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View Full Version : Ilan Pappe e Jimmy Carter contro Israele


Daemonarch
28-05-2008, 08:51
Israele. 1 maggio. Strappare dall’oblio la pulizia etnica israeliana in Palestina, «un crimine contro l’umanità che Israele ha voluto negare e far dimenticare al mondo». È l’imperativo etico di Ilan Pappe, storico e saggista israeliano nato ad Haifa da genitori ebrei sfuggiti alla persecuzione nazista, ora docente all’Università di Exeter. Intervistato da l’Unità, l’autore del libro “La pulizia etnica della Palestina” (Fazi Editore) condanna senza mezzi termini l’assedio israeliano di Gaza, definendola «una forma di punizione collettiva pensata per aumentare la pressione sui palestinesi perché abbandonino qualsiasi forma di resistenza e accettino di sopravvivere in quella che è una vera e propria gigantesca prigione costruita per loro». Per Pappe, Israele deve accettare la realtà che «i rappresentanti di Hamas sono stati eletti democraticamente nel gennaio 2006 e pertanto sono i legali rappresentanti dei palestinesi residenti a Gaza. Qualunque rifiuto a negoziare con loro non potrà che prolungare la sofferenza per entrambe le parti in conflitto». Pappe non nutre comunque molte speranze a riguardo, e ciò sulla base del carattere di fondo dello Stato sionista. «Sfortunatamente, come ho cercato di spiegare ne “La pulizia etnica della Palestina”, il sistema di valori su cui si fonda lo Stato d’Israele fin dalla sua nascita non è fra i più nobili, essendo strutturato attorno a una ideologia etnocentrica che pone come prioritaria la necessità di avere uno Stato ebraico con una solida maggioranza ebraica che controlli larga parte dei territori palestinesi. Nel creare il proprio Stato-nazione, il movimento sionista non condusse una guerra che “tragicamente, ma inevitabilmente” portò all’espulsione di parte della popolazione nativa, ma fu l’opposto: l’obiettivo principale era la pulizia etnica di tutta la Palestina, che il movimento ambiva per il suo nuovo Stato. Questa visione non è cambiata affatto dal 1948 ad oggi. Il valore di uno Stato a base etnica è ancora al di sopra di qualunque diritto umano o civile».

Palestina. 8 maggio. L’assedio di Gaza è un crimine contro l’umanità. La perentoria affermazione è dell’ex presidente USA Jimmy Carter in un articolo pubblicato per il britannico The Guardian. «Il mondo sta assistendo a un terribile crimine contro i diritti umani a Gaza, dove un milione e mezzo di esseri umani vengono tenuti prigionieri senza quasi nessun accesso al mondo esterno. È un’intera popolazione a essere brutalmente punita». Carter ricorda a tutti che «questo macroscopico maltrattamento dei palestinesi di Gaza è stato drammaticamente intensificato da Israele, con l’aiuto degli Stati Uniti, dopo che i rappresentanti politici di Hamas avevano conquistato, nel 2006, la maggioranza dei seggi nel parlamento dell’Autorità Palestinese. Quelle elezioni vennero unanimemente giudicate eque e oneste da tutti gli osservatori internazionali». Il risultato elettorale non è stato però accettato da Washington e Tel Aviv, che hanno da allora agito per sabotare la formazione di un governo di unità nazionale tra Hamas e Fatah. «Ora, dopo una lotta intestina, è solo Hamas che controlla Gaza. Quarantuno dei quarantatre candidati vittoriosi di Hamas che vivevano in Cisgiordania sono stati imprigionati da Israele, più altri dieci che avevano assunto incarichi nel governo di coalizione dalla breve vita».


All’interno della Striscia di Gaza Carter constata che «le sanzioni economiche e le restrizioni sul rifornimento di acqua, cibo, elettricità e carburante stanno provocando sofferenze estreme tra la popolazione innocente di Gaza, di cui un milione circa è costituita da profughi. Le bombe e i missili israeliani colpiscono la zona regolarmente, provocando un alto numero di vittime sia tra i militanti che tra le donne e i bambini innocenti. Prima dell’uccisione, di cui si è molto parlato, di una donna e dei suoi quattro bambini la scorsa settimana, questa situazione era stata illustrata da un rapporto di B’Tselem, la principale organizzazione israeliana per i diritti umani, secondo la quale sono stati uccisi 106 palestinesi tra il 27 febbraio e il 3 marzo. Cinquantaquattro di essi erano civili, e 25 avevano meno di 18 anni». L’ex presidente USA scrive pure del suo recente viaggio in Medio Oriente, nel corso del quale si è incontrato con alcuni capi di Hamas, spronandoli a dichiarare un cessate-il-fuoco unilaterale. «Mi hanno risposto che in passato un tale passo da parte loro non è stato ricambiato, e mi hanno ricordato che Hamas aveva a suo tempo insistito per un cessate-il-fuoco in tutta la Palestina, incluse Gaza e Cisgiordania, proposta rifiutata da Israele. Dopodiché Hamas inoltrò una proposta pubblica di cessate-il-fuoco reciproco limitato alla sola Gaza, anch’essa respinta da Israele». In conclusione dell’articolo Carter ribadisce che è l’occupante Israele ad impedire qualsiasi soluzione di pace in Palestina. «Tutte le nazioni arabe hanno acconsentito a riconoscere Israele senza riserve se essa accetterà le risoluzioni-chiave delle Nazioni Unite. Hamas ha accettato ogni accordo di pace tra il presidente dell’Autorità Palestinese, Mahmoud Abbas, e il primo ministro israeliano Ehud Olmert, purché venga sottoposto all’approvazione di un referendum da parte del popolo palestinese. In questo c’è una promessa di progresso ma, nonostante la breve fanfara e le dichiarazioni ottimiste della conferenza di pace lo scorso novembre ad Annapolis, il processo di pace è regredito. Sono state annunciate 90.000 nuove unità abitative israeliane nei territori occupati; il numero dei blocchi stradali dentro la Cisgiordania è aumentato; e lo strangolamento di Gaza è stato rafforzato».
Quindi l’appello finale di Carter: «È tempo che le voci forti in Europa, negli Stati Uniti, in Israele e altrove parlino senza paura e condannino la tragedia umanitaria che ha colpito il popolo palestinese».