Ser21
03-09-2008, 10:30
Le indagini sugli scontri di domenica puntano in direzione della criminalità organizzata
Incontro nel pomeriggio tra il prefetto Cavaliere e i magistrati dell'Antimafia
Legami tra ultrà e camorra
a Napoli il numero due della polizia
Manganelli cerca di ridimensionare: "Nessun incidente, solo qualche intemperanza"
ROMA - E' in corso la riunione dell'Osservatorio del Viminale che ufficializzerà le misure già individuate e annnciate ieri dal ministro dell'Interno Roberto Maroni contro le tifoserie violente: stop per la trasferte ai tifosi del Napoli per tutto il campionato, accusa di associazione a delinquere e interdizione di due anni dagli stadi per quanti accusati di atti violenti.
Intanto il capo della polizia, Antonio Manganelli ha inviato a Napoli il vicecapo Nicola Cavaliere responsabile della direzione centrale di polizia criminale, ed il responsabile della direzione centrale anticrimine Francesco Gratteri. I due funzionari incontreranno stamattina il questore Antonino Puglisi e i responsabili della Digos, della squadra mobile e dell'ufficio di gabinetto in relazione alle indagini sugli episodi di violenza compiuti da gruppi di tifosi nella trasferta a Roma.
"Abbiamo modo di ritenere che dietro la conduzione degli incidenti provocati dai tifosi napoletani ci sia l'influenza della criminalità organizzata", ha spiegato Manganelli intervenendo a Palermo a margine della cerimonia di commemorazione di Calo Alberto Dalla Chiesa. "Ho inviato a Napoli il prefetto Cavaliere, capo della Criminalpol - ha aggiunto - polizia e carabinieri sono in stretto contatto con la procura di Napoli, che non a caso ha affidato alla Dda questa indagine". "Oggi ci saranno riunioni nelle strutture investigative - ha concluso - per verificare le misure di contrasto non solo legate a questa vicenda ma a tutto quello che fa capo alla criminalità mafiosa".
Nel pomeriggio Gratteri e Cavaliere si recheranno quindi in Procura per un incontro con il coordinatore della divisione distrettuale antimafia Franco Roberti e i pubblici ministeri titolari di inchieste sulla criminalità organizzata. Secondo quanto si è appreso la decisione del Capo della polizia è collegata ai legami che emergerebbero tra settori della criminalità organizzata e responsabili delle violenze nella trasferta dei tifosi a Roma.
Indicazioni che sembrano in qualche misura in contraddizione con quanto affermato da Manganelli subito dopo: "Nel sabato e nella domenica calcistica - ha aggiunto - non c'è stato alcun incidente, un record dal momento dell'omicidio Raciti. C'è stato questo episodio di intemperanza di un folto, molto folto, gruppo di facinorosi napoletani". "Sono assolutamente contrario - ha proseguito il capo della polizia - ai treni speciali per i tifosi, allo stesso modo del governo passato e di quello attuale. Questi facinorosi, che hanno contaminato la giornata di campionato e il percorso virtuoso che si sta compiendo, devono essere identificati e puniti secondo quanto prevede la legge".
All'ipotesi di un legame tra tifosi organizzati del Napoli e clan camorristici sembra credere anche il questore del capoluogo campano. "Sappiamo che tra i gruppi del tifo organizzato - ha spiegato Puglisi - ci sono collegamenti con frange della criminalità organizzata. Stiamo vagliando l'accaduto e nelle prossime ore, dopo l'incontro che avremo nel pomeriggio in Procura, potremo esprimere una valutazione più precisa".
(3 settembre 2008)
Si conferma ancora una volta la più che probabile ipotesi che dietro alcuni movimenti ultrà ci siano organizzazioni criminali...
Qualcuno ricorda alla Favorita di Palermo lo striscione sul 41 Bis ?
DALLE SCRITTE CONTRO IL 41 BIS AI FATTI DI CATANIA. GRASSO: "LAVORARE NEI RIONI PIÙ DEGRADATI"
Striscioni e proteste plateali quando la mafia usa gli ultrà
Alessandra Ziniti
Fu individuato l´autore ma quel messaggio non configurava un reato e la storia venne archiviata
Il superprocuratore "Sono bande giovanili strumentalizzate da Cosa nostra"
AL "Renzo Barbera" gli ultrà di Cosa nostra vanno in curva sud. La «bravata» dei rampolli della cosca di Brancaccio, alla vigilia di Natale di quattro anni fa, la ricordano tutti. Uno striscione allusivo e minaccioso: "Uniti contro il 41 bis. Berlusconi dimentica la Sicilia".
La firma fu chiara fin da subito ma poi, a confermare chi aveva scritto, introdotto nello stadio e appeso in curva sud quello striscione, furono alcune intercettazioni telefoniche contenute in un´indagine di mafia. Francesco Urso, figlio del boss di Brancaccio Giuseppe Urso, commentò al telefono con un amico il clamore che l´iniziativa aveva avuto su tutti i giornali e le tv. Ma, beffa che oggi assume un sapore ancora più amaro, trovato il "colpevole", i magistrati della Procura di Palermo si videro costretti ad archiviare l´inchiesta per mancanza di reato. «Che reato è configurabile - si chiese a lungo il sostituto procuratore Nino Di Matteo - nell´esporre in uno stadio uno striscione che esprime contrarietà al regime di carcere duro riservato ai mafiosi dall´ordinamento penitenziario? L´unica ipotesi per cui poter procedere era quella di associazione mafiosa, ma certo non basta esporre uno striscione di indiretta "solidarietà" ai detenuti al 41 bis per potere essere accusati di mafia». E così, alla fine la richiesta è stata quella di archiviare il caso visto che - scrisse il pm - «la semplice ideazione e attuazione dell´iniziativa in questione non può, in assenza di altri elementi di prova, ritenersi sufficiente ed idonea alla configurazione dell´ipotizzato reato associativo di stampo mafioso». Tesi accolta dal giudice per le indagini preliminari Antonio Tricoli che firmò l´archiviazione del caso.
Oggi, dopo i fatti di Catania, la preoccupazione che, tra le fila delle frange più violente degli ultrà possano camuffarsi esponenti della criminalità organizzata capaci di strumentalizzare e piegare ai propri obiettivi le teste calde del tifo, è sempre più pressante. E se a Catania i magistrati che indagano sull´omicidio di Filippo Raciti vanno cauti sui possibili collegamenti tra mafia e ultrà e ancora più cauti su possibili responsabilità della criminalità organizzata nell´agguato teso all´ispettore di polizia, a Palermo la presenza di mafiosi nelle fila degli ultrà è cosa certa. Francesco Urso, il giovane autore dello striscione sul 41 bis, è anche un tifoso sfegatato e fu uno dei primi a beccarsi una diffida di polizia. Nel ‘99 lo beccarono a Teramo negli scontri tra la tifoseria rosanero in trasferta e i supporter della squadra abruzzese. Gli vietarono l´ingresso allo stadio per un anno ma non bastò certo a fargli fare un passo indietro nelle frange più violente del tifo.
Che ci sia un collegamento strutturale tra gli ultrà più violenti e la manovalanza di Cosa nostra è un´ipotesi che gli investigatori vagliano da tempo anche se il superprocuratore nazionale antimafia Piero Grasso, acceso tifoso del Palermo e abituale frequentatore degli stadi, ne è poco convinto: «Certo, anche i mafiosi vanno alla partita - dice Grasso - così come anche i mafiosi votano. Ma, nel caso dello striscione contro il 41 bis, si rientrava in una strategia mediatica: lo stadio venne utilizzato come mezzo di comunicazione. A Catania è successo tutt´altro. La mafia usa la violenza in modo scientifico, l´uccisione di un poliziotto, per gli effetti che provoca, può solo essere controproducente per Cosa nostra. È invece più probabile trovare coincidenze tra bande giovanili in qualche modo strumentalizzate dalla mafia, che se ne serve al bisogno, e gruppi di ultrà, specialmente nei quartieri in cui maggiore è il degrado».
Incontro nel pomeriggio tra il prefetto Cavaliere e i magistrati dell'Antimafia
Legami tra ultrà e camorra
a Napoli il numero due della polizia
Manganelli cerca di ridimensionare: "Nessun incidente, solo qualche intemperanza"
ROMA - E' in corso la riunione dell'Osservatorio del Viminale che ufficializzerà le misure già individuate e annnciate ieri dal ministro dell'Interno Roberto Maroni contro le tifoserie violente: stop per la trasferte ai tifosi del Napoli per tutto il campionato, accusa di associazione a delinquere e interdizione di due anni dagli stadi per quanti accusati di atti violenti.
Intanto il capo della polizia, Antonio Manganelli ha inviato a Napoli il vicecapo Nicola Cavaliere responsabile della direzione centrale di polizia criminale, ed il responsabile della direzione centrale anticrimine Francesco Gratteri. I due funzionari incontreranno stamattina il questore Antonino Puglisi e i responsabili della Digos, della squadra mobile e dell'ufficio di gabinetto in relazione alle indagini sugli episodi di violenza compiuti da gruppi di tifosi nella trasferta a Roma.
"Abbiamo modo di ritenere che dietro la conduzione degli incidenti provocati dai tifosi napoletani ci sia l'influenza della criminalità organizzata", ha spiegato Manganelli intervenendo a Palermo a margine della cerimonia di commemorazione di Calo Alberto Dalla Chiesa. "Ho inviato a Napoli il prefetto Cavaliere, capo della Criminalpol - ha aggiunto - polizia e carabinieri sono in stretto contatto con la procura di Napoli, che non a caso ha affidato alla Dda questa indagine". "Oggi ci saranno riunioni nelle strutture investigative - ha concluso - per verificare le misure di contrasto non solo legate a questa vicenda ma a tutto quello che fa capo alla criminalità mafiosa".
Nel pomeriggio Gratteri e Cavaliere si recheranno quindi in Procura per un incontro con il coordinatore della divisione distrettuale antimafia Franco Roberti e i pubblici ministeri titolari di inchieste sulla criminalità organizzata. Secondo quanto si è appreso la decisione del Capo della polizia è collegata ai legami che emergerebbero tra settori della criminalità organizzata e responsabili delle violenze nella trasferta dei tifosi a Roma.
Indicazioni che sembrano in qualche misura in contraddizione con quanto affermato da Manganelli subito dopo: "Nel sabato e nella domenica calcistica - ha aggiunto - non c'è stato alcun incidente, un record dal momento dell'omicidio Raciti. C'è stato questo episodio di intemperanza di un folto, molto folto, gruppo di facinorosi napoletani". "Sono assolutamente contrario - ha proseguito il capo della polizia - ai treni speciali per i tifosi, allo stesso modo del governo passato e di quello attuale. Questi facinorosi, che hanno contaminato la giornata di campionato e il percorso virtuoso che si sta compiendo, devono essere identificati e puniti secondo quanto prevede la legge".
All'ipotesi di un legame tra tifosi organizzati del Napoli e clan camorristici sembra credere anche il questore del capoluogo campano. "Sappiamo che tra i gruppi del tifo organizzato - ha spiegato Puglisi - ci sono collegamenti con frange della criminalità organizzata. Stiamo vagliando l'accaduto e nelle prossime ore, dopo l'incontro che avremo nel pomeriggio in Procura, potremo esprimere una valutazione più precisa".
(3 settembre 2008)
Si conferma ancora una volta la più che probabile ipotesi che dietro alcuni movimenti ultrà ci siano organizzazioni criminali...
Qualcuno ricorda alla Favorita di Palermo lo striscione sul 41 Bis ?
DALLE SCRITTE CONTRO IL 41 BIS AI FATTI DI CATANIA. GRASSO: "LAVORARE NEI RIONI PIÙ DEGRADATI"
Striscioni e proteste plateali quando la mafia usa gli ultrà
Alessandra Ziniti
Fu individuato l´autore ma quel messaggio non configurava un reato e la storia venne archiviata
Il superprocuratore "Sono bande giovanili strumentalizzate da Cosa nostra"
AL "Renzo Barbera" gli ultrà di Cosa nostra vanno in curva sud. La «bravata» dei rampolli della cosca di Brancaccio, alla vigilia di Natale di quattro anni fa, la ricordano tutti. Uno striscione allusivo e minaccioso: "Uniti contro il 41 bis. Berlusconi dimentica la Sicilia".
La firma fu chiara fin da subito ma poi, a confermare chi aveva scritto, introdotto nello stadio e appeso in curva sud quello striscione, furono alcune intercettazioni telefoniche contenute in un´indagine di mafia. Francesco Urso, figlio del boss di Brancaccio Giuseppe Urso, commentò al telefono con un amico il clamore che l´iniziativa aveva avuto su tutti i giornali e le tv. Ma, beffa che oggi assume un sapore ancora più amaro, trovato il "colpevole", i magistrati della Procura di Palermo si videro costretti ad archiviare l´inchiesta per mancanza di reato. «Che reato è configurabile - si chiese a lungo il sostituto procuratore Nino Di Matteo - nell´esporre in uno stadio uno striscione che esprime contrarietà al regime di carcere duro riservato ai mafiosi dall´ordinamento penitenziario? L´unica ipotesi per cui poter procedere era quella di associazione mafiosa, ma certo non basta esporre uno striscione di indiretta "solidarietà" ai detenuti al 41 bis per potere essere accusati di mafia». E così, alla fine la richiesta è stata quella di archiviare il caso visto che - scrisse il pm - «la semplice ideazione e attuazione dell´iniziativa in questione non può, in assenza di altri elementi di prova, ritenersi sufficiente ed idonea alla configurazione dell´ipotizzato reato associativo di stampo mafioso». Tesi accolta dal giudice per le indagini preliminari Antonio Tricoli che firmò l´archiviazione del caso.
Oggi, dopo i fatti di Catania, la preoccupazione che, tra le fila delle frange più violente degli ultrà possano camuffarsi esponenti della criminalità organizzata capaci di strumentalizzare e piegare ai propri obiettivi le teste calde del tifo, è sempre più pressante. E se a Catania i magistrati che indagano sull´omicidio di Filippo Raciti vanno cauti sui possibili collegamenti tra mafia e ultrà e ancora più cauti su possibili responsabilità della criminalità organizzata nell´agguato teso all´ispettore di polizia, a Palermo la presenza di mafiosi nelle fila degli ultrà è cosa certa. Francesco Urso, il giovane autore dello striscione sul 41 bis, è anche un tifoso sfegatato e fu uno dei primi a beccarsi una diffida di polizia. Nel ‘99 lo beccarono a Teramo negli scontri tra la tifoseria rosanero in trasferta e i supporter della squadra abruzzese. Gli vietarono l´ingresso allo stadio per un anno ma non bastò certo a fargli fare un passo indietro nelle frange più violente del tifo.
Che ci sia un collegamento strutturale tra gli ultrà più violenti e la manovalanza di Cosa nostra è un´ipotesi che gli investigatori vagliano da tempo anche se il superprocuratore nazionale antimafia Piero Grasso, acceso tifoso del Palermo e abituale frequentatore degli stadi, ne è poco convinto: «Certo, anche i mafiosi vanno alla partita - dice Grasso - così come anche i mafiosi votano. Ma, nel caso dello striscione contro il 41 bis, si rientrava in una strategia mediatica: lo stadio venne utilizzato come mezzo di comunicazione. A Catania è successo tutt´altro. La mafia usa la violenza in modo scientifico, l´uccisione di un poliziotto, per gli effetti che provoca, può solo essere controproducente per Cosa nostra. È invece più probabile trovare coincidenze tra bande giovanili in qualche modo strumentalizzate dalla mafia, che se ne serve al bisogno, e gruppi di ultrà, specialmente nei quartieri in cui maggiore è il degrado».