luxorl
30-06-2008, 10:31
Se mi tagliano lo stipendio, faccio fallire lo stato
di Giuseppe Bonfiglio
(Giudice del Tribunale di Patti)
L’art. 69, 1° comma, del DDL 112/2008, presentato nei giorni scorsi dal Governo all’esame del Parlamento, prevede una corposa riduzione degli stipendi dei magistrati (1).
Non sono entrato in Magistratura per i soldi.
Mi sono trovato a gestire - sono di prima assegnazione - un ruolo di 2.600 cause per oltre un anno.
Adesso (essendomene state sottratte 500) il ruolo conta 2.100 cause circa. In materia civile.
Solo per chi non avesse mai fatto civile nella sua vita professionale - perché chi l'ha fatto capisce di cosa parlo senza bisogno di parole -, puntualizzo che un ruolo di questa entità comporta un impegno lavorativo INIMMAGINABILE.
Si tratta di scrivere non soltanto sentenze, ma altri provvedimenti che, al crescere del ruolo, si moltiplicano a centinaia (si pensi a: liquidazioni perizie, ordinanze riservate, anche in materie assai complicate; cautelari in corso di causa; risposte a istanze isolate; decreti ingiuntivi).
Ripeto: questi ulteriori provvedimenti ammontano a centinaia: e non sto ricorrendo a un'iperbole.
Queste ultime due settimane le ho trascorse in ferie. Ferie maturate lo scorso anno e non godute.
Le ho impiegate interamente - sì, interamente - per scrivere sentenze e ordinanze e provvedimenti vari, restando tutto (tutto) il giorno in ufficio, fino a notte fonda.
Per notte fonda intendo: da mezzanotte e mezza fino all'una e mezza.
La signora del bar di fronte al Tribunale quando sono entrato nel suo locale, verso le 23:00, a prendermi una bottiglia di acqua fresca (il mio sollievo notturno, nel caldo afoso di questi giorni, insieme con la vista del mare del sud), mi ha guardato - sorpresa - spalancando gli occhi, sapendo che quella era solamente una pausa (di qualche minuto) che preludeva al rientro in ufficio.
Meno sorpreso - perché appartiene al pubblico dei soggetti che intuiscono quanto lavoro ci vuole per fare certe cose - è stato l'avvocato che casualmente ho incrociato rientrando a piedi a casa, qualche notte prima, dal Tribunale: sempre verso l'una.
Rispetto al mio primo anno di esercizio delle funzioni, in virtù dell'esperienza, ho velocizzato il mio lavoro, cercando però sempre, nei limiti delle mie forze, di mantenere un certo livello di qualità (si ha ragione a diffidare delle produttività abnormemente elevate: in genere vi corrispondono schifezze).
Per soddisfazione personale (studiare non mi annoia) e a beneficio del sistema complessivo (la percentuale di appelli e reclami avverso le mie sentenze e ordinanze è in termini percentuali insignificante).
Chi me lo fa fare?
Chi me lo fa fare, di trattenere in riserva e in decisione più di quello che chiunque potrebbe scrivere, sapendo di espormi a qualche rilievo in sede ispettiva?
Ora non è il caso che vi tedi sulle mie motivazioni personali. Anche per non ripetere l'errore di chi già la sta buttando sul piano delle sensazioni soggettive.
Se qualcuno pensa di essere sovraretribuito, troverà certamente e facilmente il modo per disfarsi di una quota del suo stipendio, destinandola a organizzazioni che cercano di migliorare il mondo.
Espongo però un dato oggettivo: assumendo in decisione più cause di quante sentenze posso scrivere, accumulerò sicuramente dei ritardi.
Si tratta però di ritardi altrettanto sicuramente inferiori, e di molto nei casi più numerosi, rispetto a quelli di definizione dei processi relativi.
Nessuno pensi che la mia è una condizione isolata.
Essa corrisponde a quanto vedo accadere normalmente (con margini di oscillazione fisiologicamente diversi) ai magistrati del mio distretto.
Una cosa è lavorare molto senza speranza di aumenti commisurati all'entità complessiva del lavoro svolto. Altra cosa è lavorare molto con la minaccia di un taglio alla retribuzione.
In tale ultimo caso, sarò mio malgrado costretto a rivedere tutto il mio piano di lavoro.
Le udienze (in cui assumo le prove) non dureranno oltre le 14:00 (non di rado ho tenuto udienza fino alle 17:00 e oltre e poi ho continuato a lavorare scrivendo).
Le prove che non potranno essere assunte entro questo orario, saranno rinviate di qualche anno (per chi non avesse mai fatto civile in vita sua: un ruolo del tipo di quello descritto in apertura, comporta mediamente la necessità di assumere centinaia di prove orali: anche senza doppie lauree in statistica o in matematica si capisce quale può essere la distribuzione nel tempo - negli anni - dei rinvii).
Non tratterrò una decisione o una riserva in più rispetto alle sentenze e alle ordinanze che posso scrivere in un orario di lavoro ragionevole. Avendo cura di redigere, se i miei colleghi producono 100 sentenze all'anno, 101 sentenze.
Voi tutti immaginate i rischi esponenziali a cui le casse dello Stato (non so perché continuo a scriverlo in maiuscolo ...) si espongono con l'incremento della durata dei processi: cause Pinto a go-go (2).
Nessuno potrà mai rimproverarmi se faccio (soltanto) un grammo in più del lavoro che si può esigere da me. Per quanto mi riguarda, lo Stato (e con lui gli enti locali) può cominciare a vendersi pure i computer con cui lavoro. Stenderò le sentenze a mano.
Spero vivissimanente, ardentemente (e non so con quale altro avverbio sottolineare e corporificare questa mia speranza) che i dirigenti dell'ANM riescano a:
- fare comprendere al governo che, a fronte dei risparmi risibili, il taglio degli stipendi potrebbe determinare il tracollo del bilancio statale, per altri motivi (verrà un giorno in cui i magistrati si stancheranno di "mettere la pezza", di rimediare alle mancanze degli altri poteri statali?);
- ideare, coordinare e attuare SUBITO (perché domani è troppo tardi) una forma di protesta incisiva e dura (nel rispetto delle norme ovviamente), relegando in secondo piano i comunicati (non si vive di soli comunicati occasionali).
E' inutile girarci intorno: la proposta di ridurre gli stipendi rientra nel più generale disegno, perseguibile e di fatto perseguito su molteplici livelli, inteso a mortificare socialmente, a indebolire, a prostrare nell'animo, a schiacciare nella dignità i magistrati.
L'esempio involutivo del ceto degli insegnanti è sotto gli occhi di tutti.
__________________
(1) DDL n. 112/08
Art. 69, comma 1
«A decorrere dal 1° gennaio 2009 la progressione economica degli stipendi prevista dagli ordinamenti di appartenenza per le categorie di personale di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, si sviluppa in classi ed aumenti periodici triennali con effetto sugli automatismi biennali in corso di maturazione al 1° gennaio 2009 ferme restando le misure percentuali in vigore».
(2) La legge 24 marzo 2001, n. 89 – comunemente nota come “legge Pinto” – attribuisce a colui che ha subito un danno patrimoniale o non patrimoniale per effetto di violazione della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, sotto il profilo del mancato rispetto del termine ragionevole di durata del suo processo, il diritto ad una equa riparazione.
Il diritto all’equa riparazione nasce in ogni caso di violazione del diritto alla ragionevole durata, sia essa consumata in un processo civile, penale, amministrativo, contabile, tributario o militare.
http://toghe.blogspot.com/2008/06/se-mi-tagliano-lo-stipendio-faccio.html
di Giuseppe Bonfiglio
(Giudice del Tribunale di Patti)
L’art. 69, 1° comma, del DDL 112/2008, presentato nei giorni scorsi dal Governo all’esame del Parlamento, prevede una corposa riduzione degli stipendi dei magistrati (1).
Non sono entrato in Magistratura per i soldi.
Mi sono trovato a gestire - sono di prima assegnazione - un ruolo di 2.600 cause per oltre un anno.
Adesso (essendomene state sottratte 500) il ruolo conta 2.100 cause circa. In materia civile.
Solo per chi non avesse mai fatto civile nella sua vita professionale - perché chi l'ha fatto capisce di cosa parlo senza bisogno di parole -, puntualizzo che un ruolo di questa entità comporta un impegno lavorativo INIMMAGINABILE.
Si tratta di scrivere non soltanto sentenze, ma altri provvedimenti che, al crescere del ruolo, si moltiplicano a centinaia (si pensi a: liquidazioni perizie, ordinanze riservate, anche in materie assai complicate; cautelari in corso di causa; risposte a istanze isolate; decreti ingiuntivi).
Ripeto: questi ulteriori provvedimenti ammontano a centinaia: e non sto ricorrendo a un'iperbole.
Queste ultime due settimane le ho trascorse in ferie. Ferie maturate lo scorso anno e non godute.
Le ho impiegate interamente - sì, interamente - per scrivere sentenze e ordinanze e provvedimenti vari, restando tutto (tutto) il giorno in ufficio, fino a notte fonda.
Per notte fonda intendo: da mezzanotte e mezza fino all'una e mezza.
La signora del bar di fronte al Tribunale quando sono entrato nel suo locale, verso le 23:00, a prendermi una bottiglia di acqua fresca (il mio sollievo notturno, nel caldo afoso di questi giorni, insieme con la vista del mare del sud), mi ha guardato - sorpresa - spalancando gli occhi, sapendo che quella era solamente una pausa (di qualche minuto) che preludeva al rientro in ufficio.
Meno sorpreso - perché appartiene al pubblico dei soggetti che intuiscono quanto lavoro ci vuole per fare certe cose - è stato l'avvocato che casualmente ho incrociato rientrando a piedi a casa, qualche notte prima, dal Tribunale: sempre verso l'una.
Rispetto al mio primo anno di esercizio delle funzioni, in virtù dell'esperienza, ho velocizzato il mio lavoro, cercando però sempre, nei limiti delle mie forze, di mantenere un certo livello di qualità (si ha ragione a diffidare delle produttività abnormemente elevate: in genere vi corrispondono schifezze).
Per soddisfazione personale (studiare non mi annoia) e a beneficio del sistema complessivo (la percentuale di appelli e reclami avverso le mie sentenze e ordinanze è in termini percentuali insignificante).
Chi me lo fa fare?
Chi me lo fa fare, di trattenere in riserva e in decisione più di quello che chiunque potrebbe scrivere, sapendo di espormi a qualche rilievo in sede ispettiva?
Ora non è il caso che vi tedi sulle mie motivazioni personali. Anche per non ripetere l'errore di chi già la sta buttando sul piano delle sensazioni soggettive.
Se qualcuno pensa di essere sovraretribuito, troverà certamente e facilmente il modo per disfarsi di una quota del suo stipendio, destinandola a organizzazioni che cercano di migliorare il mondo.
Espongo però un dato oggettivo: assumendo in decisione più cause di quante sentenze posso scrivere, accumulerò sicuramente dei ritardi.
Si tratta però di ritardi altrettanto sicuramente inferiori, e di molto nei casi più numerosi, rispetto a quelli di definizione dei processi relativi.
Nessuno pensi che la mia è una condizione isolata.
Essa corrisponde a quanto vedo accadere normalmente (con margini di oscillazione fisiologicamente diversi) ai magistrati del mio distretto.
Una cosa è lavorare molto senza speranza di aumenti commisurati all'entità complessiva del lavoro svolto. Altra cosa è lavorare molto con la minaccia di un taglio alla retribuzione.
In tale ultimo caso, sarò mio malgrado costretto a rivedere tutto il mio piano di lavoro.
Le udienze (in cui assumo le prove) non dureranno oltre le 14:00 (non di rado ho tenuto udienza fino alle 17:00 e oltre e poi ho continuato a lavorare scrivendo).
Le prove che non potranno essere assunte entro questo orario, saranno rinviate di qualche anno (per chi non avesse mai fatto civile in vita sua: un ruolo del tipo di quello descritto in apertura, comporta mediamente la necessità di assumere centinaia di prove orali: anche senza doppie lauree in statistica o in matematica si capisce quale può essere la distribuzione nel tempo - negli anni - dei rinvii).
Non tratterrò una decisione o una riserva in più rispetto alle sentenze e alle ordinanze che posso scrivere in un orario di lavoro ragionevole. Avendo cura di redigere, se i miei colleghi producono 100 sentenze all'anno, 101 sentenze.
Voi tutti immaginate i rischi esponenziali a cui le casse dello Stato (non so perché continuo a scriverlo in maiuscolo ...) si espongono con l'incremento della durata dei processi: cause Pinto a go-go (2).
Nessuno potrà mai rimproverarmi se faccio (soltanto) un grammo in più del lavoro che si può esigere da me. Per quanto mi riguarda, lo Stato (e con lui gli enti locali) può cominciare a vendersi pure i computer con cui lavoro. Stenderò le sentenze a mano.
Spero vivissimanente, ardentemente (e non so con quale altro avverbio sottolineare e corporificare questa mia speranza) che i dirigenti dell'ANM riescano a:
- fare comprendere al governo che, a fronte dei risparmi risibili, il taglio degli stipendi potrebbe determinare il tracollo del bilancio statale, per altri motivi (verrà un giorno in cui i magistrati si stancheranno di "mettere la pezza", di rimediare alle mancanze degli altri poteri statali?);
- ideare, coordinare e attuare SUBITO (perché domani è troppo tardi) una forma di protesta incisiva e dura (nel rispetto delle norme ovviamente), relegando in secondo piano i comunicati (non si vive di soli comunicati occasionali).
E' inutile girarci intorno: la proposta di ridurre gli stipendi rientra nel più generale disegno, perseguibile e di fatto perseguito su molteplici livelli, inteso a mortificare socialmente, a indebolire, a prostrare nell'animo, a schiacciare nella dignità i magistrati.
L'esempio involutivo del ceto degli insegnanti è sotto gli occhi di tutti.
__________________
(1) DDL n. 112/08
Art. 69, comma 1
«A decorrere dal 1° gennaio 2009 la progressione economica degli stipendi prevista dagli ordinamenti di appartenenza per le categorie di personale di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, si sviluppa in classi ed aumenti periodici triennali con effetto sugli automatismi biennali in corso di maturazione al 1° gennaio 2009 ferme restando le misure percentuali in vigore».
(2) La legge 24 marzo 2001, n. 89 – comunemente nota come “legge Pinto” – attribuisce a colui che ha subito un danno patrimoniale o non patrimoniale per effetto di violazione della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, sotto il profilo del mancato rispetto del termine ragionevole di durata del suo processo, il diritto ad una equa riparazione.
Il diritto all’equa riparazione nasce in ogni caso di violazione del diritto alla ragionevole durata, sia essa consumata in un processo civile, penale, amministrativo, contabile, tributario o militare.
http://toghe.blogspot.com/2008/06/se-mi-tagliano-lo-stipendio-faccio.html