View Full Version : Nel carcere dei "sex offenders" - "Qui riusciamo a recuperarli"
MILANO - Nella subcultura carceraria sono "gli infami". Nel gergo tecnico di psicologi e operatori penitenziari sono i "sex offenders". Qualunque sia il modo di chiamarli, una cosa è certa: quando entrano in galera, le persone che si sono macchiate di un reato sessuale vengono spedite dritte nei reparti protetti, e lì confinate. Separate da tutti, isolate dal resto dei detenuti, esiliate in un girone a parte. Ovunque, tranne nel carcere di Bollate.
Si chiama "Progetto di trattamento e presa in carico di autori di reati sessuali in Unità di Trattamento Intensificato e sezione attenuata" ed è una sperimentazione avviata nell'istituto di reclusione milanese solo tre anni fa. L'unico caso in Italia in cui, dopo un anno di terapia in un'unità specializzata all'interno del carcere, i detenuti possono lasciarsi alle spalle il reparto protetto e vivere quotidianamente insieme agli altri detenuti di reati "comuni".
"I sex offenders seguono un trattamento avanzato - spiega la direttrice del carcere Lucia Castellano - un percorso studiato appositamente per chi ha commesso reati sessuali. Qui a Bollate in questo momento sono trenta persone, su un totale di 750 detenuti. E in questi tre anni posso dire che il progetto ha dato i suoi frutti. Su 80 soggetti, solo tre sono stati recidivi e uno di loro ha chiesto di tornare per continuare le terapie".
Considerato uno degli istituti penitenziari più all'avanguardia, il carcere di Bollate è nato nel 2000 con un obiettivo: offrire all'utenza detenuta quante più possibili opportunità lavorative, formative e socio - riabilitative. Un modo costruttivo per abbattere il rischio di recidiva e favorire il graduale, ma anche definitivo reinserimento del condannato nel contesto sociale. "Perché una cosa è certa - continua la direttrice - pensare al carcere come a un luogo in cui si prende la chiave e la si butta via, non ha alcun senso. Non serve a niente. Il modo migliore per evitare che questi gravissimi fatti si ripetano ancora è accompagnare la galera a dei percorsi sensati. Non farsi prendere dall'onda emotiva, studiare bene le misure da adottare per evitare la recidiva. Affrontare il problema con razionalità. E poi, infine, 'sperare' nel soggetto. Perché più di ogni altra cosa, la scelta del recupero dipende dalla persona".
È il "violentatore", cioè, che deve dire "sì, voglio guarire". E i mezzi per farlo, a Bollate, li ha. L'équipe che si occupa di seguire i sex offenders nel loro percorso fa parte del Centro Italiano per la Promozione della Mediazione (CIPM) di Milano. Un team composto da tre criminologi, sette psicologi, uno psichiatra, due educatori, un'arteterapeuta e uno psicomotricista. "La novità di Bollate sta nel fatto che è stata creata una vera e propria unità terapeutica a sé stante, interna al carcere, come se fosse una piccola comunità" chiarisce lo psicologo Luigi Colombo.
Ed è lì che, giorno dopo giorno, per un anno di fila, i colpevoli di reati sessuali devono affrontare il loro mostro interiore. "Il lavoro ha una cadenza giornaliera - continua Colombo - I colloqui sono individuali e di gruppo e tutto il progetto è incentrato sul riconoscimento del reato. Perché se c'è una cosa che il sex offender fa è proprio questa: negare, negare, negare. In carcere la negazione è usata per difendersi dagli altri. La cosa più facile e più frequente è cercare di dimostrare al compagno di cella ma anche allo stesso operatore che è tutta un'invenzione, che si è innocenti, che si è vittime di un tragico errore. Questo serve a mettersi al riparo dalle critiche e anche a difendersi da se stessi. Ed è lo stesso meccanismo che si mette in atto dentro la famiglia, con la propria moglie o con la propria compagna, quando ancora non si è finiti in galera. Distorsioni della realtà a cui, troppo spesso, si finisce per credere".
Il lavoro principale degli psicologi, allora, è quello sulla negazione. E quando è finito, comincia la seconda parte: la vita fuori dal reparto protetto, in mezzo agli altri detenuti. "All'inizio, tre anni fa, non è stato facile - ricorda Lucia Castellano - gli 'altri' reagirono molto male, qualcuno decise di chiedere un trasferimento perché proprio non se la sentiva. Ma chi entra a Bollate oggi sa bene quello cui può andare incontro: se firma, accetta la possibilità di condividere la propria cella anche con un sex offender".
La maggior parte, stando ai numeri di Bollare, sono italiani che hanno commesso reati sessuali all'interno della famiglia. Padri su figlie, o patrigni su figli adottivi, spesso con la connivenza della madre. A volte amici dei genitori, ma comunque quasi sempre persone nel cerchio familiare. "Spesso si tratta di persone che hanno un comportamento esteriore molto contenuto, inibito, passivo - spiega Colombo - I reati di branco invece sono più limitati. Li commettono persone che hanno imparato un modello aggressivo di sessualità. Soggetti emarginati che utilizzano la violenza per rafforzare la propria identità virile. Lo fanno in gruppo perché, davanti agli altri, dimostrano a loro stessi di essere forti".
Per tutti loro stare in mezzo agli altri detenuti è un passo decisivo. "E' una specie di banco di prova per anticipare il proprio rientro nella società - continua lo psicologo - una società in cui, volenti o nolenti, saranno sottoposti a dure critiche".
Il CIPM segue in tutto circa 200 persone (una trentina dentro al carcere, gli altri in esecuzione penale esterna. Far emergere questi reati, in realtà, è davvero difficile. Le violenze sessuali sono quelle con il "numero oscuro" più alto di episodi non denunciati. "Ma una volta presi - ribadisce la direttrice - è necessario che vengano messi davanti quello che hanno fatto. Il carcere deve essere anche il momento della consapevolezza, il luogo in cui riflettere sulla propria personalità, per capire perché si ha avuto il bisogno di aggredire. Solo così, forse, una volta fuori il sex offender non ripeterà più quelle terribili violenze".
http://www.repubblica.it/2009/02/sezioni/cronaca/violenza-sessuale-2/bollate-carcere/bollate-carcere.html
Finalmente si da spazio alla psicologia. :)
Per chi si macchia di questo tipo di reati non riesco a provare nessun trasporto, mi spiace.
Kharonte85
23-02-2009, 18:11
MILANO - Nella subcultura carceraria sono "gli infami". Nel gergo tecnico di psicologi e operatori penitenziari sono i "sex offenders". Qualunque sia il modo di chiamarli, una cosa è certa: quando entrano in galera, le persone che si sono macchiate di un reato sessuale vengono spedite dritte nei reparti protetti, e lì confinate. Separate da tutti, isolate dal resto dei detenuti, esiliate in un girone a parte. Ovunque, tranne nel carcere di Bollate.
Si chiama "Progetto di trattamento e presa in carico di autori di reati sessuali in Unità di Trattamento Intensificato e sezione attenuata" ed è una sperimentazione avviata nell'istituto di reclusione milanese solo tre anni fa. L'unico caso in Italia in cui, dopo un anno di terapia in un'unità specializzata all'interno del carcere, i detenuti possono lasciarsi alle spalle il reparto protetto e vivere quotidianamente insieme agli altri detenuti di reati "comuni".
"I sex offenders seguono un trattamento avanzato - spiega la direttrice del carcere Lucia Castellano - un percorso studiato appositamente per chi ha commesso reati sessuali. Qui a Bollate in questo momento sono trenta persone, su un totale di 750 detenuti. E in questi tre anni posso dire che il progetto ha dato i suoi frutti. Su 80 soggetti, solo tre sono stati recidivi e uno di loro ha chiesto di tornare per continuare le terapie".
Considerato uno degli istituti penitenziari più all'avanguardia, il carcere di Bollate è nato nel 2000 con un obiettivo: offrire all'utenza detenuta quante più possibili opportunità lavorative, formative e socio - riabilitative. Un modo costruttivo per abbattere il rischio di recidiva e favorire il graduale, ma anche definitivo reinserimento del condannato nel contesto sociale. "Perché una cosa è certa - continua la direttrice - pensare al carcere come a un luogo in cui si prende la chiave e la si butta via, non ha alcun senso. Non serve a niente. Il modo migliore per evitare che questi gravissimi fatti si ripetano ancora è accompagnare la galera a dei percorsi sensati. Non farsi prendere dall'onda emotiva, studiare bene le misure da adottare per evitare la recidiva. Affrontare il problema con razionalità. E poi, infine, 'sperare' nel soggetto. Perché più di ogni altra cosa, la scelta del recupero dipende dalla persona".
È il "violentatore", cioè, che deve dire "sì, voglio guarire". E i mezzi per farlo, a Bollate, li ha. L'équipe che si occupa di seguire i sex offenders nel loro percorso fa parte del Centro Italiano per la Promozione della Mediazione (CIPM) di Milano. Un team composto da tre criminologi, sette psicologi, uno psichiatra, due educatori, un'arteterapeuta e uno psicomotricista. "La novità di Bollate sta nel fatto che è stata creata una vera e propria unità terapeutica a sé stante, interna al carcere, come se fosse una piccola comunità" chiarisce lo psicologo Luigi Colombo.
Ed è lì che, giorno dopo giorno, per un anno di fila, i colpevoli di reati sessuali devono affrontare il loro mostro interiore. "Il lavoro ha una cadenza giornaliera - continua Colombo - I colloqui sono individuali e di gruppo e tutto il progetto è incentrato sul riconoscimento del reato. Perché se c'è una cosa che il sex offender fa è proprio questa: negare, negare, negare. In carcere la negazione è usata per difendersi dagli altri. La cosa più facile e più frequente è cercare di dimostrare al compagno di cella ma anche allo stesso operatore che è tutta un'invenzione, che si è innocenti, che si è vittime di un tragico errore. Questo serve a mettersi al riparo dalle critiche e anche a difendersi da se stessi. Ed è lo stesso meccanismo che si mette in atto dentro la famiglia, con la propria moglie o con la propria compagna, quando ancora non si è finiti in galera. Distorsioni della realtà a cui, troppo spesso, si finisce per credere".
Il lavoro principale degli psicologi, allora, è quello sulla negazione. E quando è finito, comincia la seconda parte: la vita fuori dal reparto protetto, in mezzo agli altri detenuti. "All'inizio, tre anni fa, non è stato facile - ricorda Lucia Castellano - gli 'altri' reagirono molto male, qualcuno decise di chiedere un trasferimento perché proprio non se la sentiva. Ma chi entra a Bollate oggi sa bene quello cui può andare incontro: se firma, accetta la possibilità di condividere la propria cella anche con un sex offender".
La maggior parte, stando ai numeri di Bollare, sono italiani che hanno commesso reati sessuali all'interno della famiglia. Padri su figlie, o patrigni su figli adottivi, spesso con la connivenza della madre. A volte amici dei genitori, ma comunque quasi sempre persone nel cerchio familiare. "Spesso si tratta di persone che hanno un comportamento esteriore molto contenuto, inibito, passivo - spiega Colombo - I reati di branco invece sono più limitati. Li commettono persone che hanno imparato un modello aggressivo di sessualità. Soggetti emarginati che utilizzano la violenza per rafforzare la propria identità virile. Lo fanno in gruppo perché, davanti agli altri, dimostrano a loro stessi di essere forti".
Per tutti loro stare in mezzo agli altri detenuti è un passo decisivo. "E' una specie di banco di prova per anticipare il proprio rientro nella società - continua lo psicologo - una società in cui, volenti o nolenti, saranno sottoposti a dure critiche".
Il CIPM segue in tutto circa 200 persone (una trentina dentro al carcere, gli altri in esecuzione penale esterna. Far emergere questi reati, in realtà, è davvero difficile. Le violenze sessuali sono quelle con il "numero oscuro" più alto di episodi non denunciati. "Ma una volta presi - ribadisce la direttrice - è necessario che vengano messi davanti quello che hanno fatto. Il carcere deve essere anche il momento della consapevolezza, il luogo in cui riflettere sulla propria personalità, per capire perché si ha avuto il bisogno di aggredire. Solo così, forse, una volta fuori il sex offender non ripeterà più quelle terribili violenze".
http://www.repubblica.it/2009/02/sezioni/cronaca/violenza-sessuale-2/bollate-carcere/bollate-carcere.html
Finalmente si da spazio alla psicologia. :)
Era ora...si cominciasse un po' a sensibilizzare l'opinione pubblica su questi temi invece di diffondere un allarme sicurezza che alimenta solo odio :rolleyes:
E' esattamente così che bisognerebbe affrontare il tema in TUTTE le realtà carcerarie.
PS: Ho avuto occasione di parlare personalmente con Luigi Colombo e mi è sembrata una persona eccezionale.
Che scontino la pena in modo duro ovviamente, ma se questi programmi consentono di avere un tasso bassissimo o quasi nullo di recidivi, BEN VENGANO, eseguiti ovviamente dentro il carcere. Anche perchè ci guadagna la società civile se questa gente, che prima o poi esce, non ripete il reato.
E' lo stesso carcere di cui si parlava nell'ultima puntata di Report?
Per chi si macchia di questo tipo di reati non riesco a provare nessun trasporto, mi spiace.
Non è questione di trasporto o compassione:
"I sex offenders seguono un trattamento avanzato - spiega la direttrice del carcere Lucia Castellano - un percorso studiato appositamente per chi ha commesso reati sessuali. Qui a Bollate in questo momento sono trenta persone, su un totale di 750 detenuti. E in questi tre anni posso dire che il progetto ha dato i suoi frutti. Su 80 soggetti, solo tre sono stati recidivi e uno di loro ha chiesto di tornare per continuare le terapie".
StateCity
23-02-2009, 18:33
mi sa' che per finire i miei studi di ingegneria, con vitto e alloggio a carico dello stato,
assistenza pissicologica, e percorso di recupero, devo fare una stragge.. :rolleyes:
oppure altri crimini ? :wtf:
mi sa' che per finire i miei studi di ingegneria, con vitto e alloggio a carico dello stato,
assistenza pissicologica, e percorso di recupero, devo fare una stragge.. :rolleyes:
oppure altri crimini ? :wtf:
:blah:
Non cominciamo dai. Se vuoi delinquere, fallo.
Per chi si macchia di questo tipo di reati non riesco a provare nessun trasporto, mi spiace.
Non dispiacerti. Fortunatamente non è questa la direzione nella quale si sta lavorando.
Dream_River
23-02-2009, 19:17
Sicuramente erano tutti Komunisti infiltrati nel carcere:O :asd:
Scherzi a parte sono molto contento che vengano applicate serie politiche di recupero dei carcerati, e ciò dovrebbe avvenire in ogni carcere
paulus69
23-02-2009, 19:32
MILANO - Nella subcultura carceraria sono "gli infami". Nel gergo tecnico di psicologi e operatori penitenziari sono i "sex offenders". Qualunque sia il modo di chiamarli, una cosa è certa: quando entrano in galera, le persone che si sono macchiate di un reato sessuale vengono spedite dritte nei reparti protetti, e lì confinate. Separate da tutti, isolate dal resto dei detenuti, esiliate in un girone a parte. Ovunque, tranne nel carcere di Bollate.
Si chiama "Progetto di trattamento e presa in carico di autori di reati sessuali in Unità di Trattamento Intensificato e sezione attenuata" ed è una sperimentazione avviata nell'istituto di reclusione milanese solo tre anni fa. L'unico caso in Italia in cui, dopo un anno di terapia in un'unità specializzata all'interno del carcere, i detenuti possono lasciarsi alle spalle il reparto protetto e vivere quotidianamente insieme agli altri detenuti di reati "comuni".
"I sex offenders seguono un trattamento avanzato - spiega la direttrice del carcere Lucia Castellano - un percorso studiato appositamente per chi ha commesso reati sessuali. Qui a Bollate in questo momento sono trenta persone, su un totale di 750 detenuti. E in questi tre anni posso dire che il progetto ha dato i suoi frutti. Su 80 soggetti, solo tre sono stati recidivi e uno di loro ha chiesto di tornare per continuare le terapie".
Considerato uno degli istituti penitenziari più all'avanguardia, il carcere di Bollate è nato nel 2000 con un obiettivo: offrire all'utenza detenuta quante più possibili opportunità lavorative, formative e socio - riabilitative. Un modo costruttivo per abbattere il rischio di recidiva e favorire il graduale, ma anche definitivo reinserimento del condannato nel contesto sociale. "Perché una cosa è certa - continua la direttrice - pensare al carcere come a un luogo in cui si prende la chiave e la si butta via, non ha alcun senso. Non serve a niente. Il modo migliore per evitare che questi gravissimi fatti si ripetano ancora è accompagnare la galera a dei percorsi sensati. Non farsi prendere dall'onda emotiva, studiare bene le misure da adottare per evitare la recidiva. Affrontare il problema con razionalità. E poi, infine, 'sperare' nel soggetto. Perché più di ogni altra cosa, la scelta del recupero dipende dalla persona".
È il "violentatore", cioè, che deve dire "sì, voglio guarire". E i mezzi per farlo, a Bollate, li ha. L'équipe che si occupa di seguire i sex offenders nel loro percorso fa parte del Centro Italiano per la Promozione della Mediazione (CIPM) di Milano. Un team composto da tre criminologi, sette psicologi, uno psichiatra, due educatori, un'arteterapeuta e uno psicomotricista. "La novità di Bollate sta nel fatto che è stata creata una vera e propria unità terapeutica a sé stante, interna al carcere, come se fosse una piccola comunità" chiarisce lo psicologo Luigi Colombo.
Ed è lì che, giorno dopo giorno, per un anno di fila, i colpevoli di reati sessuali devono affrontare il loro mostro interiore. "Il lavoro ha una cadenza giornaliera - continua Colombo - I colloqui sono individuali e di gruppo e tutto il progetto è incentrato sul riconoscimento del reato. Perché se c'è una cosa che il sex offender fa è proprio questa: negare, negare, negare. In carcere la negazione è usata per difendersi dagli altri. La cosa più facile e più frequente è cercare di dimostrare al compagno di cella ma anche allo stesso operatore che è tutta un'invenzione, che si è innocenti, che si è vittime di un tragico errore. Questo serve a mettersi al riparo dalle critiche e anche a difendersi da se stessi. Ed è lo stesso meccanismo che si mette in atto dentro la famiglia, con la propria moglie o con la propria compagna, quando ancora non si è finiti in galera. Distorsioni della realtà a cui, troppo spesso, si finisce per credere".
Il lavoro principale degli psicologi, allora, è quello sulla negazione. E quando è finito, comincia la seconda parte: la vita fuori dal reparto protetto, in mezzo agli altri detenuti. "All'inizio, tre anni fa, non è stato facile - ricorda Lucia Castellano - gli 'altri' reagirono molto male, qualcuno decise di chiedere un trasferimento perché proprio non se la sentiva. Ma chi entra a Bollate oggi sa bene quello cui può andare incontro: se firma, accetta la possibilità di condividere la propria cella anche con un sex offender".
La maggior parte, stando ai numeri di Bollare, sono italiani che hanno commesso reati sessuali all'interno della famiglia. Padri su figlie, o patrigni su figli adottivi, spesso con la connivenza della madre. A volte amici dei genitori, ma comunque quasi sempre persone nel cerchio familiare. "Spesso si tratta di persone che hanno un comportamento esteriore molto contenuto, inibito, passivo - spiega Colombo - I reati di branco invece sono più limitati. Li commettono persone che hanno imparato un modello aggressivo di sessualità. Soggetti emarginati che utilizzano la violenza per rafforzare la propria identità virile. Lo fanno in gruppo perché, davanti agli altri, dimostrano a loro stessi di essere forti".
Per tutti loro stare in mezzo agli altri detenuti è un passo decisivo. "E' una specie di banco di prova per anticipare il proprio rientro nella società - continua lo psicologo - una società in cui, volenti o nolenti, saranno sottoposti a dure critiche".
Il CIPM segue in tutto circa 200 persone (una trentina dentro al carcere, gli altri in esecuzione penale esterna. Far emergere questi reati, in realtà, è davvero difficile. Le violenze sessuali sono quelle con il "numero oscuro" più alto di episodi non denunciati. "Ma una volta presi - ribadisce la direttrice - è necessario che vengano messi davanti quello che hanno fatto. Il carcere deve essere anche il momento della consapevolezza, il luogo in cui riflettere sulla propria personalità, per capire perché si ha avuto il bisogno di aggredire. Solo così, forse, una volta fuori il sex offender non ripeterà più quelle terribili violenze".
http://www.repubblica.it/2009/02/sezioni/cronaca/violenza-sessuale-2/bollate-carcere/bollate-carcere.html
Finalmente si da spazio alla psicologia. :)
:rolleyes:
al solito:
alle vittime di reati sessuali che a vita dovranno conviverci.....'na mazza.
ai loro carnefici....corsi di recupero e sostegno psicologico.
complimenti.
il carcere non deve essere educativo...(che ad educare è compito principe della società)ma punitivo.
Dream_River
23-02-2009, 19:35
:rolleyes:
al solito:
alle vittime di reati sessuali che a vita dovranno conviverci.....'na mazza.
ai loro carnefici....corsi di recupero e sostegno psicologico.
complimenti.
il carcere non deve essere educativo...(che ad educare è compito principe della società)ma punitivo.
Guarda, non ci provo neanche a discutere sulla tua concezione di carcere
Ma dire "al solito" è oggettivamente una cazzata, visto che nella realtà carceraria italiana questa è tutt'altro che la norma
StateCity
23-02-2009, 19:37
:blah:
Non cominciamo dai. Se vuoi delinquere, fallo.
apologia apologica :cry:
istigazione :cry:
Freeskis
23-02-2009, 19:38
:rolleyes:
al solito:
alle vittime di reati sessuali che a vita dovranno conviverci.....'na mazza.
ai loro carnefici....corsi di recupero e sostegno psicologico.
complimenti.
il carcere non deve essere educativo...(che ad educare è compito principe della società)ma punitivo.
hai pensato che il fatto che l'assistenza ai detenuti faccia "notizia" è perché è scontato che le vittime abbiano già assistenza psicologica ? :fagiano:
così per caso eh :fagiano:
StateCity
23-02-2009, 19:41
hai pensato che il fatto che l'assistenza ai detenuti faccia "notizia" è perché è scontato che le vittime abbiano già assistenza psicologica ? :fagiano:
così per caso eh :fagiano:
amico freeskies :asd: ma le vittime chissenefrega :O
mica sono da recuperare.. :O
Willy McBride
23-02-2009, 19:42
:rolleyes:
al solito:
alle vittime di reati sessuali che a vita dovranno conviverci.....'na mazza.
ai loro carnefici....corsi di recupero e sostegno psicologico.
complimenti.
il carcere non deve essere educativo...(che ad educare è compito principe della società)ma punitivo.
Bella idea. Facciamo come in America, dove entrano in carcere per aver rubato un sacchetto di caramelle ed escono stupratori seriali?
Quella gente prima o poi esce dal carcere, qualunque cosa eviti che la prima notte fuori violentino qualcuno è la benvenuta.
paulus69
23-02-2009, 19:44
hai pensato che il fatto che l'assistenza ai detenuti faccia "notizia" è perché è scontato che le vittime abbiano già assistenza psicologica ? :fagiano:
così per caso eh :fagiano:
vallo a raccontare ai genitori di quelle ragazze(una recentissimamente) che si sono suicidate per ciò che han subito.
così per caso....nè.
Freeskis
23-02-2009, 19:44
amico freeskies :asd: ma le vittime chissenefrega :O
mica sono da recuperare.. :O
sei simpatico come un comico del bagaglino :fagiano:
paulus69
23-02-2009, 19:46
Bella idea. Facciamo come in America, dove entrano in carcere per aver rubato un sacchetto di caramelle ed escono stupratori seriali?
Quella gente prima o poi esce dal carcere, qualunque cosa eviti che la prima notte fuori violentino qualcuno è la benvenuta.
bella cazzata.
il carcere dev'essere così duro che ne sarai terrorizzato dal rifinirci dentro.
Willy McBride
23-02-2009, 19:48
bella cazzata.
il carcere dev'essere così duro che ne sarai terrorizzato dal rifinirci dentro.
Ah, certo, come la pena di morte... va che per fortuna nessuno ti ascolta e di certe cose si occupano i professionisti. :rolleyes:
Per certa gente non dovrebbe esserci recupero psicologico semplicemente perchè il naso fuori dal carcere non dovrebbero più metterlo.
Per tutti gli altri è più che doveroso.
bella cazzata.
il carcere dev'essere così duro che ne sarai terrorizzato dal rifinirci dentro.
nulla di più sbagliato per due motivi:
1) tanto più tratti con violenza una persona tanto più quella stessa persona, una volta fuori, si comporterà violentemente con gli altri.
2)se uno è veramente terrorizato all'idea di finire nuovamente in carcere farà qualsiasi cosa pur di restare in libertà
cmq mi fa piacere che finalmente si stia facendo qualcosa di concreto in chiave special-preventiva.....la stragrande maggioranza delle soluzioni escogitate per evitare un ritorno alla delinquenza sono fallite perchè mai realmente attuate
ConteZero
23-02-2009, 19:52
Per certa gente non dovrebbe esserci recupero psicologico semplicemente perchè il naso fuori dal carcere non dovrebbero più metterlo.
Per tutti gli altri è più che doveroso.
Poi capita che per sbaglio incastrano uno che non c'entra niente e dopo trent'anni tocca rilasciarlo.
Ci vai tu a chiedergli scusa ?
vallo a raccontare ai genitori di quelle ragazze(una recentissimamente) che si sono suicidate per ciò che han subito.
così per caso....nè.
http://espresso.repubblica.it/dettaglio-local/Ragazzina-suicida-dopo-lo-stupro-ma-i-violentatori-evitano-il-processo/2052279/6
Ragazzina suicida dopo lo stupro ma i violentatori evitano il processo
di Lello Parise
Hanno confessato, e questo basta per evitare che finiscano in galera.
L´atto di contrizione è un salvagente per scansare addirittura il processo.
Diciotto mesi fa, a 16 anni, avevano violentato una ragazzina che di anni ne aveva 13 e che qualche mese più tardi si suicidò.
La fanno franca.
Il giudice del tribunale per i minorenni di Taranto Laura Picaro, nonostante il parere contrario del pm Enrico Bruschi e dell´avvocato difensore della famiglia della giovane, decide di non ingabbiarli nelle maglie del codice penale.
Sceglie invece la cosiddetta "messa in prova" per i due balordi: saranno sottoposti ad un periodo di osservazione lungo quindici mesi in cui seguiranno un programma di rieducazione e offriranno assistenza agli anziani.
Se faranno i bravi, "in nome del popolo italiano" non finiranno mai più alla sbarra: dibattimento cancellato.
Come il reato.
La storia era andata in scena al quartiere Paolo VI.
Carmela era curata in un istituto perché aveva problemi psichici.
Aveva deciso di togliersi la vita in un giorno d´aprile del 2007 lanciandosi dal balcone al settimo piano della casa dei genitori dove era ritornata per il fine settimana.
Nella stanza dell´istituto che la ospitava, gli investigatori trovarono un diario della ragazza: era raccontato per filo e per segno lo stupro subìto nel 2006 dai due minorenni, ma pure un´altra violenza di qualche giorno prima ad opera di tre maggiorenni, questi sì sottoposti ai rigori della legge ancorché il gup deve ancora stabilire se mandarli a giudizio oppure no.
Protesta nel capoluogo ionico, il movimento femminista: «Carmela è stata uccisa una seconda volta.
Il padre non si fermerà, e noi lo appoggeremo finché ci sarà giustizia.
Vogliono trasformarla da vittima a imputata».
(11 dicembre 2008)
http://milano.corriere.it/cronache/articoli/2008/07_Luglio/14/stupro_valentina.shtml
Lo stupro, da parte di due italiani, era avvenuto nel 2002 in un parcheggio
Violentata 6 anni fa a Milano, muore suicida
Valentina Cavalli, 29 anni, originaria di Casale Monferrato, non si era mai ripresa dalla terribile esperienza: «Non sono pentiti»
MILANO - Veniva da Casale Monferrato, Valentina.
Era arrivata a Milano con tutto l'entusiasmo dei suoi 22 anni, affascinata dalla grande metropoli che offre tante opportunità ai giovani.
Studiava medicina e aveva un fidanzato che amava.
Una vita che stava sbocciando.
Tutto è finito una sera di giugno del 2002, mentre Valentina e il suo ragazzo amoreggiavano in auto in un parcheggio.
All'improvviso l'orrore, che distrugge per sempre i sogni e la vita di questa dolce e bella ragazza.
Due uomini assalgono la coppietta, massacrano di botte il ragazzo e violentano a turno la ragazza, mente un terzo complice fa da «palo».
Quel giorno Valentina Cavalli, come ha raccontato la madre ai giornalisti de «La Stampa», è morta una prima volta.
A nulla sono serviti l'affetto dei genitori, gli sforzi della ragazza per riprendersi, la psicoterapia, addirittura gli studi universitari in quella materia. La ferita non è mai guarita.
CONDANNATI MA NON IN CARCERE - Valentina si è impiccata venerdì nella sua casa di Torino, a pianterreno in via Giulia di Barolo.
Aveva scelto di lasciare Milano e aveva provato a rifarsi una vita in Piemonte, iscrivendosi all’università.
Da sempre aveva denunciato il fatto, aveva collaborato alle indagini.
Il processo è ancora in corso: i due autori della violenza, entrambi italiani, sono stati condannati in primo grado e in appello, ma non sono finiti in prigione, perché incensurati.
Il terzo giovane, che aveva assistito allo stupro, non è stato condannato. Giovedì scorso Valentina aveva superato l’ultimo esame prima della specializzazione in neuropsichiatria.
Venerdì mattina, prima del gesto, ha mandato un sms ai genitori scrivendo di avere un forte mal di testa.
Non era la testa il problema.
Era il senso di vuoto per non avere più un'anima e un corpo suo.
LE PAROLE DI VALENTINA - Bruna Cavalli, la madre di Valentina, ha riferito ai cronisti de «La Stampa» le parole che la figlia diceva spesso.
«Mamma, sai cos'è che mi sconvolge di più? E' che quei due non mi hanno neanche chiesto scusa, non sembrano pentiti. La prigione non li aiuterà a rendersi conto della brutalità che hanno commesso. Hanno bisogno di un percorso interiore per rendersi conto del male che mi hanno fatto».
14 luglio 2008
Donna si impicca dopo violenza.
Torino, suicidio dopo sei anni da stupro
Erano trascorsi sei anni da quel giorno in cui aveva subito una violenza sessuale.
Ma non aveva mai dimenticato quell'incubo.
Così, Valentina, 29 anni, si è impiccata al soppalco del monolocale, a Torino, in cui viveva da tre mesi.
A scoprire il corpo sono stati i genitori che erano andati a trovarla, non sentendola da qualche giorno.
La giovane, che si stava per laureare, era stata stuprata in centro a Milano.
La madre: "E' morta due volte"
La giovane non ha lasciato alcun biglietto di addio.
Ma i genitori hanno subito capito tutto.
La ragazza si stava laureando in medicina con una tesi in neuropsichiatria e sembrava che gli studi le avessero occupato i pensieri ed in parte rimosso l'incubo di sei anni prima.
Ma la depressione, negli ultimi tempi, l'aveva rimessa a terra.
Valentina non riusciva a dimenticare quella notte in cui venne stuprata da tre balordi nel quartiere Brera.
Era assieme ad un ragazzo: fecero violenza anche su di lui.
Non servirono né gli arresti né le condanne di quei tre per riportare Valentina alla serenità.
Tutto era finito quella notte, nonostante gli sforzi per gli studi, nonostante la speranza di uscirne, di ripartire.
I vicini di casa e i commercianti della zona si dicono increduli.
Sembrava una ragazza serena, come tante.
Ma dietro l'apparente calma si celava l'inferno.
"Mia figlia è morta due volte"
"Ho visto morire mia figlia due volte: la prima, quando hanno abusato di lei, quella maledetta sera di giugno di sei anni fa.
La seconda stamattina quando si è tolta la vita perche' neanche la psicoterapia l'aveva salvata dal senso di vuoto per non avere più un'anima e un corpo suo".
Lo ha dichiarato in un colloquio con il quotidiano La Stampa Bruna, madre di Valentina.
"E' giusto che la gente sappia cosa vuol dire aver subito una violenza sessuale - continua la madre di Valentina - perché non sono solo lacrime e botte, quello purtroppo è solo l'inizio.
Poi c'è tutto il resto, che è ancora peggio.
Per Valentina, ma anche per noi che le vogliamo bene, è stata una tortura. 'Mamma, sai cos'é che mi sconvolge di più?', mi domandava.
E' che quelli non mi hanno neanche chiesto scusa, non sembrano pentiti' ".
"Pensi che ai suoi aguzzini non augurava neppure il carcere - conclude Bruna - perché, mi diceva mia figlia, la prigione non li aiuterà a rendersi conto della brutalità che hanno commesso.
Hanno bisogno di un percorso interiore per rendersi conto del male che mi hanno fatto'".
***
Ogni stupratore è sempre un assassino. Se anche la sua vittima continua a respirare, per anni o per decenni, ne avrà comunque uccisa la vitalità più intima. Lei sarà morta, pur vivendo.
Dopo Federica, e in fin dei conti allo stesso modo sia pure molto più lentamente, hanno ucciso Valentina. Ieri, a Torino. Aveva ventinove anni, stava per laurearsi in medicina. È stata una viva-morta per sei anni, da quando un gruppo di sciagurati l’ha violentata. Ieri ha deciso di diventare una morta-morta, e si è uccisa. È una storia orribilmente dolorosa, anche solo da raccontare. Dice, la storia di Federica, che non è vero che il tempo guarisce e lenisce, né che ogni ferita prima o poi si cicatrizza: guariscono appunto le ferite, non la morte, neppure quella morte travestita di segreto e di vergogna che è lo stupro. Federica è stata strangolata, Valentina si è tolta il respiro in solitudine con una corda, e il suo strangolamento è durato sei interminabili anni.
Occorre forzarsi a immaginare quello che è disumano anche solo immaginare. Una catena di sofferenza che corre e correrà attraverso gli anni, le persone, le generazioni, con il tempo che la moltiplica anziché, come è comodo e pietoso credere, attutirla.
C’era, dunque, una ragazza di Casale Monferrato, con un padre pittore, una mamma, una sorella minore, un futuro normale. Sei anni fa, a Milano, lo stupro ad opera di quello che è fin troppo clemente chiamare «branco». Costringiamoci, per una volta, a figurarci di quei momenti il suo terrore, il dolore: a sentirlo nel nostro, di corpo, per quanto (troppo poco) sia possibile provare a condividere l’esperienza di un’altra persona.
Intorno a Valentina scatta la rete degli affetti, c’è una depressione e viene curata, c’è il tentativo di ricominciare altrove e viene comprata una casa, a Torino. In quella casa, ieri mattina, l’hanno trovata i suoi genitori. Ogni genitore sa che l’unico pensiero davvero impensabile è quello della morte di un figlio: e più ancora quello del suicidio di un figlio. Ogni genitore si concede di immaginarla e di immaginarlo, per esorcizzarli: minuto dopo minuto, giorno dopo giorno, sempre, in un esercizio perenne di allarme e di sollievo. Ma soltanto la madre e il padre di Valentina possono sapere come hanno resistito, in questi sei anni, all’ansia per una figlia tanto infragilita dalla brutalità. Avranno anche sperato, certo: negli psicofarmaci perché smorzassero, nel silenzio per cancellare lo stigma, e nella scelta degli studi di psicologia come reperimento di strumenti per aiutare se stessa e in futuro anche altri sofferenti.
Quel futuro non ci sarà, non per Valentina. Né si può chiamare «futuro» quello che toccherà ai suoi genitori, a loro volta vivi-morti per gli anni o i decenni durante i quali sopravvivranno a se stessi e alla loro bambina. Non è sempre vero che il tempo cura: il tempo trasmette il dolore, di corpo in corpo, di vita in vita. Qualche giorno fa, in un’intervista televisiva, la sorella di Rosaria Lopez, stuprata e uccisa al Circeo più di trent’anni fa, raccontava di essere fuggita da Roma, e di non avere mai smesso di piangere. E la sua ferita è diventata la ferita di sua figlia, perché non ha mai trovato le parole per raccontarle l’orrore di famiglia, e le ha riversato addosso un’apprensione mortifera.
Quegli stupratori che in una notte milanese hanno ucciso una ragazza, con una tortura durata sei anni, sappiano che fra anni e decenni continueranno a far soffrire i suoi genitori, sua sorella, i figli e le figlie non ancora nati di sua sorella, chissà quanti parenti e amici: tutti loro vittime. La violenza contagia, ed è ancora più odiosa se la si fa passare per il maschio sfogo di pochi attimi. Ora che è troppo tardi, se c’è una preghiera che ci sentiamo di rivolgere a un’eventuale entità misericordiosa, è che le vittime collaterali di questo crimine scoprano, almeno loro, che il tempo può cicatrizzare, e la vita essere vissuta da vivi.
Poi capita che per sbaglio incastrano uno che non c'entra niente e dopo trent'anni tocca rilasciarlo.
Ci vai tu a chiedergli scusa ?
Lo stato penserà a risarcirlo.
Ma ci sono certe tipologie di reati e certe persone del tutto irrecuperabili.
I famosi serial killer, magari quelli belli sadici che fanno fuori le vittime dopo sevizie e quanto altro, non sono recuperabili.
I boss mafiosi che si stanno facendo il 41bis, non sono recuperabili.
E siamo sempre lì, chi li ritiene recuperabili spero abbia un divano abbastanza comodo.
ConteZero
23-02-2009, 19:57
Lo stato penserà a risarcirlo.
Ma ci sono certe tipologie di reati e certe persone del tutto irrecuperabili.
I famosi serial killer, magari quelli belli sadici che fanno fuori le vittime dopo sevizie e quanto altro, non sono recuperabili.
I boss mafiosi che si stanno facendo il 41bis, non sono recuperabili.
E siamo sempre lì, chi li ritiene recuperabili spero abbia un divano abbastanza comodo.
Una delle poche cose che non s'è mai riuscito a risarcire, ad un individuo, sono gli anni bruciati, semplicemente esula dalle possibilità dell'uomo.
...quello e gli affetti persi.
Ma ovviamente che ti frega a te ?
Mica devi andarci tu a dirgli "scusi se l'abbiamo trattata in modo inumano, pensavamo lei fosse un molestatore sessuale, la prego... dimentichi, prenda il risarcimento e si rifaccia una vita coi pochi anni che le restano. Cerchi di capire non possiamo tollerare umanità contro quella feccia".
Una delle poche cose che non s'è mai riuscito a risarcire, ad un individuo, sono gli anni bruciati, semplicemente esula dalle possibilità dell'uomo.
...quello e gli affetti persi.
Ma ovviamente che ti frega a te ?
Son d'accordo.
Ma non si può limitare la sicurezza del cittadino (pensando che anche sadici stupratori assassini possano essere rimessi tra la gente) per la paura degli errori giudiziari.
Bisogna far tendere gli errori giudiziari allo 0 (tendere, perchè purtroppo non potranno mai essere nulli, la giustizia è affare umano, e in quanto tale, imperfetta)
paulus69
23-02-2009, 20:01
Guarda, non ci provo neanche a discutere sulla tua concezione di carcere
Ma dire "al solito" è oggettivamente una cazzata, visto che nella realtà carceraria italiana questa è tutt'altro che la norma
toh...questa me l'ero persa..
"al solito" è riferito allo sminuire del compito deterrente del carcere con corsi all'acqua di rose...con in seguito un posto di lavoro garantito perchè porelli....devono reinserisi.
ah....riguardo il tuo primo periodo....ricordati che non stà a te giudicare me.....;)
Ziosilvio
23-02-2009, 20:02
Su 80 soggetti, solo tre sono stati recidivi e uno di loro ha chiesto di tornare per continuare le terapie
E qual è la recidiva media, per i colpevoli di reati sessuali?
Andre22000
23-02-2009, 20:03
Purtroppo credo sia difficile dare una valutazione che generalizzi su tutti i colpevoli di reato sessuale. Io penso sia giusto aiutare i malati, punire duramente la recidività (anche con la castrazione chimica se è necessario) e assicurare sostegno alle vittime così come la certezza della pena per i colpevoli.
Ogni caso deve essere giustamente valutato, non possiamo fare di tutta l'erba un fascio..
paulus69
23-02-2009, 20:12
Ah, certo, come la pena di morte... va che per fortuna nessuno ti ascolta e di certe cose si occupano i professionisti. :rolleyes:
fino a un secolo fà....il sistema ha funzionato per 5/6000 anni....chi sbaglia paga....e deve pagare perchè consapevole di ciò che faceva:violare o infrangere una legge;quella è deterrenza.
nulla di più sbagliato per due motivi:
1) tanto più tratti con violenza una persona tanto più quella stessa persona, una volta fuori, si comporterà violentemente con gli altri.
2)se uno è veramente terrorizato all'idea di finire nuovamente in carcere farà qualsiasi cosa pur di restare in libertà
1)carcere duro...lavori forzati.espi la tua colpa nei confronti della società e delle leggi vigenti;dov'è la violenza?il carattere coercisivo della reclusione?:doh:
2)quando avrai passato 15 anni a picco e pala...farai di tutto per non ritornarci;basta solo osservare le leggi.logico.
Dream_River
23-02-2009, 20:19
toh...questa me l'ero persa..
"al solito" è riferito allo sminuire del compito deterrente del carcere con corsi all'acqua di rose...con in seguito un posto di lavoro garantito perchè porelli....devono reinserisi.
E in che modo queste operazioni sminuirebbero il compito deterrente del carcere? il fatto che ad un criminale vengano offerte di impegnarsi in un percorso di rieducazione non comporta privilegi rispetto agli altri carcerati (Non li mettono a giocare con la PlayStation), e non comporta nessun ulteriore sconto di pena (Cosa che a me in tutti i casi non darebbe fastidio, ma lo dico per rassicurare i tifosi della giustizia del chi c'è l'ha più duro)
ah....riguardo il tuo primo periodo....ricordati che non stà a te giudicare me.....;)
Non ho detto che volevo giudicarti, ho detto che rinuncio a mettermi a discutere su quale debba essere il ruolo del carcere, sarebbe una perdita di tempo
paulus69
23-02-2009, 20:20
Poi capita che per sbaglio incastrano uno che non c'entra niente e dopo trent'anni tocca rilasciarlo.
Ci vai tu a chiedergli scusa ?
quante seghe mentali....
basta approvare legalmente l'ausilio di droghe,in sede d'indagine,per stabilire la realtà dei fatti.
droghe che possono essere somministrate solo con l'assenso dell'imputato,sotto controllo medico e con la presenza dei difensori.
"se io sono innocente....farei di tutto per dimostrarlo".:O
mi riferisco a droghe perchè non valuto veritiera qualsiasi macchina che misuri un'eventuale stato ansiogeno dell'indagato.
paulus69
23-02-2009, 20:23
Non ho detto che volevo giudicarti, ho detto che rinuncio a mettermi a discutere su quale debba essere il ruolo del carcere, sarebbe una perdita di tempo
:O
se per te la è....è perchè hai già giudicato.
Poi capita che per sbaglio incastrano uno che non c'entra niente e dopo trent'anni tocca rilasciarlo.
Ci vai tu a chiedergli scusa ?
E questo che c'entra?
Quindi il carcere deve essere poco duro per i possibili errori giudiziari?
Willy McBride
23-02-2009, 20:26
fino a un secolo fà....il sistema ha funzionato per 5/6000 anni....chi sbaglia paga....e deve pagare perchè consapevole di ciò che faceva:violare o infrangere una legge;quella è deterrenza.
Il mondo delle favole. I fatti parlano chiaro: la nostra società moderna è la più sicura e pacifica che sia mai esistita nella storia dell'uomo, altro che "cent'anni fa le cose funzionavano."
Ci sono paesi dove fanno esattamente quello che dici tu, dove il carcere è una tortura permanente, dove i detenuti sono brutalizzati e si brutalizzano tra di loro, dove decine di reati sono puniti con la morte... e com'è che questi paesi hanno sempre più detenuti in carcere, e sempre più recidivi, e sempre più condanne?
Il mondo delle favole. I fatti parlano chiaro: la nostra società moderna è la più sicura e pacifica che sia mai esistita nella storia dell'uomo, altro che "cent'anni fa le cose funzionavano."
Ci sono paesi dove fanno esattamente quello che dici tu, dove il carcere è una tortura permanente, dove i detenuti sono brutalizzati e si brutalizzano tra di loro, dove decine di reati sono puniti con la morte... e com'è che questi paesi hanno sempre più detenuti in carcere, e sempre più recidivi, e sempre più condanne?
In parte quello che dici è vero, ma ti rendi conto che ogni giorno riceviamo un iniezione della peggiore feccia violenta degli altri paesi propio perchè l'italia ha la fama di essere morbida?
Senza Fili
23-02-2009, 20:32
bella cazzata.
il carcere dev'essere così duro che ne sarai terrorizzato dal rifinirci dentro.
Quoto.
paulus69
23-02-2009, 20:32
Il mondo delle favole. I fatti parlano chiaro: la nostra società moderna è la più sicura e pacifica che sia mai esistita nella storia dell'uomo, altro che "cent'anni fa le cose funzionavano."
è solo più controllata...cioè...è più controllato il territorio(:O );non gli istinti umani che sono rimasti invariabilmenti gli stessi.
se siamo così pacifici e sicuri....come mi spieghi la ww1 e 2?il vietnam?iraq?
non diciamo cazzate...per favore.
Quoto.
E stasera quoto Senza Fili :eek:
Senza Fili
23-02-2009, 20:34
In parte quello che dici è vero, ma ti rendi conto che ogni giorno riceviamo un iniezione della peggiore feccia violenta degli altri paesi propio perchè l'italia ha la fama di essere morbida?
Quoto, ciò mi è stato confermato anche da vari rumeni onesti e lavoratori che conosco: da loro si è sparsa la voce che qui è il paese dei balocchi per i delinquenti, e siamo diventati meta preferita dei delinquenti. :Puke:
StateCity
23-02-2009, 20:34
http://espresso.repubblica.it/dettaglio-local/Ragazzina-suicida-dopo-lo-stupro-ma-i-violentatori-evitano-il-processo/2052279/6
http://milano.corriere.it/cronache/articoli/2008/07_Luglio/14/stupro_valentina.shtml
ma queste signorine avevano dei problemi pissicologici seri, non rapportati al fatto del krimine,
imho se si dovessero suiccidare pure tutti i banchieri che subiscono una rapiina allora... :rolleyes:
Quoto, ciò mi è stato confermato anche da vari rumeni onesti e lavoratori che conosco: da loro si è sparsa la voce che qui è il paese dei balocchi per i delinquenti, e siamo diventati meta preferita dei delinquenti. :Puke:
^_^ e due.
L'unica sarebbe inasprire le pene.. ma sarebbe così antipopolare?
Perchè nessuno lo mette nel programma elettorale?
Senza Fili
23-02-2009, 20:36
^_^ e due.
L'unica sarebbe inasprire le pene.. ma sarebbe così antipopolare?
Perchè nessuno lo mette nel programma elettorale?
Perchè perderebbero i voti dei preti e dei baciapreti.
ConteZero
23-02-2009, 20:36
Bene, così anziché uno stupro ci tocca lo stupro con omicidio.
Peggio ancora, rischiamo stupro, più omicidio più suicidio (tutto per "non tornare nel carcere duro").
Dream_River
23-02-2009, 20:39
:O
se per te la è....è perchè hai già giudicato.
No, non è perchè giudico la tua persona che sono tentato di evitare una tale discussione (Nemmeno di conosco e non ho a memori molti tuoi interventi sul forum), ma perchè in genere la differenza fra chi sostiene che il carcere debba svolgere anche un azione rieducativa sul carcerato, e chi invece pone un maggiore accento (oppure ritiene che il carcere debba avere unicamente scopo punitivo) sul aspetto deterrente del carcere, non è una differenza di maggiore o minore intelligenza oppure maggiore o minore superiorità morale.
Ma è proprio una differente scala di valori, sui quali è inutile discutere per definizione, essendo valori
Poi se te non ti rompi si può anche fare, ma poi non dirmi che non ti ho avvisato:D
Perchè secondo te il carcere non dovrebbe svolgere anche un ruolo rieducativo?
paulus69
23-02-2009, 20:40
^_^ e due.
L'unica sarebbe inasprire le pene.. ma sarebbe così antipopolare?
Perchè nessuno lo mette nel programma elettorale?
Perchè perderebbero i voti dei preti e dei baciapreti.
ed io quoto voi....:O
Bene, così anziché uno stupro ci tocca lo stupro con omicidio.
Peggio ancora, rischiamo stupro, più omicidio più suicidio (tutto per "non tornare nel carcere duro").
:confused:
ConteZero
23-02-2009, 20:51
:confused:
Stupra.
Si rende conto che può essere riconosciuto.
Non vuole tornare al carcere duro -> ammazza l'unica testimone.
Viene comunque individuato -> si uccide per evitare l'arresto.
3 al prezzo di 1
Willy McBride
23-02-2009, 20:55
Stupra.
Si rende conto che può essere riconosciuto.
Non vuole tornare al carcere duro -> ammazza l'unica testimone.
Viene comunque individuato -> si uccide per evitare l'arresto.
3 al prezzo di 1
O magari, già che c'è, decide di portarsi dietro più gente possibile... 4, 5, 6, 7 al posto di uno?
Stupra.
Si rende conto che può essere riconosciuto.
Non vuole tornare al carcere duro -> ammazza l'unica testimone.
Viene comunque individuato -> si uccide per evitare l'arresto.
3 al prezzo di 1
Ma che discorso è?
Parti dal fatto che ha stuprato innanzitutto.
L'obbiettivo della pena è il disincentivo :
" Cazzo se stupro mi rompono il culo, meglio che evito"
A sto punto potrei dirti
<<Guarda che carina, ora me la ingroppo, tanto non cè il carcere duro.>>
-_- che razza di discorsi fate.
ConteZero
23-02-2009, 20:59
O magari, già che c'è, decide di portarsi dietro più gente possibile... 4, 5, 6, 7 al posto di uno?
Niente, nel mondo animale, è più pericoloso di un animale impaurito.
L'uomo non fa eccezione.
Niente, nel mondo animale, è più pericoloso di un animale impaurito.
L'uomo non fa eccezione.
Il carcere deve fare paura per sua natura, è così elementare.
ConteZero
23-02-2009, 21:00
Ma che discorso è?
Parti dal fatto che ha stuprato innanzitutto.
L'obbiettivo della pena è il disincentivo :
" Cazzo se stupro mi rompono il culo, meglio che evito"
A sto punto potrei dirti
<<Guarda che carina, ora me la ingroppo, tanto non cè il carcere duro.>>
-_- che razza di discorsi fate.
La pena deve, nel limite del possibile, evitare che si compiano reati... non innescare circoli viziosi che portano a reati ben peggiori.
Tra l'altro una cosa è la "paura del carcere", un altra è il terrore che suggerite voi che vorreste un carcere "bestiale" per "punire" i molestatori sessuali.
La pena deve, nel limite del possibile, evitare che si compiano reati... non innescare circoli viziosi che portano a reati ben peggiori.
La pena deve evitare che si compiano reati fungendo da deterrente, allora siamo d'accordo.
Lo stupratore deve essere disincentivato per la paura della pena, giustamente dura, altrimenti sai che roba qua fuori?
NB
bestiale io non l'ho mai detto, ho detto molto piu duro di come è adesso, dato che è il motivo per cui abbiamo questa gioranliera infusione di criminali violenti che sbeffeggiano l'ordine costituito.
paulus69
23-02-2009, 21:03
No, non è perchè giudico la tua persona che sono tentato di evitare una tale discussione (Nemmeno di conosco e non ho a memori molti tuoi interventi sul forum), ma perchè in genere la differenza fra chi sostiene che il carcere debba svolgere anche un azione rieducativa sul carcerato, e chi invece pone un maggiore accento (oppure ritiene che il carcere debba avere unicamente scopo punitivo) sul aspetto deterrente del carcere, non è una differenza di maggiore o minore intelligenza oppure maggiore o minore superiorità morale.
Ma è proprio una differente scala di valori, sui quali è inutile discutere per definizione, essendo valori
Poi se te non ti rompi si può anche fare, ma poi non dirmi che non ti ho avvisato:D
Perchè secondo te il carcere non dovrebbe svolgere anche un ruolo rieducativo?
meriti un bel quote ed un plauso per la pacatezza della risposta.;)
perchè è dalla prime società civili,quindi milllenni fà,che ci si è resi conto che l'unico modo per contenere determinati comportamenti o crimini era una pena proporzionata all'atto commesso,ed in millenni non si può proprio dire che non le abbiano pensate o studiate tutte...dagli elleni ai romani ad occidente o egizi e sumeri e cinesi ad oriente.vogliamo forse credere che noi siamo migliori di loro quando la nostra cultura si fonda paradossalmente sulla loro?
il carcere aveva una già valenza rieducativa:l'espiazione del crimine come monito;quando avevi scontato quanto comminato potevi scegliere se continuare a vivere in quella data società o viverne al di fuori.
bisogna ricordare che vivere in una qualsivoglia società civile comporta comunque una parziale perdita della propria libertà personale dovendo sottostare alle sue stessi leggi...ma al cambio...se ne guadagna in sicurezza perchè non più soggetti alla legge naturale del più forte,insomma...si godeva di una certa tutela.
non più,aimè,nella società attuale.
paulus69
23-02-2009, 21:06
Ma che discorso è?
Parti dal fatto che ha stuprato innanzitutto.
L'obbiettivo della pena è il disincentivo :
" Cazzo se stupro mi rompono il culo, meglio che evito"
A sto punto potrei dirti
<<Guarda che carina, ora me la ingroppo, tanto non cè il carcere duro.>>
-_- che razza di discorsi fate.
secondo quote....:O
Il carcere deve fare paura per sua natura, è così elementare.
terzo quote.:O
concordo con l'iniziativa del topic.
c;,a;,a;,a;,
cdimauro
23-02-2009, 21:43
quante seghe mentali....
basta approvare legalmente l'ausilio di droghe,in sede d'indagine,per stabilire la realtà dei fatti.
droghe che possono essere somministrate solo con l'assenso dell'imputato,sotto controllo medico e con la presenza dei difensori.
"se io sono innocente....farei di tutto per dimostrarlo".:O
mi riferisco a droghe perchè non valuto veritiera qualsiasi macchina che misuri un'eventuale stato ansiogeno dell'indagato.
Ma anche no. La droga è considerata illegale e lo stato ne vieta lo spaccio e l'uso. E tu mi dici che, per il PROPRIO tornaconto, ne potrebbe richiedere l'uso?
Non esiste proprio.
Prima pensino a legalizzare qualunque tipo di droghe, e di quelle che ti fanno spifferare se ne parla dopo.
Sempre su base volontaria, s'intende, e se non si accetta di farne uso la scelta non dev'essere penalizzante.
Dream_River
23-02-2009, 21:54
perchè è dalla prime società civili,quindi milllenni fà,che ci si è resi conto che l'unico modo per contenere determinati comportamenti o crimini era una pena proporzionata all'atto commesso,ed in millenni non si può proprio dire che non le abbiano pensate o studiate tutte...dagli elleni ai romani ad occidente o egizi e sumeri e cinesi ad oriente.vogliamo forse credere che noi siamo migliori di loro quando la nostra cultura si fonda paradossalmente sulla loro?
il carcere aveva una già valenza rieducativa:l'espiazione del crimine come monito;quando avevi scontato quanto comminato potevi scegliere se continuare a vivere in quella data società o viverne al di fuori.
bisogna ricordare che vivere in una qualsivoglia società civile comporta comunque una parziale perdita della propria libertà personale dovendo sottostare alle sue stessi leggi...ma al cambio...se ne guadagna in sicurezza perchè non più soggetti alla legge naturale del più forte,insomma...si godeva di una certa tutela.
non più,aimè,nella società attuale.
Ok, ma tutto quello che hai detto non è in contrasto con il pretendere un sistema carcerario che assolva maggiormente alla sua funzione anche rieducativa.
Semmai è in contrasto con l'uguaglianza "più soffre il carcerato più impara"
Non credo che semplicemente rinchiudendo una persona in una cella questa possa rendersi conto del proprio errore e del danno che ha provocato alla società e a se stessa.
Io credo che il carcere dovrebbe puntare su iniziative più serie e più complesse, anche se più dispendiose in tempo e attenzione da parte degli amministratori di un carcere.
Ad esempio, in un servizio che avevo visto su alcuni carceri di massima sicurezza in U.S.A. (Penso di averlo visto su La7, ma non sono sicuro), i detenuti in certi giorni della settimana, veniva offerto di prestare servizio in uno di quei centri dove vengono addomesticati e addestrati i cavalli selvaggi, i per questo servizio venivano retribuiti (Tale retribuzione veniva poi divisa in 3 parti, una parte andava alle vittime o ai familiari delle vittime del carcerato, una parte veniva utilizzata per coprire i costi della detenzione del carcerato, e una parte veniva tenuta da parte per il carcerato alla fine della sua pena)
Un lavoro non privo di rischi si intende, ma in compenso questa attività ha dimostrato di avere effetti più che soddisfacenti nel percorso rieducativo del carcerato ed inoltre i soldi tenuti da parte e guadagnati dal carcerato erano un incentivo per quest'ultimo a ricostruirsi una vita onesta dopo aver scontato la sua pena (Dopo essere stati in carcere, specialmente se si sconta una pena lunga, difficilmente ci si ritrova in una situazione che incentiva una vita onesta altrimenti)
Questo è solo un esempio per cercare di spiegare cosa io intendo, e penso che ciò valga non solo per me, quando dico che il sistema carcerario deve impegnarsi maggiormente nella rieducazione del carcerato.
Le semplici privazioni che il carcere impone alle persone di per se non ha un azione rieducativa soddisfacente, almeno nella società attuale, se non è accompagnata da iniziative più mirate e più studiate.
Con questo non voglio certo dire che nelle carceri ci debbano essere TV al plasma e vasche idromassaggio, anche la punizione e la privazione fino ad un certo punto ha una sua importanza nel processo rieducativo
Però non si può sperare che la semplice sofferenza del detenuto possa essere sufficiente a rieducare il carcerato.
Poi uno può anche dire "Trattiamolo talmente male da fargli passare la voglia di delinquere di nuovo", ma personalmente trovo una tale visione troppo semplicistica oltre che non curante dei limiti che una società civile devo porsi anche quando ha a che fare con criminali (Niente tortura o pena di morte)
ma queste signorine avevano dei problemi pissicologici seri, non rapportati al fatto del krimine,
imho se si dovessero suiccidare pure tutti i banchieri che subiscono una rapiina allora... :rolleyes:
"problemi pissicologici seri, non rapportati al fatto del krimine" [cit.]
Riproviamo và...
...chissà che questa volta tu non riesca a comprendere...
anche se in verità sono scettica, visto che riesci ad equiparare l'avere subito una rapina all'avere subito uno stupro.
http://www.lastampa.it/Torino/cmsSezioni/cronaca/200807articoli/7586girata.asp
Si uccide sei anni dopo lo stupro
Torino, si è impiccata a una porta in casa.
Non era riuscita a dimenticare l’incubo
Le ombre del passato possono segnare una vita. Il trauma di una violenza sessuale rimane nel cervello, nel modo di costruire le relazioni umane, nella ricerca del futuro. Solo chi si ritrova a vivere queste paure, queste angosce, questi smarrimenti ne conosce anche la terribile forza. E può capitare di arrendersi. Come ha fatto Valentina, l’altra notte, nel suo alloggio di Torino, un pian terreno in via Giulia di Barolo 19, quando ha annodato un cappio ad una porta e si è impiccata.
Valentina Cavalli aveva 29 anni, era cresciuta a Casale Monferrato e, come capita a tanti ragazzi alessandrini, una volta finito il liceo aveva scelto Milano per giocare la carta del lavoro. S’era iscritta a Medicina, aveva trovato nuovi amici. Sino a quella sera quando, sei anni fa, mentre era appartata con il fidanzato aveva dovuto subire, nell’angolo buio di un parcheggio, l’aggressione e la violenza del branco. Due ragazzi della Milano bene che avevano infierito crudelmente su di lei. Non s’era arresa, aveva fatto denuncia, sostenuto le indagini, sino all’arresto dei responsabili, sino al processo ancora in corso. Aveva mostrato sempre determinazione e coraggio, ma anche qualche cedimento, qualche paura.
Un’altalena di momenti in cui tutto era passato, accanto ad altri in cui tutto era ancora presente. Gli stupratori sono stati condannati in primo grado e in appello, ma non hanno scontato neppure un giorno di prigione, perché incensurati. Il terzo ragazzo, che quella sera era rimasto in auto a fare il palo, non è stato condannato.
In un tentativo estremo di capirsi, Valentina aveva scelto la specialità di neuropsichiatria. Ed aveva scelto Torino come sua nuova città, lasciandosi alle spalle Milano che dopo quella notte non amava più. Proprio sotto la Mole i genitori le avevano appena comprato casa: due locali al piano terreno in via Giulia di Barolo. A due passi dalla chiesa, a due passi dalla caserma dei carabinieri, a due passi da piazza Vittorio, a due passi da Palazzo Nuovo: insomma, un isolato pieno di vita, di ragazzi, di gioventù. In quella casa si era fatta subito notare, per le buone maniere. Persino il rigattiere dell’angolo ne era rimasto colpito, andando volentieri oltre al «buongiorno-buonasera».
Sembrava tutto definitivamente risolto. Alta, bionda, elegante, carina, Valentina aveva cominciato anche a farsi nuovi amici. Gente del borgo e compagni di università.
Dentro, però, era rimasto qualche problema. La depressione sempre in agguato, anche dietro quell’apparente vita normale. Unita ad una scarsa disponibilità alle cure, con il rifiuto di qualche terapia. In più problemi fisici meno gravi, anche se fastidiosi, che lei aveva però ingigantito.
Giovedì sera un esame superato benissimo, l’ultimo prima della specializzazione. Poi, ieri mattina il dramma. L’sms ai genitori «Ho un mal di testa terribile», poi un altro interrotto, le telefonate disperate, gli squilli a vuoto, la corsa in via Giulia di Barolo. L’occhiata attraverso la finestra, che tradiva solo un tavolo con al centro una bottiglia d’acqua e intorno quattro bicchieri di carta. Poi la porta aperta, la scoperta del corpo impiccato, le urla della madre, la telefonata al 118, l’inutile corsa dell’ambulanza, l’arrivo dei carabinieri della vicina caserma. Poi i verbali di sempre, redatti con cautela di fronte a due genitori distrutti che, parola dopo parola, tiravano fuori una sconcertante verità. Sino alla scoperta di quel dramma, lontano sei anni, ma adesso troppo troppo vicino.
Brava ania.. è uno dei crimini piu orrendi.
Kharonte85
23-02-2009, 23:53
Cerchiamo di distinguere:
1) Da un lato c'è la vittima a cui bisogna pensare.
2) C'è da evitare che quello che è successo si ripeta.
Queste due cose andrebbero seguite entrambe da strutture e persone IDONEE che in Italia esistono solo a campionatura piu' unica che rara.
Il fatto che questa struttura all'avanguardia segua la seconda condizione non puo' raccogliere il demerito della controparte che si presenta in molti casi assente.
Bisogna porre l'attenzione su entrambe le cose: SEMPRE
Faccio notare altre cose:
- Pene piu' severe non sono correlate a diminuzione del crimine, le pene certe invece lo potrebbero essere.
- In un ambiente carcerario classico (seguito male) le possibilità che chi compie il crimine si "redima" è piu' bassa rispetto ad una struttura come citata, anzi il piu' delle volte il clima carcerario e la difficoltà del reinserimento sociale comportano un sentirsi esclusi e sostanzialmente sentimenti di rancore e rabbia che non aiutano.
Diciamo che se certe affermazioni sono fatte per soddisfare una brama di vendetta, sappiate che non serve a nessuno: ne' alla vittima che il trauma non potrà mai dimenticare, ne' al criminale che alla prima occasione potrebbe ricommettere il crimine, ne' tantomeno alla società che perde 2 individui in un colpo solo.
Cerchiamo di distinguere:
1) Da un lato c'è la vittima a cui bisogna pensare.
2) C'è da evitare che quello che è successo non si ripeta.
Queste due cose andrebbero seguite entrambe da strutture e persone IDONEE che in Italia esistono solo a campionatura piu' unica che rara.
Il fatto che questa struttura all'avanguardia segua la seconda condizione non puo' raccogliere il demerito della controparte che si presenta in molti casi assente.
Bisogna porre l'attenzione su entrambe le cose: SEMPRE
Faccio notare altre cose:
- Pene piu' severe non sono correlate a diminuzione del crimine, le pene certe invece lo potrebbero essere.
- In un ambiente carcerario classico (seguito male) le possibilità che chi compie il crimine si "redima" è piu' bassa rispetto ad una struttura come citata, anzi il piu' delle volte il clima carcerario e la difficoltà del reinserimento sociale comportano un sentirsi esclusi e sostanzialmente sentimenti di rancore e rabbia che non aiutano.
Diciamo che se certe affermazioni sono fatte per soddisfare una brama di vendetta, sappiate che non serve a nessuno: ne' alla vittima che il trauma non potrà mai dimenticare, ne' al criminale che alla prima occasione potrebbe ricommettere il crimine, ne' tantomeno alla società che perde 2 individui in un colpo solo.
Del secondo ne faremmo volentieri a meno.
Ripeto, è dimostrato che la nosatra bonaggine reclama violenti, non prenderne atto non solo è ignavia, ma data l'urgenza, è vera colpa.
Dragan80
24-02-2009, 07:21
:rolleyes:
al solito:
alle vittime di reati sessuali che a vita dovranno conviverci.....'na mazza.
ai loro carnefici....corsi di recupero e sostegno psicologico.
complimenti.
il carcere non deve essere educativo...(che ad educare è compito principe della società)ma punitivo.
Visto che quando il detenuto esce (qualsiasi sia il reato che abbia commesso) potrebbe diventare il mio vicino di casa, preferisco che venga "educato" in modo da potere vivere nella società.
Questa "educazione" comprenderà una parte punitiva, una parte riabilitativa e una parte di preparazione al reinserimento
eoropall
24-02-2009, 07:53
Visto che quando il detenuto esce (qualsiasi sia il reato che abbia commesso) potrebbe diventare il mio vicino di casa, preferisco che venga "educato" in modo da potere vivere nella società.
Questa "educazione" comprenderà una parte punitiva, una parte riabilitativa e una parte di preparazione al reinserimento
Giusto, un "normale" soggetto "depravato trasgressivo" puo essere "educato", nel senso che gli si puo far capire (spero) che certi "sfizi" si pagano molto cari, magari dandogli anche (vedi articolo) un supporto psicologico per aiutarlo a guardare "altrove" e soprattutto in modo diverso..
"Educato" ecco, questo è un temine corretto, ma se parliamo di "curare" il cervello umano in un "certo particolare ambito", allora la cosa diventa infinitamentre più complessa, diciamo pure impossibile..
I pedofili non guariscono
Lo afferma lo psicologo che cura, fra gli altri, anche i preti che abusano di minorenni. Per questo, spiega, non è prudente lasciarli al loro incarico. Amezzo chilometro dalla Basilica di San Pietro, in Vaticano, lavora un professionista che conosce i più cupi segreti di alcuni membri del clero. Non è un confessore ma un clinico. Poco meno di sessant’anni, origini pugliesi, uomo di scienza prima che uomo di fede, Aureliano Pacciolla insegna psicologia della personalità alla Lumsa ed è psicoterapeuta orientato verso l’ipnosi e il cognitivismo. Dirige la collana Psicologia e interdisciplinarità dell’editore Laurus Robuffo ed è consulente tecnico del tribunale di Roma e della Sacra rota. Il suo campo d’azione specifico riguarda l’abuso sessuale: in particolare l’abuso su minorenni e la pedofilia.
In qualità di terapeuta tenta il recupero di pazienti che si sono macchiati di questi reati anche all’interno del clero. In veste di studioso e ricercatore, è chiamato a tenere corsi di aggiornamento per superiori del clero, su questi temi. «Il primo caso di cui mi sono occupato riguardava un laico e mi ha insegnato che riconoscere un pedofilo non è cosa semplice, anche se sei un esperto» spiega Pacciolla. «Bruno aveva 35 anni e veniva da me per curare i suoi stati d’ansia dovuti alla separazione dalla moglie e alla disoccupazione. Dopo 2 anni di trattamento, di punto in bianco, mi rivelò che molto tempo prima aveva abusato di sua figlia, quando lei aveva 4 anni. La toccava mentre dormiva». Come andò a finire? La ragazza a 16 anni soffriva di stati dissociativi che non le permettevano di studiare con profitto. Il padre sparì poco dopo avermi rivelato il suo segreto. Quando vide il primo pedofilo in abito talare? Era il 1995 e mi trovavo fuori Roma. Un viceparroco di 29 anni trovò un pretesto per avvicinarmi e mi confidò che allenava la squadra di calcio dell’oratorio e al termine delle partite si improvvisava massaggiatore per toccare i bambini di 8-9 anni. Dopo il racconto, non si fece più vivo. Ricordo anche il caso di un frate straniero 55enne: da un lato aveva un’autentica ossessione per l’orario delle messe e per alcune sequenze di preghiere; dall’altro metteva in pratica fantasie masturbatorie con bambini, con la scusa che «anche loro sorridevano. Messo di fronte al fatto che un bambino non può scegliere liberamente di partecipare a un atto sessuale, dopo tre sedute si volatilizzò pure lui. In entrambi i casi segnalai i soggetti al vescovo di riferimento e all’autorità giudiziaria. Lei denuncia i suoi pazienti? L’obbligo di referto prevale sul segreto professionale quando è a rischio un bene comune. Poiché arrestare le tendenze pedofile di un soggetto è impossibile, occorre impedirgli di delinquere ulteriormente. Le sue segnalazioni hanno sempre effetto? Intervenni ripetutamente contro un prete che aveva abusato di sette adolescenti e pretendeva addirittura di farsi nominare superiore. Non finì in galera ma restò al suo posto. A poco a poco le famiglie coinvolte ritirarono le denunce e il caso si spense. Ma di certo quel frate non è guarito. Un pedofilo è incurabile? Curabile ma inguaribile, a mio parere. Primo, è veramente difficile che un pedofilo venga a chiedere aiuto da solo: arriva in terapia per altri disturbi o se viene implicato in vicende giudiziarie. Secondo, un pedofilo non riconosce la propria inclinazione, oppure non ritiene che abbia una connotazione negativa. Terzo, trattandosi di una preferenza sessuale, è pressoché impossibile variarla clinicamente. Quarto, messo davanti ai dati di fatto, in poche sedute il pedofilo abbandona il trattamento. Cosa pensa dell’ipotesi di castrazione chimica? Elimina solo l’erezione ma il pedofilo resta tale e sfoga le proprie pulsioni con altre parti del corpo, anche con maggiore veemenza a causa della frustrazione. Come si interviene allora su un paziente affetto da pedofilia? Somministrandogli antidepressivi Ssri a basso dosaggio lo si rende più permeabile al colloquio psicoterapeutico. In quella sede è possibile abituarlo a riconoscere in anticipo le immagini mentali che lo portano all’eccitazione, aumentando quindi le sue possibilità di autocontrollo. Ma anche quando il soggetto è collaborativo resta come un vulcano spento che può esplodere improvvisamente. Per questa ragione non credo sia prudente che i sacerdoti pedofili tornino ai loro incarichi. Il Vaticano cosa le dice? Personalmente non ho mai subito alcuna censura, anche se so che in non pochi casi è stata messa in atto una vera e propria «cover up policy» da parte di soggetti ecclesiastici. Non sempre le autorità ecclesiastiche hanno collaborato con le indagini delle autorità giudiziarie. Ora sembra che vi sia maggiore disponibilità, ma le resistenze sono ancora eccessive. In tribunale i casi di pedofilia in seno al clero sono sempre più frequenti. Il fenomeno è in crescita? È solo una questione di visibilità. Il clero dei paesi anglosassoni ha una maggiore percentuale di casi di pedofilia conclamata perché i loro sistemi giudiziari vantano certezza e immediatezza della pena. Al contrario, dove la pena è solo probabile e lontana nel tempo, la denuncia diventa una fonte di stress per la vittima e i suoi familiari. Alcuni poi ritengono che nelle culture latine, a prevalenza cattolica, sia più facile per la Chiesa tenere nascosta un’infamia. Ci sono differenze tra pedofili laici ed ecclesiastici? No. Le cause sono comuni: traumi subiti in infanzia o desiderio di provare nuove esperienze. Per tutti e due la pedofilia può essere una patologia, se la tendenza è stabile nel tempo, o soltanto un reato, per il quale basta un unico atto sessuale. Chi è la vittima tipo del prete pedofilo? I sacerdoti abusanti di orientamento eterosessuale molestano di solito le fedeli adulte e, meno frequentemente, suore e bambine. I sacerdoti pedofili con orientamento omosessuale, invece, statisticamente prediligono i bambini, specialmente prepuberi. Cosa succede a questi bambini quando diventano grandi? Difficile dirlo. Molti accusano un grave disturbo di personalità, detto borderline. Spesso i maschi esternalizzano la sofferenza diventando a loro volta abusanti, mentre le femmine soffrono in modo più intimo. Si è mai lasciato sopraffare dall’orrore di un racconto? Non posso dimenticare la storia di un quarantenne che dopo aver abusato della figlia primogenita, ormai diciassettenne, si era dedicato ai due gemelli secondogeniti, dodicenni: un maschio e una femmina. Violentava entrambi e, quando la bimba rimase incinta, la portò ad abortire firmando perché uscisse in anticipo dall’ospedale per poterla subito violentare di nuovo. Al termine dell’incidente probatorio andai nel bagno del tribunale a piangere.
Fonte: Panorama n. 50 dicembre 2007
Ma che discorso è?
Parti dal fatto che ha stuprato innanzitutto.
L'obbiettivo della pena è il disincentivo :
" Cazzo se stupro mi rompono il culo, meglio che evito"
A sto punto potrei dirti
<<Guarda che carina, ora me la ingroppo, tanto non cè il carcere duro.>>
-_- che razza di discorsi fate.
Tu che discorsi fai, non hai le minime basi di psicologia per poter parlare di questo argomento.
Ziosilvio
24-02-2009, 08:50
Tu che discorsi fai, non hai le minime basi di psicologia per poter parlare di questo argomento.
Da utente:
Il punto non è se Fedozzo abbia o no "le minime basi di psicologia per poter parlare di questo argomento", ma se Fedozzo abbia detto una cosa giusta oppure una cosa sbagliata.
Se ha detto una cosa sbagliata, ci piacerebbe sapere perché la cosa detta a Fedozzo è sbagliata.
P.S.: colgo l'occasione per rinnovare la mia richiesta di sapere quale sia la recidiva media dei criminali sessuali.
Echeppalle.
Sbaglia perchè fa pensare un criminale come una persona "normale" (che fa ragionamenti in condizioni "normali"). Solo non avere le basi della psicologia può farti pensare cose simili.
Recidiva non disponibile.
Ziosilvio
24-02-2009, 09:11
Sbaglia perchè fa pensare un criminale come una persona "normale" (che fa ragionamenti in condizioni "normali"). Solo non avere le basi della psicologia può farti pensare cose simili.
Strano, io pensavo che la qualifica di "criminale" venisse assegnata in base a quello che uno fa, non in base a quello che uno pensa.
Recidiva non disponibile.
Peccato, sarebbe stata utile per valutare se il sistema argomento del thread funziona meglio degli altri oppure no.
http://www.provincia.grosseto.it/pariopportunita/news.php?id=3419&bookmark=15
11/12/2008 09:34
Reiconfessi non subiranno il processo
I due ragazzi saranno rieducati
Hanno confessato: ad appena sedici anni, un anno e mezzo fa, hanno violentato una ragazzina di 13 che qualche mese dopo si è suicidata lanciandosi dal balcone di casa.
Ma non subiranno il processo e non rischiano alcuna condanna.
Il gup del Tribunale per i minorenni di Taranto Laura Picaro, infatti, contro il parere del pm, Enrico Bruschi, e dell'avvocato difensore della famiglia della ragazza, ha deciso di non optare per il rinvio a giudizio ma per la 'messa alla prova'.
I due ragazzi saranno sottoposti per 15 mesi ad un periodo di osservazione nel corso del quale saranno impegnati in un programma di rieducazione e di assistenza agli anziani. Se in questo periodo rispetteranno gli impegni, il processo a loro carico sara' cancellato.
La vicenda si era consumata nel rione Paolo VI alla periferia di Taranto, uno dei quartieri piu' a rischio della citta'.
La ragazzina, che a causa di una situazione di disagio familiare e a causa di problemi psichici, era affidata ad un istituto per minorenni, si suicido' nell'aprile del 2007 lanciandosi dal un balcone al settimo piano della casa dei suoi dove era tornata per il fine settimana.
Nella sua stanza nell'istituto che la ospitava gli investigatori trovarono il diario in cui la ragazza raccontava nel dettaglio dello stupro subito dai due minorenni nel novembre del 2006.
Nel diario la ragazza raccontava anche di un'altra violenza subita qualche giorno prima da altre tre persone, tutte maggiorenni, per le quali e' stato chiesto il rinvio a giudizio e si attende a breve la decisione del gup.
Agli investigatori apparve evidente la connessione tra il suicidio e lo stato di prostrazione in cui si trovava la ragazza a causa delle violenze subite.
La richiesta di messa alla prova da parte dei due ragazzi era stata avanzata dai difensori nell'udienza dello scorso ottobre.
Oggi il gup ha deciso di accoglierla, contro il parere del pm secondo cui, invece, esistevano le condizioni sufficienti per il rinvio a giudizio.
Ai genitori della ragazza, trasferitisi a Napoli dopo l'accaduto e giunti a Taranto apposta per l'udienza, non e' rimasto altro che esprime rammarico tramite il loro avvocato.
Taranto Loro hanno confessato: ad appena sedici anni, un anno e mezzo fa, avevano violentato una ragazzina di 13 che qualche mese dopo, ancora scioccata, si suicidò lanciandosi dal balcone di casa.
Ma nonostante questo non subiranno il processo e non rischiano alcuna condanna.
Il gup del Tribunale per i minorenni di Taranto Laura Picaro, infatti, contro il parere del pm, Enrico Bruschi, e dell’avvocato difensore della famiglia della ragazza, ha incredibilmente deciso di rinviare a giudizio i colpevoli ma di «metterli in prova».
I due ragazzi saranno quindi sottoposti per 15 mesi a un periodo di osservazione nel corso del quale saranno impegnati in un programma di rieducazione e di assistenza agli anziani.
Se in questo periodo rispetteranno gli impegni, il processo a loro carico sarà cancellato.
La drammatica vicenda si era consumata nel rione Paolo VI alla periferia di Taranto, uno dei quartieri più a rischio della città.
La ragazzina, che a causa di una situazione di disagio familiare e a causa di problemi psichici, era affidata a un istituto per minorenni, si suicidò nell’aprile del 2007 lanciandosi da un balcone al settimo piano della casa dei suoi dove era tornata per il fine settimana.
Nella sua stanza nell’istituto che la ospitava gli investigatori trovarono il diario in cui la giovane raccontava nel dettaglio dello stupro subito dai due minorenni nel novembre del 2006.
Nel diario la raccontava anche di un’altra violenza subita qualche giorno prima da altre tre persone, tutte maggiorenni, per le quali è stato chiesto il rinvio a giudizio e si attende a breve la decisione del gup.
Agli investigatori apparve evidente la connessione tra il suicidio e lo stato di prostrazione in cui si trovava la tredicenne a causa delle violenze subite.
La richiesta di messa alla prova da parte dei due ragazzi era stata avanzata dai difensori nell’udienza dello scorso ottobre.
Ieri il gup ha deciso di accoglierla, contro il parere del pm secondo cui, invece, esistevano le condizioni sufficienti per il rinvio a giudizio.
Ai genitori della vittima, trasferitisi a Napoli dopo l’accaduto e giunti a Taranto apposta per l’udienza, non è rimasto altro che esprimere il loro profondo rammarico tramite l’avvocato che li assiste.
Duro, invece, commento della Presidente di Telefono Rosa, Gabriella Moscatelli. «Siamo vicine alla famiglia Masiello e saremo al loro fianco per sostenerli in quella che ci sembra ancora una volta l’applicazione di leggi inadeguate all’efferatezza del reato». «Per noi tutto questo è inaccettabile - prosegue la Moscatelli - e chiediamo al ministro Alfano, ma anche al presidente Berlusconi e al ministro Carfagna di costruire leggi che impediscano simili assurdità.
Come possiamo combattere il bullismo se 15 mesi di assistente sociale cancellano il processo di stupro ai danni di una ragazzina di 13 anni, che per il dolore si è uccisa?».
Ziosilvio
24-02-2009, 09:19
http://www.provincia.grosseto.it/pariopportunita/news.php?id=3419&bookmark=15
Ecco, questo mi sembra un esempio in cui il giudice ha applicato una concezione di "rieducazione" esagerata e fuori luogo vista la gravità del reato e la drammaticità delle conseguenze.
Strano, io pensavo che la qualifica di "criminale" venisse assegnata in base a quello che uno fa, non in base a quello che uno pensa.E fin qui siamo d'accordo. Ma una volta che a uno si applica l'etichetta criminale, non puoi farlo pensare come uno che scrive da una villa in centro a Milano.
Peccato, sarebbe stata utile per valutare se il sistema argomento del thread funziona meglio degli altri oppure no.
In realtà non sono riuscito a trovarla, non è che non esiste.
Ziosilvio
24-02-2009, 09:25
E fin qui siamo d'accordo. Ma una volta che a uno si applica l'etichetta criminale, non puoi farlo pensare come uno che scrive da una villa in centro a Milano.
Perché no?
In realtà non sono riuscito a trovarla, non è che non esiste.
Va beh, non è che puoi fare tutto tu; prima o poi salterà fuori.
Se magari anche gli altri forumisti dessero una mano...
http://blog.panorama.it/italia/2008/08/06/stupro-quando-la-violenza-diventa-poi-malattia/
Stupro. Quando la violenza diventa poi malattia
Mercoledì 6 Agosto 2008
di Paola Ciccioli
“È giusto che la gente sappia cosa vuol dire aver subito una violenza sessuale. Perché non sono soltanto lacrime e botte: quello, purtroppo, è solo l’inizio”. Il dopo è una lunga scia di pena e malattia: su questo chiede di riflettere la madre di Valentina, la ragazza di 29 anni che il 12 luglio si è uccisa a Torino dopo che le erano stati violati “anima e corpo”. Sei anni, per lei, è durato il buio dell’infelicità, diventato un peso insopportabile di cui disfarsi insieme con la vita.
“Che ci sia una relazione molto forte tra la violenza sessuale e il tentato suicidio è certo” afferma Patrizia Romito, docente del dipartimento di psicologia dell’Università di Trieste.
http://www.psico.univ.trieste.it/dip/ricerca.php3
Una ricerca recente, ancora in fase di elaborazione e di cui Panorama anticipa le conclusioni salienti, mette in rapporto diretto la violenza sessuale con l’impulso a suicidarsi e alcuni distubi psicologici con cui la vittima deve fare i conti dopo.
E il dopo è malattia, perché essere violati significa “avere una vita resa molto più difficile”, “soffrire per ferite che restano aperte a lungo” e, nei casi più gravi, essere piegati da “danni che non si recuperano”. Tutto questo va sotto il nome di: tentato suicidio o ricorrente desiderio di morte, depressione, attacchi di panico, abuso di alcol, problemi alimentari come bulimia e anoressia. “La nostra ricerca documenta l’effetto diretto dello stupro su ciascuno di tali indicatori di salute” spiega Romito. Lo studio è stato promosso dalla Commisione regionale per le pari opportunità del Friuli Venezia Giulia e ha interessato 627 studenti e studentesse di 14 tra licei, istituti tecnici e professionali della regione.
Tra le ragazze che hanno subito violenza o molestia sessuale l’11 per cento ha tentato di uccidersi, mentre i tentativi di suicidio sono del 3 per cento per chi non ha dovuto affrontare questa esperienza. La fantasia di volersi togliere la vita riguarda ben 48 under 20 su 100, sempre limitandosi a coloro che hanno dovuto affrontare la violenza, mentre le altre pensano a farla finita nel 28 per cento dei casi. Sempre tra le studentesse abusate, il 55 per cento ha dichiarato di avere attacchi di panico (il 38 per cento è la percentuale delle non abusate) e addirittura il 65 per cento dice di soffrire di depressione (la percentuale scende al 43 per le compagne). Il questionario mirava anche a mettere in evidenza quale sia la percezione della violenza in famiglia da parte dei giovanissimi, in tutte le sue declinazioni.
Ne è emerso che l’8 per cento degli intervistati ha visto in più occasioni il padre mentre picchiava la madre. Il 10 per cento delle ragazze con una esperienza di coppia (e il 3 dei loro compagni maschi), poi, ha subito gravi maltrattamenti dal giovane partner. Mentre il 27 per cento delle studentesse, appunto, ha conosciuto su di sé la ferita delle molestie sessuali o dello stupro. “Contrariamente al pregiudizio sociale secondo cui le donne gridano allo stupro quando invece non è successo niente” ammonisce Romito “le ragazze non riescono a riconoscere come tale ciò che invece è reato per il Codice penale”. L’esempio classico? La violenza sessuale compiuta dal fidanzato. “Dato che sto con lui, che ci sono uscita, che l’ho baciato…” si ripete tra sé e sé la vittima, senza però andare fino in fondo al proprio disgusto e dare il giusto nome a un rapporto intimo subito e destinato a creare una voragine nel profondo.
Il pregiudizio accoglie spesso le vittime, che con un comportamento freddo e in apparenza indifferente vanno a farsi visitare al pronto soccorso o si presentano in questura per la denuncia. “Quella freddezza può essere sintomo di una grande forma di sofferenza” mette in guardia Romito, che è autrice del volume Un silenzio assordante. La violenza occultata su donne e minori (Angeli Editore), tradotto in varie lingue.
Tra le conseguenze a breve e lungo termine dello stupro ci sono infatti due sintomatologie di segno opposto: “Da una parte la cosiddetta sindrome post traumatica da stress, che significa ansia, attacchi di panico, impossibilità di liberarsi del ricordo dell’abuso, incubi, agitazione. Il suo opposto, altrettanto grave, è la paralisi delle reazioni e delle emozioni”.
Prima della ricerca condotta sugli studenti medi del Friuli Venezia Giulia, la docente di Trieste ha svolto un altro studio, pubblicato nel 2007 dalla rivista Social science & medicine
http://www.elsevier.com/wps/find/journaldescription.cws_home/315/description#description
per valutare l’impatto sulla salute psicologica della violenza tra gli studenti universitari: 502 gli intervistati, maschi e femmine, al massimo di 25 anni. Dall’indagine è emerso che il 20 per cento delle universitarie ha dichiarato di avere conosciuto lo stupro o di avere subito violenza grave. I maschi, non certo immuni dagli abusi sessuali, come si vede dalla tabella a pagina 60, sembrano reagire meglio al trauma, ma fanno registrare un maggiore ricorso all’alcol (con gli incidenti stradali a esso collegati).
“Siamo arrivati molto tardi a studiare le conseguenze dello stupro” conclude Romito. “Ci è voluta la conferenza dell’Onu sulle donne a Pechino perché, in Europa, si pubblicasse nel 2002 lo studio Enveff (Enquête nationale sur la violence enver les femmes en France)
http://www.travail.gouv.fr/espaces/femmes-egalite/enquete-nationale-violences-envers-femmes-france.html
secondo cui nei primi 12 mesi successivi all’abuso sessuale le donne hanno un rischio 26 volte superiore di suicidarsi”.
Sbagliato, però, parlare di ripercussioni permanenti: “Sì, le ferite sono gravi, ma poi la maggior parte delle donne le supera. Gli stupri sono così frequenti che se così non fosse saremmo in tante in una condizione di disabilità. Con l’aiuto di chi ci ama, qualche volta con il ricorso a una guida professionale, di sicuro con il passare del tempo, le ferite possono rimarginarsi”.
Ma quale scusa dovrebbero avere quei 2 che hanno stuprato la ragazzina che era in auto col suo ragazzo, queste 2 brave persone erano andate là solo per liberarli dall'ingombro dei loro denari e beni materiali, poi visto che lei era carina hanno pensato bene di gratificarla offrendole una sana dose di sesso violento e a lui hanno fatto provare l'ebbrezza di essere picchiato e gli hanno anche offerto lo spettacolo di sesso gratuito.
Sinceramente li poporrei per una onoreficienza ed un giro per i talk show....
Ma quale scusa dovrebbero avere quei 2 che hanno stuprato la ragazzina che era in auto col suo ragazzo, queste 2 brave persone erano andate là solo per liberarli dall'ingombro dei loro denari e beni materiali, poi visto che lei era carina hanno pensato bene di gratificarla offrendole una sana dose di sesso violento e a lui hanno fatto provare l'ebbrezza di essere picchiato e gli hanno anche offerto lo spettacolo di sesso gratuito.
Sinceramente li poporrei per una onoreficienza ed un giro per i talk show....Per me, nessuna scusa in nessun caso.
Preciso tuttavia che :
1- l'episodio di cui fai menzione ha visto come vittima una ragazza che nel 2002 aveva 23 anni, e che poi si è suicidata all'età di 29, nel luglio 2008.
2- l'episodio che ha coinvolto la ragazzina tredicenne è avvenuto nel 2006, e la vittima si è suicidata un anno più tardi.
Perché no?
Perchè se avesse le condizioni che lo portano a pensare come noi, non delinquerebbe.
eoropall
24-02-2009, 09:53
Perchè se avesse le condizioni che lo portano a pensare come noi, non delinquerebbe.
Giano tu sei fuori dal mondo, e di brutto anche..
Se "pensasse" come noi, delinquerebbe dove è possibile farlo, leggi con il minor rischio possibile, (leggi: senza farsi beccare) magari facendosi una vacanzina all'estero (parliamo di circa ottantamila soggetti, solo per il "mercato" dei minori), oppure su un soggetto debole e indifeso aka psicologicamente fragile (e non parlo solo di bambini), possibilmente proveniente da un ambiente povero aka in condizioni di estrema necessità..
Hai mai visto il corpo di una prostituta senegalese Giano ? Non è raro trovarci bruciature di sigarette; già un altro innocente e "legale" (a meno di denunce) "sfizio" di queste persone..
nomeutente
24-02-2009, 09:58
Strano, io pensavo che la qualifica di "criminale" venisse assegnata in base a quello che uno fa, non in base a quello che uno pensa.
Però la psicologia di un criminale non è uguale a quella di un uomo medio.
Kharonte85
24-02-2009, 10:03
Del secondo ne faremmo volentieri a meno.
Ripeto, è dimostrato che la nosatra bonaggine reclama violenti, non prenderne atto non solo è ignavia, ma data l'urgenza, è vera colpa.
E' dimostrato invece che il sistema carcerario non funziona (un grande numero di ricerche ha evidenziato gli effetti negativi e controproducenti che la prigione ha sugli individui) proprio perchè non prende in considerazione una rieducazione o un trattamento ma solo una punizione che poi si rivela non essere nemmeno certa.
@ania: richiamare l'attenzione alla vittima è sacrosanto ma bisogna fare attenzione poichè il modo giusto per farlo passa anche dal riconoscimento che esiste una doppia necessità: sia per la vittima che per il criminale DEVE sempre esserci una assistenza psicologica, se manca questa cultura di fondo si potrebbe dare credito alla diffusa credenza che una pena il piu' severa possibile possa risolvere tutti i problemi della vittima (che viene così abbandonata), possa fare giustizia e rappresentare un deterrente (cosa che ricordiamocelo: non è dimostrato nemmeno per la pena di morte).
Quindi il ragionamento: non pensate al criminale ma pensate alla vittima alla fine si rivela deleterio per entrambi.
Deve cambiare la cultura di fondo ma soprattutto deve cambiare l'informazione che dovrebbe fare presente piu' spesso i casi in cui l'assistenza psicologica ha un effetto positivo sulla vittima di un reato sessuale, ma anche su chi la compie (> quindi le possibilità che la cosa non si verifichi piu')
Aggiungo che in certi casi (come penso utilizzino anche a Bollate) si effettuano (con il consenso di entrambi le parti) dei tentativi di mediazione che coinvolgono sia la vittima che l'abusante al fine di ricostruire un rapporto che riconsegni dignità ad entrambi, anche perchè la maggior parte di questi episodi avvengono all’interno dell’ambito familiare oppure ad opera di persone conosciute dai familiari e/o dalla vittima stessa: ed è di questi casi che stiamo parlando.
eoropall
24-02-2009, 10:05
Però la psicologia di un criminale non è uguale a quella di un uomo medio.
O magari ha solo una "morale" diversa dalla media..
A proposito di "media" / cultura (patriarcal maschilista) in alcuni paesi è ad esempio consuetudine violentare mogli bambine, perchè un marito ha DIRITTO a pretendere le prestazioni che gli sono dovute..
Umhhh, non vorrei sbagliarmi ma mi pare che anche in Italia (nei nostri codici) si parlasse fino a pochissimo tempo fa di "doveri coniugali"..
O magari ha solo una "morale" diversa dalla media..
E magari ce l'ha nel DNA...
Ma per favore, su.
21/04/2008
Incubo stupri, il silenzio delle innocenti
“Allarme stupri”.
L’Italia periodicamente si sveglia e si allarma sulla violenza sulle donne quando qualcuna, più coraggiosa o più drammaticamente ferita, denuncia lo stupro subito.
O quando, come nel caso di Roma, passanti che assistono alla violenza chiamano immediatamente la polizia.
Ma dorme, l’Italia, sulle migliaia di stupri e violenze non denunciati: solo il 4% delle donne violentate denuncia quanto ha subìto.
Questo è il vero motivo di allarme: che la vasta maggioranza degli stupri resti nell’ombra, non denunciata e non punita.
Questa è la doppia tragedia: subire un trauma di questo tipo e tacere.
Perché non denunciano le donne?
Per paura, innanzitutto.
Per non subire ritorsioni da parte degli amici del violentatore: fenomeno allarmante in USA e ora emergente anche da noi.
Per paura di subire rappresaglie, ritorsioni e nuove violenze da parte del violentatore: “Se mi denunci, te la faccio pagare!”.
“Se mi denunci, ti ammazzo!”.
Violenze, aggressioni, piccoli e grandi terrorismi che possono finire con la morte della donna che ha osato denunciare, dopo mesi o anni di persecuzioni, come è successo anche in alcuni tragici casi recente.
Perché sa che lo stupratore, quand’anche condannato, uscirà rapidamente di prigione: per un indulto, per “buona condotta”, perché l’avvocato di lui ha fatto ricorso in appello e nel frattempo sono decorsi i termini di carcerazione preventiva.
E sa che gliela farà pagare, questa è la pesante verità.
Altro che denunciare.
Non parla, la donna, anche per paura del giudizio sociale: la donna violentata diventa “res nullius”, cosa di nessuno, corpo oltraggiato, ferito, svalutato, “donna facile” come se una donna lo stupro “se lo andasse a cercare”, come se ci fosse una colpa intrinseca nell’essere violentate.
E non denuncia per vergogna, perché lei stessa, dopo uno stupro, si sente sporca, umiliata, ferita, oltraggiata nel corpo e nell’anima.
Come reagire?
Non con l’umoralità reattiva con cui si infiammano parole e animi di fronte al singolo episodio criminale.
Ma con la fermezza e il senso di responsabilità operativo che ogni cittadino e ogni politico deve avere nei confronti di una minaccia reale, quotidiana, pervadente e ingravescente, di cui solo a tratti emerge il volto più sanguinario o addirittura mortifero.
Dice il Viminale che le denunce per stupri nel 2007 sono state in calo rispetto al 2006.
Certo: ma non perché gli stupri sono in calo!
Bensì perché le poche donne che hanno parlano hanno pagato un prezzo personale così alto che le altre hanno imparato a stare zitte.
Soprattutto se non hanno dalla loro i mezzi culturali ed economici per difendersi: non a caso la maggioranza delle denunce sono fatte da donne professioniste o impiegate di livello, mentre tace la parte più povera e meno difesa, che nella realtà è anche la più oltraggiata.
Che cosa fare, in concreto?
Due sono le direzioni in cui agire, per ridurre i due grandi fattori della vulnerabilità: quello sociale e quello individuale.
Dal punto di vista sociale, contro i violentatori, è indispensabile avere:
1) una giustizia celere, innanzitutto, che diventi paradigma della necessità improcrastinabile di accelerare la giustizia italiana, prendendo esempio dalla Germania e dalla Francia, che hanno tempi molto più rapidi, a dimostrazione che la lentezza è un difetto grave tutto italiano;
2) nessuna attenuante, né patteggiamento: chi stupra è un assassino dell’anima, oltre che del futuro di una donna, e come tale va punito;
3) certezza della pena: basti indulti perché le carceri sono piene di delinquenti;
4) fuori dal Paese, con certezza dell’esecutività e irreversibilità dell’espulsione, dopo aver scontato completamente la pena, se si tratta di immigrati;
5) risarcimento personale della vittima, con i propri beni, se presenti (basterebbe riapplicare il Codice Giustinianeo del 533 dopo Cristo, che su questo tema era più avanzato di noi) o con il reddito del lavoro svolto in carcere. Insomma bisogna garantire che prima venga scontata completamente la pena.
Poi semmai si parlerà di riabilitazione.
E sul fronte della vulnerabilità delle donne?
E’ indispensabile che si sveglino innanzitutto i genitori, soprattutto per proteggere il crescente gruppo di adolescenti violentate nell’ombra e nel silenzio.
Sono i genitori che si devono allertare, educando i figli e le figlie ad una maggiore autoprotezione, che comincia dal tenere gli occhi aperti su alcuni evidenti fattori di rischio.
Dove sono i genitori di tutte le adolescenti che rientrano a notte fonda, ubriache o drogate?
Dove sono i genitori delle ragazze che escono di casa decentemente vestite per cambiarsi in auto o in taxi per andare a prostituirsi?
Dove sono i genitori delle ragazze con vestiti costosi e griffati, certamente non acquistabili con la paghetta settimanale?
Se vogliamo ridurre la vulnerabilità delle giovani donne, ma anche dei ragazzi, di cui cresce il numero di violentati che non denunciano, dobbiamo educarli individualmente:
1) all’autoprotezione;
2) a non aumentare la vulnerabilità a violenze e stupri, individuali o di gruppo, con alcool, droghe o atteggiamenti inutilmente provocanti;
3) a non buttarsi via, per conformismo, per imitazione, per disistima, per illusione di onnipotenza (“tanto a me non succederà mai niente di male”).
Dal punto di vista sociale, dobbiamo impegnarci tutti per avere città più sicure, perché ad ogni età, ormai, la violenza è in agguato.
Vedremo se questo Governo si impegnerà concretamente per tutelare la sicurezza, di cui abbiamo disperatamente bisogno.
Alessandra Graziottin
Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica H. San Raffaele Resnati, Milano
(www.fondazionegraziottin.org).
nomeutente
24-02-2009, 10:19
O magari ha solo una "morale" diversa dalla media.
La morale attiene comunque ad un processo psichico: se la morale è deviata, ci sono molte probabilità che tutta la mappa cognitiva del soggetto lo sia.
(preciso che non parlo da psicologo: la mia formazione è sociologica, quindi non sono in grado di approfondire l'argomento in maniera idonea)
A proposito di "media" / cultura (patriarcal maschilista) in alcuni paesi è ad esempio consuetudine violentare mogli bambine, perchè un marito ha DIRITTO a pretendere le prestazioni che gli sono dovute..
Umhhh, non vorrei sbagliarmi ma mi pare che anche in Italia (nei nostri codici) si parlasse fino a pochissimo tempo fa di "doveri coniugali"..
La morale è, appunto, un prodotto sociale.
La nostra società si basa su una certa morale: se uno non l'ha introiettata, significa che la sua socializzazione primaria ha avuto lacune più o meno gravi. Anche la percezione della possibile punizione quale conseguenza di un atteggiamento antigiuridico può venir meno, in queste condizioni.
Ad es. non ha alcuna utilità minacciare la pena di morte per un reato di mafia: la morte è un deterrente per il ladruncolo, magari, ma non certo per chi ispira la sua vita al criterio dell' ""onore"" mafioso.
27/11/2006
Perché le donne non denunciano lo stupro
Perché più del 92.6 per cento delle donne stuprate in Italia non denuncia la violenza subita?
E perché dopo l’aumento di fiducia nel valore della denuncia, dagli anni Novanta in poi, specie in ambito metropolitano, si assiste oggi a un nuovo crescente silenzio?
Le ragioni sono molteplici, in parte legate alla donna e alle caratteristiche del contesto in cui la violenza è stata perpetrata, in parte, e soprattutto, relative al grado di sicurezza personale che la donna percepisce nel caso in cui si rivolga alla cosiddetta giustizia.
Sul fronte personale le ragioni più frequenti del silenzio sono lo scoraggiamento di fronte alla violenza subita e il senso di impotenza e di solitudine, sempre più drammatici, che la donna avverte.
Al silenzio contribuiscono anche lo shock subito (che rende difficile organizzare una difesa strutturata, qual è il rivolgersi subito al pronto soccorso e alle forze dell’ordine per la denuncia), la depressione reattiva, l’angoscia, la paura: queste ultime massime nelle adolescenti violentate da coetanei o da adulti che abbiano sull’adolescente un ascendente, se non un ruolo di potere, in teoria educativo (parenti, insegnanti, allenatori).
Contribuisce la vergogna, sia per quello che si è vissuto, sia all’idea di dover raccontare tutto, più volte, nei minimi dettagli: il che espone la donna alla doppia violenza del rivivere l’abuso subìto e di esporsi all’aggressività diretta e indiretta, o all’incredulità inquisitiva, di chi la interroga.
Non ultimo, contribuiscono al silenzio i sensi di colpa: soprattutto quando lo stupro è avvenuto in condizione di rischio obiettivo, in cui esista una netta, maggiore vulnerabilità della donna.
Per esempio, quando lei ha bevuto di più, o è sotto l’effetto di droghe, condizioni di nuovo più frequenti nelle adolescenti e che aumentano in modo significativo il rischio di abuso, mentre diminuiscono in modo proporzionale la capacità sia di evitare situazioni di rischio estremo, sia di opporvisi in modo efficace.
Quasi tutti questi fattori erano tuttavia presenti anche negli anni Novanta.
Che cosa riduce, oggi, la fiducia nel valore della denuncia?
Un insieme di sentimenti negativi, proprio sulla qualità dell’aiuto, del supporto e della giustizia che una donna può ottenere.
E, soprattutto, la crescente evidenza del rischio di ritorsioni, da parte del violentatore: da nuove violenze fino all’assassinio.
Dopo l’orgoglioso trionfalismo di dieci-quindici anni fa, è ormai chiaro che “ottenere giustizia” è un ideale calpestato, a destra come a sinistra.
Chi ha buona memoria ricorderà che la “certezza della pena” era tra i punti forti del programma elettorale dell’attuale governo.
A quanto si vede mancavano tre parole, in quel punto: “Certezza della pena per la vittima”.
Cui corrisponde la certezza dell’impunità per l’aggressore.
Cos’altro è stato l’indulto, per i cittadini per bene, e le vittime dei tanti delinquenti oggi in libera uscita?
Uno schiaffo, un pugno nello stomaco.
Ogni giorno di più, le ragioni di Abele – che includono la spaventosa violenza dello stupro – restano inascoltate, mentre sono i Caino d’ogni tipo a dettare di fatto le regole del gioco, e le deroghe stesse alle regole.
Leggere sui giornali che una giovane donna, che aveva denunciato il proprio aggressore, poi condannato e rapidamente tornato in libertà, è stata da questi tormentata, inseguita, minacciata per tre anni, fino ad essere poi uccisa, nonostante le sue ripetute segnalazioni alle Forze dell’Ordine sulla persecuzione di cui era vittima, dà ad ogni donna un messaggio inequivocabile.
Qualunque cosa ti succeda, taci.
Perché se parli, rischi di essere stuprata altre cento volte, fisicamente e moralmente.
Dal contesto sociale, per il quale una donna violentata resta comunque marchiata per sempre come un oggetto degradato, un corpo sporco, che ha perso quella dignità femminile di donna “intatta” che è rimasto come valore forte nell’inconscio collettivo.
E soprattutto dal violentatore, che grazie all’ennesimo indulto uscirà di galera subito, furiosamente incattivito e baldanzoso allo stesso tempo, e dai suoi amici, che spesso provvedono già durante la sua prigionìa a fartela pagare nel frattempo.
Quando poi non si tratti di uno stupro in gruppo, nel qual caso il rischio di vendetta si moltiplica in modo proporzionale.
Chi di noi parlerebbe, sapendo a che cosa andrà incontro, dopo?
Che ogni sera potrebbe essere aspettata dietro l’angolo, vicino a casa, o fuori dal posto di lavoro, per una resa dei conti che non avrà testimoni?
Sapendo che la polizia non può fare nulla?
Che nessuno ci proteggerà?
Che tutta la legislazione è ormai caratterizzata da un garantismo insultante per le vittime?
L’unica prevenzione è aumentare nettamente la soglia di autoprotezione: niente alcool o droghe che riducano la capacità di controllo sulle situazioni e l’intuizione del rischio; evitare di rientrare a casa tardi e da sole; evitare gli atteggiamenti provocatori; non dare informazioni su di sé, specie via Internet; ritornare a una sostanziale sobrietà di comportamenti, che comunque riduce, ma non azzera, il rischio di stupro.
E imparare un minimo di autodifesa.
E la libertà personale?
Quella è un mito in caduta libera: in una società sempre più obiettivamente violenta, in cui sono i delinquenti ad avere diritto a muoversi con la massima aggressività e il minimo rischio di giustizia, non resta che autolimitarsi per evitare il peggio.
Perché l’alternativa, insidiosa e pericolosa, è la giustizia privata.
Triste? Sì, ma necessario per sopravvivere.
Dolorosamente pragmatico.
Alessandra Graziottin
Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica H. San Raffaele Resnati, Milano
(www.fondazionegraziottin.org).
Kharonte85
24-02-2009, 11:36
27/11/2006
Perché le donne non denunciano lo stupro
Perché più del 92.6 per cento delle donne stuprate in Italia non denuncia la violenza subita?
E perché dopo l’aumento di fiducia nel valore della denuncia, dagli anni Novanta in poi, specie in ambito metropolitano, si assiste oggi a un nuovo crescente silenzio?
Le ragioni sono molteplici, in parte legate alla donna e alle caratteristiche del contesto in cui la violenza è stata perpetrata, in parte, e soprattutto, relative al grado di sicurezza personale che la donna percepisce nel caso in cui si rivolga alla cosiddetta giustizia.
Sul fronte personale le ragioni più frequenti del silenzio sono lo scoraggiamento di fronte alla violenza subita e il senso di impotenza e di solitudine, sempre più drammatici, che la donna avverte.
Al silenzio contribuiscono anche lo shock subito (che rende difficile organizzare una difesa strutturata, qual è il rivolgersi subito al pronto soccorso e alle forze dell’ordine per la denuncia), la depressione reattiva, l’angoscia, la paura: queste ultime massime nelle adolescenti violentate da coetanei o da adulti che abbiano sull’adolescente un ascendente, se non un ruolo di potere, in teoria educativo (parenti, insegnanti, allenatori).
Contribuisce la vergogna, sia per quello che si è vissuto, sia all’idea di dover raccontare tutto, più volte, nei minimi dettagli: il che espone la donna alla doppia violenza del rivivere l’abuso subìto e di esporsi all’aggressività diretta e indiretta, o all’incredulità inquisitiva, di chi la interroga.
Non ultimo, contribuiscono al silenzio i sensi di colpa: soprattutto quando lo stupro è avvenuto in condizione di rischio obiettivo, in cui esista una netta, maggiore vulnerabilità della donna.
Per esempio, quando lei ha bevuto di più, o è sotto l’effetto di droghe, condizioni di nuovo più frequenti nelle adolescenti e che aumentano in modo significativo il rischio di abuso, mentre diminuiscono in modo proporzionale la capacità sia di evitare situazioni di rischio estremo, sia di opporvisi in modo efficace.
Quasi tutti questi fattori erano tuttavia presenti anche negli anni Novanta.
Che cosa riduce, oggi, la fiducia nel valore della denuncia?
Un insieme di sentimenti negativi, proprio sulla qualità dell’aiuto, del supporto e della giustizia che una donna può ottenere.
E, soprattutto, la crescente evidenza del rischio di ritorsioni, da parte del violentatore: da nuove violenze fino all’assassinio.
Dopo l’orgoglioso trionfalismo di dieci-quindici anni fa, è ormai chiaro che “ottenere giustizia” è un ideale calpestato, a destra come a sinistra.
Chi ha buona memoria ricorderà che la “certezza della pena” era tra i punti forti del programma elettorale dell’attuale governo.
A quanto si vede mancavano tre parole, in quel punto: “Certezza della pena per la vittima”.
Cui corrisponde la certezza dell’impunità per l’aggressore.
Cos’altro è stato l’indulto, per i cittadini per bene, e le vittime dei tanti delinquenti oggi in libera uscita?
Uno schiaffo, un pugno nello stomaco.
Ogni giorno di più, le ragioni di Abele – che includono la spaventosa violenza dello stupro – restano inascoltate, mentre sono i Caino d’ogni tipo a dettare di fatto le regole del gioco, e le deroghe stesse alle regole.
Leggere sui giornali che una giovane donna, che aveva denunciato il proprio aggressore, poi condannato e rapidamente tornato in libertà, è stata da questi tormentata, inseguita, minacciata per tre anni, fino ad essere poi uccisa, nonostante le sue ripetute segnalazioni alle Forze dell’Ordine sulla persecuzione di cui era vittima, dà ad ogni donna un messaggio inequivocabile.
Qualunque cosa ti succeda, taci.
Perché se parli, rischi di essere stuprata altre cento volte, fisicamente e moralmente.
Dal contesto sociale, per il quale una donna violentata resta comunque marchiata per sempre come un oggetto degradato, un corpo sporco, che ha perso quella dignità femminile di donna “intatta” che è rimasto come valore forte nell’inconscio collettivo.
E soprattutto dal violentatore, che grazie all’ennesimo indulto uscirà di galera subito, furiosamente incattivito e baldanzoso allo stesso tempo, e dai suoi amici, che spesso provvedono già durante la sua prigionìa a fartela pagare nel frattempo.
Quando poi non si tratti di uno stupro in gruppo, nel qual caso il rischio di vendetta si moltiplica in modo proporzionale.
Chi di noi parlerebbe, sapendo a che cosa andrà incontro, dopo?
Che ogni sera potrebbe essere aspettata dietro l’angolo, vicino a casa, o fuori dal posto di lavoro, per una resa dei conti che non avrà testimoni?
Sapendo che la polizia non può fare nulla?
Che nessuno ci proteggerà?
Che tutta la legislazione è ormai caratterizzata da un garantismo insultante per le vittime?
L’unica prevenzione è aumentare nettamente la soglia di autoprotezione: niente alcool o droghe che riducano la capacità di controllo sulle situazioni e l’intuizione del rischio; evitare di rientrare a casa tardi e da sole; evitare gli atteggiamenti provocatori; non dare informazioni su di sé, specie via Internet; ritornare a una sostanziale sobrietà di comportamenti, che comunque riduce, ma non azzera, il rischio di stupro.
E imparare un minimo di autodifesa.
E la libertà personale?
Quella è un mito in caduta libera: in una società sempre più obiettivamente violenta, in cui sono i delinquenti ad avere diritto a muoversi con la massima aggressività e il minimo rischio di giustizia, non resta che autolimitarsi per evitare il peggio.
Perché l’alternativa, insidiosa e pericolosa, è la giustizia privata.
Triste? Sì, ma necessario per sopravvivere.
Dolorosamente pragmatico.
Alessandra Graziottin
Posso dire che è anche per questo per cui è importantissimo attivarsi per evitare che queste persone marciscano in carcere covando vendetta.
Un'altra cosa: in quell'articolo si assume come punto di vista solo i casi piu' rari (meno del 10%) della violenza di sessuale di gruppo o da parte di sconosciuti (il piu' delle volte già coinvolti in attività criminali), mentre non si evidenzia abbastanza che la probabilità di subire uno stupro è direttamente proporzionale al grado di conoscenza che si ha con quella persona.
La società non è affatto piu' violenta, è il senso di insicurezza che è cresciuto.
Echeppalle.
Sbaglia perchè fa pensare un criminale come una persona "normale" (che fa ragionamenti in condizioni "normali"). Solo non avere le basi della psicologia può farti pensare cose simili.
Recidiva non disponibile.
Davanti a una veritò oggettiva, riconosciuta da tutti, ovvero il fatto che la nostra fama porta nel nostro paese un'ondata di criminalità violenta.
Ricordo che il Ministro degli esteri di Bucarest ha affermato che da noi si trova il 40% dei latitanti rumeni perchè, ha motivato, tra i criminali si è sparsa la voce dell'ipergarantismo italiano.
Le pene sono leggere, non vengono scontate per intero, le espulsioni sono inesistenti.
Stiamo diventando il paradiso dei latitanti e dei delinquenti, e invece di pernderne atto e di mostrare serietà e criticare il nostro operato, facciamo congetture psicologiche.
In romania le pene sono almeno il 50% piu severe delle nostre, e vengono scontate dal primo all'ultimo giorno, sempre... ora è chiaro perchè quasi la metà della loro criminalità è qui da noi?
Non voglio dire che non debba esserci una componente rieducativa del carcere, ma voglio dire che è giusto e sacrosanto che il carcere faccia paura, perchè se i rumeni che hanno stuprato la bambina alla caffarella non avessero idea di uno stato fantoccio e garantista, forse quella creatura sarebbe ancora inviolata.
http://www.alessandragraziottin.it/articoli.php?EW_FATHER=2058&ART_TYPE=AQUOT&ANNO=2006&ew_articolipageNo=
Non capisco che significato abbiano questi interventi.
La rieducazione non significa certo minimizzare il danno delle vittime.
Al contrario, proprio perché si tratta di un crimine cosi grave, mettere in opera gli strumenti affinché questi atti non si ripetano é una tutela per tutte le potenziali vittime.
Non basta punire il criminale per combattere il crimine.
E prevenire il crimine non significa in nessun modo giustificare il criminale.
da noi si trova il 40% dei latitanti rumeni perchè, .
non ha detto per la verità nulla di tutto cio
non ha detto per la verità nulla di tutto cio
Lo ha detto eccome, e sei pregato di quotare e discutere i post e non tacciare di falsita dati che sono stati divulgati da tutti i tg due giorni fà.
Continuate a vivere nel mondo delle favole, signori :)
ecco la dimostrazione:
http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/cronache/200902articoli/41331girata.asp
... -_-
In romania le pene sono almeno il 50% piu severe delle nostre, e vengono scontate dal primo all'ultimo giorno, sempre... ora è chiaro perchè quasi la metà della loro criminalità è qui da noi?
.
su quali basi fai questa affermazione?
Lo ha detto eccome, e sei pregato di quotare e discutere i post e non tacciare di falsita dati che sono stati divulgati da tutti i tg due giorni fà.
Continuate a vivere nel mondo delle favole, signori :)
ecco la dimostrazione:
http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/cronache/200902articoli/41331girata.asp
... -_-
In Italia si trova il 40% dei romeni ricercati con mandato internazionale
la tua affermazione é scorretta, cosi come il titolo dell'articolo.
A volte bisognerebbe provare a leggere invece di fermarsi al titoletto
su quali basi fai questa affermazione?
Ho colleghi rumeni che mi parlano spesso di come funzionano le cose lì: 6 anni per il furto, ad esempio, che vengono sempre scontati.
Inoltre da due anni le autorità rumene ci riprendono per il nostro garantismo.
In Italia si trova il 40% dei romeni ricercati con mandato internazionale
la tua affermazione é scorretta, cosi come il titolo dell'articolo.
A volte bisognerebbe provare a leggere invece di fermarsi al titoletto
Beh.. complimenti, cambia molto la questione, anzi, la peggiora (saranno ancora piu pericolosi ed efferrati a questo punto).
E' tutto normale.
Ho colleghi rumeni che mi parlano spesso di come funzionano le cose lì: 6 anni per il furto, ad esempio, che vengono sempre scontati.
Inoltre da due anni le autorità rumene ci riprendono per il nostro garantismo.
ti riferisci a colleghi rumeni esperti in diritto (avvocati, magistrati ecc)? in caso contrario evitiamo di fare riferimento al diritto di altri paesi se non vogliamo cadere in una analisi comparata in stile "buona domenica".....
ti riferisci a colleghi rumeni esperti in diritto (avvocati, magistrati ecc)? in caso contrario evitiamo di fare riferimento al diritto di altri paesi se non vogliamo cadere in una analisi comparata in stile "buona domenica".....
Puoi non fidarti dei miei colleghi (che sono scienziati/laureandi e non avvocati) ma non sono il primo ad affermare questo, le stesse cose sono state dette, da molto tempo, dalle autorità rumene.
In ogni caso ciò che mi è stato riferito per lo meno è sintomo che in romania si ha l'idea di un italia garantista e bonacciona, e questo basta.
Puoi non fidarti dei miei colleghi (che sono scienziati e non avvocati) ma non sono il primo ad affermare questo, le stesse cose sono state dette, da molto tempo, dalle autorità rumene.
non è una questione di fiducia, è una questione di attendibilità. Un'analisi comparata tra il diritto di due paesi fatta da uno scienziato non è attendibile; come non è attendibile un'analisi scientifica su un certo materiale (tanto per fare un esempio) fatta da un giurista.
Quello che ti dicono i tuoi colleghi è tanto attendibile quanto quello che ti potrebbe dire la casalinga di voghera sul nostro diritto penale.
non è una questione di fiducia, è una questione di attendibilità. Un'analisi comparata tra il diritto di due paesi fatta da uno scienziato non è attendibile; come non è attendibile un'analisi scientifica su un certo materiale (tanto per fare un esempio) fatta da un giurista.
Quello che ti dicono i tuoi colleghi è tanto attendibile quanto quello che ti potrebbe dire la casalinga di voghera sul nostro diritto penale.
Non hai commentato tutto il post però :)
Sono certo che non è la prima volta che senti che le autorità rumene giustificano l'incredibile rateo di criminalità rumena in italia con l'idea garantista che essi hanno del nostro paese.
Sembra che io stia dicendo una novità :mbe:
Beh.. complimenti, cambia molto la questione
si la questione cambia parecchio.
Quanto alle lodi della giustizia romena, l'anno scorso la commissione ha bloccato i finanziamenti alla romania proprio perché la romania non contrasta la dilagante corruzione tra forze dell'ordine e magistratura.
Se fossero cosi efficienti i latitanti sarebbero in carcere invece che latitanti.
si la questione cambia parecchio.
Quanto alle lodi della giustizia romena, l'anno scorso la commissione ha bloccato i finanziamenti alla romania proprio perché la romania non contrasta la dilagante corruzione tra forze dell'ordine e magistratura.
Se fossero cosi efficienti i latitanti sarebbero in carcere invece che latitanti.
Non lo metto in dubbio, ma questo non toglie che almeno hanno paura di finire in carcere, lì, tanto da venire qui.
Non capisco che significato abbiano questi interventi.
La rieducazione non significa certo minimizzare il danno delle vittime.
Al contrario, proprio perché si tratta di un crimine cosi grave, mettere in opera gli strumenti affinché questi atti non si ripetano é una tutela per tutte le potenziali vittime.
Non basta punire il criminale per combattere il crimine.
E prevenire il crimine non significa in nessun modo giustificare il criminale.
Significano che penso:
1- prima, lavorare perchè in questo paese ci sia una reale ed effettiva attuazione del principio della certezza della pena.
2- poi, lavorare anche per l'opera di recupero/raibilitazione di chi ha commesso reati.
3- senza dimenticarsi comunque mai che anche le vittime hanno bisogno di assistenza psicologica e recupero.
26/01/2009
L'impunità garantita
Prof.ssa Alessandra Graziottin
Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica H. San Raffaele Resnati, Milano
Se la ragazza violentata a Roma fosse stata la figlia del GIP, costui avrebbe messo il violentatore agli arresti domiciliari? Probabilmente no.
Che indifferenza e che sfregio. La beffa dopo la tragedia.
Perché in questo caso sì? ci chiediamo tutti.
“Si è pentito”. E allora?
Il pentirsi, soprattutto quello strumentale dell’ultima ora, non elimina la responsabilità né il danno causato, e non può attenuare la severità della pena.
Basta con il pentitismo.
Altrimenti, come fa una donna a sentirsi tutelata da questo Stato?
“Li prenderete, vero?” chiede ai carabinieri la ragazza violentata a Guidonia da cinque delinquenti mentre era appartata con il fidanzato in un momento di intimità.
Prenderli, in questa Italia, che senso ha?
Ammesso di trovarli, avranno tutte le attenuanti possibili.
In ogni caso, saranno di nuovo rapidamente fuori, tra indulti e altri privilegi che qui hanno solo i delinquenti.
Se extracomunitari, l’espulsione sarà un farsa.
E il rischio di ulteriori ritorsioni e violenze da parte del o dei violentatori sarà reale e pesantissimo.
E la ragazza violentata, invece, quanto a lungo dovrà soffrire, dopo?
Nessuno pensa che ognuna di queste ragazze ha un rischio concreto di gravidanza: come può sentirsi una donna che scopre di essere incinta dopo uno stupro?
Certo, in ogni pronto soccorso i medici dovrebbero raccomandare l’uso immediato della contraccezione d’emergenza, la pillola del giorno dopo.
Ma quanti lo fanno? E se la ragazza per convinzioni religiose non se la sente? Come può portare avanti una gravidanza concepita in queste condizioni?
E tra tutte quelle che non denunciano la violenza, quante pensano a prendere subito questo contraccettivo?
Lo stato di shock rende difficile anche il pensare a questa possibilità.
Eppure questa è una conseguenza concreta e tragica.
E le malattie sessualmente trasmesse?
Cinque delinquenti che ti violentano quante malattie, anche gravi, possono trasmettere?
Non ci si pensa, ma il diverso periodo di incubazione di queste malattie rende ansiosa l’attesa dei diversi test anche dopo mesi dallo stupro.
Purtroppo non ci sono cure preventive per molte di queste infezioni sessuali. E così una donna rischia concretamente di essere infettata e rovinata irreparabilmente nel corpo e nella mente.
Lo stupro configura a tutti gli effetti, anche dal punto di vista medico, oltre che psichico, una lesione personale gravissima da perseguire con estrema severità e non con l’insultante e banalizzante leggerezza che vediamo nel nostro Paese.
Poi ci si chiede perché le donne denunciano le violenze subite solo nel 4% cento dei casi.
Ma a che serve parlare?
Per subire l’ennesima umiliazione degli interrogatori, gli sguardi curiosi , giudicanti o malevoli delle persone, il giudizio sociale pesante, lo stigma di essere un corpo oltraggiato, violato, ferito e magari anche ammalato?
Per rischiare di vivere dopo in una situazione di ricatti, minacce e violenze, come era successo alla ragazza piemontese che è stata poi uccisa dal suo violentatore, al tempo denunciato, dopo anni di persecuzioni fisiche e psichiche?
Un caso infelice?
No: dati statunitensi rivelano che, dopo la denuncia, una donna violentata su tre subisce ritorsioni e ricatti dal violentatore o i suoi amici.
Un rischio ulteriore che non può essere sottovalutato.
La deriva delle norme in corso e la banalizzazione della violenza come “problema minore” dell’ordine pubblico fa sì che noi donne ci sentiamo sempre meno tutelate e sempre più esposte all’aggressività violenta di maschi, italiani o immigrati che siano.
Che siano “bravi ragazzi” che hanno agito sotto l’effetto di droghe non è un’attenuante, ma un’aggravante. Punto.
E se sono extracomunitari, la pena deve essere del pari esemplare e certa. Soprattutto certa, fino al completamento dell’espiazione.
E basta anche con la mitologia del povero immigrato.
Ci sono immigrati di qualità, che meritano a tutti gli effetti lo status di cittadino italiano, con diritti e doveri.
Ma anche una pletora di banditi, la cui esistenza è fatta di espedienti e furti, che hanno contribuito a ridurre drasticamente la sicurezza nel nostro Paese: vanno perseguiti con decisione, fino in fondo.
E che cosa dire della frustrazione delle Forze dell’Ordine?
Perché devono fare mesi di indagini per poi vedersi beffate dalla sostanziale impunità regalata ai delinquenti?
Come molti italiani sono delusa dalle periodiche promesse elettorali sull’ordine pubblico e sulla certezza della pena.
Anzi, come moltissimi cittadini mi sento francamente presa in giro.
Purtroppo, in questo aspro gennaio in cui gli stupri quotidiani sono diventati un bollettino di guerra, angoscia e addolora il vedere ogni giorno che l’area della violenza sessuale non si limita alle donne.
I periodici scandali sulla pedofilia in ambito religioso, contro bambini che non possono difendersi, perché bambini o perché, ancora peggio, con diverse disabilità, lasciano agghiacciati.
Credo che la Chiesa, prima di predicare contro la contraccezione, dovrebbe seriamente lavorare al proprio interno per la moralizzazione del comportamento sessuale di alcuni dei suoi religiosi, o l’espulsione dal corpo ecclesiale.
Non si può predicare contro le pagliuzze altrui se non si guardano prima le proprie travi.
Sull’inescusabile delitto della violenza sui bambini Gesù Cristo per primo ha scelto parole di fuoco.
(www.fondazionegraziottin.org).
Kharonte85
24-02-2009, 12:07
Lo ha detto eccome, e sei pregato di quotare e discutere i post e non tacciare di falsita dati che sono stati divulgati da tutti i tg due giorni fà.
Continuate a vivere nel mondo delle favole, signori :)
ecco la dimostrazione:
http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/cronache/200902articoli/41331girata.asp
... -_-
Anche il dato che dice che piu' del 90% degli stupri è fatto da Italiani per lo piu' conoscenti della vittima dovrebbe fare riflettere...
Usciamo da facili ideologie: psicologia non vuol dire buonismo. Cominciamo col togliere il marchio della nazionalità allo stupratore e diamogli l'identità di uomo e ammettiamo che la pena (chiunque la debba scontare) deve essere certa (5 anni sicuri spaventano piu' di 20anni incerti) ma anche rieducativa (il che significa che la si fa soprattutto in galera), altrimenti tutto è inutile e tutto non serve ad evitare che le cose si ripetano.
Il rischio di questa idealizzazione dello straniero=stupratore non rende giustizia ad un fenomeno molto piu' complesso che purtroppo fa parte ANCHE della cultura italiana (e cristiana-cattolica che per secoli ha svalutato la figura della donna)
Aggiungiamo anche che il tentativo di emancipazione femminile che nel secolo scorso ha avuto luogo e (tutt'ora prosegue) puo' e potrà essere concausa di un ritorno violento dell'uomo sulla donna che vede minacciato la sua posizione e la sua predominanza sociale per la prima volta dopo secoli.
Anche il dato che dice che piu' del 90% degli stupri è fatto da Italiani per lo piu' conoscenti della vittima dovrebbe fare riflettere...
Usciamo da facili ideologie: psicologia non vuol dire buonismo. Cominciamo col togliere il marchio della nazionalità allo stupratore e diamogli l'identità di uomo e ammettiamo che la pena (chiunque la debba scontare) deve essere certa (5 anni sicuri spaventano piu' di 20anni incerti) ma anche rieducativa (il che significa che la si fa soprattutto in galera), altrimenti tutto è inutile e tutto non serve ad evitare che le cose si ripetano.
Il rischio di questa idealizzazione dello straniero=stupratore non rende giustizia ad un fenomeno molto piu' complesso che purtroppo fa parte ANCHE della cultura italiana (e cristiana-cattolica che per secoli ha svalutato la figura della donna)
Aggiungiamo anche che il tentativo di emancipazione femminile che nel secolo scorso ha avuto luogo e (tutt'ora prosegue) puo' e potrà essere concausa di un ritorno violento dell'uomo sulla donna che vede minacciato la sua posizione e la sua predominanza sociale per la prima volta dopo secoli.
Apparte che la storia del 90% degli stupri, usata spesso da scudo da molti utenti, è una cosa supposta, la cui numerosità và dimostrata.
Nessuno contesta che ci siano, e che ce ne siano molti, ma gli stupri violenti in strada, sono una cosa parimenti orrenda, e hanno anche una provenienza abbastanza definita.
Circa l'ultima cosa.... bah..demagogia.
"il ritorno dell'uomo per l'emancipazione femminile"... gli stupratori sono dei criminali, e generalizzare al genere maschile in questo modo è oltremodo offensivo.
22/08/2006
Come cambia il volto della violenza
Prof.ssa Alessandra Graziottin
Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica H. San Raffaele Resnati, Milano
Il bollettino della violenza sessuale non conosce soste.
In questo scorcio d’estate colpisce l’identità del violentatore che cattura l’attenzione dei media: quasi di regola un extracomunitario.
Sembra dunque che il volto della violenza stia cambiando, con un protagonista in ascesa: l’immigrato, lo straniero.
Un’identità che da sola polarizza fantasmi, dichiarazioni bollenti, richieste di castrazione chimica.
Un’analisi dei fatti si impone: è reale questo aumento?
A che cosa è dovuto?
Rappresenta davvero, o no, la maggioranza delle violenze?
E che cosa comporta, questo, per le donne che vivono in Italia?
Contrariamente ai titoli sensazionalistici che ci colpiscono tanto, i dati ISTAT sulla violenza sessuale ci danno un elemento abbastanza stabile, e triste: tre vittime su quattro, anche nel 2005, come negli anni precedenti, sono state aggredite da familiari stretti, parenti e conoscenti, quindi all’interno della cerchia domestica.
Non solo: la rete di omertà, di paura, di minacce, che copre l’abuso “intra moenia”, tra le mura di casa, fa sì che i casi denunciati siano solo una minoranza, rispetto a quelli effettivamente perpetrati.
Il primo mea culpa, la prima linea di prevenzione e protezione dovrebbe quindi comunque essere rivolta nei confronti delle italianissime violenze familiari, che restano desolatamente stabili negli anni.
“Solo” il 18-27 per cento delle violenze denunciate nelle diverse regioni italiane sono compiute invece da sconosciuti.
E’ all’interno di questo gruppo che sì, sta avvenendo un cambiamento nell’identikit del violentatore.
Dalle notizie di cronaca sembra che gli immigrati siano ora dominanti, rispetto agli sconosciuti di nazionalità italiana.
Questi ultimi, nei casi più recentemente denunciati e peraltro in calo, sono minorenni e si muovono in gruppo.
Quindi sì, c’è un protagonista di minoranza in ascesa, l’immigrato, lo straniero, che agisce spesso isolato.
A che cosa è dovuto questo aumento?
Innanzitutto, a una diversa cultura della donna e del suo diritto al consenso all’atto sessuale, nonché al suo pieno diritto di cittadina di muoversi fuori casa da sola.
Per culture nelle quali la donna vive ancora in casa, il fatto che lei sia in giro da sola, magari per andare a lavorare alle 6.30 del mattino come è successo ieri a una signora di Milano, viene percepito come un doppio diritto per lui.
Perché lui ha voglia e lei è sola.
E sfortuna per lei: perché la donna viene vista come un puro oggetto per soddisfare una pulsione urgente.
Secondo, l’impulsività nell’aggressività, sessuale e non, è più frequente in popolazioni in cui il concetto di diritto, di regole, di controllo degli impulsi, sono meno radicati.
Con la complicità esplosiva dell’emarginazione, della solitudine, dello sradicamento, della precarietà violenta di una vita alla deriva.
Attenzione: queste non sono attenuanti.
Sono segni che dicono quanto la nostra società stia diventando vulnerabile quanto più aumenta la percentuale di disperati senza lavoro che entra nel Paese.
La violenza sta cambiando volto anche nei tempi, nelle modalità, nei luoghi, proprio perché ha questo carattere di predazione, sull’onda dell’istinto personale immediato che diventa urgente e prepotente nel momento in cui l’uomo scorge la preda.
Può succedere a tutte le ore del giorno, e non solo a tarda notte fuori dalle discoteche.
Può succedere mentre lei sta andando al lavoro, sobriamente vestita e tranquilla, al mattino presto, alla fermata dell’autobus.
Oppure in mattinata, mentre sta facendo jogging.
Al pomeriggio, mentre torna con la spesa.
Tutte situazioni in cui l’insinuazione maligna della corresponsabilità di lei cade definitivamente.
Che cosa significa questo per le italiane (ma lo stesso succede in tutti i Paesi ad alto reddito)?
Una verità triste: che la nostra libertà di donne è in netta riduzione.
Che la soglia di autoprotezione deve alzarsi a livelli nettamente più alti.
Che non si può più abbassare la guardia, in nessun contesto e a nessuna ora del giorno, oltre che della notte.
Questo come misura di emergenza che, vista la situazione, rischia di protrarsi così a lungo da diventare regola.
Che fare?
Chiedere un aumento delle forze di Polizia, come ha fatto ieri il sindaco di Milano, non ha senso, se poi un indulto butta fuori proprio questa categoria di perpetratori di crimine.
Semmai, due dovrebbero essere le linee di intervento: pene molto severe, e non passibili di indulto, per chi, immigrato o italiano, compia questo delitto contro la persona.
La disperazione di una donna brutalizzata in questo modo, violata nell’anima oltre che nel corpo, è reato gravissimo e dalle conseguenze devastanti e prolungate, molto più di quanto l’attuale legislazione consideri.
E’ un assassinio della fiducia, del diritto di essere libera e non preda.
E, per gli immigrati, espulsione successiva definitiva, alla fine della pena.
Il “politically correct” porta a vedere con molta comprensione le disperazioni degli extracomunitari.
Questo, tuttavia, non può in alcun modo ridurre la loro responsabilità quando compiano delitti, di ogni tipo, contro una persona del Paese che li ospita.
Solidarietà non può significare tolleranza o debolezza nell’esigere, con fermezza, il rispetto delle proprie regole di libertà e di autodeterminazione che, per quanto riguarda le donne, sono in Occidente nettamente più avanzate.
Ospitare l’immigrato non può significare il far tornare le donne italiane al medioevo, il barricarle in casa.
E nemmeno farci ridurre il diritto di vivere ed esistere e muoverci nella nostra terra con la giusta e necessaria sicurezza.
(www.fondazionegraziottin.org).
(www.fondazionegraziottin.org).
Ringrazio ania per l'articolo e riporto un passaggio bellissimo, per chi non ha voglia di leggerlo tutto:
<<Solidarietà non può significare tolleranza o debolezza nell’esigere, con fermezza, il rispetto delle proprie regole di libertà e di autodeterminazione che, per quanto riguarda le donne, sono in Occidente nettamente più avanzate.
Ospitare l’immigrato non può significare il far tornare le donne italiane al medioevo, il barricarle in casa.
E nemmeno farci ridurre il diritto di vivere ed esistere e muoverci nella nostra terra con la giusta e necessaria sicurezza. >>
Come puo non essere unanime?
qualcuno ha forse giustificato uno stupro compiuto da un romeno dicendo "eh ma poverino, é disperato"?
qualcuno ha forse giustificato uno stupro compiuto da un romeno dicendo "eh ma poverino, é disperato"?
No, ma si vuole negare la necessita di un inasprimento delle pene per evitare l'attuale odierna iniezione di criminalità straniera.
Kharonte85
24-02-2009, 12:23
Apparte che la storia del 90% degli stupri, usata spesso da scudo da molti utenti, è una cosa supposta, la cui numerosità và dimostrata.
E' una cosa supposta dall'ISTAT pero'...:D quindi mi pare che almeno un minimo di attendibilità o rappresentatività ce la debbano avere.
Nessuno contesta che ci siano, e che ce ne siano molti, ma gli stupri violenti in strada, sono una cosa parimenti orrenda, e hanno anche una provenienza abbastanza definita.
Questo invece è un dato che andrebbe analizzato (al momento non ho referenze ma posso supporre dato anche la differenza sul totale della popolazione che anche in questo caso gli immigrati siano minoranza) questo non significa negare che la criminalità e la violenza sessuale vadano bene a braccetto.
Circa l'ultima cosa.... bah..demagogia.
"il ritorno dell'uomo per l'emancipazione femminile"... gli stupratori sono dei criminali, e generalizzare al genere maschile in questo modo è oltremodo offensivo.
No è difensivo non offensivo, anzi l'identificazione straniero=criminale=stupratore è funzionale ad allontanare dalla nostra coscienza certe tematiche che invece ci appartengono e sono molto piu' vicine a noi di quanto si pensi.
No, ma si vuole negare la necessita di un inasprimento delle pene per evitare l'attuale odierna iniezione di criminalità straniera.
Non c'é nessuna correlazione tra le due cose.
Uno stupro compiuto da un rumeno é piu grave di uno stupro compiuto da un italiano?
Se il 90% o giu di li dei processi ci mette 10 anni ad arrivare alla sentenza definitiva, che la pena sia di 5 mesi o di 50 anni é del tutto irrilevante.
No, ma si vuole negare la necessita di un inasprimento delle pene per evitare l'attuale odierna iniezione di criminalità straniera.
le pene previste dal nostro codice sono, in generale, sufficientemente severe. Semmai è da rivedere la normativa che regola l'esecuzione della pena....
E' una cosa supposta dall'ISTAT pero'...:D quindi mi pare che almeno un minimo di attendibilità o rappresentatività ce la debbano avere.
Questo invece è un dato che andrebbe analizzato (al momento non ho referenze ma posso supporre dato anche la differenza sul totale della popolazione che anche in questo caso gli immigrati siano minoranza) questo non significa negare che la criminalità e la violenza sessuale vadano bene a braccetto.
No è difensivo non offensivo, anzi l'identificazione straniero=criminale=stupratore è funzionale ad allontanare dalla nostra coscienza certe tematiche che invece ci appartengono e sono molto piu' vicine a noi di quanto si pensi.
1) posso vedere lo studio Istat? In ogni caso si parla di statistiche, ma è solo per curiosità
2)qui purtroppo la cronaca degli ultimi mesi ti risponde ad solo.
3) nessuno ha proposto l'equazione da te citata, ma solamente un prendere atto della realtà.
Non c'é nessuna correlazione tra le due cose.
Uno stupro compiuto da un rumeno é piu grave di uno stupro compiuto da un italiano?
Se il 90% o giu di li dei processi ci mette 10 anni ad arrivare alla sentenza definitiva, che la pena sia di 5 mesi o di 50 anni é del tutto irrilevante.
Chi ha mai affermato una cosa del genere?questo non toglie che se di criminalità straniera cè un'emergenza ( come è vero, ma forse lo negherete non lo sò) bisogna correre ai ripari.
Il fatto che non ci sia correlazione fra pene severe e criminalità straniera quando tutto il mondo, romania compresa, non fa altro che farcelo notare, beh, forse cadono i persupposti per discutere.
<<«In Romania c'è la certezza della pena», spiega Florentina Rosioru sulle pagine del Gazzettino.
Alla presidente dell'associazione romeno-moldava di Treviso fa eco Raduca Lazarovici, che a Padova guida un'associazione per il dialogo interculturale: «In Romania la violenza sessuale è un reato rarissimo punito con pene durissime. Qui invece si scatenano».>>
Chi ha mai affermato una cosa del genere?questo non toglie che se di criminalità straniera cè un'emergenza ( come è vero, ma forse lo negherete non lo sò) bisogna correre ai ripari.
Il fatto che non ci sia correlazione fra pene severe e criminalità straniera quando tutto il mondo, romania compresa, non fa altro che farcelo notare, beh, forse cadono i persupposti per discutere.
Quale emergenza?
quella stupri?
In base a quali dati?
In Italia ci sono 3 - 4 stupri al giorno, almeno. Un migliaio al mese. Su questi 1000 la cronaca mediatica si concentra su 3 casi particolari. E gli altri 997?
L'esistenza dell'emergenza non é certo desumibile dai media che tra due mesi torneranno a concentrarsi sui bulldog assassini o sui bimbiminkia di youtube.
Quanto alla correlazione tra pene severe e livello del crimine, non esiste nessuna evidenza a supporto di cio. Anzi ci sono evidenze statistiche che la pena piu grave immaginabile (pena di morte) non ha nessunissimo effetto dissuasivo. Tanto piu se le pense sono grida manzoniane fatte per propaganda politica, visto che poi basta inventarsi che "il giudice ce l'ha con me" per mandare a donnine un procedimento giudiziario 5min prima della sentenza.
Quale emergenza?
quella stupri?
In base a quali dati?
In Italia ci sono 3 - 4 stupri al giorno, almeno. Un migliaio al mese. Su questi 1000 la cronaca mediatica si concentra su 3 casi particolari. E gli altri 997?
L'esistenza dell'emergenza non é certo desumibile dai media che tra due mesi torneranno a concentrarsi sui bulldog assassini o sui bimbiminkia di youtube.
Quanto alla correlazione tra pene severe e livello del crimine, non esiste nessuna evidenza a supporto di cio. Anzi ci sono evidenze statistiche che la pena piu grave immaginabile (pena di morte) non ha nessunissimo effetto dissuasivo. Tanto piu se le pense sono grida manzoniane fatte per propaganda politica, visto che poi basta inventarsi che "il giudice ce l'ha con me" per mandare a donnine un procedimento giudiziario 5min prima della sentenza.
Sostenieni, convinto, che una pena piu severa non ha potere di deterrenza ...... :mbe: ?
Sostenieni, convinto, che una pena piu severa non ha potere di deterrenza ...... :mbe: ?
perche secondo te passare da 15 anni di pena a 30 fa cambiare idea a uno stupratore?
Perché secondo te oggi lo stupratore pensa "ma si mi sollazzo tanto son solo 15 anni"?
qua sembra quasi che lo stupro sia depenalizzato.
Quale emergenza?
quella stupri?
In base a quali dati?
In Italia ci sono 3 - 4 stupri al giorno, almeno. Un migliaio al mese. Su questi 1000 la cronaca mediatica si concentra su 3 casi particolari. E gli altri 997?
Qualche numero non torna 4 stupri al giorno x 30 gg fa 120 e non 1000....
Comunque quanti sono gli stupri in un anno?
E soprattutto quale tipologia viene presa in considerazione?
Sono sempre stupri, però fra il trovarsi uno sconosciuto che ti ingroppa dopo averti picchiato mentre passavi di lì o il marito che invece vuol fare sesso mentre hai il mal di testa, credo ci sia una certa differenza.......
perche secondo te passare da 15 anni di pena a 30 fa cambiare idea a uno stupratore?
Non potrebbe? certo che potrebbe, unito alla certezza della pena
Perché secondo te oggi lo stupratore pensa "ma si mi sollazzo tanto son solo 15 anni"?
Probabilmente pensa che, di quei 15 anni di condanna ( che poi non sono mai 15, dato che si da come attenuante la resistenza della vittima!) ne fare 2/3 SE e solo se viene preso
Qualche numero non torna 4 stupri al giorno x 30 gg fa 120 e non 1000....
Comunque quanti sono gli stupri in un anno?
E soprattutto quale tipologia viene presa in considerazione?
Sono sempre stupri, però fra il trovarsi uno sconosciuto che ti ingroppa dopo averti picchiato mentre passavi di lì o il marito che invece vuol fare sesso mentre hai il mal di testa, credo ci sia una certa differenza.......
Io caso come quelli in neretto li ho sentiti da un paio di anni, non mi risluta che succedessero in passato ( non togliendo che gli stupri silenzioni/in famiglia ci sono sempre stati e vanno combattuti con parimenti severità)
Sono sempre stupri, però fra il trovarsi uno sconosciuto che ti ingroppa dopo averti picchiato mentre passavi di lì o il marito che invece vuol fare sesso mentre hai il mal di testa, credo ci sia una certa differenza.......
credo che questa minimizzazione della violenza domestica sia alquanto diffamante, nei confronti delle vittime.
Io caso come quelli in neretto li ho sentiti da un paio di anni, non mi risluta che succedessero in passato
Angelo Izzo era un protagonista di una fiction. Cosi tanto per andare a caso:rolleyes:
credo che questa minimizzazione della violenza domestica sia alquanto diffamante, nei confronti delle vittime.
Credo che quando si fa finta di non capire cosa un altro utente vuol dire e si posta solo per far polemica, sarebbe meglio tacere.
credo che questa minimizzazione della violenza domestica sia alquanto diffamante, nei confronti delle vittime.
hai ragione, ma non credo che volesse minimizzare.
Anche perchè si potrebbe dire la stessa coda delle persone che, quando si portano i tremendi fatti degli ultimi mesi, rispondono con " e vabbè ma il 90% degli stupri sono in famiglia"
Credo che quando si fa finta di non capire cosa un altro utente vuol dire e si posta solo per far polemica, sarebbe meglio tacere.
Paragonare uno stupro con il marito che vuol scopare e la moglie che ha mal di testa, mi pare davvero assurdo, ma forse...
anzi l'identificazione straniero=criminale=stupratore è funzionale ad allontanare dalla nostra coscienza certe tematiche che invece ci appartengono e sono molto piu' vicine a noi di quanto si pensi.
[cit]
Kharonte85
24-02-2009, 13:10
1) posso vedere lo studio Istat? In ogni caso si parla di statistiche, ma è solo per curiosità
2)qui purtroppo la cronaca degli ultimi mesi ti risponde ad solo.
3) nessuno ha proposto l'equazione da te citata, ma solamente un prendere atto della realtà.
1) Il 69,7% degli stupri, infatti, è opera di partner, il 55,5% degli ex partner, il 14,3% del partner attuale, il 17,4% di un conoscente. Solo il 6,2% è stato opera di estranei
Testo integrale: http://www.istat.it/salastampa/comunicati/non_calendario/20070221_00/testointegrale.pdf
2) La realtà non è interpretata correttamente dai media ne' dai giornali, o credi forse che succedano tanti fatti quanto basta per riempire tot pagine di giornale o tot minuti di TG?
3) La mia precisazione ha il fine di prevenire appunto che la realtà venga misconosciuta.
Io caso come quelli in neretto li ho sentiti da un paio di anni, non mi risluta che succedessero in passato)
COSA!?! :mbe:
1) Il 69,7% degli stupri, infatti, è opera di partner, il 55,5% degli ex partner, il 14,3% del partner attuale, il 17,4% di un conoscente. Solo il 6,2% è stato opera di estranei.
Testo integrale: http://www.istat.it/salastampa/comunicati/non_calendario/20070221_00/testointegrale.pdf
2) La realtà non è interpretata correttamente dai media ne dai giornali, o credi forse che succedano tanti fatti quanto basta per riempire tot pagine di giornale o tot minuti di TG?
3) La mia precisazione ha il fine di prevenire appunto che la realtà venga misconosciuta.
COSA!?! :mbe:
Non scriverei n enorme, io di ragazzine picchiate e violentate in mezzo ai parchi ne sento parlare da poco tempo.
Paragonare uno stupro con il marito che vuol scopare e la moglie che ha mal di testa, mi pare davvero assurdo, ma forse...
anzi l'identificazione straniero=criminale=stupratore è funzionale ad allontanare dalla nostra coscienza certe tematiche che invece ci appartengono e sono molto piu' vicine a noi di quanto si pensi.
[cit]
Bene, vedo che oltre a non capire stai tirando dentro argomenti che non ho toccato come gli stranieri.
Forse chi ha qualcosa che gli offusca la vista non sono io.
E ringrazio Kharonte851) Il 69,7% degli stupri, infatti, è opera di partner, il 55,5% degli ex partner, il 14,3% del partner attuale, il 17,4% di un conoscente. Solo il 6,2% è stato opera di estranei.
Kharonte85
24-02-2009, 13:17
Non scriverei n enorme, io di ragazzine picchiate e violentate in mezzo ai parchi ne sento parlare da poco tempo.
Se invece di guardare i dati reali ascolti i TG ci credo che tu non abbia la piu' pallida idea di che cosa davvero significhi il fenomeno... ti ho postato la ricerca ISTAT leggitela.
Se invece di guardare i dati reali ascolti i TG ci credo che tu non abbia la piu' pallida idea di che cosa davvero significhi il fenomeno... ti ho postato la ricerca ISTAT leggitela.
Cosa c'entra? parla delle violenze in generale, io di un tipo di violenze.
E basta con sta tiritera creata ad hoc dei TG bla bla bla .. -_- che monotonia.
Bene, vedo che oltre a non capire stai tirando dentro argomenti che non ho toccato come gli stranieri.
Forse chi ha qualcosa che gli offusca la vista non sono io.
E ringrazio Kharonte85
Per cosa lo ringrazi?
Secondo te stuprare e picchiare l'ex moglie é meno grave che non picchiare e stuprare una sconosciuta?
E perché mai? PErché l'ex moglie infondo lo vuole? O perché in fondo é un po' colpa dell'ex moglie?
Kharonte85
24-02-2009, 13:23
Cosa c'entra? parla delle violenze in generale, io di un tipo di violenze.
E basta con sta tiritera creata ad hoc dei TG bla bla bla .. -_- che monotonia.
No no, parla sì delle violenze, delle violenze sessuali generiche ma anche degli stupri :read:
Per cosa lo ringrazi?
Secondo te stuprare e picchiare l'ex moglie é meno grave che non picchiare e stuprare una sconosciuta?
E perché mai? PErché l'ex moglie infondo lo vuole? O perché in fondo é un po' colpa dell'ex moglie?
Sinceramente vorrei capire a quale gioco stai giocando, IO HO SEMPRE PARLATO DI PARTNER ATTUALI, ho tirato in ballo la storia del marito che vuol fare sesso quando la moglie ha mal di testa, non ho mai parlato nè di violenza fisica nè di altro, per la legge è stupro anche se forzi la moglie a fare sesso controvoglia senza per questo nè picchiarla nè costringerla veramente, molte volte nelle cause di divorzio viene additato il partner come violentatore ecc. ecc. senza che per questo sia la verità rivelata.....
Comunque la taglio corta visto che parlo contro un muro di gomma.
Dico solo che secondo me non è la stessa cosa essere presi nel parco mentre si passeggia, sequestrati, picchiati e costretti a subire violenza sessuale, oppure dover fare l'amore col marito anche se non se ne ha voglia anche se ai fini della legge e delle statistiche è la stessa cosa.
Kharonte85
24-02-2009, 13:41
Sinceramente vorrei capire a quale gioco stai giocando, IO HO SEMPRE PARLATO DI PARTNER ATTUALI, ho tirato in ballo la storia del marito che vuol fare sesso quando la moglie ha mal di testa, non ho mai parlato nè di violenza fisica nè di altro, per la legge è stupro anche se forzi la moglie a fare sesso controvoglia senza per questo nè picchiarla nè costringerla veramente, molte volte nelle cause di divorzio viene additato il partner come violentatore ecc. ecc. senza che per questo sia la verità rivelata.....
Comunque la taglio corta visto che parlo contro un muro di gomma.
Dico solo che secondo me non è la stessa cosa essere presi nel parco mentre si passeggia, sequestrati, picchiati e costretti a subire violenza sessuale, oppure dover fare l'amore col marito anche se non se ne ha voglia anche se ai fini della legge e delle statistiche è la stessa cosa.
Non è la stessa cosa...infatti la si classifica anche nelle statistiche ISTAT come rapporto sessuale non desiderato (il partner attuale rappresenta il 44% del totale), non come stupro.
Lo stupro invece è un atto sessuale imposto con la violenza (e di questo ne sono responsabili piu' i partner attuali che gli estranei)
Sinceramente vorrei capire a quale gioco stai giocando, IO HO SEMPRE PARLATO DI PARTNER ATTUALI, ho tirato in ballo la storia del marito che vuol fare sesso quando la moglie ha mal di testa, non ho mai parlato nè di violenza fisica nè di altro, per la legge è stupro anche se forzi la moglie a fare sesso controvoglia senza per questo nè picchiarla nè costringerla veramente, molte volte nelle cause di divorzio viene additato il partner come violentatore ecc. ecc. senza che per questo sia la verità rivelata.....
Comunque la taglio corta visto che parlo contro un muro di gomma.
Dico solo che secondo me non è la stessa cosa essere presi nel parco mentre si passeggia, sequestrati, picchiati e costretti a subire violenza sessuale, oppure dover fare l'amore col marito anche se non se ne ha voglia anche se ai fini della legge e delle statistiche è la stessa cosa.
non é minimamente la stessa cosa ai fini della legge.
Non è la stessa cosa...infatti la si classifica anche nelle statistiche ISTAT come rapporto sessuale non desiderato (per i partner rappresenta il 44% del totale), non come stupro.
Lo stupro invece è un atto sessuale imposto con la violenza.
Se è così faccio MEA CULPA senza problemi.
Quando si parla di stupro si parla di un iceberg, non si può far finta di non sapere che c'è un sommerso, che non viene denunciato, di cui la donna non parla, e di cui non si sa nulla, se non il fatto che c'è.
Nella quasi totalità dei casi le violenze non sono denunciate.
Il sommerso è elevatissimo e raggiunge circa il 96% delle violenze da un non partner e il 93% di quelle da partner.
Anche nel caso degli stupri la quasi totalità non è denunciata (91,6%).
È consistente la quota di donne che non parla con nessuno delle violenze subite (33,9% per quelle subite dal partner e 24% per quelle da non partner).
Fonte Istat Anno 2006.
[lo stesso documento cui faceva riferimento Kharonte85]
Dati più recenti, li ho trovati menzionati solo nelle ricerche fatte da Barbagli.
Violenze sessuali, denunce quintuplicate quattro su dieci commesse da stranieri
di Carlo Gulotta
In vent' anni il numero delle violenze sessuali in Italia è quintuplicato, gli stranieri che le commettono sono sempre di più (oggi la percentuale è del 40 per cento) ma resta il timore delle vittime di uscire allo scoperto: la «zona grigia», chiamiamola così, tocca quota 97 per cento.
Come a dire: solo 3 donne su cento trovano il coraggio di denunciare chi ha abusato di loro.
Sull' intricatissimo rapporto fra immigrazione e sicurezza, il sociologo Marzio Barbagli ha scritto un libro che uscirà il prossimo mese e che restituisce la cifra di un trend costantemente in crescita.
«Ma rifiuto di parlare di un' emergenza-stupri nel nostro Paese - attacca Barbagli, docente alla Facoltà di Statistica dell' Università di Bologna - bisogna evitare generalizzazioni.
La prima cosa che balza all' occhio, però, è l' aumento degli stranieri denunciati per reati sessuali: nel 1988, a fronte di 1092 denunce per violenze sessuali, gli stranieri erano il 9 per cento.
L' anno passato le violenze sono state 5104, quelle commesse da stranieri il 40 per cento.
Una quota davvero molto elevata».
Insomma, dobbiamo preoccuparci di più di quello che succede nelle nostre case o delle violenze degli immigrati?
«Bisogna preoccuparsi prima di tutto dell' aumento costante dei numeri assoluti.
Ma bisogna fare attenzione, e questo lo dico soprattutto a qualche autorevole commentatore "di sinistra", a dire che la quota degli immigrati in questo caso è irrilevante.
I dati dicono che non è così».
Ritorna il problema della sicurezza connesso al fenomeno dell' immigrazione...
«Anche questa volta è utile far parlare i numeri: fino al 2006, solo il 25 per cento delle espulsioni andava realmente a segno.
Al di là delle polemiche fra destra e sinistra, si può dire che le politiche sull' immigrazione, sul controllo, e a cascata quelle sull' integrazione, sono state inadeguate».
Rimane, poi, la preoccupazione per la "zona grigia", le violenze mai denunciate...
«Già. I fattori sono molteplici, e il dato è assolutamente trasversale alle nazionalità.
Naturalmente, se ragioniamo sui dati in possesso del Viminale, si capisce subito che una donna clandestina ben difficilmente è orientata a denunciare chi ha abusato di lei.
Generalmente si può dire che questo tipo di reato viene commesso prevalentemente nel proprio gruppo di nazionalità. Ricordiamoci, però, che sei violenze su dieci sono commesse da italiani.
E che solo 3 donne su 100 hanno il coraggio e la forza di uscire allo scoperto».
Repubblica — 24 agosto 2008
http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2008/04/20/tredici-stupri-al-giorno-poche-denunce-quattro.html
Tredici stupri al giorno e poche denunce quattro arrestati su dieci sono stranieri
Repubblica — 20 aprile 2008
ROMA - Tredici stupri al giorno: quasi un arrestato su quattro è immigrato, uno su venti è romeno.
Le denunce? In calo.
Quelle per violenza sessuale, nel secondo semestre 2007, sono state 2.174: il 12,6% in meno rispetto al semestre precedente.
«Ma attenzione - avverte il sociologo, Marzio Barbagli, curatore del "Rapporto sulla criminalità 2007" - solo il 4% delle donne denuncia il suo stupratore».
Le ultime violenze di Milano e Roma riaccendono, dunque, i riflettori su un fenomeno spesso sottostimato.
Il ministero dell' Interno, ieri, si è affrettato a fornirne una fotografia: nel 2007 sono stati accertati 4.663 casi di violenza sessuale, quasi 13 al giorno. Un dato in leggero calo rispetto ai 4.694 del 2006.
Secondo il Viminale, in verità, le violenze denunciate dalle donne sono progressivamente aumentate negli anni: 2.194 nel secondo semestre 2005, 2.279 nel primo semestre 2006, 2.415 nel secondo semestre 2006, 2.489 nel primo semestre 2007.
Poi, l' inversione di tendenza: nel secondo semestre dell' anno scorso, infatti, le violenze sessuali sono state 2.174, il 12,6% in meno rispetto al semestre precedente.
Il merito?
Secondo il ministero dell' Interno, spetta ai patti per la sicurezza siglati dal Viminale coi sindaci delle principali città, tra maggio e luglio 2007.
Nel primo semestre dell' anno, in effetti, i delitti sono stati 1 milione e 485mila, mentre nel secondo sono scesi a 1 milione e 379mila.
Gli omicidi volontari sono scesi da 323 a 304, i furti da 838.956 a 783.262, le rapine da 26.681 a 23.861, gli scippi da 11.973 a 10.693, le estorsioni da 3.278 a 2.899.
Non solo.
Guardando a quanto accade nelle grandi città, si rileva come sempre tra il primo e il secondo semestre del 2007, le violenze sessuali sono scese da 247 a 197 a Milano, da 38 a 34 a Venezia, da 85 a 75 a Bologna, da 82 a 56 a Firenze, da 166 a 154 a Roma, da 102 a 85 a Napoli e da 29 a 19 a Catania. Unica eccezione Genova, dove le violenze sessuali sono passate da 24 a 40. Questo, per quanto riguarda i reati denunciati.
«Nel caso delle violenze sessuali - spiega però Barbagli - le denunce sono pochissime rispetto ai reati consumati.
L' Istat, infatti, ci dice che su 100 donne stuprate solo 4 denunciano il fatto, quando il colpevole è il partner, 6 quando l' accusato è invece un estraneo.
E nel 69% dei casi la violenza sessuale è proprio ad opera del partner o dell' ex».
Ma chi sono le persone più denunciate?
«Guardiamo ai dati: nel 2004, su 2.780 denunciati o arrestati per violenza sessuale, il 35% erano cittadini stranieri.
Nel 2005 su 2.382 denunciati, gli immigrati salgono al 38,2%; nel 2006 su 2.706 denunciati, gli stranieri sono il 38%».
Dunque nel 2006 oltre un denunciato per stupro su tre è immigrato: «Di questi, il 6,7% è romeno, il 5,9% marocchino, il 3.7% albanese».
E nel 2007? «Le persone denunciate o arrestate per violenza sessuale sono aumentate del 15% rispetto al 2006 - fa sapere Barbagli, che ha sotto gli occhi i dati inediti del Viminale - e l' incremento è dovuto quasi esclusivamente ai romeni».
Dunque l' equazione criminalità-immigrazione è qualcosa di più di un pericoloso luogo comune.
«Va ribadito - ricorda però Barbagli - che la maggior parte degli autori di reato sono irregolari: nel caso di spaccio, per esempio, i clandestini sono il 90% del totale degli stranieri denunciati; nelle violenze carnali, il 62%».
Un ultimo elemento: «Le violenze commesse da stranieri - spiega Barbagli - avvengono per lo più all' interno del proprio gruppo o di gruppi affini.
E in questo caso le donne che denunciano si contano sul palmo di una mano».
- VLADIMIRO POLCHI
A continuare a copia-incollare lunghi articoli non si capisce bene cosa vuoi dire. Se sei razzista, se sei femminista, etc...
Poi fai come vuoi.
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Sono un essere umano che si pone delle domande, che legge, si documenta, consulta molte fonti, e poi ragiona con la propria testa, ed in modo autonomo e critico elabora le proprie risposte.
Ciò che ho voluto dire con gli articoli quotati l'ho già spiegato a Fritz che me lo ha chiesto prima di te.
Se ti interessa, cercati il post, e leggitelo.
Altrimenti, vai di ignore list che facciamo prima.
Le etichette che possono darmi gli altri mi rimbalzano.
http://3.bp.blogspot.com/_DGRqHtm3w9c/SZ-mE6X-7iI/AAAAAAAAAuw/xN_Hgc9GdCI/s1600-h/corsera+18-2-09+barbagli.jpg
INTELLETTUALI E SINISTRA
Il blocco mentale
di Pierluigi Battista
Nel 2002, a un anno dalle elezioni perse contro Berlusconi, la sinistra stordita e sopraffatta dalla sindrome della sconfitta consegnò agli intellettuali girotondisti la missione di riaccendere lo spirito della grande battaglia contro il «Caimano»: fu l’inseguimento affannoso del radicalismo estremista, il rifugio nella sfera onirica della guerra totale contro il nemico. La sinistra riconquistò voti e tensione emotiva fino alla risicata vittoria del 2006.
Ma quella fiammata, come i fatti si sono incaricati di dimostrare, era destinata a spegnersi nel peggiore dei modi. Oggi, a un anno dalla sconfitta del 2008 e dopo un’impressionante sequenza di rovesci culminata nella disfatta sarda e nella crisi devastante del Pd, la sinistra potrebbe trarre una salutare ispirazione da un altro intellettuale, un sociologo lontanissimo dalla tipologia girotondista ma che non ha mai nascosto la sua appartenenza alla cultura della sinistra: Marzio Barbagli.
Nell’intervista rilasciata a Francesco Alberti per il Corriere, Barbagli racconta di una formidabile lotta tra i suoi «schematismi» culturali e i dati della realtà che lo hanno costretto, sul tema della criminalità connessa all’immigrazione, a rivedere drasticamente le proprie «ipotesi di partenza».
«Non volevo vedere », confessa con cristallina onestà intellettuale Barbagli, «c’era qualcosa in me che si rifiutava di esaminare in maniera oggettiva i dati sull’incidenza dell’immigrazione rispetto alla criminalità. Ero condizionato dalle mie posizioni di uomo di sinistra. E quando finalmente ho cominciato a prendere atto della realtà e a scrivere che l’ondata migratoria ha avuto una pesante ricaduta sull’aumento di certi reati, alcuni colleghi mi hanno tolto il saluto». Il racconto di Barbagli riassume con grande pathos espressivo il senso di un percorso sofferto: «ho fatto il possibile per ingannare me stesso»; «era come se avessi un blocco mentale ».
Fino alla conclusione catartica, ma malinconica e solitaria: «sono finalmente riuscito a tenere distinti i due piani: il ricercatore e l’uomo di sinistra. Ora sono un ricercatore. E nient’altro».
La conclusione di Barbagli segna il dramma della sinistra italiana che si strazia nel vortice delle ripetute sconfitte. Il suo bagno nella realtà, il suo immergersi nei dati empirici per capire che cosa si muove nella società italiana senza essere percepito dagli occhiali deformanti del politicamente corretto, sanciscono un divorzio tragico tra il «ricercatore» e «l’uomo di sinistra».
La sinistra lamenta ritualmente il proprio distacco dalla realtà, il proprio ripiegarsi autoreferenziale in una retorica incomprensibile al «vissuto » della società come realmente è e pensa.
Ma per lasciarsi «assalire dalla realtà », come usava dire tra i liberal americani sommersi dall’ondata culturale neoconservatrice, deve impegnarsi per ricomporre la frattura esistenziale raccontata da Barbagli. Deve dimostrare che tra la «ricerca » e la sinistra, tra i «dati» e il discorso dominante nei suoi circuiti autisticamente chiusi in se stessi non c’è guerra o alterità, e che per risollevarsi occorre disfarsi del «blocco mentale» che l’ha paralizzata in questi anni, precludendosi ogni comunicazione con ciò che sta fuori di essa.
Scegliere Barbagli e non chi gli «ha tolto il saluto».
La realtà e non i sacerdoti di una «correttezza» politica sempre più vuota.
19 febbraio 2009
Kharonte85
24-02-2009, 14:38
Quando si parla di stupro si parla di un iceberg, non si può far finta di non sapere che c'è un sommerso, che non viene denunciato, di cui la donna non parla, e di cui non si sa nulla, se non il fatto che c'è.
L' Istat, infatti, ci dice che su 100 donne stuprate solo 4 denunciano il fatto, quando il colpevole è il partner, 6 quando l' accusato è invece un estraneo.
Quindi secondo l'ISTAT il sommerso del non denunciato è maggiore per i partner e minore per gli estranei...quindi la tendenza sul totale non dovrebbe misconoscere del tutto i dati che abbiamo oggi.
Sul fatto che siano in aumento le violenze fatte da completi estranei (cioè circa il 7% del totale) e degli stranieri ma che su queste 6 su 10 sono ad opera di Italiani dovrebbe fare preoccupare (anche alla luce del dato che è sottostimato)...ma dovrebbe anche fare capire quale livello assurdo di allarme sociale si sia raggiunto: la percezione completamente distorta che il rischio maggiore di subire uno stupro per le donne venga da un estraneo-straniero che la violenta nel parco :doh: non si puo' assolutamente pretendere di fomentare una politica di non integrazione che favorirebbe senz'altro l'attività delinquenziale, criminale e quindi anche la violenza sessuale contro le donne.
Deve finire immediatamente questa attenzione dei media nei confronti dei casi piu' estremi e dovrebbero accendersi i riflettori su quello che invece succede davvero in Italia.
Sarebbe sciocco pensare che l'immigrazione porti solo gente onesta e lavoratori (infatti esclamazioni fatte in passato dalla sinistra estrema del tipo "chiudiamo i centri di accoglienza" e altre caxxate erano davvero fuori dal mondo) ma non possiamo assolutamente permetterci di generalizzare e con questo escamotage di distogliere l'attenzione da cio' che è la realtà delle violenze sessuali contro le donne.
Ci dobbiamo concentrare sul fatto che chi stupra le donne deve essere sempre fermato, condannato (ed eventualmente trattato se possibile) a prescindere dalla nazionalità; se ci concentriamo SOLO sugli stranieri si rischia di dimenticarci del resto (cioè della maggior parte) oltre al fatto che ci sono forti dubbi anche sull'efficacia e sulla messa in atto di certi provvedimenti (che potrebbero ottenere l'effetto contrario). Per non parlare che si finisce a fomentare il razzismo...
Quindi secondo l'ISTAT il sommerso del non denunciato è maggiore per i partner e minore per gli estranei...quindi la tendenza sul totale non dovrebbe misconoscere del tutto i dati che abbiamo oggi.Quei dati sono relativi al 2006.
Quindi secondo l'ISTAT il sommerso del non denunciato è maggiore per i partner e minore per gli estranei...quindi la tendenza sul totale non dovrebbe misconoscere del tutto i dati che abbiamo oggi.
Sul fatto che siano in aumento le violenze fatte da completi estranei (cioè circa il 7% del totale) e degli stranieri ma che su queste 6 su 10 sono ad opera di Italiani dovrebbe fare preoccupare (anche alla luce del dato che è sottostimato)...ma dovrebbe anche fare capire quale livello assurdo di allarme sociale si sia raggiunto: la percezione completamente distorta che il rischio maggiore di subire uno stupro per le donne venga da un estraneo-straniero che la violenta nel parco :doh: non si puo' assolutamente pretendere di fomentare una politica di non integrazione che favorirebbe senz'altro l'attività delinquenziale, criminale e quindi anche la violenza sessuale contro le donne.
Deve finire immediatamente questa attenzione dei media nei confronti dei casi piu' estremi e dovrebbero accendersi i riflettori su quello che invece succede davvero in Italia.
Sarebbe sciocco pensare che l'immigrazione porti solo gente onesta e lavoratori (infatti esclamazioni fatte in passato dalla sinistra estrema del tipo "chiudiamo i centri di accoglienza" e altre caxxate erano davvero fuori dal mondo) ma non possiamo assolutamente permetterci di generalizzare e con questo escamotage di distogliere l'attenzione da cio' che è la realtà delle violenze sessuali contro le donne.
Ci dobbiamo concentrare sul fatto che chi stupra le donne deve essere sempre fermato, condannato (ed eventualmente trattato se possibile) a prescindere dalla nazionalità; se ci concentriamo SOLO sugli stranieri si rischia di dimenticarci del resto (cioè della maggior parte) oltre al fatto che ci sono forti dubbi anche sull'efficacia e sulla messa in atto di certi provvedimenti (che potrebbero ottenere l'effetto contrario). Per non parlare che si finisce a fomentare il razzismo...
Qui sono riportate statistiche diverse, pur essendo un articolo del 2006.
22/08/2006
Come cambia il volto della violenza
Prof.ssa Alessandra Graziottin
Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica H. San Raffaele Resnati, Milano
Il bollettino della violenza sessuale non conosce soste.
In questo scorcio d’estate colpisce l’identità del violentatore che cattura l’attenzione dei media: quasi di regola un extracomunitario.
Sembra dunque che il volto della violenza stia cambiando, con un protagonista in ascesa: l’immigrato, lo straniero.
Un’identità che da sola polarizza fantasmi, dichiarazioni bollenti, richieste di castrazione chimica.
Un’analisi dei fatti si impone: è reale questo aumento?
A che cosa è dovuto?
Rappresenta davvero, o no, la maggioranza delle violenze?
E che cosa comporta, questo, per le donne che vivono in Italia?
Contrariamente ai titoli sensazionalistici che ci colpiscono tanto, i dati ISTAT sulla violenza sessuale ci danno un elemento abbastanza stabile, e triste: tre vittime su quattro, anche nel 2005, come negli anni precedenti, sono state aggredite da familiari stretti, parenti e conoscenti, quindi all’interno della cerchia domestica.
Non solo: la rete di omertà, di paura, di minacce, che copre l’abuso “intra moenia”, tra le mura di casa, fa sì che i casi denunciati siano solo una minoranza, rispetto a quelli effettivamente perpetrati.
Il primo mea culpa, la prima linea di prevenzione e protezione dovrebbe quindi comunque essere rivolta nei confronti delle italianissime violenze familiari, che restano desolatamente stabili negli anni.
“Solo” il 18-27 per cento delle violenze denunciate nelle diverse regioni italiane sono compiute invece da sconosciuti.
E’ all’interno di questo gruppo che sì, sta avvenendo un cambiamento nell’identikit del violentatore.
Dalle notizie di cronaca sembra che gli immigrati siano ora dominanti, rispetto agli sconosciuti di nazionalità italiana.
Questi ultimi, nei casi più recentemente denunciati e peraltro in calo, sono minorenni e si muovono in gruppo.
Quindi sì, c’è un protagonista di minoranza in ascesa, l’immigrato, lo straniero, che agisce spesso isolato.
A che cosa è dovuto questo aumento?
Innanzitutto, a una diversa cultura della donna e del suo diritto al consenso all’atto sessuale, nonché al suo pieno diritto di cittadina di muoversi fuori casa da sola.
Per culture nelle quali la donna vive ancora in casa, il fatto che lei sia in giro da sola, magari per andare a lavorare alle 6.30 del mattino come è successo ieri a una signora di Milano, viene percepito come un doppio diritto per lui.
Perché lui ha voglia e lei è sola.
E sfortuna per lei: perché la donna viene vista come un puro oggetto per soddisfare una pulsione urgente.
Secondo, l’impulsività nell’aggressività, sessuale e non, è più frequente in popolazioni in cui il concetto di diritto, di regole, di controllo degli impulsi, sono meno radicati.
Con la complicità esplosiva dell’emarginazione, della solitudine, dello sradicamento, della precarietà violenta di una vita alla deriva.
Attenzione: queste non sono attenuanti.
Sono segni che dicono quanto la nostra società stia diventando vulnerabile quanto più aumenta la percentuale di disperati senza lavoro che entra nel Paese.
La violenza sta cambiando volto anche nei tempi, nelle modalità, nei luoghi, proprio perché ha questo carattere di predazione, sull’onda dell’istinto personale immediato che diventa urgente e prepotente nel momento in cui l’uomo scorge la preda.
Può succedere a tutte le ore del giorno, e non solo a tarda notte fuori dalle discoteche.
Può succedere mentre lei sta andando al lavoro, sobriamente vestita e tranquilla, al mattino presto, alla fermata dell’autobus.
Oppure in mattinata, mentre sta facendo jogging.
Al pomeriggio, mentre torna con la spesa.
Tutte situazioni in cui l’insinuazione maligna della corresponsabilità di lei cade definitivamente.
Che cosa significa questo per le italiane (ma lo stesso succede in tutti i Paesi ad alto reddito)?
Una verità triste: che la nostra libertà di donne è in netta riduzione.
Che la soglia di autoprotezione deve alzarsi a livelli nettamente più alti.
Che non si può più abbassare la guardia, in nessun contesto e a nessuna ora del giorno, oltre che della notte.
Questo come misura di emergenza che, vista la situazione, rischia di protrarsi così a lungo da diventare regola.
Che fare?
Chiedere un aumento delle forze di Polizia, come ha fatto ieri il sindaco di Milano, non ha senso, se poi un indulto butta fuori proprio questa categoria di perpetratori di crimine.
Semmai, due dovrebbero essere le linee di intervento: pene molto severe, e non passibili di indulto, per chi, immigrato o italiano, compia questo delitto contro la persona.
La disperazione di una donna brutalizzata in questo modo, violata nell’anima oltre che nel corpo, è reato gravissimo e dalle conseguenze devastanti e prolungate, molto più di quanto l’attuale legislazione consideri.
E’ un assassinio della fiducia, del diritto di essere libera e non preda.
E, per gli immigrati, espulsione successiva definitiva, alla fine della pena.
Il “politically correct” porta a vedere con molta comprensione le disperazioni degli extracomunitari.
Questo, tuttavia, non può in alcun modo ridurre la loro responsabilità quando compiano delitti, di ogni tipo, contro una persona del Paese che li ospita.
Solidarietà non può significare tolleranza o debolezza nell’esigere, con fermezza, il rispetto delle proprie regole di libertà e di autodeterminazione che, per quanto riguarda le donne, sono in Occidente nettamente più avanzate.
Ospitare l’immigrato non può significare il far tornare le donne italiane al medioevo, il barricarle in casa.
E nemmeno farci ridurre il diritto di vivere ed esistere e muoverci nella nostra terra con la giusta e necessaria sicurezza.
(www.fondazionegraziottin.org).
Per tornare a te, io sono per la certezza della pena, non mi interessa la nazionalità di chi delinque, chi delinque deve scontare una pena commisurata alla gravità del reato commesso.
Kharonte85
24-02-2009, 14:59
Qui sono riportate statistiche diverse, pur essendo un articolo del 2006.
Ritengo piu' affidabili quelle istat...anche perchè non viene citata la fonte.
Comunque a prescindere dalla conoscenza reale dei numeri è ben chiaro che la percezione del pericolo e l'allarme sociale sul tema del violentatore è associata sempre di piu' allo straniero, e questa distorsione è tutto demerito dei media e non aiuta affatto a creare una cultura a difesa della donna (che dovrebbe essere invece TUTTA italiana)
StateCity
24-02-2009, 14:59
Qui sono riportate statistiche diverse, pur essendo un articolo del 2006.
Per tornare a te, io sono per la certezza della pena, non mi interessa la nazionalità di chi delinque, chi delinque deve scontare una pena commisurata alla gravità del reato commesso.
nel medioevo avevano risolto il problema egregiamente... :rolleyes:
http://it.wikipedia.org/wiki/Cintura_di_castit%C3%A0
Insert coin
24-02-2009, 15:04
Sono un essere umano che si pone delle domande, che legge, si documenta, consulta molte fonti, e poi ragiona con la propria testa, ed in modo autonomo e critico elabora le proprie risposte.
Sei una persona che ammiro, spesso mi sono trovato d'accordo con te, a parte qualche contenzioso fisiologico, però esiste anche un'altra faccia della medaglia, di cui praticamente non si parla mai, a svelarla è il PM Carmen Pugliese..
http://www.adiantum.it/bin/file/Pi%C3%B9%20Maltrattamenti%20ma%20molte%20denunce%20sono%20strumentali%20%20art%20e%20Tab.jpg
nel medioevo avevano risolto il problema egregiamente... :rolleyes:
http://it.wikipedia.org/wiki/Cintura_di_castit%C3%A0
Vallo a dire ai mariti, fidanzati, compagni, genitori di ragazze stuprate, ed alle ragazze che hanno subito ciò.
E comunque, "i miei complimenti", davanti ad articoli che dovrebbero farti capire che uno stupro può essere un trauma devastante, visto che ci sono donne che sono arrivate a togliersi la vita dopo averlo subito, tu posti "battute di pessimo gusto".
Chevelle
24-02-2009, 15:14
Sempre in tema stupri.
Se il carcerato riceve un programma di "riabilitazione" a spese dei contribuenti, perchè non è previsto un programma di sostegno, sempre a spese dei contribuenti, per le vittime degli stupri?
Le conseguenze dello stupro possono essere fatali a livello fisico (malattie) e psicologico (suicidio, ad esempio).
Sei una persona che ammiro, spesso mi sono trovato d'accordo con te, a parte qualche contenzioso fisiologico
Mi fa piacere.
Cerco di vedere tutto quello che la realtà mi para davanti, "e di non illudermi di vivere nel paese di Alice."
http://img7.imageshack.us/img7/5531/blocchimentali.png (http://imageshack.us)
esiste anche un'altra faccia della medaglia, di cui praticamente non si parla mai, a svelarla è il PM Carmen Pugliese..
http://www.adiantum.it/bin/file/Pi%C3%B9%20Maltrattamenti%20ma%20molte%20denunce%20sono%20strumentali%20%20art%20e%20Tab.jpgHai ragione, esiste anche quel problema e non si può non riconoscerlo.
Purtroppo accade anche quanto si legge nell'articolo che hai linkato.
Ed è anche perchè tengo conto di questo, che tendo a tenere nettamente distinti i casi di stupri perpetrati da estranei da quelli che vengono denunciati come commessi dall'ex partner, in quest'ultimo caso, bisogna appunto verificare che non si ricada nella fattispecie da te segnalata.
Sempre in tema stupri.
Se il carcerato riceve un programma di "riabilitazione" a spese dei contribuenti, perchè non è previsto un programma di sostegno, sempre a spese dei contribuenti, per le vittime degli stupri?
Le conseguenze dello stupro possono essere fatali a livello fisico (malattie) e psicologico (suicidio, ad esempio).
Ma chi ha mai detto che non c'è già?
Chevelle
24-02-2009, 15:47
Ma chi ha mai detto che non c'è già?
A spese dei contribuenti? Che risultati hanno dato? Ci sono delle fonti che parlano di questo?
A spese dei contribuenti? Che risultati hanno dato? Ci sono delle fonti che parlano di questo?
http://www.polisblog.it/post/3663/decreto-anti-stupri-ecco-i-contenuti-del-ddl-approvato-al-senato
Se è così faccio MEA CULPA senza problemi.
Non lo fare.
Secondo il vinìminale il 40% delle violenze è commesso da stranieri
http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=331358
Insert coin
24-02-2009, 16:39
Hai ragione, esiste anche quel problema e non si può non riconoscerlo.
Purtroppo accade anche quanto si legge nell'articolo che hai linkato.
Ed è anche perchè tengo conto di questo, che tendo a tenere nettamente distinti i casi di stupri perpetrati da estranei da quelli che vengono denunciati come commessi dall'ex partner, in quest'ultimo caso, bisogna appunto verificare che non si ricada nella fattispecie da te segnalata.
Io penso una cosa, la violenza sessuale ha una sua particolarità e peculiarità, perché ti ferisce nell'intimo e ti uccide dentro, a differenza della violenza "generica" anche efferata (dallo schiaffo, al pugno, alla coltellata anche mortale, alle ferite da arma da fuoco..etc..)
Escludo naturalmente la violenza come "reazione" ad una aggressione altrettanto violenta, li si entra nel campo della legittima difesa, fatti salvi gli eccessi.
Esistono a mio avviso tanti "livelli" di violenza, anche se a volte esistono "zone d'ombra" specie nel campo dell'educazione dei figli (in questo caso maschi e femmine senza differenze) dove invece si tenta ancora di accreditare una qualche valenza "educativa" alla punizione corporale.
Quello che io contesto, quando si parla di "violenza di genere" (escludo qui la parte relativa alla violenza sessuale) è che da un lato sembra che un adulto, madre compresa, possa alzare le mani su un BAMBINO o su una BAMBINA quando la cosa sembra "indispensabile", mentre se la stessa madre che prende a schiaffi sua figlia si becca a sua volta uno sganassone dal marito, allora nel secondo caso dobbiamo gridare alla "violenza di genere"..
Ma sarà forse più grave e traumatizzante picchiare un bambino che prendersi un ceffone, da persona adulta, da un altro adulto a sua volta, componente della famiglia, come il coniuge, non credi no?
E poi uno sganassone può beccarselo anche un uomo, direi che si tratta di una manifestazione di violenza alquanto unisex.
Se torno alla mia infanzia, i miei genitori molto raramente hanno alzato le mani su di me, però qualche volta lo hanno fatto, non sto qui a discuterne le ragioni.
Io non sono stato traumatizzato, spero che tu capisca, come donna, che non è che una madre sia legittimata a picchiare la sua piccolina (e ti faccio addirittura l'esempio di una femminuccia, futura donna da adulta) e poi quando è lei a ricevere un ceffone dal suo compagno, allora questa è "violenza di genere"..
A questo non ci sto, spero di essermi spiegato bene, perché la materia è delicatissima...;)
Hai ragione, esiste anche quel problema e non si può non riconoscerlo.
Purtroppo accade anche quanto si legge nell'articolo che hai linkato.
Ed è anche perchè tengo conto di questo, che tendo a tenere nettamente distinti i casi di stupri perpetrati da estranei da quelli che vengono denunciati come commessi dall'ex partner, in quest'ultimo caso, bisogna appunto verificare che non si ricada nella fattispecie da te segnalata.
Una denuncia di stupro deve essere sempre supportata dai fatti e dalle indagini.
Perché ci sono già stati casi di ragazze che hanno denunciato uno stupro commesso da un estraneo (straniero) e poi é venuto fuori che stavano cercando di nascondere il fatto di essere state viste con un fidanzato non "ufficiale".
Quindi prima di tirare fuori la forca bisogna sempre lasciare che sia la magistratura a stabilire come sono andati i fatti.
A continuare a copia-incollare lunghi articoli non si capisce bene cosa vuoi dire. Se sei razzista, se sei femminista, etc...
Poi fai come vuoi.
Ehm, postare articoli che afferamno che 4 stupratori su 10 arrestati sono stranieri fa di lei una razzista(dati viminale stavolta)?
E femminista che c'entra ?
ma ti rendi conto di come sei stato offensivo?
Sei una persona che ammiro, spesso mi sono trovato d'accordo con te, a parte qualche contenzioso fisiologico, però esiste anche un'altra faccia della medaglia, di cui praticamente non si parla mai, a svelarla è il PM Carmen Pugliese..
http://www.adiantum.it/bin/file/Pi%C3%B9%20Maltrattamenti%20ma%20molte%20denunce%20sono%20strumentali%20%20art%20e%20Tab.jpg
Di certo non c'entra un tubo con gli stupri violenti di cui si parla qui però, pur essendo vero.
Leggendo ste cose rimango sempre più della mia opinione, se qualcuno tocca la mia famiglia io lo ammazzo
paulus69
24-02-2009, 18:54
Ma anche no. La droga è considerata illegale e lo stato ne vieta lo spaccio e l'uso. E tu mi dici che, per il PROPRIO tornaconto, ne potrebbe richiedere l'uso?
Non esiste proprio.
Prima pensino a legalizzare qualunque tipo di droghe, e di quelle che ti fanno spifferare se ne parla dopo.
Sempre su base volontaria, s'intende, e se non si accetta di farne uso la scelta non dev'essere penalizzante.
hai capito un cazzo....
un'anestesia è illegale?
no,eppure nel post-anestesia canti meglio di pavarotti.:O
esempio classico...in qualsiasi agenzia di intelligence i vari membri hanno l'obbligo di curarsi presso centri medici interni per evitare la divulgazione di possibili segreti sotto anestesia.
considerato ciò....io chiedo che sia autorizzato,in sede di indagine,l'impiego di sostanze psicotrope atte a stabilire la realtà dei fatti.
tanto per evitare che s'incarceri ingiustamente per 30 anni un innocente,vedi melchiorre contena;sarebbe un buon metodo pure per evitare eventi mediatici modello cogne o garlasco...:fiufiu:
StateCity
24-02-2009, 18:57
Vallo a dire ai mariti, fidanzati, compagni, genitori di ragazze stuprate, ed alle ragazze che hanno subito ciò.
E comunque, "i miei complimenti", davanti ad articoli che dovrebbero farti capire che uno stupro può essere un trauma devastante, visto che ci sono donne che sono arrivate a togliersi la vita dopo averlo subito, tu posti "battute di pessimo gusto".
Innanzittutto non ho fatto battute di pessimo gusto, ma ho proposto verita' storiche accertate.. :)
Capisco anche la pssicologia, ma se anche ogni rapiina si reagisce con un
trauma devastante, allora chiudemose dentro casa... :rolleyes:
Ma non sarebbe meglio allora cercare di evitare le occasioni di "peccato" ?
piuttosto che stare a piangere sul latte versato ? :rolleyes:
imho..
paulus69
24-02-2009, 19:04
In romania le pene sono almeno il 50% piu severe delle nostre, e vengono scontate dal primo all'ultimo giorno, sempre... ora è chiaro perchè quasi la metà della loro criminalità è qui da noi?
in romania non sò....ma da alcuni colleghi albanesi sò che nelle loro carceri le buscano a tutte le ore del giorno.....e la pena la scontano tutta.(la mia fonte ha per parente un capo secondino nel carcere di valona)
no,non ci tengono proprio a visitare le loro galere....:O
StateCity
24-02-2009, 19:05
Una denuncia di stupro deve essere sempre supportata dai fatti e dalle indagini.
Perché ci sono già stati casi di ragazze che hanno denunciato uno stupro commesso da un estraneo (straniero) e poi é venuto fuori che stavano cercando di nascondere il fatto di essere state viste con un fidanzato non "ufficiale".
Quindi prima di tirare fuori la forca bisogna sempre lasciare che sia la magistratura a stabilire come sono andati i fatti.
quoto :O
paulus69
24-02-2009, 19:10
perche secondo te passare da 15 anni di pena a 30 fa cambiare idea a uno stupratore?
si,e per buona misura aggiungiamoci l'evirazione a fine pena.;)
Dream_River
24-02-2009, 19:17
Paulus69, se non rilasci nemmeno un commento sul papiro che ho scritto, ti mando un MP con l'antrace :mad:
:sofico:
StateCity
24-02-2009, 19:19
rieducare..
http://it.wikipedia.org/wiki/Arancia_meccanica
paulus69
24-02-2009, 19:19
....io sono per la certezza della pena, non mi interessa la nazionalità di chi delinque, chi delinque deve scontare una pena commisurata alla gravità del reato commesso.
quotone!
oggi siamo perfettamente sintonizzati....:O
paulus69
24-02-2009, 19:23
Quindi prima di tirare fuori la forca bisogna sempre lasciare che sia la magistratura a stabilire come sono andati i fatti.
con quali strumenti?
e con quali leggi?
StateCity
24-02-2009, 19:25
quotone!
oggi siamo perfettamente sintonizzati....:O
quindi per chi ha fatto un krak di miliardi di euro e rovinato migliaia di famiglie.. ? :rolleyes:
paulus69
24-02-2009, 19:27
Paulus69, se non rilasci nemmeno un commento sul papiro che ho scritto, ti mando un MP con l'antrace :mad:
:sofico:
:mbe:
aspè...mo torno indietro...
paulus69
24-02-2009, 19:29
quindi per chi ha fatto un krak di miliardi di euro e rovinato migliaia di famiglie.. ? :rolleyes:
di certo non gli darei un'altra possibilità di delinquere ancora,a costo di mescolarlo con la crema pasticciera per i bignè.:O
Innanzittutto non ho fatto battute di pessimo gusto, ma ho proposto verita' storiche accertate.. :)
La mia personale opinione è che tu abbia fatto una battuta davvero squallida e di pessimo gusto.
Hai avuto la pretesa di fare una battuta, perchè la "soluzione" da te suggerita non ha nulla di realistico, non è strada percorribile, la tua frase non aggiunge nulla al confronto dialettico che si cerca di portare avanti in questo thread, è per l'appunto -a mio modo di vedere- solo una battuta di infimo ordine.
E comunque, il fatto che tu venga a fare battute di questo genere, cercando di ridicolizzare, svilire, banalizzare qualcosa che può stravolgere la vita di un essere umano, è piuttosto indicativo.
Capisco anche la pssicologia, ma se anche ogni rapiina si reagisce con un
trauma devastante, allora chiudemose dentro casa... :rolleyes:
Una rapina ed uno stupro sono due eventi estremamente diversi, e davvero ci vuole del "coraggio" per riuscire a equipararli o metterli sullo stesso piano.
Ma non pretendo che tu [visto le battute che riesci a produrre] riesca a distinguere fra "cosa può comportare/quale risonanza emotiva possa avere" -per un essere umano- il fatto di subire uno stupro rispetto al subire una rapina e conseguentemente sottrazione di denaro o qualsiasi altro bene fungibile.
Ma non sarebbe meglio allora cercare di evitare le occasioni di "peccato" ? Si tratta di un REATO.
Lo stupro è un REATO.
Non venire a banalizzare il commettere uno stupro ad "occasione di peccato".
Non sono credente, e da atea quale sono, distinguo ciò che è lecito e legale, da ciò che non lo è.
Non esiste -per me- "il peccato".
Stuprare un essere umano è REATO.
Punto.
Senza se e senza ma.
Quanto al tuo discorso circa "l'evitare" ...
[ e non ritorno -per evitare di essere sospesa- sul fatto che metti in atto provocazioni gratuite definendo uno stupro "occasione di peccato"]
...è assolutamente ovvio che si fa di tutto per evitare di trovarsi in situazioni di potenziale rischio/pericolo, situazioni che potrebbero mettere a repentaglio la propria incolumità e vita, ma ci sono donne stuprate alle 6.30 del mattino mentre andavano al lavoro.
Cosa si fa, ci si barrica in casa e non si va più a lavorare ?
piuttosto che stare a piangere sul latte versato ? :rolleyes:
imho..
Nessun pianto.
Anche se mi dispiace profondamente e sinceramente mi addolora leggere di donne che si sono ammazzate perchè non hanno saputo venire fuori dall'abisso in cui uno stupro le ha fatte precipitare.
Mi dispiace che nessuno sia riuscito ad aiutarle.
Mi dispiace che abbiano scelto di rinunciare alla propria vita a causa di criminali che stuprandole gliel 'hanno saputa rendere un inferno.
Mi dispiace che non abbiano potuto trovare adeguata assistenza psicologica, mi dispiace che non abbiano saputo metabolizzare un trauma che è stato all'origine della scelta di voler morire.
Ma non credo che uno come te riesca a comprendere ciò che scrivo.
Vorrei che in questo paese ci fosse la CERTEZZA DELLA PENA.
E che la pena fosse commisurata alla gravità del reato commesso.
Lo stupro è un REATO grave.
cdimauro
24-02-2009, 19:49
hai capito un cazzo....
un'anestesia è illegale?
no,eppure nel post-anestesia canti meglio di pavarotti.:O
esempio classico...in qualsiasi agenzia di intelligence i vari membri hanno l'obbligo di curarsi presso centri medici interni per evitare la divulgazione di possibili segreti sotto anestesia.
considerato ciò....io chiedo che sia autorizzato,in sede di indagine,l'impiego di sostanze psicotrope atte a stabilire la realtà dei fatti.
tanto per evitare che s'incarceri ingiustamente per 30 anni un innocente,vedi melchiorre contena;sarebbe un buon metodo pure per evitare eventi mediatici modello cogne o garlasco...:fiufiu:
Ho capito perfettamente. Tu modera i termini piuttosto.
Cosa non ti è chiaro di questo (http://it.wikipedia.org/wiki/Sostanze_psicotrope):
Una sostanza psicoattiva (per la Legge italiana sinonimo di droga e sostanza stupefacente, più comuni) è un composto chimico capace di alterare le funzioni cerebrali provocando temporanee (ma in taluni casi irreversibili) modificazioni delle percezioni, dell'umore, della coscienza o del comportamento.
Tali sostanze sono usate a scopo ricreativo, in riti religiosi, nonché in medicina prevalentemente come antidolorifici.
Molte di esse - in special modo stimolanti e calmanti - possono creare dipendenza, psicologica e/o fisica. In alcuni casi altre sostanze psicoattive possono essere utilizzate per il superamento di queste dipendenze (esempio: metadone - eroina).
?
Ribadisco quanto già detto prima: lo stato non può obbligare a utilizzare droghe quando ne proibisce lo spaccio e l'uso.
Se una persona volese decidere di sottoporsi a ciò che chiedi, deve essere nella sua piena libertà di scelta. E se dovesse scegliere di NON farlo la sua posizione NON dovrebbe essere aggravata in nessun modo, in quanto è un suo diritto COSTITUZIONALMENTE GARANTITO.
Chiaro?
Tra l'altro dovresti dimostrare che sotto l'effetto di quelle sostanze si abbia la MATEMATICA CERTEZZA che una persona dica soltanto la verità.
Infine, si dovrebbe garantire l'assoluta certezza che durante l'interrogatorio sarebbero fatte esclusivamente domande sull'argomento.
paulus69
24-02-2009, 20:09
Ok, ma tutto quello che hai detto non è in contrasto con il pretendere un sistema carcerario che assolva maggiormente alla sua funzione anche rieducativa.
Semmai è in contrasto con l'uguaglianza "più soffre il carcerato più impara"
Non credo che semplicemente rinchiudendo una persona in una cella questa possa rendersi conto del proprio errore e del danno che ha provocato alla società e a se stessa.
Io credo che il carcere dovrebbe puntare su iniziative più serie e più complesse, anche se più dispendiose in tempo e attenzione da parte degli amministratori di un carcere.
Ad esempio, in un servizio che avevo visto su alcuni carceri di massima sicurezza in U.S.A. (Penso di averlo visto su La7, ma non sono sicuro), i detenuti in certi giorni della settimana, veniva offerto di prestare servizio in uno di quei centri dove vengono addomesticati e addestrati i cavalli selvaggi, i per questo servizio venivano retribuiti (Tale retribuzione veniva poi divisa in 3 parti, una parte andava alle vittime o ai familiari delle vittime del carcerato, una parte veniva utilizzata per coprire i costi della detenzione del carcerato, e una parte veniva tenuta da parte per il carcerato alla fine della sua pena)
Un lavoro non privo di rischi si intende, ma in compenso questa attività ha dimostrato di avere effetti più che soddisfacenti nel percorso rieducativo del carcerato ed inoltre i soldi tenuti da parte e guadagnati dal carcerato erano un incentivo per quest'ultimo a ricostruirsi una vita onesta dopo aver scontato la sua pena (Dopo essere stati in carcere, specialmente se si sconta una pena lunga, difficilmente ci si ritrova in una situazione che incentiva una vita onesta altrimenti)
Questo è solo un esempio per cercare di spiegare cosa io intendo, e penso che ciò valga non solo per me, quando dico che il sistema carcerario deve impegnarsi maggiormente nella rieducazione del carcerato.
Le semplici privazioni che il carcere impone alle persone di per se non ha un azione rieducativa soddisfacente, almeno nella società attuale, se non è accompagnata da iniziative più mirate e più studiate.
Con questo non voglio certo dire che nelle carceri ci debbano essere TV al plasma e vasche idromassaggio, anche la punizione e la privazione fino ad un certo punto ha una sua importanza nel processo rieducativo
Però non si può sperare che la semplice sofferenza del detenuto possa essere sufficiente a rieducare il carcerato.
Poi uno può anche dire "Trattiamolo talmente male da fargli passare la voglia di delinquere di nuovo", ma personalmente trovo una tale visione troppo semplicistica oltre che non curante dei limiti che una società civile devo porsi anche quando ha a che fare con criminali (Niente tortura o pena di morte)
ok,ho preso visione...
partendo dal nocciolo,è il carcere in sè stesso che per antonomasia è al contempo spauracchio e richiamo delle norme che regolano la vita sociale.
spauracchio perchè nulla è peggiore della limitazione della propria libertà,quindi se voglio continuare ad essere libero sono costretto ad asservirmi alle leggi sociali(non che sia poi un gran sacrificio...nè)
richiamo perchè senza un'osservanza delle regole cesserebbe qualsiasi
sistema sociale.
ne consegue quindi che il sistema carcerario è già educativo perchè già vigente:chi prenderebbe mai in considerazione un qualcosa di meramente teorico?come dire...forse domani mi faranno la bua...ma non oggi...capisci?tutto lì.;)
io pretendo un carcere severo,anche duro a livello dei forzati e senza sconti,ma non brutale,che si mantengano con il loro lavoro senza gravare sulla società.
arrivando al senso del tread...
a volte scherzo sull'evirazione per gli stupratori o pedofili anche se non l'auspico scentemente;son consapevole che ciò esarcerberebbe l'essenza stessa di quell'umana natura al punto di renderla qualcosa di inumanamente peggiore.(non siamo tanto diversi dalle bestie...eccetto una sottile patina di civiltà)
a quel punto,preferisco allora toglierli la vita adducendolo come supremo esempio di giustizia.
quindi sì,sono per la pena di morte per determinati crimini.
StefAno Giammarco
25-02-2009, 00:52
A continuare a copia-incollare lunghi articoli non si capisce bene cosa vuoi dire. Se sei razzista, se sei femminista, etc...
Poi fai come vuoi.
Sai che si potrebbe ravvisare una certa dose d'insulto nel tuo post? La cosa non è chiarissima e perciò te la cavi però non fare il bis che mi potrei togliere i dubbi.
StefAno Giammarco
25-02-2009, 00:55
nel medioevo avevano risolto il problema egregiamente... :rolleyes:
http://it.wikipedia.org/wiki/Cintura_di_castit%C3%A0
Ha ragione Ania, sono battute di pessimo gusto, del tutto inopportuno ed esiziali al buon svolgimento della discussione. Se non si ha niente da dire intervenire non è obbligatorio in alcun modo. Se dovessi ripetere la performance dovrei prendere atto che cerchi il flame.
Nessun pianto.
Anche se mi dispiace profondamente e sinceramente mi addolora leggere di donne che si sono ammazzate perchè non hanno saputo venire fuori dall'abisso in cui uno stupro le ha fatte precipitare.
Mi dispiace che nessuno sia riuscito ad aiutarle.
Mi dispiace che abbiano scelto di rinunciare alla propria vita a causa di criminali che stuprandole gliel 'hanno saputa rendere un inferno.
Mi dispiace che non abbiano potuto trovare adeguata assistenza psicologica, mi dispiace che non abbiano saputo metabolizzare un trauma che è stato all'origine della scelta di voler morire.
Ma non credo che uno come te riesca a comprendere ciò che scrivo.
Vorrei che in questo paese ci fosse la CERTEZZA DELLA PENA.
E che la pena fosse commisurata alla gravità del reato commesso.
Lo stupro è un REATO grave.
Hai pienamente ragione, comunque la certezza della pena deve ovviamente essere un principio da applicare ad ogni reato più o meno grave e di diverso genere.
Le vittime suicide di reati come lo stupro, e anche altri reati contro la persona che non uccidono ma lasciano segni gravissimi e problemi psicologici, e per questo sono a volte sottovalutati, sono infatti un problema drammatico; l'assistenza alle vittime di questi reati e la prevenzione vanno potenziate al di là delle pene per gli autori del reato.
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