zerothehero
07-11-2008, 15:03
DOPO LA VITTORIA STORICA DI OBAMA STUPISCE IL SILENZIO DEL CAPO DI AL QAEDA
Bin Laden tace. Perché?
Pressione militare, difficoltà strategiche. Molte le ipotesi che spiegano l'assenza di suoi messaggi
WASHINGTON – Nel grande clamore per la vittoria di Obama fa forse più rumore il silenzio di Osama. Dove è finito? Come mai non ha trovato il modo per far sentire la sua voce – bastava un audio – alla vigilia o durante il voto Usa? E la stessa domanda vale per il suo compagno di avventure, Ayman Al Zawahiri, che ci aveva abituati a commentare qualsiasi evento. Il messaggio di oggi di Abu Omar Al Baghdad è interessante però a minore impatto. Sulla sua reale identità ci sono molti dubbi – qualcuno pensa che sia solo un nome usato – e non ha certo il carisma di Bin Laden o Al Zawahiri.
LA SORTITA - Per un uomo – Bin Laden – che pensa di essere parte di un grande disegno storico è difficile rinunciare ad “apparire” in un momento così importante. Se ne va Bush, arriva un afro-americano alla Casa Bianca e lui resta in silenzio. E’ vero che secondo la tradizione orale qaedista non importa chi comandi in America, ma è strano se non misterioso che i propagandisti non abbiano trovato il tempo di preparare qualcosa. L’unica sortita “elettorale” – chiusa in un pugno di minuti – è stata quella di Abu Yahya Al Libi che al termine di un video-sermone ha auspicato la sconfitta dei repubblicani. Poi una convulsa serie di chat di presunti islamisti, uniti dalla diffidenza verso Obama. Poca cosa. Un contrasto netto con la super-produzione di filmati del 2007 e dei primi mesi del 2008. E’ come se Al Qaeda fosse stata riportata – in termini di messaggi mediatici – alla situazione pre-2001.
LE VALUTAZIONI - Il lungo silenzio si presta a valutazioni diverse. La prima è militare. La pressione lungo la zona di confine afghano-pachistana ha spinto i leader estremisti ad un’estrema prudenza. Gli aerei senza pilota usati dagli americani rappresentano una minaccia costante in quanto rimangono in aria per ore eseguendo la ricognizione armata. Hanno tempi di permanenza infinitamente superiori a quelli di elicotteri e dei moderni caccia. Quando individuano un obiettivo colpiscono eliminando militanti e, a volte, civili innocenti. La seconda valutazione riguarda proprio Osama e Al Zawahiri: può essere accaduto qualcosa, non possono più comunicare, sono in difficoltà. La terza è tecnica: le intelligence occidentali hanno lanciato con successo attacchi contro i siti che fanno da megafono. Cyberwar contro cyberjihad. La chiusura del canale web potrebbe spingere gli estremisti ad usare il vecchio sistema del cd rom o della videocassetta, ma questo comporta tempi più lunghi (dai 7 ai 10 giorni) e rischi. Infine c’è il fattore Obama. Un nemico inedito, del quale sanno poco ma che potrebbe presentarsi sulla scena internazionale come un’immagine diversa.
PROBLEMI – L’apparente silenzio conforta quanti ritengono che Al Qaeda, pur sempre in grado di uccidere su scala locale, abbia perso le sue capacità strategiche. Non può attaccare gli Stati Uniti e neppure suonare la grancassa. Chi crede alle teorie cospirative ritiene invece che con una nuova amministrazione non ci sia più bisogno dello spauracchio terrorismo. Le paure sono altre. Eppure gli addetti ai lavori invitano a stare in allerta. Un avviso che può essere scontato – per mettere le mani avanti – ma che può anche nascondere il timore di non sapere abbastanza su un nemico che ha dimostrato di saper sorprendere.
Guido Olimpio
07 novembre 2008
Bin Laden tace. Perché?
Pressione militare, difficoltà strategiche. Molte le ipotesi che spiegano l'assenza di suoi messaggi
WASHINGTON – Nel grande clamore per la vittoria di Obama fa forse più rumore il silenzio di Osama. Dove è finito? Come mai non ha trovato il modo per far sentire la sua voce – bastava un audio – alla vigilia o durante il voto Usa? E la stessa domanda vale per il suo compagno di avventure, Ayman Al Zawahiri, che ci aveva abituati a commentare qualsiasi evento. Il messaggio di oggi di Abu Omar Al Baghdad è interessante però a minore impatto. Sulla sua reale identità ci sono molti dubbi – qualcuno pensa che sia solo un nome usato – e non ha certo il carisma di Bin Laden o Al Zawahiri.
LA SORTITA - Per un uomo – Bin Laden – che pensa di essere parte di un grande disegno storico è difficile rinunciare ad “apparire” in un momento così importante. Se ne va Bush, arriva un afro-americano alla Casa Bianca e lui resta in silenzio. E’ vero che secondo la tradizione orale qaedista non importa chi comandi in America, ma è strano se non misterioso che i propagandisti non abbiano trovato il tempo di preparare qualcosa. L’unica sortita “elettorale” – chiusa in un pugno di minuti – è stata quella di Abu Yahya Al Libi che al termine di un video-sermone ha auspicato la sconfitta dei repubblicani. Poi una convulsa serie di chat di presunti islamisti, uniti dalla diffidenza verso Obama. Poca cosa. Un contrasto netto con la super-produzione di filmati del 2007 e dei primi mesi del 2008. E’ come se Al Qaeda fosse stata riportata – in termini di messaggi mediatici – alla situazione pre-2001.
LE VALUTAZIONI - Il lungo silenzio si presta a valutazioni diverse. La prima è militare. La pressione lungo la zona di confine afghano-pachistana ha spinto i leader estremisti ad un’estrema prudenza. Gli aerei senza pilota usati dagli americani rappresentano una minaccia costante in quanto rimangono in aria per ore eseguendo la ricognizione armata. Hanno tempi di permanenza infinitamente superiori a quelli di elicotteri e dei moderni caccia. Quando individuano un obiettivo colpiscono eliminando militanti e, a volte, civili innocenti. La seconda valutazione riguarda proprio Osama e Al Zawahiri: può essere accaduto qualcosa, non possono più comunicare, sono in difficoltà. La terza è tecnica: le intelligence occidentali hanno lanciato con successo attacchi contro i siti che fanno da megafono. Cyberwar contro cyberjihad. La chiusura del canale web potrebbe spingere gli estremisti ad usare il vecchio sistema del cd rom o della videocassetta, ma questo comporta tempi più lunghi (dai 7 ai 10 giorni) e rischi. Infine c’è il fattore Obama. Un nemico inedito, del quale sanno poco ma che potrebbe presentarsi sulla scena internazionale come un’immagine diversa.
PROBLEMI – L’apparente silenzio conforta quanti ritengono che Al Qaeda, pur sempre in grado di uccidere su scala locale, abbia perso le sue capacità strategiche. Non può attaccare gli Stati Uniti e neppure suonare la grancassa. Chi crede alle teorie cospirative ritiene invece che con una nuova amministrazione non ci sia più bisogno dello spauracchio terrorismo. Le paure sono altre. Eppure gli addetti ai lavori invitano a stare in allerta. Un avviso che può essere scontato – per mettere le mani avanti – ma che può anche nascondere il timore di non sapere abbastanza su un nemico che ha dimostrato di saper sorprendere.
Guido Olimpio
07 novembre 2008