easyand
10-02-2009, 20:52
Assenteisti per mestiere
I militari: sono gli unici a lavorare davvero al distaccamento della Marina militare di Napoli
FULVIO MILONE
I «fantasmi» se ne andavano a zonzo per la città, soprattutto nelle belle giornate. Convinti di non esser visti, come si confà alle presenze incorporee, mettevano solo un piede in ufficio per poi ritrarlo subito e dirigere i loro passi verso altre più gradevoli mete. Non sapevano, però, che a Napoli esiste una squadra di «ghostbuster». Nel caso specifico i cacciatori di spettri erano tre carabinieri che hanno fatto un lavoraccio per intrappolarli. Alla fine ci sono riusciti, e con grande soddisfazione hanno dato anche un nome in codice alla loro indagine: «Fantasma», appunto. Il bilancio dell’operazione è da grandi numeri, di quelli che fanno inorridire il ministro Brunetta: 228 indagati per truffa allo Stato o, più semplicemente, per assenteismo. Sono tutti impiegati civili del Maridist, il distaccamento della Marina militare di Napoli. L’inchiesta riguarda quasi il cento per cento del personale in servizio nell’ufficio. Nei loro confronti il sostituto procuratore della Repubblica Filippo Beatrice, il magistrato che ha indagato su Calciopoli e incastrato Luciano Moggi, ha emesso gli avvisi di conclusione delle indagini preliminari. E c’è da aggiungere che gli accertamenti, che risalgono a due anni fa, non sono finiti: come giustamente si sono detti gli investigatori, se un numero così alto di impiegati civili del Maridist poteva tranquillamente assentarsi, qualcuno fra le gerarchie militari che hanno la responsabilità della struttura deve aver chiuso uno, se non entrambi gli occhi. Il tribunale militare Quest’ultima parte dell’indagine sulle eventuali responsabilità degli ufficiali della Marina dovrebbe essere materia del tribunale militare. Alla procura di Napoli resta quella sui 228 assenteisti che non indossavano la divisa. Che qualcosa non andasse negli uffici del Maridist, i carabinieri l’hanno saputo grazie ad alcune segnalazioni anonime, fatte probabilmente da uno dei (pochissimi) impiegati che lo stipendio cercavano di guadagnarlo onestamente.
I carabinieri sono andati a verificare, con discrezione. Gli elenchi delle presenze sembrava in ordine: regolari gli orari d’ingresso, precisi al secondo quelli d’uscita del personale. Eppure gli uffici erano deserti. Come mai? L’obiettivo degli investigatori era quello di non mettere in allarme i «fantasmi» del Maridist. Hanno informato la procura che ha optato per un’indagine il più possibile riservata. Non uno degli impiegati è stato convocato in caserma, o a palazzo di giustizia, per essere interrogato. In compenso i «ghostbusters» hanno disseminato di telecamere non solo via Acton, la strada che costeggia il porto dove ha sede il Maridist, ma anche la zona circostante: piazza Municipio, via San Carlo, piazza del Plebiscito. Le telecamere Gli occhi elettronici hanno spiato la giornata-tipo degli assenteisti. Si presentavano in ufficio di buon mattino, anche in anticipo rispetto all’orario previsto. Approfittando del fatto che la struttura militare funziona ancora con i registri delle presenze, alcuni impiegati si presentavano alle 7 per firmare e annotare accanto al proprio nome gli orari d’ingresso e di uscita, tanto per non sottrarre tempo prezioso alle faccende private.
Le telecamere hanno immortalato i dipendenti mentre si allontanavano in auto, o a piedi se la giornata prometteva bel tempo. Qualcuno tornava in ufficio, ma per pochi minuti. La maggioranza spariva per tutto il giorno, impegnata a fare la spesa, ad andare a prendere i bambini a scuola o, più semplicemente, a chiudersi in un bar per un lunghissimo caffè o aperitivo. Basta dare un’occhiata all’elenco degli indagati per capire che nessuno era immune dal virus dell’assenteismo. La lunga lista comprende i dipendenti della mensa, dell’autoparco, dell’Ufficio segreteria comando e sicurezza, della sanità, della manutenzione. Tutti saranno interrogati nelle prossime settimane, e dovranno offrire ottime ragioni agli inquirenti per schivare un processo per truffa ai danni dello Stato.
La Stampa
I militari: sono gli unici a lavorare davvero al distaccamento della Marina militare di Napoli
FULVIO MILONE
I «fantasmi» se ne andavano a zonzo per la città, soprattutto nelle belle giornate. Convinti di non esser visti, come si confà alle presenze incorporee, mettevano solo un piede in ufficio per poi ritrarlo subito e dirigere i loro passi verso altre più gradevoli mete. Non sapevano, però, che a Napoli esiste una squadra di «ghostbuster». Nel caso specifico i cacciatori di spettri erano tre carabinieri che hanno fatto un lavoraccio per intrappolarli. Alla fine ci sono riusciti, e con grande soddisfazione hanno dato anche un nome in codice alla loro indagine: «Fantasma», appunto. Il bilancio dell’operazione è da grandi numeri, di quelli che fanno inorridire il ministro Brunetta: 228 indagati per truffa allo Stato o, più semplicemente, per assenteismo. Sono tutti impiegati civili del Maridist, il distaccamento della Marina militare di Napoli. L’inchiesta riguarda quasi il cento per cento del personale in servizio nell’ufficio. Nei loro confronti il sostituto procuratore della Repubblica Filippo Beatrice, il magistrato che ha indagato su Calciopoli e incastrato Luciano Moggi, ha emesso gli avvisi di conclusione delle indagini preliminari. E c’è da aggiungere che gli accertamenti, che risalgono a due anni fa, non sono finiti: come giustamente si sono detti gli investigatori, se un numero così alto di impiegati civili del Maridist poteva tranquillamente assentarsi, qualcuno fra le gerarchie militari che hanno la responsabilità della struttura deve aver chiuso uno, se non entrambi gli occhi. Il tribunale militare Quest’ultima parte dell’indagine sulle eventuali responsabilità degli ufficiali della Marina dovrebbe essere materia del tribunale militare. Alla procura di Napoli resta quella sui 228 assenteisti che non indossavano la divisa. Che qualcosa non andasse negli uffici del Maridist, i carabinieri l’hanno saputo grazie ad alcune segnalazioni anonime, fatte probabilmente da uno dei (pochissimi) impiegati che lo stipendio cercavano di guadagnarlo onestamente.
I carabinieri sono andati a verificare, con discrezione. Gli elenchi delle presenze sembrava in ordine: regolari gli orari d’ingresso, precisi al secondo quelli d’uscita del personale. Eppure gli uffici erano deserti. Come mai? L’obiettivo degli investigatori era quello di non mettere in allarme i «fantasmi» del Maridist. Hanno informato la procura che ha optato per un’indagine il più possibile riservata. Non uno degli impiegati è stato convocato in caserma, o a palazzo di giustizia, per essere interrogato. In compenso i «ghostbusters» hanno disseminato di telecamere non solo via Acton, la strada che costeggia il porto dove ha sede il Maridist, ma anche la zona circostante: piazza Municipio, via San Carlo, piazza del Plebiscito. Le telecamere Gli occhi elettronici hanno spiato la giornata-tipo degli assenteisti. Si presentavano in ufficio di buon mattino, anche in anticipo rispetto all’orario previsto. Approfittando del fatto che la struttura militare funziona ancora con i registri delle presenze, alcuni impiegati si presentavano alle 7 per firmare e annotare accanto al proprio nome gli orari d’ingresso e di uscita, tanto per non sottrarre tempo prezioso alle faccende private.
Le telecamere hanno immortalato i dipendenti mentre si allontanavano in auto, o a piedi se la giornata prometteva bel tempo. Qualcuno tornava in ufficio, ma per pochi minuti. La maggioranza spariva per tutto il giorno, impegnata a fare la spesa, ad andare a prendere i bambini a scuola o, più semplicemente, a chiudersi in un bar per un lunghissimo caffè o aperitivo. Basta dare un’occhiata all’elenco degli indagati per capire che nessuno era immune dal virus dell’assenteismo. La lunga lista comprende i dipendenti della mensa, dell’autoparco, dell’Ufficio segreteria comando e sicurezza, della sanità, della manutenzione. Tutti saranno interrogati nelle prossime settimane, e dovranno offrire ottime ragioni agli inquirenti per schivare un processo per truffa ai danni dello Stato.
La Stampa