c.m.g
14-11-2008, 15:05
venerdì 14 novembre 2008
Roma - Al ritmo di migliaia ogni ora, i tweet (cinguettii) degli iscritti al celebre servizio di nanoblog (o nanochat?) Twitter si sommano fino a raggiungere e superare il miliardo: tanti sono i messaggi da 140 caratteri finiti online sulla piattaforma della startup statunitense, che a quasi due anni dalla sua nascita non ha ancora un modello di business definito. Un problema comune a molti altri servizi di nuova generazione.
Si parte dall'attualità spicciola. Nelle ultime ore si parla di due argomenti nella twittersfera: del miliardo di messaggi, almeno secondo il conteggio (http://popacular.com/gigatweet/) (più o meno attendibile) di popacular.com, e di Twitterank. Il primo ormai segna quasi 1.005 milioni di tweet, che aumentano vertiginosamente ad ogni istante al ritmo di diverse centinaia al minuto, fissando l'ora X della svolta a circa le 7:00 del mattino dello scorso martedì. La notizia, di per sé, non rappresenta proprio una svolta epocale, ma rende (http://mashable.com/2008/11/12/twitter-one-billion-tweets-wow/) chiaramente l'idea del volume di messaggi in transito su una community relativamente piccola come Twitter: il numero di messaggi scambiati altrove è decisamente più alto (http://www.techcrunch.com/2008/11/12/one-billion-tweets-later/).
L'altro argomento di conversazione, Twitterank (http://new.twitterank.com/?), è invece un filo più complesso: fornendo la propria ID e la propria password si ottiene una valutazione del proprio status mediante un algoritmo che comprende frequenza di cinguettata, numero di follower e altro. Per qualche ora è stato tutto un fiorire di dichiarazioni sul proprio rank, con la consueta gara a chi ce l'ha più lungo più alto: fino a quando qualcuno (http://www.guardian.co.uk/technology/blog/2008/nov/13/twitter-password-security) non ha fatto notare che consegnare ad un perfetto sconosciuto la password del proprio account non era esattamente una procedura particolarmente sicura e lungimirante.
Si chiama phishing: convincere qualcuno a fornire le chiavi di accesso di un servizio mediante (http://mashable.com/2008/11/12/twitterrank/) un'esca convincente. In questo caso una classifica di qualche tipo, in altri casi un problema sul conto in banca o la possibilità di scaricare sfondi del desktop. Per fortuna che, almeno stavolta, il diretto interessato (http://blogs.zdnet.com/collaboration/?p=164) abbia chiarito (http://twitterank.wordpress.com/2008/11/13/some-follow-up/) che chiunque abbia usato Twitterank non corre rischi, visto che le password non sono state registrate e che il servizio è stato pensato solo per creare una estensione divertente senza particolari pretese (almeno per il momento).
Il problema di fondo, probabilmente, è proprio questo: a Twitter e molti altri servizi web 2.0 manca (apparentemente) uno schema di fondo, capace di trasformare in moneta sonante un successo planetario che in fin dei conti va oltre i semplici numeri. È una sorta di circolo vizioso: per crescere bisogna investire (anche solo in infrastruttura e costi di gestione), per investire occorre ricevere finanziamenti, per ricevere finanziamenti è necessario un piano industriale e conti in regola. Soprattutto in una congiunzione economica come quella attuale.
Ad oggi né YouTube, né Facebook, e men che meno Twitter, sono riusciti (http://www.alleyinsider.com/2008/11/here-s-a-billion-dollar-business-for-facebook) a convincere gli investitori a puntare massicciamente su di loro. Nessuno ha, nel proprio arsenale, la freccia che vada sempre a segno: nessuno ha la killer application (http://www.alleyinsider.com/2008/11/facebook-stock-now-worth-about-4-billion-) in grado di sbancare per popolarità e capacità di garantire un ritorno economico adeguato. Lo dicono i numeri (http://www.alleyinsider.com/2008/11/facebook-stock-now-worth-about-4-billion-), lo dicono le media agency (http://www.alleyinsider.com/2008/11/myspace-ad-sales-totally-out-hustling-facebook): quanto passerà prima che anche questo bubbone questa bolla esploda?
Luca Annunziata
Fonte: Punto Informatico (http://punto-informatico.it/2475037/PI/News/twitter-affare-un-miliardo.aspx)
Roma - Al ritmo di migliaia ogni ora, i tweet (cinguettii) degli iscritti al celebre servizio di nanoblog (o nanochat?) Twitter si sommano fino a raggiungere e superare il miliardo: tanti sono i messaggi da 140 caratteri finiti online sulla piattaforma della startup statunitense, che a quasi due anni dalla sua nascita non ha ancora un modello di business definito. Un problema comune a molti altri servizi di nuova generazione.
Si parte dall'attualità spicciola. Nelle ultime ore si parla di due argomenti nella twittersfera: del miliardo di messaggi, almeno secondo il conteggio (http://popacular.com/gigatweet/) (più o meno attendibile) di popacular.com, e di Twitterank. Il primo ormai segna quasi 1.005 milioni di tweet, che aumentano vertiginosamente ad ogni istante al ritmo di diverse centinaia al minuto, fissando l'ora X della svolta a circa le 7:00 del mattino dello scorso martedì. La notizia, di per sé, non rappresenta proprio una svolta epocale, ma rende (http://mashable.com/2008/11/12/twitter-one-billion-tweets-wow/) chiaramente l'idea del volume di messaggi in transito su una community relativamente piccola come Twitter: il numero di messaggi scambiati altrove è decisamente più alto (http://www.techcrunch.com/2008/11/12/one-billion-tweets-later/).
L'altro argomento di conversazione, Twitterank (http://new.twitterank.com/?), è invece un filo più complesso: fornendo la propria ID e la propria password si ottiene una valutazione del proprio status mediante un algoritmo che comprende frequenza di cinguettata, numero di follower e altro. Per qualche ora è stato tutto un fiorire di dichiarazioni sul proprio rank, con la consueta gara a chi ce l'ha più lungo più alto: fino a quando qualcuno (http://www.guardian.co.uk/technology/blog/2008/nov/13/twitter-password-security) non ha fatto notare che consegnare ad un perfetto sconosciuto la password del proprio account non era esattamente una procedura particolarmente sicura e lungimirante.
Si chiama phishing: convincere qualcuno a fornire le chiavi di accesso di un servizio mediante (http://mashable.com/2008/11/12/twitterrank/) un'esca convincente. In questo caso una classifica di qualche tipo, in altri casi un problema sul conto in banca o la possibilità di scaricare sfondi del desktop. Per fortuna che, almeno stavolta, il diretto interessato (http://blogs.zdnet.com/collaboration/?p=164) abbia chiarito (http://twitterank.wordpress.com/2008/11/13/some-follow-up/) che chiunque abbia usato Twitterank non corre rischi, visto che le password non sono state registrate e che il servizio è stato pensato solo per creare una estensione divertente senza particolari pretese (almeno per il momento).
Il problema di fondo, probabilmente, è proprio questo: a Twitter e molti altri servizi web 2.0 manca (apparentemente) uno schema di fondo, capace di trasformare in moneta sonante un successo planetario che in fin dei conti va oltre i semplici numeri. È una sorta di circolo vizioso: per crescere bisogna investire (anche solo in infrastruttura e costi di gestione), per investire occorre ricevere finanziamenti, per ricevere finanziamenti è necessario un piano industriale e conti in regola. Soprattutto in una congiunzione economica come quella attuale.
Ad oggi né YouTube, né Facebook, e men che meno Twitter, sono riusciti (http://www.alleyinsider.com/2008/11/here-s-a-billion-dollar-business-for-facebook) a convincere gli investitori a puntare massicciamente su di loro. Nessuno ha, nel proprio arsenale, la freccia che vada sempre a segno: nessuno ha la killer application (http://www.alleyinsider.com/2008/11/facebook-stock-now-worth-about-4-billion-) in grado di sbancare per popolarità e capacità di garantire un ritorno economico adeguato. Lo dicono i numeri (http://www.alleyinsider.com/2008/11/facebook-stock-now-worth-about-4-billion-), lo dicono le media agency (http://www.alleyinsider.com/2008/11/myspace-ad-sales-totally-out-hustling-facebook): quanto passerà prima che anche questo bubbone questa bolla esploda?
Luca Annunziata
Fonte: Punto Informatico (http://punto-informatico.it/2475037/PI/News/twitter-affare-un-miliardo.aspx)