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View Full Version : Giustizia, se trattare è obbedire


luxorl
12-12-2008, 08:52
Giustizia, se trattare è obbedire

Il conflitto reciproco tra le procure di Catanzaro e Salerno non è facile da interpretare. Troppe questioni irrisolte si sono accumulate. Vale la pena di ricordare che la vicenda nasce dalle inchieste scomode di un magistrato, De Magistris, sugli affari oscuri combinati con i fondi europei. Risorse con cui si ingrassano ceti politici, procacciatori d’affari (che, sorpresa, possono essere anche della Compagnia delle Opere, braccio economico di Comunione e Liberazione), clientele parassitarie. Fondi che non sono quasi mai usati per lo scopo per cui vengono stanziati.
Il sottobosco messo in luce dall’inchiesta ha tutti i caratteri della commediaccia vernacolare, dove tutti sono compromessi, procacciatori d’affari, clientele e politici. Così la politica, che dovrebbe impedire le malversazioni, ha invece fatto di tutto per sottrarre le indagini al magistrato che indagava. Alla fine c’è riuscita.
Oggi quasi tutta l’informazione tende a vedere nel conflitto tra le procure di Catanzaro e Salerno lo scontro tra chi contrasta e chi sostiene le ragioni di De Magistris. In un paese in cui ogni discorso pubblico deve essere verbalizzato negli schemi del linguaggio calcistico, si fa di tutto per cogliere in questa vicenda lo scontro tra due tifoserie scalmanate. Con l’obbiettivo, neanche nascosto, di sostenere che nessuna ha ragione e che anzi il trascendere del conflitto richiede un deciso intervento, manco a dirlo, dell’arbitro. Che sarebbe, naturalmente, la politica. Tutti, a questo punto, dovrebbero fare finta di non sapere che la politica fa parte della schiera degli indagati.
La questione dunque è difficile. Ma c’è un modo per farsene un’idea. Basta vedere come la politica nazionale affronta la questione. Berlusconi coglie al balzo l’occasione e ne approfitta per sentenziare che è l’ora di fare la riforma della giustizia. Che cosa ci si può aspettare da un soggetto che da quando ha assunto responsabilità politiche non si è dedicato ad altro che a legalizzare le proprie illegalità? Una riforma della giustizia che leghi le braccia alla magistratura inquirente. Che è proprio ciò che il centrodestra propone ora con la baldanza di chi si sente vicino alla meta.
Che cosa ci si dovrebbe aspettare dall’opposizione? Che sveli l’inganno e rifiuti la proposta. Invece no. Qui conviene ascoltare Violante. Il personaggio ha la virtù di dire apertamente ciò che altri preferirebbero dissimulare. Memorabile fu in Parlamento quando svelò un patto che tutti avevano negato: abbiamo votato in commissione la sua eleggibilità benché Berlusconi fosse ineleggibile! E ve lo avevamo detto che non avremmo toccato le sue televisioni!
Con la stessa sincerità ora proclama al Corriere della Sera: “I magistrati hanno troppo potere”. Francamente, a vedere la quantità di inquisiti e condannati in Parlamento, si potrebbe pensare che quel potere sia bilanciato in modo alquanto efficace. Ma ciò non basta a Violante, il quale non vuole perdere l’occasione di essere tra i primi a dirlo: “Sì al cambio delle norme con la maggioranza”.
Poco vale che la maggioranza si sia approvata da sola il Lodo Alfano che scioglie dal vincolo delle leggi l’unica carica dello stato che ne ha bisogno. Chi ha dato ha dato, chi ha avuto ha avuto. Ora ricominciamo. E per evitare che una pessima legge sia votata solo dalla maggioranza auspichiamo che venga votata anche dall’opposizione. Ma Violante va oltre e si produce in uno sforzo mirabile: “Azzeriamo il contenzioso reciproco”.
Anche a essere tonti l’espressione induce alla curiosità. Quale sarebbe di grazia il contenzioso reciproco? Tanto per fare ipotesi: lo scambio tra il processo Unipol e il processo Mills? O tra cos’altro? Potrebbe essere più esplicito l’onorevole? C’è qualcosa che i cittadini non sanno e rischiano di scoprire quando sarà troppo tardi? Berlusconi al Quirinale e il PD al governo?
Ma siamo realisti: messo così sarebbe sempre qualcosa come uno scambio alla pari, per quanto osceno. Ma quando la classe dirigente di centrosinistra ha rinunciato a fare l’unica legge che doveva fare, quella sul conflitto d’interessi, ha rinunciato – senza rendersene conto, oppure comprendendolo, ed è ancora peggio – a trattare da pari a pari con il titolare dell’anomalia italiana.
Così ora crede di trattare, e invece obbedisce.

Pancho Pardi

http://temi.repubblica.it/micromega-online/9122008-giustizia-se-trattare-e-obbedire/

rip82
12-12-2008, 10:19
Giustizia, se trattare è obbedire



Pancho Pardi

http://temi.repubblica.it/micromega-online/9122008-giustizia-se-trattare-e-obbedire/

:muro:

Trasferimenti (http://www.voglioscendere.ilcannocchiale.it/?r=85823)

L'inviato del Corriere della Sera Carlo Vulpio, che per due anni aveva seguito per il suo giornale le inchieste sul caso De Magistris, è stato sollevato dall'incarico. Lo annuncia lui stesso sul suo sito.

Comunque la si pensi su quello che sta accadendo ed è accaduto a Catanzaro, questa non è una bella notizia. Vulpio è uno dei giornalisti perquisiti e intercettati dalla procura di Matera perché indagati, assieme a un capitano dei carabinieri, per il singolare reato di associazione per delinquere finalizzata alla diffamazione a mezzo stampa e alla violazione del segreto istruttorio. Un reato inventato (i cronisti sono obbligati a cercare e dire sempre quella che ritengono essere la verità) in un'inchiesta servita ad ottenere il trasferimento dell'ufficiale dell'Arma che cercava di far luce sui comportamenti scorretti di alcuni magistrati del palazzo di giustizia di Potenza. All'epoca il Corriere aveva garantito a Vulpio il pieno appoggio. Oggi no.

Non è un caso. Esiste nel nostro paese un intricato groviglio di rapporti tra parte del mondo della politica, della magistratura, delle istituzioni e dell'imprenditoria, in grado di influenzare le indagini giudiziarie più delicate. Per raccontare l'intreccio, e svolgere così quella funzione di controllo che in democrazia spetta anche alla stampa, è necessario conoscere a fondo le vicende per poter distinguere i fatti dalle voci o dalle suggestioni. Non è un lavoro semplice. Anzi è un'attività faticosa, ricca di errori e povera di soddisfazioni. Ma va fatta. E Vulpio la faceva.

Oggi la scelta - e non solo da parte del Corriere - è invece quella di non provare nemmeno a districarsi in queste storie. Semplicemente non se ne parla. E più che la voglia di censura, vince l'immotivata speranza che la tempesta passi da sola. Un po' come ha fatto il Csm che, al corrente dal 2007 di quanto stava accadendo a Catanzaro, per molti mesi ha evitato di occuparsene. Per arrivare così a queste tragicomiche giornate caratterizzate da schiaffi mollati in faccia a destra e a manca dall'organo di autogoverno della magistratura, come se ciò che avviene tra le toghe campane e quelle calabresi fosse una zuffa tra bambini, sedata da un papà arrivato all'improvviso.

Nascondere lo sporco sotto il tappeto, infatti, non è mai una buona soluzione. Né per se stessi, né per il paese. Perché trasferire tutta l'Italia all'estero è purtroppo impossibile.


Via di qui. Cattivi magistrati e cattivi giornalisti. (http://www.carlovulpio.it/Lists/PRIMO PIANO/DispForm.aspx?ID=4&Source=http%3A%2F%2Fwww.carlovulpio.it%2Fdefault.aspx)

Avevo fatto una battuta: avevo detto: i giornalisti, a differenza dei magistrati, non possono essere trasferiti. Avrei fatto meglio a stare zitto. Da lì a poco sarei stato “trasferito” anch’io.
E’ stato la sera del 3 dicembre, dopo che sul mio giornale era uscito un mio servizio da Catanzaro sulle perquisizioni e i sequestri ordinati dalla procura di Salerno nei confronti di otto magistrati calabresi e di altri politici e imprenditori.
http://www.carlovulpio.it/Lists/Roba%20Nostra/DispForm.aspx?ID=12
Come sempre, non solo durante questa inchiesta, ma perché questo è il mio modo di lavorare, avevo “fatto i nomi”. E cioè, non avevo omesso di scrivere i nomi di chi compariva negli atti giudiziari (il decreto di perquisizione dei magistrati di Salerno, che trovate su questo blog in versione integrale) non più coperti da segreto istruttorio. Tutto qui. Nomi noti, per lo più. Accompagnati però da qualche “new entry”: per esempio, Nicola Mancino, vicepresidente del Csm, Mario Delli Priscoli, procuratore generale della Corte di Cassazione, Simone Luerti, presidente dell’Associazione nazionale magistrati.
Con una telefonata, il giorno stesso dell’uscita del mio articolo, la sera del 3 dicembre appunto, invece di sostenermi nel continuare a lavorare sul “caso Catanzaro” (non chiamiamolo più “caso de Magistris”, per favore, altrimenti sembra che il problema sia l’ex pm calabrese e non ciò che stanno combinando a lui, a noi, alla giustizia e alla società italiana), invece di farmi continuare a lavorare – dicevo –, come sarebbe stato giusto e naturale, sono stato sollevato dall’incarico.
Esonerato. Rimosso. Congedato. Trasferito.
Con una telefonata, il mio direttore, Paolo Mieli, ha dichiarato concluso il mio viaggio fra Catanzaro e Salerno, Potenza e San Marino, Roma e Lamezia Terme. Un viaggio cominciato il 27 febbraio 2007, quando scoppiò “Toghe Lucane” (la terza inchiesta di de Magistris, con “Poseidone” e “Why Not”). Un viaggio che mi fece subito capire che da quel momento in poi nulla sarebbe stato più come prima all’interno della magistratura e in Italia.
Tanto è vero che successivamente ho avvertito la necessità di scrivere un libro (“Roba Nostra”, Il Saggiatore), che, dicevo mentre lo consegnavo alle stampe, “è un libro al futuro”. Una battuta anche questa, certo, perché come si fa a prevedere il futuro? In un libro, poi, che si occupa di incroci pericolosi tra politica, giustizia e affari sporchi… Ma si vede che negli ultimi tempi le battute mi riescono piuttosto bene, visto che anche questa, come quella sul “trasferimento” dei giornalisti, si è avverata.
Avevo detto – e lo racconto in “Roba Nostra” – che in Basilicata l’anno scorso è stato avviato un esperimento, che, se nessuno fosse intervenuto, sarebbe stato riprodotto da qualche altra parte in maniera più ampia e più disastrosa.
E’ accaduto che mentre la procura di Catanzaro (c’era ancora de Magistris) stava indagando su un bel numero di magistrati lucani, di Potenza e di Matera, la procura di Matera (gli indagati) si è messa a indagare sugli indagatori (de Magistris). Come? Surrettiziamente. E cioè? Si è inventato il reato di “associazione a delinquere finalizzato alla diffamazione a mezzo stampa” e ha messo sotto controllo i telefoni di cinque giornalisti (me compreso) e un ufficiale dei carabinieri (quello delegato da de Magistris per le indagini sui magistrati lucani). Così facendo, i magistrati indagati hanno potuto conoscere cosa si dicevano gli indagatori (de Magistris e l’ufficiale delegato a indagare).
Avvertivo: guardate che così va a finire male.
Chiedevo: caro Csm, caro Capo dello Stato, intervenite subito.
Niente. Nemmeno una parola, un singulto, un cenno. Nemmeno quando era chiaro a tutti che quei magistrati lucani, al di là di ogni altra considerazione, vedevano ormai compromessa la loro terzietà. Un magistrato - si dice sempre, e a ragione -, come la moglie di Cesare, deve non soltanto “essere”, ma anche “apparire” imparziale, terzo, non sospettabile di alcunché. Per i magistrati lucani, invece, non è così. Nonostante siano parti in causa, essi continuano a indagare sugli indagatori, chiedono e ottengono proroghe di indagini (siamo alla quarta) perché, dicono, il reato che si sono inventati, l’associazione a delinquere finalizzata alla diffamazione a mezzo stampa, è complicatissimo. E rimangono al proprio posto nonostante le associazioni regionali degli avvocati ne chiedano il trasferimento, per consentire un funzionamento appena credibile della giustizia.
Niente. Si è lasciato incancrenire il problema ed ecco replicato l’esperimento a Catanzaro. La “guerra” fra procure non è altro che la riproduzione di quel corto circuito messo in atto da indagati che indagano sui loro indagatori, affinché, rovesciato il tavolo e saltate per aria le carte, non si sappia più chi ha torto e chi ha ragione perché, appunto, “c’è la guerra”. E dopo la “guerra”, ecco la “tregua” o, se preferite, “l’armistizio” (così, banalmente ma non meno consapevolmente, tutti i giornali, salvo rarissime eccezioni di singoli commentatori).
Guerra e tregua. E’ questo il titolo dell’ultima, penosa sceneggiata italiana su una vicenda, scrivo in “Roba Nostra”, che è la “nuova Tangentopoli” italiana. Quando, sei mesi fa, è uscito il libro, qualcuno mi ha chiesto se non esagerassi. Adesso, l’ex presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, dichiara: “Ciò che sta accadendo oggi è peggio di Tangentopoli”. E Primo Greganti, uno che se ne intende, ammette anche lui, che “sì, oggi è peggio di Tangentopoli”.
Infine, una curiosità, o una coincidenza, o un suggerimento per una puntata al gioco del Lotto, fate voi.
Mi hanno rimosso dal servizio che stavo seguendo a Catanzaro il 3 dicembre 2008. Esattamente un anno prima, il 3 dicembre 2007, Letizia Vacca, membro del Csm, anticipava “urbi et orbi” la decisione che poi il Csm avrebbe preso su Clementina Forleo e Luigi de Magistris. “Sono due cattivi magistrati, due figure negative”, disse la Vacca. E Forleo e de Magistris sono stati trasferiti. Per me, più modestamente, è bastata una telefonata. Ma diceva più o meno la stessa cosa. Diceva che sono un cattivo giornalista.
Carlo Vulpio