Wilde
25-07-2008, 01:17
Ciò che si vede e ciò che non si vede
La natura distorta della tassazione e i possibili rimedi
Nella celebre opere del polemista francese Frederic Bastiat, ciò che si vede e ciò che non si vede, con abilità intuitiva - per un uomo dell’800, quando la presenza dello stato nell’economia era minima – vengono messi in risalto gli aspetti distorsivi dell’intervento pubblico nell’economia di mercato. Con la stessa chiarezza espositiva cercheremo di evidenziare uno degli aspetti più evidenti dell’interventismo: il lato nascosto della tassazione e gli effetti più o meno voluti che essa comporta nella vita economica degli individui. Innanzitutto una considerazione morale. Si può giustificare filosoficamente l’esistenza dell’esazione fiscale? Per gli assertori della libertà positiva, quindi libertà di, è un dato auto evidente. Non si può garantire la libertà positiva senza i proventi della coercizione statale che impone l’esazione. Coloro che sostengono la libertà negativa, cioè libertà da, argomentano che l’esazione fiscale non è necessaria, anzi è proprio una delle ragioni che violano la libertà negativa. Comunque la si pensi, l’esazione fiscale è un dato della realtà, e quindi bisogna fare i conti con i suoi effetti, limitando possibilmente quelli negativi. Lo studio del prelievo fiscale evidenzia 3 principi a cui fare riferimento per analizzarne i contenuti: efficienza, equità ed effetti economici.
Il principio dell’equità poggia le basi sulla capacità contributiva della persona. Si è chiamati a contribuire gli oneri della spesa pubblica in condizioni di parità e in base all’ammontare di quanto si è guadagnato.
Il principio dell’efficienza riguarda la chiarezza e la semplicità nella gestione amministrativa del prelievo fiscale.
Infine bisognerà analizzare gli effetti economici su imprese e individui.
Nella realtà fattuale questi principi teorici di buon senso, sono spesso disattesi a causa di una gestione incompetente da parte di politici, burocrati ed economisti. A causa di un sistema impositivo contraddittorio, incoerente, ingiusto è difficile mantenere saldo il principio dell’equità e dell’efficienza: gli agenti economici, quando possibile, saranno incentivati ad evadere o eludere l’imposta. Lo stato, nell’affannoso tentativo di limitare il fenomeno, cercherà di arginarlo con misure punitive, tramite il potenziamento della guardia di finanza, controllando le transazioni commerciali e bancarie, complicando gli adempimenti burocratici e quindi aumentando i costi di riscossione e di accertamento. Non a caso, in Italia, la progressività è un concetto scolpito nella costituzione, ma che trova pochi riscontri pratici nella realtà; a fronte di un consumo di beni di lusso notevole, solo l’1% della popolazione dichiara redditi superiori all’ultimo scaglione Irpef. Le giustificazioni teoriche alla progressività dell’imposta (ad es l’utilità marginale decrescente) si scontrano con altre evidenze della scienza economica (un sistema progressivo, da un lato promette di avvantaggiare i più deboli, dall’altro lato disincentiva investimento, consumi e risparmio con conseguenze sull’occupazione e sui salari). Non sarebbe più equo e meno distorsivo per il mercato adottare un’aliquota proporzionale ai redditi (Flat Tax), con l’esenzione totale per quelli più bassi? Efficienza ed equità sarebbero rispettate. Meno costi per lo stato nell’accertamento e nella gestione della PA. Meno effetti distorsivi sugli investimenti, sui consumi e sul risparmio. Si premierebbe il merito di chi investe e quindi crea posti di lavoro, ma soprattutto si combatterebbe realmente l’evasione e l’elusione fiscale. Altri effetti negativi dell’esazione fiscale sono il fiscal drag, l’effetto di spostamento e la traslazione dell’imposta. Con la continua espansione monetaria da parte dei falsari di diritto pubblico (Vedi Bance Centrali) il fenomeno dell’inflazione è divenuto una costante negativa con la quale confrontarci. Qualcuno potrebbe dire, bisogna conviverci. Ma non è una giustificazione valida per i più colpiti da tale effetto: coloro i quali hanno un reddito medio-basso, per i salariati, e per coloro che hanno liquidità in banca. E’ una tassa occulta che aliena ogni anno parte della ricchezza prodotta dall’individuo, il quale non ha altri mezzi per combatterla se non lavorare di più o effettuare investimenti a rischio elevato per compensare la perdita di capitale. Il fiscal drag accomuna gli effetti negativi dell’inflazione con la progressività fiscale: ogni anno, accrescendo nominalmente il reddito, fa scattare scaglioni dall’aliquota più elevata per il principio della progressività. Aumenteranno quindi le imposte a fronte di una capacità contributiva reale immutata. Lo stato deve porvi rimedio modificando le aliquote o adeguando gli scaglioni all’inflazione programmata che sappiamo tutti essere inferiore a quella reale. Con la Flat Tax, anche questo problema sarebbe risolto. L’effetto di spostamento è stato fatto notare da alcuni economisti (Peacock e Wiseman) analizzando una serie decennale di dati: a seguito di guerre o emergenze economiche lo stato avrà la giustificazione di elevare rapidamente la spesa pubblica. Una volta rientrato il fatto straordinario, si noterà un abbassamento della pressione fiscale, ma non si tornerà mai ai livelli precedenti. 100 anni fa una pressione superiore al 15% destava preoccupazione, oggi abbiamo una pressione fiscale superiore al 40% nella media dei paesi UE. Inoltre tutta questa spesa pubblica e interventismo hanno effetti sulla dinamica dei prezzi. Non esiste un “giusto” prezzo, o un valore oggettivo dei beni e servizi, ma sono i consumatori che decidono democraticamente quale impresa premiare, e quale svantaggiare. Il valore è soggettivo, ma ceteris paribus, i consumatori premieranno l’impresa che propone i prezzi più bassi. L’interventismo dello stato è assolutamente negativo quando tenta di stabilire i prezzi per legge (si penalizzano le aziende che lavorano al margine del prezzo di mercato, le quali saranno costretta a chiudere e spostare la produzione su altri settori, quindi avremo disoccupazione, lavoro nero e caduta degli investimenti ), ma è negativo anche quando si limita ad alzare le imposte di un determinato settore. Come effetto avremo la traslazione dell’imposta, da chi vuole colpire…a chi vuole tutelare. Si riempiono la bocca di parole quali “giustizia sociale” ed “equità” quando effettivamente si colpiscono proprio i consumatori. Per lo stato non è uno svantaggio: avrà effettivamente delle entrate aggiuntive. Ma tale balzello non sarà a carico dei produttori. Vedremo gli effetti perniciosi, ad esempio della Robin Tax. Per completezza accenno solo ad alcuni effetti economici minori dell’imposta quali l’ammortamento dell’imposta (una particolare forma di traslazione che si riferisce ai beni patrimoniali)e la diffusione dell’imposta (la ripercussione su settori distanti da quello colpito dall’imposta). Come abbiamo potuto osservare, i politici e gli economisti asserviti allo stato, sono molto bravi a fare demagogia e populismo quando si tratta di mettere in buona luce gli effetti dell’imposta, ma tacciono o tengono in scarsa considerazione gli effetti negativi ciò che non si vede. A questo proposito, la Flat Tax è solo un’idea, ma avrebbe sicuramente riscontri pratici positivi sul tema dell’equità, dell’efficienza e degli effetti economici. E’ tempo di rivedere completamente il nostro sistema tributario. Questa considerazione non è sufficiente per far ripartire l’economia di un paese afflitto da svariate problematiche quale l’Italia, ma è sicuramente un punto cardine da portare avanti compatibilmente con la riduzione della spesa pubblica improduttiva.
La natura distorta della tassazione e i possibili rimedi
Nella celebre opere del polemista francese Frederic Bastiat, ciò che si vede e ciò che non si vede, con abilità intuitiva - per un uomo dell’800, quando la presenza dello stato nell’economia era minima – vengono messi in risalto gli aspetti distorsivi dell’intervento pubblico nell’economia di mercato. Con la stessa chiarezza espositiva cercheremo di evidenziare uno degli aspetti più evidenti dell’interventismo: il lato nascosto della tassazione e gli effetti più o meno voluti che essa comporta nella vita economica degli individui. Innanzitutto una considerazione morale. Si può giustificare filosoficamente l’esistenza dell’esazione fiscale? Per gli assertori della libertà positiva, quindi libertà di, è un dato auto evidente. Non si può garantire la libertà positiva senza i proventi della coercizione statale che impone l’esazione. Coloro che sostengono la libertà negativa, cioè libertà da, argomentano che l’esazione fiscale non è necessaria, anzi è proprio una delle ragioni che violano la libertà negativa. Comunque la si pensi, l’esazione fiscale è un dato della realtà, e quindi bisogna fare i conti con i suoi effetti, limitando possibilmente quelli negativi. Lo studio del prelievo fiscale evidenzia 3 principi a cui fare riferimento per analizzarne i contenuti: efficienza, equità ed effetti economici.
Il principio dell’equità poggia le basi sulla capacità contributiva della persona. Si è chiamati a contribuire gli oneri della spesa pubblica in condizioni di parità e in base all’ammontare di quanto si è guadagnato.
Il principio dell’efficienza riguarda la chiarezza e la semplicità nella gestione amministrativa del prelievo fiscale.
Infine bisognerà analizzare gli effetti economici su imprese e individui.
Nella realtà fattuale questi principi teorici di buon senso, sono spesso disattesi a causa di una gestione incompetente da parte di politici, burocrati ed economisti. A causa di un sistema impositivo contraddittorio, incoerente, ingiusto è difficile mantenere saldo il principio dell’equità e dell’efficienza: gli agenti economici, quando possibile, saranno incentivati ad evadere o eludere l’imposta. Lo stato, nell’affannoso tentativo di limitare il fenomeno, cercherà di arginarlo con misure punitive, tramite il potenziamento della guardia di finanza, controllando le transazioni commerciali e bancarie, complicando gli adempimenti burocratici e quindi aumentando i costi di riscossione e di accertamento. Non a caso, in Italia, la progressività è un concetto scolpito nella costituzione, ma che trova pochi riscontri pratici nella realtà; a fronte di un consumo di beni di lusso notevole, solo l’1% della popolazione dichiara redditi superiori all’ultimo scaglione Irpef. Le giustificazioni teoriche alla progressività dell’imposta (ad es l’utilità marginale decrescente) si scontrano con altre evidenze della scienza economica (un sistema progressivo, da un lato promette di avvantaggiare i più deboli, dall’altro lato disincentiva investimento, consumi e risparmio con conseguenze sull’occupazione e sui salari). Non sarebbe più equo e meno distorsivo per il mercato adottare un’aliquota proporzionale ai redditi (Flat Tax), con l’esenzione totale per quelli più bassi? Efficienza ed equità sarebbero rispettate. Meno costi per lo stato nell’accertamento e nella gestione della PA. Meno effetti distorsivi sugli investimenti, sui consumi e sul risparmio. Si premierebbe il merito di chi investe e quindi crea posti di lavoro, ma soprattutto si combatterebbe realmente l’evasione e l’elusione fiscale. Altri effetti negativi dell’esazione fiscale sono il fiscal drag, l’effetto di spostamento e la traslazione dell’imposta. Con la continua espansione monetaria da parte dei falsari di diritto pubblico (Vedi Bance Centrali) il fenomeno dell’inflazione è divenuto una costante negativa con la quale confrontarci. Qualcuno potrebbe dire, bisogna conviverci. Ma non è una giustificazione valida per i più colpiti da tale effetto: coloro i quali hanno un reddito medio-basso, per i salariati, e per coloro che hanno liquidità in banca. E’ una tassa occulta che aliena ogni anno parte della ricchezza prodotta dall’individuo, il quale non ha altri mezzi per combatterla se non lavorare di più o effettuare investimenti a rischio elevato per compensare la perdita di capitale. Il fiscal drag accomuna gli effetti negativi dell’inflazione con la progressività fiscale: ogni anno, accrescendo nominalmente il reddito, fa scattare scaglioni dall’aliquota più elevata per il principio della progressività. Aumenteranno quindi le imposte a fronte di una capacità contributiva reale immutata. Lo stato deve porvi rimedio modificando le aliquote o adeguando gli scaglioni all’inflazione programmata che sappiamo tutti essere inferiore a quella reale. Con la Flat Tax, anche questo problema sarebbe risolto. L’effetto di spostamento è stato fatto notare da alcuni economisti (Peacock e Wiseman) analizzando una serie decennale di dati: a seguito di guerre o emergenze economiche lo stato avrà la giustificazione di elevare rapidamente la spesa pubblica. Una volta rientrato il fatto straordinario, si noterà un abbassamento della pressione fiscale, ma non si tornerà mai ai livelli precedenti. 100 anni fa una pressione superiore al 15% destava preoccupazione, oggi abbiamo una pressione fiscale superiore al 40% nella media dei paesi UE. Inoltre tutta questa spesa pubblica e interventismo hanno effetti sulla dinamica dei prezzi. Non esiste un “giusto” prezzo, o un valore oggettivo dei beni e servizi, ma sono i consumatori che decidono democraticamente quale impresa premiare, e quale svantaggiare. Il valore è soggettivo, ma ceteris paribus, i consumatori premieranno l’impresa che propone i prezzi più bassi. L’interventismo dello stato è assolutamente negativo quando tenta di stabilire i prezzi per legge (si penalizzano le aziende che lavorano al margine del prezzo di mercato, le quali saranno costretta a chiudere e spostare la produzione su altri settori, quindi avremo disoccupazione, lavoro nero e caduta degli investimenti ), ma è negativo anche quando si limita ad alzare le imposte di un determinato settore. Come effetto avremo la traslazione dell’imposta, da chi vuole colpire…a chi vuole tutelare. Si riempiono la bocca di parole quali “giustizia sociale” ed “equità” quando effettivamente si colpiscono proprio i consumatori. Per lo stato non è uno svantaggio: avrà effettivamente delle entrate aggiuntive. Ma tale balzello non sarà a carico dei produttori. Vedremo gli effetti perniciosi, ad esempio della Robin Tax. Per completezza accenno solo ad alcuni effetti economici minori dell’imposta quali l’ammortamento dell’imposta (una particolare forma di traslazione che si riferisce ai beni patrimoniali)e la diffusione dell’imposta (la ripercussione su settori distanti da quello colpito dall’imposta). Come abbiamo potuto osservare, i politici e gli economisti asserviti allo stato, sono molto bravi a fare demagogia e populismo quando si tratta di mettere in buona luce gli effetti dell’imposta, ma tacciono o tengono in scarsa considerazione gli effetti negativi ciò che non si vede. A questo proposito, la Flat Tax è solo un’idea, ma avrebbe sicuramente riscontri pratici positivi sul tema dell’equità, dell’efficienza e degli effetti economici. E’ tempo di rivedere completamente il nostro sistema tributario. Questa considerazione non è sufficiente per far ripartire l’economia di un paese afflitto da svariate problematiche quale l’Italia, ma è sicuramente un punto cardine da portare avanti compatibilmente con la riduzione della spesa pubblica improduttiva.