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17-12-2008, 10:03
Petrolio Opec: taglio doloroso, ma necessario
dall'inviato Roberto Bongiorni
ORANO - C'è un modo di dire molto popolare anche nel mondo arabo: quando si va troppo in alto, la successiva caduta rischia di essere più rapida e profonda. Il petrolio, la linfa vitale per le economie di molti Paesi Opec, ha seguito il detto alla lettera. Per salire da 40 dollari al picco di 147 dollari al barile, toccati lo scorso luglio, ci sono voluti quattro anni. Per ritornare allo stesso livello poco più di quattro mesi, dieci volte di meno.
Per chi, come molti Paesi membri dell'Organizzazione, ricava dalle vendite di greggio anche il 90% in valore dell'export, si tratta di una caduta drammatica: dal record di luglio il barile ha bruciato oltre 100 dollari, più di 20 dollari mese. Prevederlo era difficile. Anche perché, da quando i prezzi del greggio avevano sfondato quota 100 dollari, lo scorso aprile, si erano poi mantenuti ampiamente sempre sopra le tre cifre per i successivi sei mesi. I Paesi Opec si erano per così dire abituati a questi livelli, a un periodo delle vacche grasse che non sembrava mai finire.
I tempi cambiano: la crisi finanziaria mondiale sta avendo preoccupanti effetti a cascata sulle economie reali di mezzo mondo, i prezzi del greggio sono scesi ancora, l'inverno è alla porte. Eppure l'Opec, che copre oltre il 40% della produzione mondiale di greggio, si ritrova nello stesso dilemma di fine ottobre: occorre ridurre la produzione per far risalire i corsi del greggio su valori desiderabili.
Tagliare dunque sì, ma di quanto? La riduzione decisa, a fine ottobre era stata massiccia: 1,5 milioni di barili al giorno (mbg), a cui dovevano aggiungersi oltre 400mila barili/giorno prodotti in più rispetto alle quote assegnate. La sovrapproduzione è il risultato di quella mancanza di disciplina che ha spesso contraddistinto le politiche produttive di molti Paesi membri. Fu troppo poco: i mercati anziché reagire con un rialzo presero la direzione opposta. Dai 70 dollari il barile è sceso il 5 dicembre appena sotto i 40, il minimo da circa quattro anni (ieri i prezzi si sono mantenuti sui 45 dollari).
Dopo il vertice interlocutorio del Cairo, in novembre, dove era stata rimandata ogni decisione eccoci dunque da capo. Ma con una novità. Questa volta, alla vigilia del vertice di Orano, in Algeria, i plenipotenziari del petrolio non sono solo d'accordo sulla necessità di tagliare, ma anche sulla quantità. Cogliendo tutti di sorpresa, appena varcata la soglia del lussuoso Hotel Sheraton di Orano, Ali al-Naimi, il ministro saudita dell'Energia, è uscito subito allo scoperto: "L'offerta è in eccesso rispetto alla domanda, le scorte sono più alte del normale, quindi, per riportare l'equilibrio ci sarà un taglio di circa due milioni di barili al giorno". Sarebbe un taglio record, per di più in linea con quanto richiesto da Venezuela e Iran, i Paesi tradizionalmente noti come i falchi dell'Opec. Detto però dal ministro dell'Arabia, vero peso massimo del Cartello, le cose assumono tutt'altra credibilità. Eppure i prezzi sui mercati a termine ieri hanno ceduto ancora terreno. Gli undici Paesi Opec soggetti alle quote (l'Iraq ne è ancora sprovvisto) oggi hanno un tetto complessivo di 27,3 mbg. Se tagliassero davvero di 2mbg la loro quota di mercato si eroderebbe in modo sensibile. "Se vogliono avere dei risultati devono tagliare, ora o mai più". Spiegano gli analisti presenti al vertice. Soprattutto se l'Organizzazione vuole davvero raggiungere quel prezzo definito "ragionevole," dai sauditi all'ultimo vertice del Cairo: vale a dire 75 dollari al barile. Un valore ritenuto adeguato per portare avanti gli investimenti petroliferi ed aumentare la capacità produttivo necessaria per il futuro.
Più facile dirlo che farlo. La domanda mondiale di greggio continua a mostrare segni di cedimento. La stessa Opec ieri ha ricorretto in negativo le sue stime. Ecco i risultati :non solo nel 2008 viene confermato il primo calo della domanda mondiale dell'ultimo quarto di secolo, ma la domanda per il greggio prodotto dall'Opec dovrebbe scendere di 1,4 mbg nel 2009. Cosa fare? La crisi finanziaria mondiale stamettendo a dura rpova l'economia. L'ultima vittima , solo in ordine di tempo, è l'industria dell'auto americana. Si produce di meno, si consuma meno energia. Semplice, il problema è strutturale.
L'Opec tuttavia non vuole essere l'unico produttore a sobbarcarsi i sacrifici. Ha chiesto aiuto ai Paesi che non fanno parte della sua Organizzazione: Messico, Norvegia, Russia e altri ancora. L'unico ad aver risposto all'appello è Mosca. Ad Orano ha inviato una delegazione insolitamente numerosa, guidata dal vicepremier Sechin. Il presidente dell'Opec ha invitato Mosca ad entrare a pieno titolo nell'Organizzazione. Anche il presidente russo Dimitri Medvedev nei giorni scorsi aveva accennato a questa possibilità. L'ipotesi resta comunque improbabile. Più credibile invece che Mosca decida di tagliare a sua volta la produzione di circa 300mila barili giorno. Sarebbe un segnale molto importante. Anche per la Russia la caduta del prezzo del barile si sta rivelando il male maggiore. Occorre dunque un rimedio drastico. Doloroso, ma per chi è malato di petro-dipendenza resta, forse, il solo possibile.
Fonte: Il Sole 24 Ore (http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Mondo/2008/12/petrolio-opec-analisi-bongiorni.shtml?uuid=83886376-cb97-11dd-a362-2ba76e0c892b&DocRulesView=Libero&fromSearch)
Ci riprovano. Non gli è bastata la lezione del 1990 e degli anni precedenti. Non gli è bastato il crollo del prezzo del petrolio in questi mesi dopo uno/due annetti di speculazione. Continuano con la politica di diminuzione dell'offerta per far lievitare il prezzo :muro:
dall'inviato Roberto Bongiorni
ORANO - C'è un modo di dire molto popolare anche nel mondo arabo: quando si va troppo in alto, la successiva caduta rischia di essere più rapida e profonda. Il petrolio, la linfa vitale per le economie di molti Paesi Opec, ha seguito il detto alla lettera. Per salire da 40 dollari al picco di 147 dollari al barile, toccati lo scorso luglio, ci sono voluti quattro anni. Per ritornare allo stesso livello poco più di quattro mesi, dieci volte di meno.
Per chi, come molti Paesi membri dell'Organizzazione, ricava dalle vendite di greggio anche il 90% in valore dell'export, si tratta di una caduta drammatica: dal record di luglio il barile ha bruciato oltre 100 dollari, più di 20 dollari mese. Prevederlo era difficile. Anche perché, da quando i prezzi del greggio avevano sfondato quota 100 dollari, lo scorso aprile, si erano poi mantenuti ampiamente sempre sopra le tre cifre per i successivi sei mesi. I Paesi Opec si erano per così dire abituati a questi livelli, a un periodo delle vacche grasse che non sembrava mai finire.
I tempi cambiano: la crisi finanziaria mondiale sta avendo preoccupanti effetti a cascata sulle economie reali di mezzo mondo, i prezzi del greggio sono scesi ancora, l'inverno è alla porte. Eppure l'Opec, che copre oltre il 40% della produzione mondiale di greggio, si ritrova nello stesso dilemma di fine ottobre: occorre ridurre la produzione per far risalire i corsi del greggio su valori desiderabili.
Tagliare dunque sì, ma di quanto? La riduzione decisa, a fine ottobre era stata massiccia: 1,5 milioni di barili al giorno (mbg), a cui dovevano aggiungersi oltre 400mila barili/giorno prodotti in più rispetto alle quote assegnate. La sovrapproduzione è il risultato di quella mancanza di disciplina che ha spesso contraddistinto le politiche produttive di molti Paesi membri. Fu troppo poco: i mercati anziché reagire con un rialzo presero la direzione opposta. Dai 70 dollari il barile è sceso il 5 dicembre appena sotto i 40, il minimo da circa quattro anni (ieri i prezzi si sono mantenuti sui 45 dollari).
Dopo il vertice interlocutorio del Cairo, in novembre, dove era stata rimandata ogni decisione eccoci dunque da capo. Ma con una novità. Questa volta, alla vigilia del vertice di Orano, in Algeria, i plenipotenziari del petrolio non sono solo d'accordo sulla necessità di tagliare, ma anche sulla quantità. Cogliendo tutti di sorpresa, appena varcata la soglia del lussuoso Hotel Sheraton di Orano, Ali al-Naimi, il ministro saudita dell'Energia, è uscito subito allo scoperto: "L'offerta è in eccesso rispetto alla domanda, le scorte sono più alte del normale, quindi, per riportare l'equilibrio ci sarà un taglio di circa due milioni di barili al giorno". Sarebbe un taglio record, per di più in linea con quanto richiesto da Venezuela e Iran, i Paesi tradizionalmente noti come i falchi dell'Opec. Detto però dal ministro dell'Arabia, vero peso massimo del Cartello, le cose assumono tutt'altra credibilità. Eppure i prezzi sui mercati a termine ieri hanno ceduto ancora terreno. Gli undici Paesi Opec soggetti alle quote (l'Iraq ne è ancora sprovvisto) oggi hanno un tetto complessivo di 27,3 mbg. Se tagliassero davvero di 2mbg la loro quota di mercato si eroderebbe in modo sensibile. "Se vogliono avere dei risultati devono tagliare, ora o mai più". Spiegano gli analisti presenti al vertice. Soprattutto se l'Organizzazione vuole davvero raggiungere quel prezzo definito "ragionevole," dai sauditi all'ultimo vertice del Cairo: vale a dire 75 dollari al barile. Un valore ritenuto adeguato per portare avanti gli investimenti petroliferi ed aumentare la capacità produttivo necessaria per il futuro.
Più facile dirlo che farlo. La domanda mondiale di greggio continua a mostrare segni di cedimento. La stessa Opec ieri ha ricorretto in negativo le sue stime. Ecco i risultati :non solo nel 2008 viene confermato il primo calo della domanda mondiale dell'ultimo quarto di secolo, ma la domanda per il greggio prodotto dall'Opec dovrebbe scendere di 1,4 mbg nel 2009. Cosa fare? La crisi finanziaria mondiale stamettendo a dura rpova l'economia. L'ultima vittima , solo in ordine di tempo, è l'industria dell'auto americana. Si produce di meno, si consuma meno energia. Semplice, il problema è strutturale.
L'Opec tuttavia non vuole essere l'unico produttore a sobbarcarsi i sacrifici. Ha chiesto aiuto ai Paesi che non fanno parte della sua Organizzazione: Messico, Norvegia, Russia e altri ancora. L'unico ad aver risposto all'appello è Mosca. Ad Orano ha inviato una delegazione insolitamente numerosa, guidata dal vicepremier Sechin. Il presidente dell'Opec ha invitato Mosca ad entrare a pieno titolo nell'Organizzazione. Anche il presidente russo Dimitri Medvedev nei giorni scorsi aveva accennato a questa possibilità. L'ipotesi resta comunque improbabile. Più credibile invece che Mosca decida di tagliare a sua volta la produzione di circa 300mila barili giorno. Sarebbe un segnale molto importante. Anche per la Russia la caduta del prezzo del barile si sta rivelando il male maggiore. Occorre dunque un rimedio drastico. Doloroso, ma per chi è malato di petro-dipendenza resta, forse, il solo possibile.
Fonte: Il Sole 24 Ore (http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Mondo/2008/12/petrolio-opec-analisi-bongiorni.shtml?uuid=83886376-cb97-11dd-a362-2ba76e0c892b&DocRulesView=Libero&fromSearch)
Ci riprovano. Non gli è bastata la lezione del 1990 e degli anni precedenti. Non gli è bastato il crollo del prezzo del petrolio in questi mesi dopo uno/due annetti di speculazione. Continuano con la politica di diminuzione dell'offerta per far lievitare il prezzo :muro: