Quoto, salvo che per la parte che ho grassettato: anche le coppie con un reddito normale si rivolgono all'estero. Invece di cambiare l'auto o i mobili, si stanziano migliaia di euro per l'intervento di procreazione assistita. In alcuni casi non c'è alternativa, visto che in Italia è vietata la diagnosi preimpianto e visto che il numero di embrioni da impiantare e predeterminato dalla legge (mentre nei paesi più laici è il medico a decidere, sulla base di parametri scientifici, quanti embrioni devono essere impiantati per ottenere il risultato atteso).
In molti casi la fuga dall'Italia è l'unico modo, quindi si affronta la spesa anche se significa fare sacrifici.
Fanno bene.
Lo farei assolutamente anche io se necessario.
Effetti paradossali d' una cattiva legge
IL TURISMO PROCREATIVO
Se una legge la si deve giudicare dalle sue implicazioni etico-politiche e dai suoi effetti pratici, quella sulla procreazione assistita andrebbe riformata.
E con una certa urgenza.
Sotto il profilo pratico, è già partito il treno del «turismo procreativo» dal binario morto degli articoli che:
1) proibiscono il ricorso alla procreazione assistita eterologa, con seme «terzo», ovvero con ovulo «terzo» rispetto alla coppia;
2) vietano il congelamento degli embrioni non utilizzati;
3) limitano a tre gli ovuli da fecondare.
Chi può permetterselo economicamente, va all' estero nei Paesi in cui tali impedimenti non ci sono.
La procreazione assistita è, da noi, una «cosa da ricchi».
Poiché, inoltre, alla sterilità maschile è più facile porre rimedio medicalmente, sono le donne a essere ancor più danneggiate dalla legge.
Che assume un carattere ulteriormente discriminatorio.
La diseguaglianza delle opportunità fra «chi può» e «chi non può», quando attiene alle sole capacità individuali di spesa del cittadino-consumatore sul mercato di beni e di servizi voluttuari, è una peculiarità fisiologicamente incontestabile delle democrazie liberali e capitalistiche.
Nel caso della procreazione assistita, la disuguaglianza delle opportunità finisce, però, con essere politicamente illiberale - perché addirittura sanzionata dalla legge - e moralmente ingiusta, perché non impedisce tanto un consumo, quanto mortifica il soddisfacimento dell' impulso naturale alla maternità (e alla paternità) che un servizio pubblico, quale è la sanità, potrebbe invece soddisfare.
Per intenderci: un figlio non è «un consumo».
E' una conquista, diventata raggiungibile grazie al progresso scientifico, contro una limitazione della natura.
E che la legge non dovrebbe impedire per ragioni attinenti a una concezione pre-politica della convivenza civile.
Un altro effetto distorsivo della legge sulla procreazione assistita, con implicazioni etico-politiche e pratiche non meno negativamente rilevanti, è rappresentato dal divieto di utilizzare gli embrioni a scopo scientifico e, di conseguenza, dall' imposizione di impiegare solo, ai fini della ricerca, cellule staminali adulte (prelevate, cioè, da un essere umano).
E' già stato rilevato, pressoché dall' intera comunità scientifica nazionale, quanto questa ulteriore limitazione contenuta nella legge danneggi il Paese, collocandolo in fatto e in diritto nella retroguardia dei Paesi più avanzati nello studio della cura di molte affezioni degenerative, dal Parkinson all' Alzheimer al diabete ad altre ancora.
Ciò che ci si chiede, in buona sostanza, è se sia lecito continuare a rallentare il cammino della Scienza e i benefici risultati che esso può produrre per gli uomini in carne e ossa, in nome e sulla base, ancora una volta, di una definizione meta-scientifica dell' embrione.
Persino riduttivo sembra, a questo punto, continuare a collocare la questione all' interno del tradizionale conflitto fra laicismo e clericalismo.
Più pertinente a me pare fare appello a un sano pragmatismo, inteso come il modo di «guardare ai problemi concretamente, sperimentalmente, senza illusioni, con la piena consapevolezza dei limiti della ragione umana (...), della irraggiungibilità della Verità, della conseguente importanza di tenere aperte più strade di indagine (...) e, soprattutto, con la convinzione che la teoria e l' azione sociali sono uno strumento per valorizzare i fini dell' uomo piuttosto che un fine in se stessi» (Richard Posner, giudice americano).
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Ostellino Piero
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(12 maggio 2004) - Corriere della Sera
I dati presentati dall'Osservatorio sul turismo procreativo
Bimbi in provetta, boom dopo la legge 40
Quadruplicato il numero delle coppie italiane infertili che vanno all'estero. La Spagna è la meta principale
Vanno soprattutto in Spagna, perché lì ci sono strutture organizzate con tanto di interpreti al servizio dei pazienti, medici italiani o bilingue. Oppure scelgono il Belgio o la Svizzera. Il dato certo è che negli ultimi tre anni i viaggi delle coppie italiane infertili all'estero in cerca di un bambino «in provetta» si sono quadruplicati, passando da 1.066 a 4.173. Questi i dati presentati a Roma dall'Osservatorio sul turismo procreativo, che hanno confrontato la situazione precedente all'approvazione della legge 40 sulla fecondazione artificiale e quella attuale. Nei 27 centri di 10 Paesi considerati nell'indagine si è rilevato «un aumento significativo della presenza di italiani», afferma Andrea Borini, presidente dell'Osservatorio e dei Cecos (Centro Studi e Conservazione Ovociti e Sperma Umani) Italia.
METE - La Spagna, come detto, è la meta più ambita: ai centri spagnoli che si rivolgono ormai oltre 1.300 coppie italiane infertili, incoraggiate da una rete di servizi sempre più efficiente, completa di interpreti e di medici che parlano italiano, e attratte dalla legislazione, che ammette la donazione di ovociti e spermatozoi e alla possibilità di praticare la diagnosi genetica pre-impianto. Numerose anche le coppie che vanno in Belgio (775) e in Svizzera (740). Alti costi e difficoltà linguistiche ostacolano, invece, il turismo procreativo verso la Gran Bretagna e gli Stati Uniti. In aumento anche l'affluenza di coppie italiani verso Austria e Repubblica Ceca, Slovenia e Grecia.
Questa la situazione nel dettaglio:
- SPAGNA: è la meta preferita dalle coppie italiane, aumentate da 60 a 1.365 in tre anni; nei 7 centri spagnoli di riferimento considerati nell'indagine gli italiani rappresentano fra il 10% e il 50% dei pazienti. Il fenomeno è in deciso aumento, anche grazie all'ottima organizzazione spagnola al servizio del turismo procreativo, con tanto di interpreti al servizio dei pazienti, medici italiani o bilingue. Ad attrarre, secondo l'indagine, sono anche le ampie possibilità previste dalla legge spagnola. Tra queste, la diagnosi pre-impianto e la selezione del sesso del nascituro (quest'ultima, però, consentita solo nel caso di malattie legate ai cromosomi sessuali). Una delle tecniche più richieste dalle coppie italiane è la donazione di ovociti, che prevede un rimborso per le donatrici (spesso studentesse o comunque donne molto giovani) compreso fra 2.000 e 3.000 euro. In Spagna c'è infatti un fiorente mercato di gameti.
- BELGIO: ogni anno almeno 775 italiani si rivolgono al Belgio per la fecondazione artificiale e Bruxelles si conferma tra le principali mete in Europa. Ad attrarre è soprattutto la Free University, il maggiore centro europeo specializzato, con 3.500 cicli l'anno. Qui dopo la legge 40 le coppie italiane sono raddoppiate (dal 5 all'11% del totale dei pazienti). La diagnosi pre-impianto è la tecnica più richiesta.
- SVIZZERA: alta (almeno 740 coppie) la presenza delle coppie italiane (molte provenienti dalla Lombardia) soprattutto a Lugano. Ad attirare le coppie è la possibilità di congelare gli embrioni, mentre è vietata la donazione di ovuli e la diagnosi pre-impianto è permessa solo sul globulo polare, il corpuscolo che viene espulso dall'ovocita appena fecondato.
- GRAN BRETAGNA: alti costi e difficoltà linguistiche sono un deterrente per la coppie italiane, che si rivolgono soprattutto a centri con medici che parlano italiano. Nonostante ciò il numero delle coppie italiane è quadruplicato, passando da 25 a 100, concentrate essenzialmente a Londra. Tra le tecniche più richieste dai pazienti, la diagnosi genetica pre-impianto.
- STATI UNITI: come la Gran Bretagna, sono un riferimento solo per chi ha elevate possibilità economiche e conosce la lingua. Le coppie italiane si rivolgono soprattutto alla Cornell University di New York, American Fertility Services e università di Harvard. Ma solo in quest'ultima il numero delle coppie italiane è aumentato, passando dallo 0,5-1% all'1-2% del totale.
- AUSTRIA E REPUBBLICA CECA: l'affluenza di italiani è aumentata sensibilmente, passando da 22 a 500 coppie. -
- SLOVENIA: serve soprattutto l'area di Trieste. A Lubiana, dopo la legge 40, gli italiani sono diventati il 10% dei pazienti.
- GRECIA: le coppie italiane si concentrano a Salonicco e sono attualmente il 12-15% del totale dei pazienti.
30 novembre 2006
http://www.repubblica.it/2009/01/sezioni/cronaca/fecondazione-artificiale/rapporto-censis/rapporto-censis.html
Infertilità, per l'80 per cento
la legge 40 è una barriera
Ricerca del Censis con la Fondazione Serono: la quasi totalità delle coppie in difficoltà si dice penalizzata dalla normativa.
Oltre la metà pronta ad andare all'estero
Più svantaggiate le persone che hanno situazione economica e culturale debole
La difficoltà di avere figli rimane un tabù: uno su tre non ne parla con nessuno
ROMA - In Italia avere un bambino con le tecniche di procreazione assistita è sempre più difficile. La legge 40, che regolamenta la materia da cinque anni, è un ostacolo per la maggior parte delle coppie che cercano di avere un figlio, ma soprattutto per chi deve già affrontare difficoltà economiche ed è meno "attrezzato" culturalmente. E' quello che rileva una ricerca promossa dal Censis insieme alla Fondazione Serono, secondo cui l'80,5% delle coppie italiane con problemi di fertilità si sente sfavorita dalla norma. Ma nel rapporto del Censis emerge anche la permanenza di un tabù sull'infertilità: una coppia su tre non ne parla con nessuno e, quando lo fa, trova scarsa comprensione. Non solo: alcuni si ritrovano a subire pesanti ripercussioni sulla vita sociale e su quella sessuale.
Legge-ostacolo. Il rapporto Il desiderio di diventare genitori, problemi e speranze di chi combatte l'infertilità, rileva in modo netto l'inadeguatezza della norma attuale: per il 77,4% delle coppie intervistate la legge 40 di fatto riduce le possibilità di diventare genitori. La ricerca, presentata oggi a Roma, è stata effettuata su 606 coppie prese in carico dai centri di procreazione medicalmente assistita (l'età media degli uomini è pari a 37,7 anni, quella delle donne a 35,3). La normativa è criticata soprattutto perché "si preoccupa troppo degli aspetti etici" (71%), mentre solo il 37,7% pensa che metta al centro la salute delle donne.
Il turismo della procreazione. I numeri delle persone che hanno problemi ad avere figli sono in crescita. "L'infertilità è un problema diffuso che in Italia riguarda 1 coppia su 5 di quelle in età fertile", spiega Giovanni Scacchi, presidente della Fondazione Cesare Serono. Di fronte alle difficoltà legali, molti sono disposti a "emigrare" per avere un figlio (il 55,5%). Più bassa ma comunque consistente (32,5%), la percentuale di chi dice di non avere problemi a sottoporsi a fecondazione eterologa (ovvero con seme o ovuli di donatori e donatrici), una tecnica vietata nel nostro Paese.
I più svantaggiati. Il 77,4% del campione è convinto che le famiglie con minori possibilità economiche siano le prime vittime della legge. In effetti, i dati mostrano che il tempo che intercorre tra la presa di coscienza del problema e le prime terapie lievita per le coppie meno abbienti e con basso livello di scolarizzazione: in questi casi si arriva a 20,1 mesi, contro gli 8,5 impiegati da persone con un livello culturale più alto. Concetta Vaccaro, responsabile del settore welfare del Censis, spiega: "Il percorso è tendenzialmente più facile per chi ha un livello culturale e socioeconomico più elevato. Queste coppie individuano prima il problema e riescono in tempi brevi ad avviare gli interventi più appropriati, senza perdersi nei meandri di un sistema frammentato e pieno di ostacoli".
I centri specialistici. Il quadro italiano si caratterizza per una fortissima presenza del privato (il 55% del totale), specialmente al Centro e al Sud. Il primo medico a cui le coppie fanno riferimento (nel 74,8% dei casi) è il ginecologo, che nella maggioranza dei casi avvia il percorso diagnostico (50% circa dei casi), ma a volte invita alla pazienza (il 23,4% delle coppie ha ricevuto questa indicazione dal primo medico cui si sono rivolte), rallentando quindi il ricorso a terapie specialistiche.
Argomento tabù. Il rapporto rivela inoltre che gli italiani patiscono molto a livello psicologico quando non riescono ad avere figli: una coppia su tre non ha confidato a nessuno di soffrire del problema, né di essere in cura; il 20% circa non si sente compreso da amici e parenti; quasi il 30% lamenta un peggioramento della qualità della vita sessuale. La genitorialità mancata congela l'esistenza: l'87,3% vive questa condizione come un disagio, quasi la metà, il 44,5%, soffre per il sentimento di "diversità". Però la speranza è l'ultima a morire: il 65% delle coppie afferma che, se la terapia che sta seguendo non avrà successo, ci riproverà e il 70% è convinto che, prima o poi, riuscirà ad avere un bambino.
(11 febbraio 2009)