potrà ricevere quel sostegno psicologico che la struttura carceraria non può dargli. Tra l'altro la sua condizione personale è tale da fare ritenere che ci si trovi in presenza di una situazione di pericolosità grandemente scemata". Ieni, detenuto dal 30 giugno del 2006 per associazione mafiosa, nell'ambito del procedimento Atlantide con il quale la polizia ritenne di svelare i rapporti tra esponenti di Cosa nostra e imprenditori etnei, nella precedente udienza del processo, in teleconferenza da Parma, era scoppiato in lacrime davanti ai giudici sostenendo di "essere fortemente depresso e di non riuscire a stare in carcere". Il Tribunale, accogliendo la richiesta dei suoi legali, gli avvocati Enrico Trantino e Giuseppe Lipera, che ricordano come il loro assistito durante la detenzione abbia perduto 20 chilogrammi di peso e attuato lo sciopero della fame, adesso gli ha concesso gli arresti domiciliari ritenendo che "l'affetto dei familiari" è per lui terapia unica e insostituibile.
La decisione è "fortemente contestata" dalla Procura di Catania che in sede di udienza aveva espresso parere negativo e si dice "estremamente sorpresa e sgomenta". E questo, precisano i magistrati della Dda, sia "per la pericolosità sociale del soggetto al quale sarà permesso di tornare a Catania" sia perché "nella perizie redatte non ce n'era alcuna che stabilisce che il suo stato di salute sia incompatibile con la detenzione in un centro medico, così come si trovava ristretto". La valutazione del Tribunale è stata contestata, in maniera trasversale, da esponenti politici. Per il capogruppo del Pdl al Senato, Maurizio Gasparri, è una "decisione che indigna, crea un pericolosissimo precedente e mina fortemente la credibilità delle istituzioni". L'esponente del Pdl ricorda anche che "la maggioranza in questa legislatura ha invece posto l'accento sulla necessità di rendere ancora più stringenti le norme sul 41 bis".
Claudio Fava definisce la scelta dei giudici "una vergogna". Secondo l'esponente di Sinistra e libertà "per i mafiosi di Catania il 41 bis è una specie di campeggio: ai detenuti depressi si concedono gli arresti domiciliari". Sulla vicenda il senatore della Lega e segretario dell'Antimafia, Gianpaolo Vallardi, chiede "l'audizione in commissione del ministro alla Giustizia, Angelino Alfano" visto che così, "i carnefici diventano vittime e le vittime i carnefici". Contestazione contestate a loro volta dai legali di Ieni che inviato i "parlamentari di evitare di parlare di cose che non conoscono, eliminando la parola scandalo e non a realizzare una Guantanamo in Italia" e la Procura "a rispettare i ruoli".
http://www.ansa.it/opencms/export/site/notizie/rubriche/altrenotizie/visualizza_new.html_986755071.html
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L'articolo 41-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354 (legge sull'ordinamento penitenziario) prevede la possibilità per il Ministro della Giustizia di sospendere l'applicazione delle normali regole di trattamento dei detenuti previste dalla stessa legge in casi eccezionali di rivolta o di altre gravi situazioni di emergenza ovvero, quando ricorrano gravi motivi di ordine e di sicurezza pubblica, nei confronti dei detenuti (anche in attesa di giudizio) per reati di criminalità organizzata, terrorismo o eversione. In questo secondo caso la legge specifica le misure applicabili tra cui le principali sono il rafforzamento delle misure di sicurezza con riguardo principalmente alla necessità di prevenire contatti con l'organizzazione criminale di appartenenza, restrizioni nel numero e nella modalità di svolgimento dei colloqui, la limitazione della permanenza all'aperto (cosiddetta "ora d'aria"), la censura della corrispondenza.
Alle stesse categorie di detenuti si applica l'art. 4 bis della stessa legge, che subordina la concessione di benefici carcerari e misure alternative alla detenzione (permessi premio, lavoro all'esterno, affidamento ai servizi sociali, semi-libertà, detenzione domiciliare) alla collaborazione con la giustizia.
Il complesso di queste misure è generalmente noto come "carcere duro per i mafiosi". Da più parti ne è stata messa in discussione la rispondenza ai principi generali in tema di trattamento dei detenuti; comunque fino a quasi una ventina d'anni fa la maggior parte della magistratura e delle forze politiche respingevano tali critiche e consideravano queste misure di grande importanza come strumento di lotta alla criminalità organizzata.
Dopo la stabilizzazione del 41-bis, il detenuto può presentare più volte nel tempo richiesta di sospensione perché non sussistono più le condizioni, mentre a seguito di una sospensione non può essere nuovamente sottoposto a questo regime carcerario.
Il giudice di merito deve valutare se la persona sia ancora socialmente pericolosa, collegata con l'organizzazione mafiosa. La valutazione, difficlmente dimostrabile, si traduce facilmente nella revoca del 41bis senza alcun rischio e senza alcuna formale irregolarità.
Le reazioni dei boss mafiosi [modifica]
Mentre si discute la proroga della legge, Leoluca Bagarella, in teleconferenza durante un processo a Trapani, legge un comunicato contro il 41 bis, in cui accusa i politici di non aver mantenuto le promesse (cfr. Papello di Totò Riina).
Viene resa pubblica una lettera firmata da 31 boss mafiosi, con alcuni avvertimenti ai loro avvocati che, diventati parlamentari, li hanno dimenticati. In seguito, viene assegnata una scorta ad alcuni di questi avvocati e a Dell’Utri; quest'ultimo dopo alcuni mesi vi rinuncerà.
In alcune lettere tra boss mafiosi (che sembra sapessero di avere la propria posta sotto controllo) si parla di arte e sport, di Formula 1 (automobilismo) e del Milan. In queste comunicazioni sembra che gli stessi si riferiscano a possibili vendette in caso di approvazione della legge (la Formula 1, ad esempio, indicherebbe il partito politico Forza Italia).[senza fonte] Dopo l'approvazione della legge, il giorno 22 dicembre 2002, nello stadio di Palermo viene esposto uno striscione: «Uniti contro il 41 bis. Berlusconi dimentica la sicilia».
http://it.wikipedia.org/wiki/Articolo_41_bis
» 2009-06-04 10:01
BOSS DEPRESSO, DA 41 BIS A DOMICILIARI
CATANIA - Il presunto boss Giacomo Maurizio Ieni, 52 anni, indicato come il capo della cosca mafiosa Pillera é fortemente depresso e per questo lascerà il regime di 41 bis, anche se scontato nel centro clinico del carcere di Parma, per passare agli arresti domiciliari a casa, a Catania. E' la decisione della terza sezione penale del Tribunale del capoluogo etneo per "gravi motivi di salute" contestata duramente dalla Procura etnea e da politici. Il suo stato di "depressione malinconica" , secondo i giudici, è infatti così grave da renderlo incompatibile con la detenzione e che "l'ambiente familiare appare allo stato insostituibile" per curarlo. "In casa - scrivono i giudici - potrà ricevere quel sostegno psicologico che la struttura carceraria non può dargli. Tra l'altro la sua condizione personale è tale da fare ritenere che ci si trovi in presenza di una situazione di pericolosità grandemente scemata". Ieni, detenuto dal 30 giugno del 2006 per associazione mafiosa, nell'ambito del procedimento Atlantide con il quale la polizia ritenne di svelare i rapporti tra esponenti di Cosa nostra e imprenditori etnei, nella precedente udienza del processo, in teleconferenza da Parma, era scoppiato in lacrime davanti ai giudici sostenendo di "essere fortemente depresso e di non riuscire a stare in carcere". Il Tribunale, accogliendo la richiesta dei suoi legali, gli avvocati Enrico Trantino e Giuseppe Lipera, che ricordano come il loro assistito durante la detenzione abbia perduto 20 chilogrammi di peso e attuato lo sciopero della fame, adesso gli ha concesso gli arresti domiciliari ritenendo che "l'affetto dei familiari" è per lui terapia unica e insostituibile.
La decisione è "fortemente contestata" dalla Procura di Catania che in sede di udienza aveva espresso parere negativo e si dice "estremamente sorpresa e sgomenta". E questo, precisano i magistrati della Dda, sia "per la pericolosità sociale del soggetto al quale sarà permesso di tornare a Catania" sia perché "nella perizie redatte non ce n'era alcuna che stabilisce che il suo stato di salute sia incompatibile con la detenzione in un centro medico, così come si trovava ristretto". La valutazione del Tribunale è stata contestata, in maniera trasversale, da esponenti politici. Per il capogruppo del Pdl al Senato, Maurizio Gasparri, è una "decisione che indigna, crea un pericolosissimo precedente e mina fortemente la credibilità delle istituzioni". L'esponente del Pdl ricorda anche che "la maggioranza in questa legislatura ha invece posto l'accento sulla necessità di rendere ancora più stringenti le norme sul 41 bis".
Claudio Fava definisce la scelta dei giudici "una vergogna". Secondo l'esponente di Sinistra e libertà "per i mafiosi di Catania il 41 bis è una specie di campeggio: ai detenuti depressi si concedono gli arresti domiciliari". Sulla vicenda il senatore della Lega e segretario dell'Antimafia, Gianpaolo Vallardi, chiede "l'audizione in commissione del ministro alla Giustizia, Angelino Alfano" visto che così, "i carnefici diventano vittime e le vittime i carnefici". Contestazione contestate a loro volta dai legali di Ieni che inviato i "parlamentari di evitare di parlare di cose che non conoscono, eliminando la parola scandalo e non a realizzare una Guantanamo in Italia" e la Procura "a rispettare i ruoli".
http://www.ansa.it/opencms/export/site/notizie/rubriche/altrenotizie/visualizza_new.html_986755071.html
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