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View Full Version : La sinistra invertebrata


dantes76
12-05-2009, 17:11
La sinistra invertebrata
Troppo deboli, moderati, pronti a scendere a compromessi. Il Pci e i suoi eredi hanno perso contatto con la società. E hanno dilapidato un'eredità politica straordinaria, scrive lo storico inglese Perry Anderson.
1 maggio 2009 • Fonte: Internazionale


La sinistra italiana era una volta il più grande e impressionante movimento popolare per il cambiamento sociale in Europa occidentale. Comprendeva due partiti di massa, il Pci e il Psi, ognuno con la propria storia e cultura, impegnati non a migliorare, ma a rovesciare il capitalismo.
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(Martino Lombezzi, Contrasto)

L'alleanza del dopoguerra tra socialisti e comunisti, però, non sopravvisse al boom degli anni cinquanta. Nel 1963 Pietro Nenni portò per la prima volta il Psi al governo, come alleato della Democrazia cristiana, imboccando la strada che avrebbe condotto a Bettino Craxi e lasciando ai comunisti la guida dell'opposizione al regime democristiano.

Fin dall'inizio il Pci era stato il più forte dei due partiti, sia dal punto di vista organizzativo sia da quello ideologico. Prima di tutto aveva una base più ampia: a metà degli anni cinquanta contava più di due milioni di iscritti, che andavano dai contadini del sud agli operai delle industrie del nord passando per gli artigiani e gli insegnanti del centro Italia.

Il suo punto di riferimento teorico erano i Quaderni del carcere di Antonio Gramsci, pubblicati per la prima volta tra il 1948 e il 1951. All'apice della sua potenza, il Pci era in grado di attingere a una straordinaria gamma di energie morali e sociali: poteva contare sia sulle sue profonde radici popolari sia sull'appoggio degli intellettuali, più di qualsiasi altra forza politica del paese.

La grande influenza che il Pci esercitava nel mondo del pensiero e dell'arte dipendeva anche dalla sua capacità di assimilare e riproporre il filone dominante della cultura italiana: l'idealismo. Questa corrente aveva trovato la sua espressione più alta, anche se non l'unica, nella filosofia di Benedetto Croce, che nella vita culturale italiana aveva assunto un ruolo simile a quello avuto da Goethe in Germania.

Lo storicismo di Croce, anche grazie all'attenzione che gli aveva riservato Gramsci negli anni della prigionia, diventò il nutrimento naturale di gran parte della cultura italiana del dopoguerra. Dietro a quella corrente di pensiero, però, si nascondevano tradizioni filosofiche molto più antiche, secondo cui in politica il primato spettava al regno delle idee, concepito come volontà o intelletto.

La lotta per l'egemonia
Tra la caduta dell'impero romano e la fine del risorgimento, l'Italia non aveva mai conosciuto un governo o un'aristocrazia nazionale, ed era stata quasi sempre in balìa di potenze straniere in conflitto tra loro.

A lungo le sue élite avevano avvertito il peso schiacciante del divario tra il passato glorioso del paese e il suo triste presente. A partire da Dante, gli intellettuali si erano sentiti in dovere di riscoprire e trasmettere la cultura dell'antichità classica, convinti che l'Italia potesse risorgere solo grazie alle idee mutuate dalla sua storia e dalla sua tradizione. La cultura non era distinta dalla politica: era il passaporto per arrivare al potere.

Il comunismo italiano aveva ereditato questo atteggiamento mentale e lo aveva rimodellato secondo gli insegnamenti di Gramsci. Nella sua dottrina "l'egemonia" era una supremazia culturale e morale da conquistare con il consenso della società civile.

Vero cardine della società, l'egemonia avrebbe garantito la pacifica conquista del controllo dello stato. Secondo questa interpretazione, l'autorevolezza che il partito aveva conquistato nell'arena intellettuale era il primo passo verso la vittoria politica finale. In realtà questa non era affatto la visione di Gramsci.

Da rivoluzionario e membro della Terza internazionale, il filosofo sardo riteneva essenziale ottenere il massimo consenso popolare per rovesciare l'ordine costituito, ma non aveva mai pensato che il capitalismo potesse essere abbattuto senza la forza delle armi.

Il punto era che l'idea del primato dell'egemonia si adattava molto bene alla cultura di stampo idealista. Gli intellettuali legati al Pci, inoltre, conservavano i pregiudizi delle élite tradizionali, i cui campi di ricerca preferiti erano tutti umanistici: la filosofia, la storia e la letteratura.

Le discipline più moderne come l'economia e la sociologia, e i loro metodi presi in prestito dalle scienze naturali, erano estranei agli interessi del partito. Il Pci aveva una straordinaria influenza sui vertici delle gerarchie culturali, ma ai livelli più bassi mostrava una debolezza preoccupante, che in futuro avrebbe avuto gravi conseguenze.

Masse ed élite
Il partito fu colto di sorpresa dai due grandi cambiamenti del dopoguerra in Italia. Il primo fu la diffusione della cultura di massa, un fenomeno inimmaginabile nel mondo in cui erano cresciuti Togliatti o Gramsci.

Anche nel momento della sua massima espansione, il tentativo del Pci – e più in generale della sinistra – di allargare la propria influenza culturale ha sempre incontrato diversi ostacoli. La religione, infatti, aveva ancora un ruolo chiave nell'immaginario e nelle convinzioni degli italiani.

Nelle università, nelle case editrici, negli studi degli artisti e nelle redazioni delle riviste l'influenza del partito era molto diffusa, e ben distinta da quella dell'establishment borghese liberale sulla stampa quotidiana. Ma in Italia è sempre esistito un gran numero di giornali e programmi televisivi confezionati in base ai gusti degli elettori della Democrazia cristiana di cultura medio-bassa.

Dall'alto della sua cultura elitaria, il Pci guardava a questo universo con condiscendenza, considerandolo l'eredità di un passato clericale sulla cui importanza Gramsci si era soffermato a lungo. Non si rendeva conto, però, che tutto questo era una minaccia per il suo potere.

Il fatto che la cultura di massa fosse completamente laica e americanizzata era un altro discorso. L'apparato del partito e l'intellighenzia che gli si era formata intorno furono colti di sorpresa e rimasero spiazzati.

Anche se la critica italiana si era già occupata della letteratura popolare (Umberto Eco era stato uno dei pionieri in materia), il Pci non riuscì a inserirsi in questo filone. Non ci fu nessuna dialettica creativa in grado di resistere all'offensiva del nuovo e di modificare i rapporti tra cultura alta e cultura bassa.

Il caso del cinema, un campo in cui nel dopoguerra l'Italia aveva dato prova di eccellenza, è emblematico. I grandi registi come Roberto Rossellini, Luchino Visconti o Michelangelo Antonioni avevano debuttato tra la fine degli anni quaranta e i primi cinquanta e le loro ultime opere importanti risalgono all'inizio degli anni sessanta.

Ma quella generazione non ebbe eredi alla sua altezza. Negli anni sessanta in Italia mancò quell'esplosivo incrocio tra avanguardia e forme popolari che in Francia e in Germania produsse le opere di Jean-Luc Godard e Reiner Werner Fassbinder. Più tardi ci sarebbe stato solo il debole contributo di Nanni Moretti.

E così il profondo divario di sensibilità che si era creato tra le classi colte e quelle popolari ha reso il paese indifeso di fronte alla controrivoluzione dell'impero televisivo di Berlusconi. La sua tv ha nutrito l'immaginario popolare con un mucchio di idiozie e invenzioni volgari. Non sapendo come affrontare questi cambiamenti, per una decina d'anni il Pci ha cercato di resistergli.

L'ultimo vero leader del partito, Enrico Berlinguer, ha incarnato l'austerità e il disprezzo per l'autoindulgenza e l'infantilismo del nuovo mondo dei consumi materiali e culturali. Dopo la sua morte, il passaggio dal rifiuto intransigente di quei valori all'entusiastica capitolazione politica e culturale è stato brevissimo.

E Walter Veltroni ha finito con il somigliare sempre di più alle figurine sorridenti degli album che aveva distribuito con l'Unità quando era direttore del giornale.

Giovani e operaisti
Se l'idealismo non aveva permesso al Pci di cogliere la spinta al materialismo che aveva trasformato il modo di divertirsi degli italiani, la stessa scarsa lungimiranza dal punto di vista economico e sociologico gli impedì di accorgersi dei cambiamenti in corso nel mondo del lavoro.

Già alla fine degli anni sessanta il partito prestava meno attenzione a questi fenomeni di quanto stava facendo una nuova leva di giovani radicali, che avrebbero prodotto quel fenomeno tutto italiano che è stato l'operaismo, una delle più singolari avventure intellettuali della sinistra europea di quegli anni.

A differenza del Pci, nel dopoguerra il Partito socialista aveva esplorato con una figura di spicco come Rodolfo Morandi un marxismo poco idealistico e più attento invece alle strutture dell'industria italiana.

Morandi trovò un valido successore in Raniero Panzieri, un militante socialista che dopo essersi trasferito a Torino aveva cominciato a indagare sulle condizioni di lavoro degli operai della Fiat, raccogliendo intorno a sé un gruppo di giovani intellettuali, che spesso (come Antonio Negri) provenivano dalle organizzazioni giovanili socialiste.

Negli anni sessanta l'operaismo diventò un movimento multiforme e diede vita a una serie di riviste importanti, anche se dalla vita breve, come Quaderni rossi, Classe operaia, Gatto selvaggio e Contropiano, che esploravano le trasformazioni in atto nel mondo del lavoro e del capitalismo industriale italiano.

Il Pci non aveva iniziative paragonabili e prestava poca attenzione a questo fermento, anche se il più influente dei nuovi teorici era un giovane comunista romano, Mario Tronti. L'operaismo era una corrente estranea al partito, e per di più dichiaratamente ostile a Gramsci, accusato di spiritualismo e populismo.

Il forte impatto che ebbe l'operaismo non fu dovuto solo alle inchieste e alle idee dei suoi teorici, ma anche alla loro capacità di cogliere l'irrequietezza della nuova classe operaia. I giovani immigrati del sud si ribellavano ai bassi salari e alle condizioni opprimenti delle fabbriche del nord ricorrendo a insolite forme di lotta, che lasciavano sconcertati i sindacati tradizionali.

Aver saputo anticipare queste nuove mobilitazioni diede all'operaismo una grande forza intellettuale, ma allo stesso tempo lo fece rimanere immobile sulle sue intuizioni originarie. Il risultato fu l'idealizzazione della rivolta proletaria.

Dopo essersi resi conto che l'industria italiana stava di nuovo cambiando e che nelle fabbriche la militanza era in crisi, alla metà degli anni settanta Negri e molti altri tornarono a vedere nella figura del "lavoratore sociale" – in pratica chiunque fosse occupato, o sottoccupato, dal capitale – il protagonista della rivoluzione immanente.

L'astrattezza di questo concetto era un segnale della disperazione e della visione apocalittica che alla fine degli anni settanta avrebbero portato quest'ala dell'operaismo in un vicolo cieco.

Oltre a non aver capito la portata dei mutamenti degli anni sessanta, il Pci non aveva imparato nulla dai suoi errori e non fu capace di produrre nulla di interessante in termini di sociologia industriale. Fu così che negli anni ottanta, mentre l'economia italiana attraversava altri cambiamenti cruciali, con la nascita delle piccole imprese e del sommerso (il secondo "miracolo italiano", come fu ottimisticamente definito all'epoca) il Pci si ritrovò di nuovo impreparato.

E questa volta il colpo fu fatale: il partito perse infatti il suo ruolo di rappresentante politico della classe operaia. Negli anni novanta la sinistra ha subìto altre due pesanti sconfitte: il trionfo di Forza Italia ha sottolineato l'incapacità di reagire alla massificazione della cultura popolare, e il successo della Lega nord ha rivelato l'incapacità di rispondere tempestivamente alla frammentazione del mondo del lavoro postmoderno.

Questi errori sono stati causati da una mentalità che aveva radici più profonde del marxismo e una visione tradizionale dei valori culturali, a suo modo apprezzabile nonostante i suoi limiti. Questo idealismo, però, aveva anche un aspetto negativo che era tipico del comunismo italiano: una sorta di riflesso strategico che non era mai cambiato dai tempi della liberazione, un'eredità le cui conseguenze si avvertono ancora oggi.

La svolta di Salerno
Nel 1944, di ritorno da Mosca, Togliatti fece subito capire che un'insurrezione non era nei piani del partito. Dopo vent'anni di esilio e repressione, il compito del Pci era costruire un partito di massa e guadagnarsi un ruolo centrale nelle nuove istituzione democratiche del paese.

Togliatti, però, si spinse ancora più in là. Nell'estate del 1943, quando gli alleati sbarcarono in Sicilia, la monarchia italiana chiese le dimissioni di Mussolini, che il 25 luglio fu sfiduciato dal Gran consiglio del fascismo. Poco dopo il re fuggì al sud con il maresciallo Badoglio, che fu messo a capo del governo dagli Alleati.

Il nord era invece sotto il controllo del regime di Salò, guidato da Mussolini. Quando la guerra finì l'Italia non fu trattata come una potenza sconfitta, alla stregua della Germania, ma come una nazione "cobelligerante" .

Una volta partite le truppe alleate, il governo di coalizione (che comprendeva il Partito d'azione, i socialisti, i comunisti e i democristiani) si trovò ad affrontare l'eredità del fascismo e della monarchia, che aveva collaborato a lungo con Mussolini. I democristiani sapevano che i loro potenziali elettori erano ancora fedeli alla monarchia, ed erano perciò decisi a impedire che in Italia si verificasse un fenomeno simile alla "denazificazione" tedesca. Ma erano in minoranza rispetto ai partiti di sinistra.

A questo punto il Pci decise di non mettere alle corde la Dc. Non chiese l'epurazione, che avrebbe significato la rimozione di tutti i funzionari vicini al fascismo nella burocrazia, nella magistratura, nell'esercito e nella polizia, e lasciò alla Dc la guida del governo, senza fare nulla per smantellare l'apparato di potere creato da Mussolini.

Fu così che il Partito fascista, rinato con il nome di Movimento sociale italiano, tornò presto in parlamento. E quarant'anni dopo la vedova di Togliatti partecipò ai funerali del leader dell'Msi Giorgio Almirante. Oggi Gianfranco Fini, erede di Almirante, è il presidente della camera dei deputati ed è il probabile successore di Berlusconi alla presidenza del consiglio.

L'eredità sovietica
Al di là degli evidenti errori di questa traiettoria politica, quello che si può rimproverare al Pci è la sua inerzia autodistruttiva. Il partito aveva già edulcorato il concetto gramsciano di egemonia, riducendolo alla ricerca del consenso e confinandolo alla società civile.

Allo stesso modo, sotto la guida di Togliatti aveva ridotto la sua strategia politica a una semplice guerra di posizione. I comunisti italiani cercarono per anni di influenzare la società civile, come se ormai in occidente non fosse più necessaria una guerra di manovra, con le sue imboscate, le sue cariche improvvise, i suoi rapidi attacchi e i tentativi di cogliere di sorpresa i nemici di classe o lo stato. Tra il 1946 e il 1947 De Gasperi e i suoi colleghi non fecero lo stesso errore.

Nel 1948 lo slancio popolare innescato dalla Liberazione si era già esaurito. L'inizio della guerra fredda portò alla sconfitta elettorale della sinistra, e ci vollero vent'anni prima che in Italia ci fosse una nuova ondata di mobilitazioni politiche. La rivolta generazionale della fine degli anni sessanta, che coinvolgeva studenti e lavoratori, fu più profonda e durò più a lungo che nel resto d'Europa.

Sotto la guida del successore di Togliatti, Luigi Longo, più agguerrito e meno diplomatico, il Pci non reagì negativamente alla rivolta giovanile come fece invece il Partito comunista francese. Ma non fu nemmeno capace di rispondere in modo creativo, non riuscendo né a entrare in contatto con una cultura in cui i classici del passato bolscevico e gli slogan scritti sui muri si integravano in modo dinamico, né a rinnovare il suo bagaglio ideologico e teorico.

Quando all'interno del Pci emerse un gruppo brillante e critico verso l'inerzia del partito, i dirigenti non esitarono a espellerlo. Nel 1969 questo gruppo di militanti, che aveva una visione genuinamente gramsciana e una maggiore intelligenza politica rispetto agli operaisti, fondò Il manifesto.

La scomunica avvenne dopo l'invasione sovietica della Cecoslovacchia, che Il manifesto condannò senza riserve. Oltre che nel suo innato idealismo, proprio in questa decisione va cercato il secondo motivo della paralisi strategica del comunismo italiano.

Flessibile sotto certi aspetti, il Pci è sempre rimasto stalinista sia nella sua struttura interna sia nel legame con il regime sovietico. Convinta che la Dc non fosse capace di esercitare un'egemonia assoluta, la destra del Pci ha spesso lodato la moderazione del partito in politica interna, criticando invece i legami con l'Unione Sovietica e la rigidità organizzativa. In realtà le due cose erano strutturalmente collegate.

A partire dalla svolta di Salerno del 1944, la moderazione servì al partito come contrappeso ai suoi rapporti con Mosca. Esposto alle accuse di avere troppe affinità con l'Unione Sovietica, il Pci doveva dimostrare che non aveva nessuna tentazione di emulare il modello bolscevico.

Il peso di queste accuse alimentava la ricerca di una rispettabilità politica che compensasse le colpe presunte. Il rappresentante più in vista della destra del partito, Giorgio Amendola, incarnava perfettamente questo dualismo: denunciava il rischio di un'eccessiva tolleranza nei confronti delle rivolte giovanili ma andava regolarmente in vacanza in Bulgaria con la famiglia.

Durante la crisi provocata dal sequestro di Aldo Moro, il Pci dimostrò di non avere né umanità né buon senso. Fu contrario a ogni ipotesi di negoziato, con una veemenza perfino maggiore rispetto alla Democrazia cristiana, che sulla questione era molto divisa.

La Dc non mostrò nessuna gratitudine verso i comunisti. Dopo averli usati, Giulio Andreotti gli inflisse una sconfitta bruciante alle elezioni. Nel 1979 il Pci perse un milione e mezzo di voti.

Napolitano e l'immunità
Cinque anni fa, in un'amara riflessione sul suo paese, il politologo Giovanni Sartori ha osservato che Gramsci aveva ragione quando distingueva tra guerra di posizione e guerra di manovra.

I grandi leader europei come Winston Churchill e Charles de Gaulle avevano compreso la necessità di impegnarsi in guerre di manovra, mentre i politici italiani conoscevano solo la guerra di posizione. Nel suo articolo Sartori sosteneva che il titolo del famoso saggio di José Ortega y Gasset, Spagna invertebrata, si adattava benissimo all'Italia.

Nella penisola, infatti, la controriforma aveva creato una profonda assuefazione al conformismo, e le continue conquiste e invasioni straniere avevano reso gli italiani specialisti nell'arte del piegarsi per sopravvivere. Senza élite coraggiose, l'Italia era un paese privo di spina dorsale.

Sartori non parlava a caso. Si rivolgeva alla classe politica che conosceva. Quando il suo articolo è stato pubblicato, nel 2004, il Pci non esisteva più. Al potere c'era Berlusconi e il suo obiettivo era chiaro: difendere se stesso e il suo impero dalla magistratura.

Le leggi ad personam per realizzare quest'obiettivo erano già state approvate dal parlamento ed erano arrivate sulla scrivania del presidente. La presidenza della repubblica italiana non è una carica puramente onorifica. Il Quirinale non solo procede alla nomina del presidente del consiglio, che deve poi essere ratificata dal parlamento, ma può anche non approvare la nomina dei ministri e rifiutarsi di firmare le leggi.

Nel 2004 il presidente in carica era l'ex governatore della Banca d'Italia Carlo Azeglio Ciampi, un fiore all'occhiello del centrosinistra: aveva guidato l'ultimo governo della prima repubblica ed era stato ministro dell'economia con Romano Prodi.

Imperturbabile, Ciampi ha firmato delle leggi che non solo consolidavano il controllo di Berlusconi sulla televisione, ma gli garantivano l'immunità da qualsiasi procedimento giudiziario. La sua decisione è stata contestata da centinaia di persone che si sono raccolte davanti al Quirinale.

Ma gli eredi del Partito comunista non hanno sollevato nessuna obiezione. Anzi, la prima bozza della proposta di legge sull'immunità era uscita proprio dai ranghi del centrosinistra.

Neanche la stampa ha osato mettere in discussione il presidente, che per tradizione è considerato super partes ed è trattato con la dovuta riverenza. Solo una voce si è levata contro Ciampi: quella di Sartori, un conservatore liberale, che con una buona dose di sarcasmo ha criticato il presidente per la sua mancanza di coraggio.

Oggi al Quirinale c'è l'ex comunista Giorgio Napolitano, successore di Amendola alla guida della destra del Pci, la cosiddetta ala migliorista. Quando ha assunto la carica, nel 2006, la prima legge sull'immunità era già stata dichiarata incostituzionale dalla consulta.

Presentati sotto una nuova forma, i princìpi contenuti in quel provvedimento sono stati approvati di nuovo dal parlamento. Il capogruppo postcomunista al senato ha preferito non fare opposizione, spiegando che in linea di principio il Partito democratico non aveva obiezioni, anche se riteneva che la legge sarebbe dovuta entrare in vigore nella legislatura successiva.

Napolitano non aveva tempo da perdere con simili questioni di principio e ha firmato il provvedimento il giorno stesso in cui è arrivato sul suo tavolo. Ancora una volta, le uniche voci che si sono levate a denunciare questa vergogna sono state quelle di intellettuali liberali o apolitici, come Sartori e un gruppetto di altri spiriti liberi, immediatamente rimproverati non solo dalla stampa vicina al Pd ma anche da Rifondazione comunista per aver mancato di rispetto al capo dello stato. Questa è la sinistra invertebrata dell'Italia di oggi.

Verso destra
La fine dell'esperienza sovietica, la disintegrazione della classe operaia tradizionale, l'indebolimento dello stato sociale, il potere sempre maggiore della televisione, il declino dei partiti: gli eventi che negli ultimi anni hanno colpito la sinistra europea sono stati molti e di grande portata.

E pochi partiti li hanno attraversati indenni. Se considerata in questa prospettiva, la fine del comunismo italiano rientra in un quadro storico più ampio, che va al di là di ogni critica. Ma nessun altro paese ha dilapidato del tutto un patrimonio così imponente.

Il partito che era stato superato in astuzia politica da De Gasperi e Andreotti, che non aveva avuto il coraggio di epurare i fascisti e di spaccare il fronte clericale, era comunque una forza con una grande vitalità. Eppure i suoi eredi sono scesi a patti con Berlusconi senza un vero motivo politico, ben sapendo chi avevano di fronte e quello che stava facendo.

Sul premier italiano esiste una ricca letteratura di denuncia, sia in Italia sia all'estero, tra cui almeno tre saggi di alto livello in inglese. Le critiche, però, non toccano mai le responsabilità del centrosinistra. La complicità dei suoi leader con il progetto berlusconiano non è un'anomalia, ma rientra in una strategia coerente.

Gli eredi del comunismo italiano hanno permesso al capo di Forza Italia di mantenere e ampliare il suo impero mediatico a dispetto della legge, non hanno fatto nulla per risolvere il conflitto d'interessi, hanno rifiutato di far arrestare il suo braccio destro e hanno cercato più volte di fare, per puro calcolo politico, una riforma elettorale con il suo partito. Alla fine, però, sono rimasti non solo a mani vuote, ma senza idee e perfino senza coscienza.

Nel frattempo le fondamenta della cattedrale della cultura di sinistra avevano già cominciato a sgretolarsi, indebolite dalla natura stessa del Pci come partito di massa.

Come in Germania, lo spostamento verso destra è cominciato con la rivalutazione della dittatura che aveva governato il paese tra le due guerre. Uno dei protagonisti di questo fenomeno è stato lo storico Renzo De Felice. Pur non avendo l'apparato concettuale e l'ampiezza di interessi di Ernst Nolte, De Felice ha scritto libri che hanno avuto un impatto assai più profondo di quelli del suo collega tedesco.

Il suo successo non si deve alla sua erudizione o al fatto che in Italia il fascismo non era mai stato screditato in modo netto, come invece era successo in Germania. La vera ragione della popolarità delle tesi di De Felice dipende dalla debolezza della cultura ufficiale a cui la sua storiografia si contrapponeva. È significativo che le critiche più radicali all'edificio costruito da De Felice sono arrivate dall'inglese Denis Mack Smith invece che da studiosi italiani di sinistra.

Religioni e politica
Il principale erede di De Felice è stato Emilio Gentile, uno storico che ha interpretato i movimenti politici di massa del novecento come versioni secolarizzate di una fede soprannaturale, dividendole in due filoni: quello totalitario, in cui ci sono fascismo, comunismo e nazionalismo, e quello democratico delle religioni civili, come il patriottismo statunitense. Questa teoria ha avuto più successo nel mondo anglosassone che in Italia.

aradossalmente, lo stesso si può dire degli ultimi frutti dell'operaismo. In Italia lo spirito dell'inchiesta operaia era scomparso con la morte prematura di Panzieri a metà degli anni sessanta, e la sua eredità si era modificata sotto i colpi di Mario Tronti e del giovane critico letterario Alberto Asor Rosa.

Tronti era convinto che fosse la classe operaia, e non il capitale, il vero demiurgo delle trasformazioni economiche: la forza che imponeva ai datori di lavoro e allo stato i cambiamenti strutturali di ogni fase dell'accumulazione.

Secondo la sua visione, il motore dello sviluppo non era nelle esigenze economiche impersonali del profitto che agiscono dall'alto, ma nella lotta di classe che preme dal basso. Asor Rosa, invece, sosteneva che la "letteratura impegnata" era un'illusione populista, perché la classe operaia non poteva ricavare nessun vantaggio dalle arti e dalle lettere di un mondo in cui la cultura era borghese per definizione.

A completare l'opera di Asor Rosa e Tronti è stato Massimo Cacciari, più giovane e intellettualmente più ambizioso dei suoi colleghi. Cacciari non solo ha separato la cultura e l'economia dalla politica rivoluzionaria, ma ha proposto una sistematica dissociazione tra tutte le sfere della vita e del pensiero moderni, in quanto domini tecnici intraducibili l'uno nell'altro.

La fisica, l'economia neoclassica, l'epistemologia canonica, la politica liberale, la divisione del lavoro, il funzionamento del mercato e l'organizzazione dello stato avevano una sola cosa in comune: erano tutti in crisi. E solo il "pensiero negativo" era in grado di cogliere la profondità di questa crisi. Prima di diventare sindaco di Venezia Cacciari è stato deputato del Pci; anche Tronti e Asor Rosa sono stati eletti in parlamento.

Il prezzo dell'integrazione in un partito che non era riuscito a prendere il potere è stata la graduale scomparsa dell'operaismo. Vent'anni dopo il suo tramonto, con il Pci ormai cancellato, Asor Rosa ha tracciato un malinconico bilancio del percorso della sinistra italiana, a cui lui e Tronti erano rimasti a loro modo fedeli.

Cacciari, invece, è oggi uno dei protagonisti della destra del Partito democratico, capace di fondere – come ben si addice a un ammiratore di Wittgenstein – misticismo e tecnicismo in una politica per certi versi molto simile a quella del New labour britannico. Nei suoi successori l'eredità intellettuale del pensiero negativo si è trasformata in un'arida cultura della specializzazione, ormai depoliticizzata.

Alla fine degli anni sessanta Toni Negri aveva preso la direzione opposta, propugnando non un patto per la modernità tra capitale e lavoro sotto l'egida del Pci, ma un'escalation del conflitto tra i lavoratori non organizzati e lo stato verso la lotta armata e la guerra civile.

Dopo l'annientamento di Autonomia operaia, il movimento di cui era stato il teorico, Negri finì in prigione con l'accusa infondata di essere stato il mandante dell'omicidio di Aldo Moro. Nel suo esilio francese ha scritto testi che hanno avuto più successo all'estero che in Italia, come Impero. Al centro delle sue riflessioni non c'è più il lavoratore sociale, ma il concetto di moltitudine.

Il recupero del fascismo a destra e la fine dell'operaismo a sinistra hanno modificato lo spazio politico del centro, in cui la versione laica e quella clericale del "giusto mezzo" avevano sempre convissuto.

La disgregazione della Democrazia cristiana non ha ridotto l'influenza della religione nella vita pubblica, ma l'ha ridistribuita su tutto l'arco politico. Gli elettori cattolici non solo si sono divisi tra centrodestra e centrosinistra, ma hanno anche dimostrato di essere il settore più volubile dell'elettorato, il vero ago della bilancia conteso dai due blocchi. Per andare a caccia del voto cattolico, gli ex leader del Pci hanno mostrato una sensibilità religiosa sconosciuta fino a poco tempo fa.

Quello che la chiesa ha perso con la fine di un partito di massa obbediente ai suoi ordini, lo ha guadagnato conquistandosi un'influenza più pervasiva, anche se meno evidente, sull'intera società. Il risultato è stato il ritorno della superstizione religiosa.

Durante il papato di Karol Wojtyla sono stati nominati più beati (798) e più santi (280) che nei cinque secoli precedenti messi insieme, il numero di miracoli necessari per la santificazione è stato dimezzato, e il grottesco culto di padre Pio è arrivato al punto che sulla stampa si discute con la massima serietà del suo trionfo sulle leggi della natura.

È improbabile che una cultura laica così ossequiosa verso la fede sia più combattiva nei confronti del potere. Durante la seconda repubblica le opinioni espresse sui principali mezzi d'informazione italiani non si sono allontanate quasi mai dalla via maestra neoliberale.

La maggior parte dei giornali somiglia ai nuovi tabloid popolari spagnoli, francesi, tedeschi, inglesi. Secondo tutti gli editorialisti l'unico rimedio per i mali del paese è una maggiore competitività nei servizi e nell'istruzione, un mercato più libero e uno stato più efficiente e snello. Opinioni del genere sono il frutto di un conformismo intellettuale universale, a cui non è sfuggita nemmeno l'Italia.

L'opposizione assente
L'atteggiamento della stampa nei confronti della legalità è un'altra questione. Dopo aver appoggiato l'offensiva della magistratura contro la corruzione nella prima repubblica, da quando Berlusconi è al potere i mezzi d'informazione si sono sempre mostrati poco coraggiosi, limitandosi a critiche perlopiù formali, senza scatenare quell'offensiva che avrebbe potuto metterlo davvero in difficoltà.

Per raggiungere quest'obiettivo la stampa avrebbe dovuto rivolgere le sue critiche non solo al premier, ma anche ai giudici che regolarmente lo assolvevano, ai capi di stato che gli avevano garantito l'immunità, e ai partiti di sinistra che l'avevano trasformato in un interlocutore accettabile, se non addirittura stimato. Ma non l'ha fatto.

In questo scenario spiccano poche eccezione. La principale è quella di Marco Travaglio. Le sue denunce del berlusconismo e del sistema di connivenze che lo ha protetto sono un caso unico nel panorama del docile giornalismo europeo di questi anni.

Come era prevedibile, Travaglio – i cui libri vendono centinaia di migliaia di copie – è un liberale di destra che si esprime con una ferocia e una libertà del tutto sconosciute alla sinistra.

A differenza che negli Stati Uniti, i mezzi di comunicazione in Europa tendono a riflettere, e non a creare, l'universo culturale, che dipende molto di più dalla situazione delle sue università. Come è noto in Italia le università sono antiquate e sottofinanziate, dominate da intrighi burocratici e dal clientelismo dei baroni. Il risultato è che i migliori cervelli del paese vanno a studiare all'estero.

Questo fenomeno riguarda tutte le discipline, come dimostra la lunga lista di studiosi italiani che hanno vissuto o lavorato a lungo negli Stati Uniti: Luca Cavalli-Sforza per la genetica, Giovanni Sartori per le scienze politiche, Franco Modigliani per l'economia, Carlo Ginzburg per la storia, Giovanni Arrighi per la sociologia, Franco Moretti per la letteratura, oltre a molti ricercatori più giovani.

Non è una diaspora nel vero senso della parola, dato che tutti hanno mantenuto contatti con l'Italia, ma è un'assenza che ha indebolito la cultura del paese. È presto per dire se una nuova leva di studiosi di questo livello potrà nascere in Italia. A prima vista sembra poco probabile.

Tuttavia sarebbe comunque un errore sottovalutare le riserve a cui il paese può attingere. Il caso della Spagna, la cui modernizzazione è spesso considerata un modello dagli italiani che fanno autocritica, è eloquente.

Anche se con un'economia più in salute, istituzioni politiche più efficienti, meno criminalità organizzata e uno sviluppo regionale più omogeneo, la Spagna ha ancora una vita culturale provinciale e poco autonoma. Il contributo italiano alla letteratura contemporanea è molto più importante, nonostante la confusione in cui si trova il paese.

Negli ultimi anni nessun paese europeo ha prodotto un esempio di erudizione paragonabile ai cinque volumi sulla storia e la morfologia del romanzo mondiale curati da Franco Moretti per Einaudi: un'opera di una magnificenza tipicamente italiana. L'Italia, inoltre, ha ancora la grande capacità di mettere in discussione i paradigmi consolidati che arrivano dall'estero.

È il caso, per esempio, di Miti, emblemi e spie. Morfologia e storia di Carlo Ginzburg, o del saggio in cui lo storico italiano ricostruisce Georges Dumézil, cosa che nessuno studioso francese aveva mai osato fare. Altri esempi potrebbero essere l'ultimo libro del grecista Luciano Canfora, dedicato alla democrazia e censurato da un editore tedesco, o il saggio del politologo Danilo Zolo, che demolisce il concetto di "giustizia internazionale". Una ricchezza simile non si esaurisce facilmente.

La spinta dei girotondi
Ma che fine ha fatto l'opposizione? Nell'Italia di oggi sopravvive ancora un nucleo di comunisti, né tradizionalisti né operaisti, rimasto più autenticamente gramsciano di quanto la sua leadership avesse il coraggio di essere o potesse sopportare.

Riunito intorno a Lucio Magri, Rossana Rossanda e Luciana Castellina, questo gruppo è stato espulso dal Pci nel 1969 e subito dopo ha fondato Il manifesto, l'unico quotidiano veramente radicale d'Europa. Nel corso degli anni le analisi strategiche più coerenti e incisive dei problemi della sinistra e del paese nel suo complesso sono arrivate proprio da questa corrente.

Oggi i protagonisti di quella stagione hanno cominciato a fare i conti con il passato. La ragazza del secolo scorso, il libro autobiografico di Rossana Rossanda, ha avuto un grande successo. Nel 2005, però, la Rivista del manifesto è stata costretta a chiudere, e con la crisi attuale anche il quotidiano rischia di scomparire.

Lo stesso rischio non sembra correrlo Micromega, il bimestrale curato da Paolo Flores d'Arcais, parte del gruppo editoriale l'Espresso. Con la nascita della seconda repubblica la rivista è diventata il fulcro dell'opposizione più intransigente a Berlusconi, assumendo un ruolo unico per una pubblicazione non certo di massa.

Un anno dopo la vittoria del centrodestra del 2001, è stata proprio Micromega a lanciare l'imponente ondata di proteste contro Berlusconi e la passività del centrosinistra: la cosiddetta stagione dei girotondi.

I protagonisti di quelle mobilitazioni sono stati due: Nanni Moretti e lo storico britannico Paul Ginsborg. Con i suoi film il regista romano denunciava da almeno dieci anni, anche se in modo ironico e leggero, lo sfascio del Pci e le sue conseguenze sulla società.

Ginsborg, invece, insegna all'università di Firenze ed è autore di due delle più importanti storie dell'Italia del dopoguerra. Nel volume che copre il periodo tra il 1980 e il 1996, L'Italia del tempo presente. Famiglia, società civile, Stato, Ginsborg sostiene che, accanto all'egoismo dei ceti rampanti, cresciuti durante gli anni del craxismo, in Italia esiste ancora una parte della borghesia dotata di senso civico e altruismo.

Lo storico inglese chiama questo gruppo sociale "ceto medio riflessivo" e lo considera essenziale per il rinnovamento della democrazia italiana. Accolta con un certo scetticismo, questa intuizione ha trovato conferma nel 2002, quando sono stati proprio i professionisti, i professori e i dipendenti pubblici a scendere in piazza contro Berlusconi.

La forza di quella mobilitazione era però anche il suo limite. I manifestanti organizzavano cortei davanti ai palazzi del potere. Camminavano intorno agli edifici tenendosi per mano: per questo sono stati subito ribattezzati dalla stampa "girotondini".

In questo modo i dimostranti volevano sottolineare le loro intenzioni pacifiche, ma a qualcuno quelle mobilitazioni sono sembrate un gioco da ragazzi. I partiti di centrosinistra non gradivano le critiche, ma soprattutto temevano la concorrenza politica del nuovo movimento, e hanno fatto ben poco per nascondere la loro ostilità.

I girotondini hanno mantenuto la calma. Hanno deciso di evitare azioni violente come quelle che si erano viste al G8 di Genova, e nella vana speranza di trovare alleati tra i leader sindacali hanno rinunciato a lanciare un'offensiva più dura contro il governo e i suoi complici dell'opposizione. Logorato dalla stessa immagine che si era costruito, il movimento ha finito presto per disperdersi.

Quando l'estate scorsa, facendo infuriare Veltroni, Micromega ha lanciato l'invito per una nuova manifestazione a piazza Navona contro il ritorno al potere di Berlusconi, le contraddizioni dei girotondini sono esplose.

Moretti e altri presenti sul palco si sono dissociati dagli interventi più radicali, che questa volta non risparmiavano critiche neanche a Napolitano, al Pd e a Rifondazione comunista.

Proprio come l'incomprensibile linguaggio politico della prima repubblica aveva prodotto per reazione la calcolata volgarità della Lega nord, questa volta la bonaria retorica dei girotondini ha innescato il suo opposto: un'esibizione eccessiva e roboante di alcuni comici notoriamente critici verso l'intera classe politica, che ha imbarazzato molti manifestanti, ma che a giudicare dai sondaggi non è dispiaciuta alla maggioranza degli elettori di centrosinistra.

Dal punto di vista politico, questo episodio potrebbe essere visto come l'ennesimo riflesso del conflitto vissuto dalla sinistra negli anni settanta, in cui la moderazione della leadership provocava esplosioni di rabbia dal basso.

Nell'autunno del 2008 queste tensioni sono sfociate nelle proteste studentesche contro i tagli di bilancio per l'istruzione e la riduzione delle ore di insegnamento decisi dal governo di centrodestra, e nelle mobilitazioni dei sindacati, molto più modeste, contro la risposta di palazzo Chigi alla crisi globale.

La concessioni ottenute sono state meno importanti rispetto all'ampiezza della mobilitazione stessa. Ma lo schema secondo cui a una ritirata strategica di Berlusconi corrispondono temporanei scoppi di rabbia popolare contro il suo governo non è nuovo. Con l'economia in crisi, però, oggi non è facile prevedere come andranno le cose.

Dopo essersi lasciata alle spalle il minaccioso simbolo della falce e martello, la sinistra italiana ha adottato una serie di altri simboli presi in prestito dal regno vegetale e da quello celeste: la rosa, la quercia, l'ulivo, la margherita, l'arcobaleno. Ma senza più il vecchio bagliore del metallo, difficilmente riuscirà a fare molta strada.

PERRY ANDERSON è uno storico britannico. È stato tra i fondatori della New Left Review. Insegna storia e sociologia all'università della California di Los Angeles (Ucla). Quest'articolo è un estratto del saggio pubblicato sulla London Review of Books e farà parte del nuovo libro di Anderson, The new-old world, in uscita a settembre per Verso Books.

http://www.internazionale.it/home/primopiano.php?id=22350

lowenz
12-05-2009, 17:23
La grande influenza che il Pci esercitava nel mondo del pensiero e dell'arte dipendeva anche dalla sua capacità di assimilare e riproporre il filone dominante della cultura italiana: l'idealismo. Questa corrente aveva trovato la sua espressione più alta, anche se non l'unica, nella filosofia di Benedetto Croce, che nella vita culturale italiana aveva assunto un ruolo simile a quello avuto da Goethe in Germania.

Lo storicismo di Croce, anche grazie all'attenzione che gli aveva riservato Gramsci negli anni della prigionia, diventò il nutrimento naturale di gran parte della cultura italiana del dopoguerra. Dietro a quella corrente di pensiero, però, si nascondevano tradizioni filosofiche molto più antiche, secondo cui in politica il primato spettava al regno delle idee, concepito come volontà o intelletto.
Beh c'è poco da fare, questo è il peccato originale della politica mutuata da correnti filosofiche.....e non c'è verso per eliminarlo :p

A meno di trasformarla in religione, allora tutto si ribalta e più una cosa è idealistica più è forte.

nomeutente
12-05-2009, 18:16
La descrizione della dinamica è ampiamente condivisibile (salvo un po' troppa simpatia per quelli che chiama "operaisti").
E' la chiave di lettura che mi lascia perplesso: è pregna di quell'idealismo che sembra voler criticare...

Le ragioni dell'implosione della sinistra in Italia sono (per essere sintetici):
- le vicende legate al blocco sovietico;
- la frantumazione della classe operaia (compreso il fenomeno migratorio);
- i legami con interessi economici (sia quelli tradizionalmente di sinistra come le cooperative, sia le nuove sponde come i Colaninno ecc.) che hanno trasformato il pci-pds=>pd da rappresentante della classe operaia a rappresentante di interessi specifici.

Le ideologie di partito (come la rappresentazione odierna di un interesse generale e interclassista) vengono di conseguenza: prima di aver smarrito la bussola ideologica, la sinistra italiana ha smarrito la classe operaia.
No workers, no party :D

Fritz!
12-05-2009, 18:29
che polpettone :asd:


provero a leggerlo stasera

lowenz
12-05-2009, 19:35
No workers, no party :D
http://2.bp.blogspot.com/_W1ueYt1O3xs/RxM2p9eB5bI/AAAAAAAABuk/BkYdqpwlA1k/s400/party.jpg

:asd:

StefAno Giammarco
13-05-2009, 02:19
Comunque l'implosione della sinistra e del centrosinistra sta diventando un fenomeno di grande preoccupazione, ormai manca una reale dialettica democratica e non si vede a breve soluzione alla situazione...

FabioGreggio
13-05-2009, 07:13
la sx italiana ha avuto leader imbarazzanti.

Fassino è un ectolpasma politico
Veltroni è un sindaco di Agrate Brianza
Rutelli è un ateo che si è ricordato di essere un vescovo
Bertinotti è uno spettatore di film d'essai

Non hanno saputo reagire anche con una certa enfasi alla Telecrazia, sradicandola ai suoi albori, nel 93.

fg

LUVІ
13-05-2009, 07:20
Comunque l'implosione della sinistra e del centrosinistra sta diventando un fenomeno di grande preoccupazione, ormai manca una reale dialettica democratica e non si vede a breve soluzione alla situazione...

*

MesserWolf
13-05-2009, 07:30
Per una volta sono d'accordo con quanto detto casini e la annunziata ieri sera a ballarò.

Berlusconi avrà anche il controllo delle tv , ma il paese non è una marionetta che governi come vuoi facilmente .... quindi il vero motivo per cui berlusconi consolida il suo consenso è la mancanza di una alternativa credibile .

Se manca una alternativa credibile (vedi 3d in cui idv dice di non votare pd e viceversa) è inevitabile la vittoria di berlusconi . Per diventare credibile dovrebbero ristrutturarsi completamente e portare aventi volti nuovi , giovani che contrastino berlusconi sui fatti , sul programma e non blaterando di fascismo , razzismo ,dimostrando di avere pochi argomenti e di essere disperati.

Il programma non può essere " fare opposizione a berlusconi" , altrimenti all'opposizione ci rimani sul serio a vita


P.S. il polpettone lo leggo poi :stordita: e magari faccio un commento più puntuale.

Trabant
13-05-2009, 12:31
Berlusconi avrà anche il controllo delle tv, ma il paese non è una marionetta che governi come vuoi facilmente .... quindi il vero motivo per cui berlusconi consolida il suo consenso è la mancanza di una alternativa credibile .

Se manca una alternativa credibile (vedi 3d in cui idv dice di non votare pd e viceversa) è inevitabile la vittoria di berlusconi . Per diventare credibile dovrebbero ristrutturarsi completamente e portare aventi volti nuovi, giovani che contrastino berlusconi sui fatti, sul programma e non blaterando di fascismo, razzismo, dimostrando di avere pochi argomenti e di essere disperati.

Il programma non può essere "fare opposizione a berlusconi", altrimenti all'opposizione ci rimani sul serio a vita.

Va tutto bene, una volta che burlesconi lascerà la politica e ci sarà la possibilità di un confronto serio che metterà gli elettori di fronte alla necessità di valutare i programmi e la validità delle persone che li propongono.

Fino ad quel momento, la massa voterà burlesconi e non il suo programma che non c'è, voterà la sua faccia, come in Sardegna dove ha fatto eleggere un carneade qualunque mettendoci la sua faccia.

La massa vuole l'uomo dei miracoli, quello che "ci pensa lui", come tranquillante alle proprie ansie.
Lui offre questo, non un programma.
La Lega ha un programma, burlesconi ha i suoi interessi da difendere e le sue ministre improponibili da piazzare. Sonda gli umori della massa e si adegua per restare al suo posto.

dave4mame
13-05-2009, 12:34
una volta che non ci sarà più burlesconi si scoprirà che non solo il re è nudo, ma che c'ha pure la panza e i peli sul culo...

Fritz!
13-05-2009, 12:42
a me sto polpettone convince assai poco.

Alcuni giudizi mi paioni un po' gratuiti od affrettati.

Tipo lamentarsi perché il PCI non ha fatto le purghe dopo la guerra. L'Italia usciva non solo da una guerra ma anche da una guerra civile. Quelle scelte permettevano di far finire lo scontro civile. E evitare di far perdurare un clima da guerra civile non mi pare una scelta da liquidare cosi superficialmente.

E superficiale mi pare anche il giudizio per cui la volontà del PCI di non trattare con le BR era "inumana e insensata".

Come anche un po' superficiale mi pare sostenere che il PCI non avesse rapporti profondi col mondo operaio e lavorativo.

E non mi pare neanche corretto analizzare la storia del PCI guardando al PCI solo, senza analizzare il contesto. Contesto nel quale gli equilibri di potere internazionali avevano deciso che in Italia non dovevano governare i comunisti.

Poi piu che stupirsi perché il PCI non ha vinto o perchè e finito il PCI, io mi stupisco del contrario, ovvero del fatto che il PCI abbia avuto l'egemonia dell'opposizione politica e della sinistra per 50 anni. Caso piu unico che raro nella storia occidentale.

Trabant
13-05-2009, 13:44
una volta che non ci sarà più burlesconi si scoprirà che non solo il re è nudo, ma che c'ha pure la panza e i peli sul culo...
Se avrà la panza e i peli sul culo, o si mette a dieta e si depila, oppure diventa re qualcun altro. In democrazia nessuno è re a divinis.

lowenz
13-05-2009, 13:47
In democrazia nessuno è re a divinis.
Quella in cui OGNI singolo cittadino partecipa ATTIVAMENTE.

Ma non appena si delega.....compaiono i feudi.

_Magellano_
13-05-2009, 13:51
PERRY ANDERSON è uno storico britannico. È stato tra i fondatori della New Left Review. Insegna storia e sociologia all'università della California di Los Angeles (Ucla). Quest'articolo è un estratto del saggio pubblicato sulla London Review of Books e farà parte del nuovo libro di Anderson, The new-old world, in uscita a settembre per Verso Books.Sono un po ignorante sulle sue referenze qualcuno conosce queste new left review o ha informazioni su questa università dove insegna?

dave4mame
13-05-2009, 14:45
Se avrà la panza e i peli sul culo, o si mette a dieta e si depila, oppure diventa re qualcun altro. In democrazia nessuno è re a divinis.

e chi dice il contrario?
sostengo solo che, ad oggi, quella è la situazione....

e forse c'ha davvero ragione la sciura lario, quando dice che il vero rischio non è berlusconi, ma il dopo berlusconi.

nomeutente
13-05-2009, 18:00
Comunque l'implosione della sinistra e del centrosinistra sta diventando un fenomeno di grande preoccupazione, ormai manca una reale dialettica democratica e non si vede a breve soluzione alla situazione...

Concordo.


il vero motivo per cui berlusconi consolida il suo consenso è la mancanza di una alternativa credibile .


Imho questa è una panzana.
Può anche darsi che Franceschini e il pd non siano molto credibili, ma al governo non c'è né Gesù Cristo né Giulio Cesare: c'è Berlusconi.
Francamente non riesco a trovare a una persona meno credibile di Berlusconi fra tutti i principali leader politici.
Quindi il problema non è nella credibilità ma da qualche altra parte.
A meno che per credibilità non si intenda la capacità di attrarre consensi, ma a quel punto "Berlusconi ha consenso perché sa attrarre consensi": non è una spiegazione.
Per "credibilità" io intendo la capacità di un politico di fare un'affermazione e non smentirla dopo 24 ore, o di non fare promesse da marinaio (abolizione del bollo auto). Per "credibile" io intendo uno che non aveva un mafioso nella stalla... Insomma, oggettivamente non capisco come si possa ritenere Berlusconi più credibile (non dico di Franceschini) ma di Fini, Casini o decine di altri esponenti del centrodestra.
In un qualsiasi paese del mondo occidentale, Berlusconi sarebbe bruciato da tempo: la sua carriera politica si sarebbe conclusa con la sfiducia al suo primo governo e il varo del governo Dini, o al limite si sarebbe conclusa nel '96 quando perse le elezioni. Nessun politico sopravvive a questo genere di sconfitte, in nessun paese del mondo.


Tipo lamentarsi perché il PCI non ha fatto le purghe dopo la guerra. L'Italia usciva non solo da una guerra ma anche da una guerra civile. Quelle scelte permettevano di far finire lo scontro civile. E evitare di far perdurare un clima da guerra civile non mi pare una scelta da liquidare cosi superficialmente.


C'era anche il tentativo di cooptare i fascisti, però.
Giochetto che è riuscito meglio alla Dc, il che dimostra che non c'è stata grande capacità tattica, perlomeno.

MesserWolf
13-05-2009, 18:29
Concordo.



Imho questa è una panzana.
Può anche darsi che Franceschini e il pd non siano molto credibili, ma al governo non c'è né Gesù Cristo né Giulio Cesare: c'è Berlusconi.
Francamente non riesco a trovare a una persona meno credibile di Berlusconi fra tutti i principali leader politici.
Quindi il problema non è nella credibilità ma da qualche altra parte.
A meno che per credibilità non si intenda la capacità di attrarre consensi, ma a quel punto "Berlusconi ha consenso perché sa attrarre consensi": non è una spiegazione.
Per "credibilità" io intendo la capacità di un politico di fare un'affermazione e non smentirla dopo 24 ore, o di non fare promesse da marinaio (abolizione del bollo auto). Per "credibile" io intendo uno che non aveva un mafioso nella stalla... Insomma, oggettivamente non capisco come si possa ritenere Berlusconi più credibile (non dico di Franceschini) ma di Fini, Casini o decine di altri esponenti del centrodestra.
In un qualsiasi paese del mondo occidentale, Berlusconi sarebbe bruciato da tempo: la sua carriera politica si sarebbe conclusa con la sfiducia al suo primo governo e il varo del governo Dini, o al limite si sarebbe conclusa nel '96 quando perse le elezioni. Nessun politico sopravvive a questo genere di sconfitte, in nessun paese del mondo.



C'era anche il tentativo di cooptare i fascisti, però.
Giochetto che è riuscito meglio alla Dc, il che dimostra che non c'è stata grande capacità tattica, perlomeno.
Io per credibilità di un politico intendo capacità di governare , inteso come no cadute di governo ogni 2x 3 , inteso come capacità di prendere una decisione , inteso come che non ci metta 7 mesi per una finanziaria, che non contenga 20 partiti diversi con ognuno che ha idea contrapposte...

Credibile come possibilità di governo.

Da un lato c'è Berlusca un leader carismatico , in grado di usare efficacemente la comunicazione ( e non vuol dire plagiare la gente con onde psioniche , vuol dire : ci sono le elezioni in Sardegna ? vado in prima persona in Sardegna , ci metto la mia faccia , la mia presenza) , che garantisce una certa stabilità di idee e di governo .

Dall'altro lato ci sono leader scarsissimi , di cui se vuoi sapere le idee e il programma devi aspettare di capire i rapporti di forza tra i vari partiti/ personaggi . Un atteggiamento di lontananza dai problemi della gente: se la gente sente il problema sicurezza/clandesiti, non puoi rispondere "RAZZISTI SCHIFOSI NON CAPITE CHE I BLAH BLAH BLAH" ..... non puoi sia perchè non la incanti la gente se vede una realtà diversa , sia perchè al problema devi dare una risposta concreta.

Poi ci sono sempre i soliti volti , cioè dalema prodi & co sono in politca da prima del berlusca ... anzi specifichiamo sono lì a lavorare male e a perdere elezioni da prima di berlusconi . Siamo messi tanto male politicamente che un 70enne come berlusconi rappresenta la così più vicina a una novità ....

A un personaggio come berlusconi contrapponi leader che sono in poitica da una vita (quindi malvisti per definizione quasi dalla opinione pubblica ) e che hanno un imbarazzante curriculum di malgoverno, cadute di governo, elezioni perse , liti tra di loro etc etc? Fai ridere i polli altro che essere credibile.
Dimostrano solo quanto sono chiusi tra di loro , di quanto siano a tutti gli effetti una casta e che i meriti e le capacità vengo in secondo piano.




La questione della leadership della destra , cioè perchè berlusconi invece che fini o altri , è un altro problema invece ( E' forse lì dove la sua visibilità gli dà un maggior vantaggio ... ).

nomeutente
13-05-2009, 18:52
Scusa MesserWolf, tu voti Berlusconi, vero? :D


Io per credibilità di un politico intendo capacità di governare , inteso come no cadute di governo ogni 2x 3 , inteso come capacità di prendere una decisione , inteso come che non ci metta 7 mesi per una finanziaria, che non contenga 20 partiti diversi con ognuno che ha idea contrapposte...


Berlusconi è caduto alla prima prova.
Gli abbiamo dato una seconda e una terza opportunità e le ha usate meglio, ma alla prima è caduto: in qualsiasi altro paese del mondo sarebbe stato messo da parte.
Inoltre ha avuto maggioranze variegate tanto quanto il centrosinistra (alla prima elezione non aveva nemmeno una coalizione ma due: una al nord con la lega e senza an e una al sud con an e senza lega).
Per non parlare di quando ha preso i voti anche di forza nuova e tutti gli altri.
E in ogni caso le liti fra lega, udc e an erano sulle prime pagine quando governavano insieme.


Credibile come possibilità di governo.


Il pd non mi pare abbia problemi a governare da solo o con Di Pietro. Alle ultime elezioni non c'era l'armata brancaleone, eppure ha perso ugualmente consensi.


Da un lato c'è Berlusca un leader carismatico , in grado di usare efficacemente la comunicazione ( e non vuol dire plagiare la gente con onde psioniche , vuol dire : ci sono le elezioni in Sardegna ? vado in prima persona in Sardegna , ci metto la mia faccia , la mia presenza) , che garantisce una certa stabilità di idee e di governo .


Diciamo pure che da un lato c'è il capo che caccia il grano. E' più onesto.
Se non avesse il potere economico che ha, Fini e Casini lo avrebbero già spazzato via da 10 anni.


Dall'altro lato ci sono leader scarsissimi , di cui se vuoi sapere le idee e il programma devi aspettare di capire i rapporti di forza tra i vari partiti/ personaggi.


"Scarsissimi" rispetto a cosa? La preparazione politica di un Bersani è 10 volte superiore a quella di Berlusconi, ma senza ombra di dubbio (e Bersani non mi è simpatico, intendiamoci).


Un atteggiamento di lontananza dai problemi della gente: se la gente sente il problema sicurezza/clandesiti, non puoi rispondere "RAZZISTI SCHIFOSI NON CAPITE CHE I BLAH BLAH BLAH" ..... non puoi sia perchè non la incanti la gente se vede una realtà diversa , sia perchè al problema devi dare una risposta concreta.


Ecco il solito ritornello: evidentemente anche tu accusi la sinistra di non vedere la realtà, dove "realtà" è da intendersi "ciò che mostra la propaganda".
Non c'è alcuna emergenza criminalità in Italia: lo dicono le statistiche. Ci sono molte altre emergenze (ad esempio l'occupazione e l'arretratezza del sistema industriale italiano) eppure non si parla che dei barconi di clandestini: questo non dimostra che Berlusconi è credibile ma al massimo che la gente è credulona. Ma di questo tema, se vuoi, possiamo parlarne in qualche altro thread sull'immigrazione.

Intendiamoci: la sinistra perde perché ha tantissime colpe e ha tanti altri difetti (che non sono colpe ma contano). Sarebbe estremamente sciocco pensare che Berlusconi vinca perché la gente è lobotomizzata dalla tv, ma un dato di fatto è che molti elettori di Berlusconi lo vedono in maniera molto idealizzata, come quando ci si innamora.

MesserWolf
13-05-2009, 18:55
Scusa MesserWolf, tu voti Berlusconi, vero? :D



Berlusconi è caduto alla prima prova.
Gli abbiamo dato una seconda e una terza opportunità e le ha usate meglio, ma alla prima è caduto: in qualsiasi altro paese del mondo sarebbe stato messo da parte.
Inoltre ha avuto maggioranze variegate tanto quanto il centrosinistra (alla prima elezione non aveva nemmeno una coalizione ma due: una al nord con la lega e senza an e una al sud con an e senza lega).
Per non parlare di quando ha preso i voti anche di forza nuova e tutti gli altri.
E in ogni caso le liti fra lega, udc e an erano sulle prime pagine quando governavano insieme.



Il pd non mi pare abbia problemi a governare da solo o con Di Pietro. Alle ultime elezioni non c'era l'armata brancaleone, eppure ha perso ugualmente consensi.



Diciamo pure che da un lato c'è il capo che caccia il grano. E' più onesto.
Se non avesse il potere economico che ha, Fini e Casini lo avrebbero già spazzato via da 10 anni.



"Scarsissimi" rispetto a cosa? La preparazione politica di un Bersani è 10 volte superiore a quella di Berlusconi, ma senza ombra di dubbio (e Bersani non mi è simpatico, intendiamoci).



Ecco il solito ritornello: evidentemente anche tu accusi la sinistra di non vedere la realtà, dove "realtà" è da intendersi "ciò che mostra la propaganda".
Non c'è alcuna emergenza criminalità in Italia: lo dicono le statistiche. Ci sono molte altre emergenze (ad esempio l'occupazione e l'arretratezza del sistema industriale italiano) eppure non si parla che dei barconi di clandestini: questo non dimostra che Berlusconi è credibile ma al massimo che la gente è credulona. Ma di questo tema, se vuoi, possiamo parlarne in qualche altro thread sull'immigrazione.

Intendiamoci: la sinistra perde perché ha tantissime colpe e ha tanti altri difetti (che non sono colpe ma contano). Sarebbe estremamente sciocco pensare che Berlusconi vinca perché la gente è lobotomizzata dalla tv, ma un dato di fatto è che molti elettori di Berlusconi lo vedono in maniera molto idealizzata, come quando ci si innamora.

no .... ho votato lega .
NOn amo berlusconi , ma di sicuro amo meno la sinistra italiana ...

Se uno vince le elezioni vuol dire che è credibile .... se non lo fosse non vincerebbe .
Se uno perde vuol dire che tanto credibile non è. Che la sinistra non sia credibile è un dato di fatto ormai a questo punto... addirittura la sx estrema non è neanche più in parlamento

PEr te Berluconi vince perchè plagia le masse , o quanto meno ciò contribuisce in buona parte, per me vince perchè alla fin fine gli altri sono più incapaci di lui .

Fritz!
13-05-2009, 19:01
Ecco il solito ritornello: evidentemente anche tu accusi la sinistra di non vedere la realtà, dove "realtà" è da intendersi "ciò che mostra la propaganda".
.
quasi quasi cambio la firma con questa frase.

Fritz!
13-05-2009, 19:04
no .... ho votato lega .
NOn amo berlusconi , ma di sicuro amo meno la sinistra italiana ...

Se uno vince le elezioni vuol dire che è credibile .... se non lo fosse non vincerebbe .
Se uno perde vuol dire che tanto credibile non è. Che la sinistra non sia credibile è un dato di fatto ormai a questo punto... addirittura la sx estrema non è neanche più in parlamento

PEr te Berluconi vince perchè plagia le masse , o quanto meno ciò contribuisce in buona parte, per me vince perchè alla fin fine gli altri sono più incapaci di lui .

E' sconsolante trovare questi slogan triti e ritriti in un 3D che tutt'altra ottica e tutt'altra tematica.

Per il resto la tua dimostrazione della credibilità di berlusconi é il solito loop del "berlusconi vince perché crea consenso" che non é una spiegazione, ma é una semplice tautologia

MesserWolf
13-05-2009, 19:09
palle ....

propaganda è anche negare la realtà in favore di un astratto idealismo ....

Nelle zone ad alto livello di immigrazione il degrado è aumentato e questo è palese di fronte agli occhi di tutti , il fatto che tu mi dica che non è vero , che è tutta mia immaginazione / propaganda , non è altro che la vostra propaganda .

La lega risponde a tale disagio . Non c'è dubbio che usino spot toni / " da campagna elettorale" appunto , ma la sostanza votare lega , ad esempio , vuol dire esprimere la volontà che certi problemi vengano affrontati , che si contrasti il fenomeno dell'immigrazione selvaggia.


Ho parlato dell'immigrazione , ma può benissimo essere federalismo fiscale / maggior attenzione alle problematiche del nord etc etc.

Non ho certo votato lega per le sparate di bossi , ma perchè volevo in parlamento qualcuno che quantomeno avesse dimostrato un minimo interesse per tali argomenti.


Addendum :

Non sono manco contrario all'immigrazione, sia chiaro ... sono contrario all'immigrazione non controllata come è stata fin'ora . Ho amici di colore , indiani e cinesi , conosciuti in uni , sono tutto forchè razzista , giusto per parlarci chiaro.

Fritz!
13-05-2009, 19:11
C'era anche il tentativo di cooptare i fascisti, però.
Giochetto che è riuscito meglio alla Dc, il che dimostra che non c'è stata grande capacità tattica, perlomeno.

PEr tornare in tema.

Non dico che le cose siano andate come dovevano andare nel migliore dei mondi possibili.

Quello che dico é che certi giudizi sono un po' affrettati.

La denazificazione della Germania é avvenuta perché la Germania era invasa dagli alleati, e gli alleati hanno costruito la nuova, anzi le due nuove germanie. Non é che si può mettere sullo stesso piano con quello che ha fatto il PCI.
E anche se non penso, certo, che le purghe dei fascisti sarebbero state una brutta cosa, non credo che avrebbero cambiato piu di tanto le cose per le vicende del PCI.

Allargando dal PCI alla sinistra in generale, secondo me si sottovalutano le conseguenze del passaggio del PSI di Nenni alla maggioranza. E da quel fatto che le vicende della sinistra italiana divergono dalla sorte di quella degli altri paesi europei.

Tipo la Francia, dove la situazione in quegli anni era estremamente simile, col PCF che dominava la sinistra e i socialisti minoritari. I socialisti non sono però diventati una stampella dei gaullisti, ma sono rimasti a sinistra, andando poi al governo assieme ai comunisti al tempo di Mitterand negli anni 80 , quando l'egemonia sinistra era ormai ribaltata.

MesserWolf
13-05-2009, 19:12
E' sconsolante trovare questi slogan triti e ritriti in un 3D che tutt'altra ottica e tutt'altra tematica.

Per il resto la tua dimostrazione della credibilità di berlusconi é il solito loop del "berlusconi vince perché crea consenso" che non é una spiegazione, ma é una semplice tautologia

ma che slogan triti e ritriti....
"BErlusconi vince perchè ha i media e gli italiani o sono mafiosi o mentecatti che si fanno incantare da FEde" questo va meglio ?

guarda te lo dico sorridendo , ma va cagar :p

Berlusconi vince in buona parte per il demerito dei suoi avversari . questo ho detto io .

Ammettere questo è un buon punto di partenza per la sinistra per poter cambiare e essere competitiva . Lo scaricabarile , il capro espiatorio (colpa delle tv , colpa degli italiani dementi, colpa di tutto forchè mia) non sono buone strategie di vittoria

master_of_pacalina
13-05-2009, 19:19
più che altro la sinistra prima di provare a vincere le elezioni deve fare 2 cose:
_mettere un segretario con le palle di coordinare l'opposizione e coinvolgere le folle;
_unirsi tutti insieme nel fare l'opposizione seria e no con tutte queste divisioni

lowenz
13-05-2009, 21:25
quasi quasi cambio la firma con questa frase.
Beh è ANCHE così: ci si appoggia sulla delusione verso la Sinistra (che in effetti cade nel buco nero di una dialettica rivolta insistentemente a se stessa e basta, più che ad eventuali NUOVI elettori) facendo poi leva su una politica fatta di grandi annunci che abbagliano una certa fascia di popolazione, che è quella degli over 45/50..... che è ANCHE quella più numerosa come votanti.....senza considerare i coetanei di Silvio della vecchia fascia "borghese" che lo idolatrano come se fosse il dio in terra (conosco di persona sui vecchi compagni delle superiori, e sembrano proprio fotocopie sue :p).

lowenz
13-05-2009, 21:30
_unirsi tutti insieme nel fare l'opposizione seria e no con tutte queste divisioni
Il mischiotto dell'Ulivo/Unione non ha funzionato.....servono semplicemente idee di sinistra rinnovate e che costituiscano un motivo forte per il voto.

Invece per anni si è lasciato fare il primo passo a Silvio (vedi immigrazione o nucleare), e la Sinistra si è sempre ritrovata a rincorrerlo sulle tematiche con l'approccio stanco e vecchio (e tutt'altro che progressista :D) di 20 anni fa.

zerothehero
13-05-2009, 21:41
Non sono d'accordo sul PICCI' (devo leggere meglio le altre parti, ma sul piccì proprio non condivido).
La Svolta di Salerno fu obbligata * (anzi i comunisti furono più concilianti ad es. dello psiup con Badoglio) anche in ragione della realtà internazionale (Stalin, Urss) e non solo interna (per scongiurare una deriva "rivoluzionaria ***" delle componenti più estremiste del partito)..fu anche corretto prendere per il culo i militanti parlando di "democrazia progressiva" in modo da cercare di calmarli ** (altrimenti altro che Brigate Rosse).

* in parte anticipata dallo stesso Togliatti anni prima quando era segretario dell'internazionale.
** gli americani cmq sarebbero intervenuti o appoggiando un golpe o direttamente, se i comunisti fossero usciti dal seminato...l'Italia era dall'altra parte della barricata..Stalin inoltre non avrebbe gradito.
*** già fallita nel 18-20 **** e che contribuì, insieme alla demonizzazione dei partiti borghesi a favorire l'ascesa del fascismo
**** l'unico periodo in cui una minima speranza di rivoluzione socialista sarebbe stata fattibile.

Amnistia: giusto (decisa dal governo De Gasperi e dal suo ministro della giustizia, cioè Togliatti), non si può processare un'intera classe dirigente, non se ne sarebbe più usciti. E' come se in un ipotetica rivoluzione in Italia che abbatta la liberaldemocrazia i rivoluzionari si mettessero a fucilare tutti coloro che furono implicati nel regime..praticamente dovrebbero compiere un massacro. :fagiano:

***** troppi asterischi. :O

zerothehero
13-05-2009, 21:51
Sul resto bisognerebbe dire delle ovvietà: tipo che la sinistra anticapitalista radicale è in totale crisi di idee in Italia. Crisi di idee e crisi di consenso, nonostante l'economia sia in una fase di crisi congiunturale...paradossale. A guadagnare più dall'attuale congiuntura economica dovrebbero essere le ali estreme...la cosa curiosa è che l'ala sinistra in Italia è quasi sparita senza peraltro esserci segnali di ripresa. :fagiano:

zerothehero
13-05-2009, 22:00
Berlusconi vince in buona parte per il demerito dei suoi avversari . questo ho detto io .

Ammettere questo è un buon punto di partenza per la sinistra per poter cambiare e essere competitiva . Lo scaricabarile , il capro espiatorio (colpa delle tv , colpa degli italiani dementi, colpa di tutto forchè mia) non sono buone strategie di vittoria

B. vince perchè è stato il più veloce (dopo il tentativo di Segni) e il più bravo a presidiare e a riempire il vuoto politico creatosi dopo Tangentopoli.
Poi vabbè non è che ha vinto sempre tutte le elezioni, eh.. :D

aletlinfo
13-05-2009, 22:58
a me pare che la sinistra italiana faccia invece benissimo il suo lavoro..... opporsi.
e finchè lo fa così bene mi pare anche giusto rimanga all'opposizione. :O

lowenz
13-05-2009, 23:44
B. vince perchè è stato il più veloce (dopo il tentativo di Segni)
Quello che ho pensato io ieri quando ho visto Segni in televisione, parecchio invecchiato :D

nomeutente
14-05-2009, 18:19
Se uno vince le elezioni vuol dire che è credibile .... se non lo fosse non vincerebbe.


Se uno vince le elezioni è perché ha convinto l'elettorato. Anche Mussolini vinse le elezioni, ma questo non significa che il progetto di restaurare l'impero romano fosse oggettivamente credibile.



PEr te Berluconi vince perchè plagia le masse , o quanto meno ciò contribuisce in buona parte


Qualsiasi politico, per vincere, deve convincere. Che Berlusconi convinca le masse è un dato di fatto e, in sé, non è possibile dare alcun giudizio di valore su questo aspetto. Anche Sarkozy, Obama, Zapatero ecc. hanno convinto le masse.



propaganda è anche negare la realtà in favore di un astratto idealismo ....


Leggi tutti i miei interventi in merito all'immigrazione (o quelli di Fritz! se preferisci): non troverai MAI astratto idealismo ma statistiche e analisi razionali dei fenomeni.


Nelle zone ad alto livello di immigrazione il degrado è aumentato e questo è palese di fronte agli occhi di tutti , il fatto che tu mi dica che non è vero , che è tutta mia immaginazione / propaganda , non è altro che la vostra propaganda.


Se voti sulla base di questa valutazione, non hai capito una cippa. E te lo dico in amicizia.
Nessuno ha mai detto che quando arrivano gli immigrati portano benessere e amore. I flussi migratori portano con sé anche una gran mole di problemi.
Ma il mio ragionamento è che i problemi si risolvono con la ragione, mentre la lega prende voti sulla base dell'emotività.
La legge Bossi-Fini non ha niente di meglio della Turco-Napolitano. Si distingue solo per due elementi: (1) i clandestini possono essere trattenuti nei cpt per un periodo più lungo (elemento che incide pressoché 0 sulla situazione) e (2) la perdita del lavoro comporta la cessazione del permesso di soggiorno (elemento, questo, che espone la società ad un maggior rischio di criminalità perché chi scompare dalla società legale diventa incontrollabile: questo è un dato di fatto che qualsiasi analisi seria del fenomeno mette in luce, ma voi leghisti continuate a non volerlo capire).


Ho parlato dell'immigrazione , ma può benissimo essere federalismo fiscale / maggior attenzione alle problematiche del nord etc etc.


La lega ha portato a casa il federalismo fiscale nelle ultime settimane (e ancora dobbiamo capire cosa significa).
Tutte le altre riforme federaliste (dalla riforma del titolo quinto alla Bassanini) le ha fatte il centrosinistra.


Questi sono tutti dati di fatto.

Quindi da un lato c'è la sinistra invertebrata e su questo penso che gli stessi elettori di sinistra siano in larga parte d'accordo.
Dall'altro lato c'è l'elettorato di centrodestra, un elettorato che fa le pulci a Di Pietro per il suo presunto capanno abusivo, ma si fa passare sopra come acqua fresca il fatto che Berlusconi aveva in casa un mafioso su cui Borsellino stava indagando poco prima di essere ucciso: in qualsiasi paese normale una simile circostanza avrebbe impedito a Berlusconi di candidarsi alla presidenza della bocciofila, non perché sia colpevole di qualcosa ma per mero principio di precauzione.

Invece, anche se il Pd candidasse Gesù Cristo in persona, molti elettori di Berlusconi sarebbero capace di dire "Questo ci ha lasciati nella cacca per 2000 anni e si fa vivo adesso solo perché si vota... meglio Berlusconi perché è un grande imprenditore".

E con questo ci sono due elementi:
1) il primo elemento è che i fenomeni complessi richiedono di essere approfonditi per essere compresi, ma non tutti hanno le basi per comprenderli: ad un pilota d'aereo non si può chiedere di progettare un impianto idraulico e ad un muratore non si può chiedere di fare un'analisi sociologica dei fenomeni migratori. Per fortuna però non si vota per decidere come vanno fatti gli impianti idraulici, mentre si vota per decidere che politiche attuare in ambito migratorio: la democrazia è una bella cosa, ma ha il difetto che la persona competente e quella incompetente hanno lo stesso peso. L'elettorato leghista, in media, di immigrazione capisce una cippa. E non c'è bisogno di incazzarsi se lo dico: io non capisco una cippa di elettronica, ma se uno me lo fa notare non mi incazzo, visto che è un dato di fatto, così come non ho la pretesa di dire "siccome so assemblare un pc, ho capito tutto dell'elettronica", mentre molti leghisti dicono "siccome VEDO gli immigrati, allora ho capito tutto dell'immigrazione". Questo è un atteggiamento sciocco, non so come definirlo altrimenti.
2) l'elettorato di centrodestra ama Berlusconi. Questo non significa né che sia stupido, né che sia plagiato: come ho scritto prima, sarebbe sciocco e snob ridurre un così grande consenso al "plagio". Fatto sta, però, che io una spiegazione non riesco a darmela e quella che tu mi hai fornito non mi soddisfa, perché la faccio ricadere nel punto 1.



Allargando dal PCI alla sinistra in generale, secondo me si sottovalutano le conseguenze del passaggio del PSI di Nenni alla maggioranza. E da quel fatto che le vicende della sinistra italiana divergono dalla sorte di quella degli altri paesi europei.

Tipo la Francia, dove la situazione in quegli anni era estremamente simile, col PCF che dominava la sinistra e i socialisti minoritari. I socialisti non sono però diventati una stampella dei gaullisti, ma sono rimasti a sinistra, andando poi al governo assieme ai comunisti al tempo di Mitterand negli anni 80 , quando l'egemonia sinistra era ormai ribaltata.


Il ragionamento è molto interessante.
In effetti in Italia il Psi è collassato per motivi del tutto estranei alle vicende delle idee socialiste.
Il pci invece è collassato insieme all'urss, e questo ha trasformato l'Italia dal paese con il più grande pc all'unico paese europeo in cui non esiste una forza laburista o socialista.
C'è però da chiedersi perché il pci-pds non si è evoluto in un normale partito socialista all'europea anziché in questa strana bestia che è il pd.
Dubito che un partito socialista-laburista, orientato alla tutela dei lavoratori dipendenti, avrebbe avuto sorte peggiore di quella di un partito interclassista come il pd.
Probabilmente questa anomalia è dovuta al fatto che in Italia c'è un imprenditore al comando del centrodestra e questo impedisce a quella coalizione di essere l'espressione organica degli interessi complessivi di confindustria (le dimissioni di Ruggiero, ad esempio, furono il segnale che Berlusconi non rappresentava gli Agnelli).

Tensai
14-05-2009, 18:30
Se uno vince le elezioni vuol dire che è credibile .... se non lo fosse non vincerebbe .


Qua siamo al livello di Gasparri eh! :D

Fritz!
14-05-2009, 18:35
Invece, anche se il Pd candidasse Gesù Cristo in persona, molti elettori di Berlusconi sarebbero capace di dire "Questo ci ha lasciati nella cacca per 2000 anni e si fa vivo adesso solo perché si vota... meglio Berlusconi perché è un grande imprenditore".


Ho cambiato idea...

metto questa come firma :rotfl: :rotfl: :rotfl: :rotfl: :rotfl:

master_of_pacalina
14-05-2009, 23:20
Il mischiotto dell'Ulivo/Unione non ha funzionato.....servono semplicemente idee di sinistra rinnovate e che costituiscano un motivo forte per il voto.

Invece per anni si è lasciato fare il primo passo a Silvio (vedi immigrazione o nucleare), e la Sinistra si è sempre ritrovata a rincorrerlo sulle tematiche con l'approccio stanco e vecchio (e tutt'altro che progressista :D) di 20 anni fa.

hai ragione...perchè io penso che per votare un partito bisogna rispecchiarsi nei valori e i programmi che propone...se i programmi non vanno rinnovati nel tempo c'è poco da fare...più che altro bisogna riconoscersi in un partito e stimare il proprio rappresentante....adesso ci sono pochi partiti in cui ci si può rispecchiare..

lowenz
14-05-2009, 23:55
E ancora meno persone da stimare.....

T3d
15-05-2009, 00:11
vedo un nomeutente in formissima :D

lowenz
15-05-2009, 01:09
vedo un nomeutente in formissima :D
Come ai vecchi tempi :p

MesserWolf
15-05-2009, 07:38
Se uno vince le elezioni è perché ha convinto l'elettorato. Anche Mussolini vinse le elezioni, ma questo non significa che il progetto di restaurare l'impero romano fosse oggettivamente credibile.




Qualsiasi politico, per vincere, deve convincere. Che Berlusconi convinca le masse è un dato di fatto e, in sé, non è possibile dare alcun giudizio di valore su questo aspetto. Anche Sarkozy, Obama, Zapatero ecc. hanno convinto le masse.




Leggi tutti i miei interventi in merito all'immigrazione (o quelli di Fritz! se preferisci): non troverai MAI astratto idealismo ma statistiche e analisi razionali dei fenomeni.



Se voti sulla base di questa valutazione, non hai capito una cippa. E te lo dico in amicizia.
Nessuno ha mai detto che quando arrivano gli immigrati portano benessere e amore. I flussi migratori portano con sé anche una gran mole di problemi.
Ma il mio ragionamento è che i problemi si risolvono con la ragione, mentre la lega prende voti sulla base dell'emotività.
La legge Bossi-Fini non ha niente di meglio della Turco-Napolitano. Si distingue solo per due elementi: (1) i clandestini possono essere trattenuti nei cpt per un periodo più lungo (elemento che incide pressoché 0 sulla situazione) e (2) la perdita del lavoro comporta la cessazione del permesso di soggiorno (elemento, questo, che espone la società ad un maggior rischio di criminalità perché chi scompare dalla società legale diventa incontrollabile: questo è un dato di fatto che qualsiasi analisi seria del fenomeno mette in luce, ma voi leghisti continuate a non volerlo capire).



La lega ha portato a casa il federalismo fiscale nelle ultime settimane (e ancora dobbiamo capire cosa significa).
Tutte le altre riforme federaliste (dalla riforma del titolo quinto alla Bassanini) le ha fatte il centrosinistra.


Questi sono tutti dati di fatto.

Quindi da un lato c'è la sinistra invertebrata e su questo penso che gli stessi elettori di sinistra siano in larga parte d'accordo.
Dall'altro lato c'è l'elettorato di centrodestra, un elettorato che fa le pulci a Di Pietro per il suo presunto capanno abusivo, ma si fa passare sopra come acqua fresca il fatto che Berlusconi aveva in casa un mafioso su cui Borsellino stava indagando poco prima di essere ucciso: in qualsiasi paese normale una simile circostanza avrebbe impedito a Berlusconi di candidarsi alla presidenza della bocciofila, non perché sia colpevole di qualcosa ma per mero principio di precauzione.

Invece, anche se il Pd candidasse Gesù Cristo in persona, molti elettori di Berlusconi sarebbero capace di dire "Questo ci ha lasciati nella cacca per 2000 anni e si fa vivo adesso solo perché si vota... meglio Berlusconi perché è un grande imprenditore".

E con questo ci sono due elementi:
1) il primo elemento è che i fenomeni complessi richiedono di essere approfonditi per essere compresi, ma non tutti hanno le basi per comprenderli: ad un pilota d'aereo non si può chiedere di progettare un impianto idraulico e ad un muratore non si può chiedere di fare un'analisi sociologica dei fenomeni migratori. Per fortuna però non si vota per decidere come vanno fatti gli impianti idraulici, mentre si vota per decidere che politiche attuare in ambito migratorio: la democrazia è una bella cosa, ma ha il difetto che la persona competente e quella incompetente hanno lo stesso peso. L'elettorato leghista, in media, di immigrazione capisce una cippa. E non c'è bisogno di incazzarsi se lo dico: io non capisco una cippa di elettronica, ma se uno me lo fa notare non mi incazzo, visto che è un dato di fatto, così come non ho la pretesa di dire "siccome so assemblare un pc, ho capito tutto dell'elettronica", mentre molti leghisti dicono "siccome VEDO gli immigrati, allora ho capito tutto dell'immigrazione". Questo è un atteggiamento sciocco, non so come definirlo altrimenti.
2) l'elettorato di centrodestra ama Berlusconi. Questo non significa né che sia stupido, né che sia plagiato: come ho scritto prima, sarebbe sciocco e snob ridurre un così grande consenso al "plagio". Fatto sta, però, che io una spiegazione non riesco a darmela e quella che tu mi hai fornito non mi soddisfa, perché la faccio ricadere nel punto 1.




Il ragionamento è molto interessante.
In effetti in Italia il Psi è collassato per motivi del tutto estranei alle vicende delle idee socialiste.
Il pci invece è collassato insieme all'urss, e questo ha trasformato l'Italia dal paese con il più grande pc all'unico paese europeo in cui non esiste una forza laburista o socialista.
C'è però da chiedersi perché il pci-pds non si è evoluto in un normale partito socialista all'europea anziché in questa strana bestia che è il pd.
Dubito che un partito socialista-laburista, orientato alla tutela dei lavoratori dipendenti, avrebbe avuto sorte peggiore di quella di un partito interclassista come il pd.
Probabilmente questa anomalia è dovuta al fatto che in Italia c'è un imprenditore al comando del centrodestra e questo impedisce a quella coalizione di essere l'espressione organica degli interessi complessivi di confindustria (le dimissioni di Ruggiero, ad esempio, furono il segnale che Berlusconi non rappresentava gli Agnelli).
ascolta non ho tempo e voglia di replicare a tutto , ma i tuoi mi paiono sofismi ....

Ad esempio

La destra ama BErlusconi non per plagio, ma non c'è nessun altro motivo per farlo

ah bhe ....


Credo che il mio punto di vista sia compensibile , tu non lo ritieni valido , pazienza. Tu dici che non capisco nulla , io inizio a sospettare l'opposto o quantomeno che le tue idee ti facciano da filtro rosa per la realtà per alcune cose.
I dati statistici sai benissimo che vanno letti e interpretati . 30% per un evento può essere un risultato ottimo , 30% per un altro fenomeno può essere una catastrofe , quindi l'ideologia può apparire in molte forme.
Con questo non voglio dire che hai sempre torto o che vivi sulle nuovle , ma semplicemente che :

Leggi tutti i miei interventi in merito all'immigrazione (o quelli di Fritz! se preferisci): non troverai MAI astratto idealismo ma statistiche e analisi razionali dei fenomeni.
vuol dire tutto e nulla.


E ripeto pensare che la sinistra perda solo per il potere di burattinaio di berlusconi secondo me è un buon modo per perdere anche in futuro.

C'è un sacco di persone di destra a cui berlusconi non piacce neppure , e che lo tollerano solo perchè vince e lo considerano meglio della sinistra. Sinceramente visto come lavora la sinistra direi che è una posizione legittima.

Poi vabbè che ci siano quelli innamorati di berlusconi non lo metto in dubbio , metto se mai in dubbio la loro rilevanza ....e tutto sommato penso facciano il pari con tanta gente di sinistra , che magari non sbava per Prodi , ma è incollata a ideologie sinistrorse (solo ora pian piano stanno cedendo).
Per dirla fuori dai denti Luvi o FG li considero l'equivalente di uno che sbava dietro a berlusconi a destra . E così i grillini , piuttosto che i di pietrini (alcuni non tutti ovviamente).... Magari sbagliero' :boh:
Il populismo non è esclusivo di berlusconi ....

Tanta gente ama ciecamente berlusca alla follia , tanta lo odia ciecamente .... pressapoco direi insomma.

MesserWolf
15-05-2009, 07:56
Ps ho scritto Velocemente quindi perdonate refusi e forma.


Cmq la sostanza è che sono ancora convinto che la sinistra italiana sia una ragione consistente del successo del berlusca.

master_of_pacalina
15-05-2009, 19:50
Ps ho scritto Velocemente quindi perdonate refusi e forma.


Cmq la sostanza è che sono ancora convinto che la sinistra italiana sia una ragione consistente del successo del berlusca.

hai ragione...i successi di berlusconi sono dovuti ad una sinistra che non offre un programma alternativo capace di "intrigare" l'elettore....
ma con sinistra intendi tutti i partiti o solo il PDmenoL?????

nomeutente
17-05-2009, 08:06
ascolta non ho tempo e voglia di replicare a tutto , ma i tuoi mi paiono sofismi ....


Spiacente, ma non è colpa mia se prendi le mie parole in maniera sbagliata. ;)


Ad esempio
La destra ama BErlusconi non per plagio, ma non c'è nessun altro motivo per farlo
ah bhe ....


Non ho scritto che non c'è alcun motivo.
Ho scritto che io non riesco a capire in maniera complessiva l'origine del carisma di Berlusconi e penso che il fenomeno verrà compreso solo con il tempo, quando Berlusconi non sarà più un politico ma un personaggio storico e quindi i giudizi potranno essere maggiormente obiettivi.



Credo che il mio punto di vista sia compensibile , tu non lo ritieni valido , pazienza. Tu dici che non capisco nulla , io inizio a sospettare l'opposto o quantomeno che le tue idee ti facciano da filtro rosa per la realtà per alcune cose.


Non possiamo andare in loop.
Il filtro rosa l'hai visto solo tu. Io ho parlato di altre cose e tu non hai nemmeno provato a contestare nel merito le mie affermazioni. Pazienza: se vuoi continuare a credere che la Bossi-Fini sia una legge ottima ed efficiente sei ovviamente libero di farlo. Io non ho alcun guadagno a convincerti del contrario, sei tu che ci perdi a non voler fare i conti con i risultati catastrofici di quella legge: il "filtro rosa" ce l'hai tu, nei confronti dell'operato della lega. ;)


I dati statistici sai benissimo che vanno letti e interpretati . 30% per un evento può essere un risultato ottimo , 30% per un altro fenomeno può essere una catastrofe , quindi l'ideologia può apparire in molte forme.
Con questo non voglio dire che hai sempre torto o che vivi sulle nuovle , ma semplicemente che :

vuol dire tutto e nulla.


Scusa, ma il fatto che i dati statistici vadano interpretati è un'ovvietà.
Proprio sulla base del fatto che i dati devono essere interpretati, non basta leggere i titoli dei giornali per farsi un'opinione: occorre avere un metodo d'analisi, che non apprendi alla scuola dell'obbligo.


E ripeto pensare che la sinistra perda solo per il potere di burattinaio di berlusconi secondo me è un buon modo per perdere anche in futuro.


Non hai bisogno di ripeterlo, visto che non è questa la mia posizione e spero che sia chiaro ;)


C'è un sacco di persone di destra a cui berlusconi non piacce neppure , e che lo tollerano solo perchè vince e lo considerano meglio della sinistra. Sinceramente visto come lavora la sinistra direi che è una posizione legittima.


Il fatto è che a sinistra se un leader non piace si cerca di cambiare leader, mentre a destra è visto come un disvalore "essere contro". Non a caso prima hai scritto che apprezzi il centrodestra perché è più coeso.
Bisogna decidere se si vuole un processo decisionale democratico (che comporta anche una dialettica politica) oppure se va bene la monarchia vita natural durante perché l'importante è approvare le leggi a colpi di maggioranza.
Se il centrodestra riuscisse a mettere in discussione la centralità di Berlusconi e valutare anche altri leader sarebbe imho un bel passo avanti. Il punto è: esiste in Italia un centrodestra senza Berlusconi?


Poi vabbè che ci siano quelli innamorati di berlusconi non lo metto in dubbio , metto se mai in dubbio la loro rilevanza ....


Guarda che io ho scritto "innamorate" per cercare di spiegarmi con parole comprensibili, ma non facciamo l'equivoco di pensare che si tratti di una sciocchezza. Berlusconi è un leader di grandissimo carisma e questo è un dato incontestabile: se non fosse lui il capo del centrodestra, dubito che la coalizione starebbe in piedi e che avrebbe così tanti voti.



e tutto sommato penso facciano il pari con tanta gente di sinistra , che magari non sbava per Prodi , ma è incollata a ideologie sinistrorse (solo ora pian piano stanno cedendo).


Beh... ma lì c'è anche il fatto che molti hanno un ricordo idealizzato della loro gioventù.



Tanta gente ama ciecamente berlusca alla follia , tanta lo odia ciecamente .... pressapoco direi insomma.


Se però alzi un attimo la visuale e non ti accontenti di proporre la classica visione di parte consistente nel "ma anche voi...", non puoi non notare che questo duplice atteggiamento descrive, nel complesso, un fenomeno politico molto particolare che, come ho scritto in testa al post, non è così facile da interpretare.

master_of_pacalina
17-05-2009, 22:41
ma poi come fa berlusconi ad accaparrarsi i voti???'
porto l'esempio della candidata del pdl per le provinciali in piemonte...il suo slogan sui cartelloni è grosso modo questo PIU' TAGLI PER UN PIEMONTE MIGLIORE....ma una persona come fa a votare una persona che dice certe cose??????