preppy76
17-04-2009, 22:57
Venerdi 17 aprile guardo la televisione e vedo un servizio delle Iene sul terremoto dell’Abruzzo.
Enrico Lucci va in un campo di sfollati terremotati a intervistare le persone. In quel campo li trovi felici, festanti e sorridenti (sempre nei limiti chiaramente e con estrema dignità) che passano il tempo a stare con la gente. Hanno riscoperto la voglia di stare gli uni con gli altri, la fratellanza e l’unione delle persone. Perché in fondo l’essere umano è e rimane un essere sociale.
Il sentimento iniziale di sgomento e di terrore generato dal terremoto cede il passo alle nuove emozioni derivanti dallo stare insieme, dallo giocare a carta con il vicino di casa che avevano visto sempre di sfuggita, dall’incontrare persone che non vedevano da tanto tempo, dallo scoprire che quel tizio non era così stronzo come appariva ma che in realtà era un tipo simpatico. Li vedi sereni, li vedi fiduciosi e speranzosi perché allora l’amore e il calore della gente non è mai sparito ma semplicemente assopito e accantonato dallo stare dietro ai problemi quotidiani della vita.
Mi sono chiesto perché tanta gioia, perché tanta felicità in quel campo di sfollati? Forse la spiegazione è data dal fatto che in quel posto ognuno è uguale all’altro, ognuno ha vissuto lo stesso dramma e ognuno cerca di farsi forza vicendevolmente. Lì ognuno è semplicemente se stesso. Ognuno è messo a nudo e nessuno si nasconde dietro a quello che crede di fare vedere agli altri. Nessuno si può nascondere dentro le case e fare finta di essere ciò che non è. E’ questa è una liberazione e un sollievo. Il muro di falsità è caduto assieme ai muri delle case.
Lo stare nelle stesse condizioni di tragedia, l’essere come gli altri rende la persona sollevata. In quel posto nessuna gelosia verso qualcosa che uno ha e che non si possiede. Nessuno che pensa più: quella macchina è più bella della mia, il giardino di tizio è più curato del mio, l’abito di caio è più figo di quello di Sempronio.
Tutti sono nella stessa barca. Tutti hanno perso più o meno qualcosa, dalle persone più care alle loro case. Ciò ha innescato un sentimento di comunanza di valori e di vicissitudini che ha unito persone apparentemente lontane. Ricchi e poveri, giovani e anziani, italiani e romeni. La distruzione delle case e delle cose materiali ha creato qualcosa che difficilmente può essere distrutto da forze di carattere naturale: l’amore delle persone e la voglia di stare tutti insieme.
Le persone anziane riscoprono l’amore di quei giovani che spesso vengono visti da questi ultimi come un peso. I bambini riscoprono la voglia di giocare per strada e non con i computer. I giovani stanno bene anche senza facebook!
Ma allora cosa impedisce ai giorni d’oggi di rivivere la voglia di stare insieme e la solidarietà tra le persone?
Forse la colpa è dello stile di vita moderno. I problemi quotidiani, dalle bollette da pagare alla ricerca di un posto di lavoro, dallo stress, dall’ansia di ottenere sempre qualcosa di più, dal non accontentarsi di quello che uno ha. Forse la colpa è dei valori che i media ci propongono quotidianamente che si sono rivelati palesemente distanti da quello che invece ha bisogno la gente e che crea realmente la felicità.
Mi hanno colpito le persone che vedevano comunque un lato positivo del terremoto: la riscoperta del calore, l’affetto e la vicinanza dello stare assieme. Questo è assurdo se ci pensate ma è quello che è realmente accaduto. Le persone hanno un grande bisogno di credere ancora nell’amore e nella solidarietà. I giovani sono contenti dello stare in strada con la gente, il contatto umano va oltre il contatto virtuale della Rete, il gioco del calcio è più bello se lo si gioca per strada e non con la Playstation. E’ questo è forse il vero Terremoto!
Enrico Lucci va in un campo di sfollati terremotati a intervistare le persone. In quel campo li trovi felici, festanti e sorridenti (sempre nei limiti chiaramente e con estrema dignità) che passano il tempo a stare con la gente. Hanno riscoperto la voglia di stare gli uni con gli altri, la fratellanza e l’unione delle persone. Perché in fondo l’essere umano è e rimane un essere sociale.
Il sentimento iniziale di sgomento e di terrore generato dal terremoto cede il passo alle nuove emozioni derivanti dallo stare insieme, dallo giocare a carta con il vicino di casa che avevano visto sempre di sfuggita, dall’incontrare persone che non vedevano da tanto tempo, dallo scoprire che quel tizio non era così stronzo come appariva ma che in realtà era un tipo simpatico. Li vedi sereni, li vedi fiduciosi e speranzosi perché allora l’amore e il calore della gente non è mai sparito ma semplicemente assopito e accantonato dallo stare dietro ai problemi quotidiani della vita.
Mi sono chiesto perché tanta gioia, perché tanta felicità in quel campo di sfollati? Forse la spiegazione è data dal fatto che in quel posto ognuno è uguale all’altro, ognuno ha vissuto lo stesso dramma e ognuno cerca di farsi forza vicendevolmente. Lì ognuno è semplicemente se stesso. Ognuno è messo a nudo e nessuno si nasconde dietro a quello che crede di fare vedere agli altri. Nessuno si può nascondere dentro le case e fare finta di essere ciò che non è. E’ questa è una liberazione e un sollievo. Il muro di falsità è caduto assieme ai muri delle case.
Lo stare nelle stesse condizioni di tragedia, l’essere come gli altri rende la persona sollevata. In quel posto nessuna gelosia verso qualcosa che uno ha e che non si possiede. Nessuno che pensa più: quella macchina è più bella della mia, il giardino di tizio è più curato del mio, l’abito di caio è più figo di quello di Sempronio.
Tutti sono nella stessa barca. Tutti hanno perso più o meno qualcosa, dalle persone più care alle loro case. Ciò ha innescato un sentimento di comunanza di valori e di vicissitudini che ha unito persone apparentemente lontane. Ricchi e poveri, giovani e anziani, italiani e romeni. La distruzione delle case e delle cose materiali ha creato qualcosa che difficilmente può essere distrutto da forze di carattere naturale: l’amore delle persone e la voglia di stare tutti insieme.
Le persone anziane riscoprono l’amore di quei giovani che spesso vengono visti da questi ultimi come un peso. I bambini riscoprono la voglia di giocare per strada e non con i computer. I giovani stanno bene anche senza facebook!
Ma allora cosa impedisce ai giorni d’oggi di rivivere la voglia di stare insieme e la solidarietà tra le persone?
Forse la colpa è dello stile di vita moderno. I problemi quotidiani, dalle bollette da pagare alla ricerca di un posto di lavoro, dallo stress, dall’ansia di ottenere sempre qualcosa di più, dal non accontentarsi di quello che uno ha. Forse la colpa è dei valori che i media ci propongono quotidianamente che si sono rivelati palesemente distanti da quello che invece ha bisogno la gente e che crea realmente la felicità.
Mi hanno colpito le persone che vedevano comunque un lato positivo del terremoto: la riscoperta del calore, l’affetto e la vicinanza dello stare assieme. Questo è assurdo se ci pensate ma è quello che è realmente accaduto. Le persone hanno un grande bisogno di credere ancora nell’amore e nella solidarietà. I giovani sono contenti dello stare in strada con la gente, il contatto umano va oltre il contatto virtuale della Rete, il gioco del calcio è più bello se lo si gioca per strada e non con la Playstation. E’ questo è forse il vero Terremoto!