CaFFeiNe
05-04-2009, 01:50
http://www.libero-news.it/articles/view/533886
Un gene in grado di bloccare le metastasi e quindi impedire che il tumore si diffonda per tutto l’organismo. È la scoperta effettuata da un team di ricercatori italiani delle università di Padova e di Modena e Reggio Emilia, guidato da Stefano Piccolo, docente del Dipartimento di biotecnologie mediche dell’Università di Padova, e pubblicata sulla prestigiosa rivista “Cell”. La ricerca - finanziata da AIRC e dalla Fondazione Cariparo di Padova - si basa sul presupposto che una massa tumorale dalla cosiddetta sede primaria si può diffondere per l’organismo attraverso il sangue, interessando tutti i distretti del corpo: questo processo è noto col nome di metastasi.
Le metastasi rappresentano il maggior pericolo per questo tipo di malattie, visto che nella maggioranza dei casi sono proprio questi processi a provocare la morte per tumore. Specificatamente gli scienziati hanno individuato un gruppo di geni in grado di difenderci dalle neoplasie, codificando particolari proteine. La proteina più importante è stata battezzata p63. Quest’ultima - in caso di neoplasie particolarmente aggressive - perde la sua capacità di difendere l’organismo: «Questo fenomeno si verifica quando alcuni geni vanno incontro a mutazioni durante la malattia - dice a Libero Michelangelo Cordenonsi, dell’Università di Padova -. Sulla base di questo dato, grazie a indagini di natura molecolare, i medici possono quindi capire se un tumore avrà maggiore o minore probabilità di sviluppare metastasi».
Dunque quali sono le prospettive per il futuro? Secondo gli scienziati questa scoperta potrà portare allo sviluppo di nuovi farmaci in grado di ostacolare la progressione delle neoplasie. Quando? «Difficile dirlo - spiega Cordenonsi -. Cure innovative basate su questa scoperta sono prospettabili per il futuro, ma non si può dire quando. Sono ancora necessari degli studi di approfondimento. Oggi, in ogni caso, sappiamo che ci sono dei geni che possiamo colpire per modificare la risposta ai tumori».
L’idea degli scienziati è dunque quella di riuscire presto a sviluppare farmaci che siano in grado di potenziare l’azione del gene selezionato e soprattutto della proteina che controlla le metastasi. Se così fosse sarebbe possibile bloccare il tumore nella sua area di origine, estirparlo tramite una semplice operazione chirurgica e infine guarire il paziente.
Ma i vantaggi di questa scoperta non finiscono qui. L’identificazione del complesso di geni che regola la proteina p63 potrà anche aiutare i medici a comprendere il livello di letalità di un certo tumore. «Più vicina è infatti la possibilità di visualizzare quella che possiamo definire una “firma molecolare” di benignità o malignità di un tumore - conclude Cordenonsi - utile per scegliere il trattamento più opportuno, più o meno aggressivo. Questo risultato permetterà ai medici di agire su ogni singolo malato con terapie più mirate ed efficaci».
Il lavoro condotto dall’equipe di Piccolo è frutto anche delle indagini di bioinformatica svolte da Silvio Bicciato dell’Università di Modena e Reggio Emilia. Lo studioso, per primo, ha evidenziato che i geni esaminati regolano anche altre proteine coinvolte nel processo metastasico, quelle che ha poi definito “firme molecolari”. L’importante lavoro scientifico è dedicato alla memoria del collega modenese prof. Stefani Ferrari, scomparso l’anno scorso.
http://lanazione.ilsole24ore.com/siena/2009/04/02/162613-scoperta_molecola_blocca_aids.shtml
iena, 2 aprile 2009 - I ricercatori dell'Università di Siena e il Cnr hanno scoperto una molecola in grado di combattere e bloccare l'infezione da Hiv, il virus che scatena l'Aids. Mentre la terapia attuale si basa sui farmaci diretti agli 'enzimi virali', questo nuovo farmaco agirebbe contro 'l'enzima cellulare'. I risultati dello studio sono stati pubblicati dalla rivista Journal of Medicinal Chemistry.
I ricercatori hanno utilizzato tecniche computerizzate per disegnare una molecola 'su misura' per la proteina Ddx3, responsabile di 'condurre' le informazioni virali, la quale, successivamente sintetizzata e provata nei test biologici, si è dimostrata in grado di interferire con la sua azione, bloccandola. I risultati dimostrano come il blocco dell'azione di Ddx3 causi l'interruzione della replicazione virale nelle cellule infette dal virus Hiv, senza danneggiare le cellule non infette, che, al contrario del virus, posseggono meccanismi in grado di compensare la perdita di Ddx3.
La terapia usata attualmente per combattere l'Hiv era diretta agli enzimi virali, in grado però di cambiare la propria struttura e diventare resistenti ai farmaci; gli enzimi cellulari, contro cui si dirige questa nuova molecola, hanno invece una capacità inferiore di modificarsi e la terapia potrebbe rivelarsi più efficace, anche nel lungo periodo.
http://it.reuters.com/article/itEuroRpt/idITMIE53103I20090402
LONDRA, 2 aprile (Reuters) - Un ingrediente attivo contenuto nella marijuana sembra in grado di ridurre la crescita del cancro. Lo ha rivelato uno studio spagnolo pubblicato ieri.
I ricercatori hanno dimostrato che, trattando alcuni topi malati di cancro con la sostanza Thc, si riscontra un rallentamento nella crescita del tumore e si attiva un processo chiamato autofagia, in grado di uccidere le cellule malate.
"Le nostre scoperte dimostrano l'efficacia terapeutica che alcune dosi di Thc possono garantire ai pazienti malati di cancro", ha scritto sulla rivista Journal of Clinical Investigation Guillermo Velasco, dell'Università di Madrid, che ha condotto lo studio con alcuni colleghi.
Questi risultati si vanno ad inserire nell'annosa disputa sui benefici o sui danni che provoca la marijuana sulla salute umana. Alcuni studi, infatti, suggeriscono che questa droga accresca le possibilità di attacco cardiaco, di ictus e che possa provocare il cancro.
Un'altra ricerca ha, invece, mostrato i benefici della marijuana, come quello di evitare l'insorgere l'Alzheimer, di contrastare la perdita di peso dovuta all'Aids e la nausea e il vomito provocati dalla chemioterapia nei pazienti malati di tumore.
Il team di Velasco ha condotto lo studio su due pazienti con un tumore al cervello in stato avanzato, dimostrando che i primi segni di autofagia si avvertivano appena ricevuto il Thc.
I ricercatori spagnoli hanno detto che questo potrebbe condurre all'uso di medicinali a base di cannabinoidi per la cura del cancro, sebbene l'utilizzo di questi sostanze si sia rivelato insufficiente per malattie come l'obesità.
La Sanofi-Aventis (SASY.PA: Quotazione) ha abbandonato lo scorso novembre lo sviluppo del suo medicinale a base di cannabinoidi Acomplia, mentre anche la Pfizer (PFE.N: Quotazione), la Merck & Co (MRK.N: Quotazione) e la belga Solvay (SOLB.BR: Quotazione) hanno rinunciato a prodotti simili per paura di controindicazioni.
Queste sostanze, che agiscono bloccando gli stessi recettori del cervello che rendono affamate le persone che hanno appena fumato marijuana, sono state spesso indicate come responsabili di effetti collaterali psicologici, come la depressione o gli istinti suicidi.
ma perchè questi studi non sono in primo piano su tutti i giornali?
perchè si fanno tanti casini per l'alitalia, e il governo non da maggiori fondi ai due studi fatti in italia?
Un gene in grado di bloccare le metastasi e quindi impedire che il tumore si diffonda per tutto l’organismo. È la scoperta effettuata da un team di ricercatori italiani delle università di Padova e di Modena e Reggio Emilia, guidato da Stefano Piccolo, docente del Dipartimento di biotecnologie mediche dell’Università di Padova, e pubblicata sulla prestigiosa rivista “Cell”. La ricerca - finanziata da AIRC e dalla Fondazione Cariparo di Padova - si basa sul presupposto che una massa tumorale dalla cosiddetta sede primaria si può diffondere per l’organismo attraverso il sangue, interessando tutti i distretti del corpo: questo processo è noto col nome di metastasi.
Le metastasi rappresentano il maggior pericolo per questo tipo di malattie, visto che nella maggioranza dei casi sono proprio questi processi a provocare la morte per tumore. Specificatamente gli scienziati hanno individuato un gruppo di geni in grado di difenderci dalle neoplasie, codificando particolari proteine. La proteina più importante è stata battezzata p63. Quest’ultima - in caso di neoplasie particolarmente aggressive - perde la sua capacità di difendere l’organismo: «Questo fenomeno si verifica quando alcuni geni vanno incontro a mutazioni durante la malattia - dice a Libero Michelangelo Cordenonsi, dell’Università di Padova -. Sulla base di questo dato, grazie a indagini di natura molecolare, i medici possono quindi capire se un tumore avrà maggiore o minore probabilità di sviluppare metastasi».
Dunque quali sono le prospettive per il futuro? Secondo gli scienziati questa scoperta potrà portare allo sviluppo di nuovi farmaci in grado di ostacolare la progressione delle neoplasie. Quando? «Difficile dirlo - spiega Cordenonsi -. Cure innovative basate su questa scoperta sono prospettabili per il futuro, ma non si può dire quando. Sono ancora necessari degli studi di approfondimento. Oggi, in ogni caso, sappiamo che ci sono dei geni che possiamo colpire per modificare la risposta ai tumori».
L’idea degli scienziati è dunque quella di riuscire presto a sviluppare farmaci che siano in grado di potenziare l’azione del gene selezionato e soprattutto della proteina che controlla le metastasi. Se così fosse sarebbe possibile bloccare il tumore nella sua area di origine, estirparlo tramite una semplice operazione chirurgica e infine guarire il paziente.
Ma i vantaggi di questa scoperta non finiscono qui. L’identificazione del complesso di geni che regola la proteina p63 potrà anche aiutare i medici a comprendere il livello di letalità di un certo tumore. «Più vicina è infatti la possibilità di visualizzare quella che possiamo definire una “firma molecolare” di benignità o malignità di un tumore - conclude Cordenonsi - utile per scegliere il trattamento più opportuno, più o meno aggressivo. Questo risultato permetterà ai medici di agire su ogni singolo malato con terapie più mirate ed efficaci».
Il lavoro condotto dall’equipe di Piccolo è frutto anche delle indagini di bioinformatica svolte da Silvio Bicciato dell’Università di Modena e Reggio Emilia. Lo studioso, per primo, ha evidenziato che i geni esaminati regolano anche altre proteine coinvolte nel processo metastasico, quelle che ha poi definito “firme molecolari”. L’importante lavoro scientifico è dedicato alla memoria del collega modenese prof. Stefani Ferrari, scomparso l’anno scorso.
http://lanazione.ilsole24ore.com/siena/2009/04/02/162613-scoperta_molecola_blocca_aids.shtml
iena, 2 aprile 2009 - I ricercatori dell'Università di Siena e il Cnr hanno scoperto una molecola in grado di combattere e bloccare l'infezione da Hiv, il virus che scatena l'Aids. Mentre la terapia attuale si basa sui farmaci diretti agli 'enzimi virali', questo nuovo farmaco agirebbe contro 'l'enzima cellulare'. I risultati dello studio sono stati pubblicati dalla rivista Journal of Medicinal Chemistry.
I ricercatori hanno utilizzato tecniche computerizzate per disegnare una molecola 'su misura' per la proteina Ddx3, responsabile di 'condurre' le informazioni virali, la quale, successivamente sintetizzata e provata nei test biologici, si è dimostrata in grado di interferire con la sua azione, bloccandola. I risultati dimostrano come il blocco dell'azione di Ddx3 causi l'interruzione della replicazione virale nelle cellule infette dal virus Hiv, senza danneggiare le cellule non infette, che, al contrario del virus, posseggono meccanismi in grado di compensare la perdita di Ddx3.
La terapia usata attualmente per combattere l'Hiv era diretta agli enzimi virali, in grado però di cambiare la propria struttura e diventare resistenti ai farmaci; gli enzimi cellulari, contro cui si dirige questa nuova molecola, hanno invece una capacità inferiore di modificarsi e la terapia potrebbe rivelarsi più efficace, anche nel lungo periodo.
http://it.reuters.com/article/itEuroRpt/idITMIE53103I20090402
LONDRA, 2 aprile (Reuters) - Un ingrediente attivo contenuto nella marijuana sembra in grado di ridurre la crescita del cancro. Lo ha rivelato uno studio spagnolo pubblicato ieri.
I ricercatori hanno dimostrato che, trattando alcuni topi malati di cancro con la sostanza Thc, si riscontra un rallentamento nella crescita del tumore e si attiva un processo chiamato autofagia, in grado di uccidere le cellule malate.
"Le nostre scoperte dimostrano l'efficacia terapeutica che alcune dosi di Thc possono garantire ai pazienti malati di cancro", ha scritto sulla rivista Journal of Clinical Investigation Guillermo Velasco, dell'Università di Madrid, che ha condotto lo studio con alcuni colleghi.
Questi risultati si vanno ad inserire nell'annosa disputa sui benefici o sui danni che provoca la marijuana sulla salute umana. Alcuni studi, infatti, suggeriscono che questa droga accresca le possibilità di attacco cardiaco, di ictus e che possa provocare il cancro.
Un'altra ricerca ha, invece, mostrato i benefici della marijuana, come quello di evitare l'insorgere l'Alzheimer, di contrastare la perdita di peso dovuta all'Aids e la nausea e il vomito provocati dalla chemioterapia nei pazienti malati di tumore.
Il team di Velasco ha condotto lo studio su due pazienti con un tumore al cervello in stato avanzato, dimostrando che i primi segni di autofagia si avvertivano appena ricevuto il Thc.
I ricercatori spagnoli hanno detto che questo potrebbe condurre all'uso di medicinali a base di cannabinoidi per la cura del cancro, sebbene l'utilizzo di questi sostanze si sia rivelato insufficiente per malattie come l'obesità.
La Sanofi-Aventis (SASY.PA: Quotazione) ha abbandonato lo scorso novembre lo sviluppo del suo medicinale a base di cannabinoidi Acomplia, mentre anche la Pfizer (PFE.N: Quotazione), la Merck & Co (MRK.N: Quotazione) e la belga Solvay (SOLB.BR: Quotazione) hanno rinunciato a prodotti simili per paura di controindicazioni.
Queste sostanze, che agiscono bloccando gli stessi recettori del cervello che rendono affamate le persone che hanno appena fumato marijuana, sono state spesso indicate come responsabili di effetti collaterali psicologici, come la depressione o gli istinti suicidi.
ma perchè questi studi non sono in primo piano su tutti i giornali?
perchè si fanno tanti casini per l'alitalia, e il governo non da maggiori fondi ai due studi fatti in italia?