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View Full Version : Free Jazz: introduzione.


Adric
27-05-2008, 23:58
il free jazz... quanto sarebbe da definirsi jazz o comunque musica? non so, nella mia ignoranza ci vedo uno di quegli esperimenti per far cose diverse, però insensate... cioè, all'epoca, una musica del genere, era ottima per rendere l'idea della rabbia e la sofferenza di un popolo, ma comunque non sarebbe da definirsi "musica" al cento per cento... jazz poi...
ovviamente secondo me, e per quanto ne posso sapere... come la vedi tu?

ps: sto studiando la materia da qualche mese :D

Ritengo opportuno aprire un thread separato per risponderti, il discorso sul free jazz va troppo fuori argomento e rischia di essere controproducente rispetto allo scopo del thread 'Jazz a Napoli' (segnalare concerti e notizie inerenti il jazz a Napoli e in Campania).

Riporto in parte (con diverse varianti) un post che ho scritto in un altro forum.

In Italia sin dall'inizio perdura una situazione di errata comprensione del free jazz anche tra alcuni addetti ai lavori e musicisti, non soltanto tra coloro che si avvicinano al jazz.
Questo è dovuto al fatto che la quasi totalità dei libri sul free jazz in Italiano, risalendo alla fine degli anni 60 o ai primi anni 70, ha due grossi problemi:
1) analizza il free più dal punto di vista politico e sociale che musicale e discografico
2) analizza solo il free jazz degli anni 60 e quasi solo il free statunitense.
Fanno eccezione due libri:
Uomini e avanguardie jazz, di Mario Luzzi del 1980, che contiene interviste a molti degli esponenti di punta del free di varie nazionalità (Sun Ra, Rivers, Shepp, Breuker, Gaslini ecc) dalle loro parole vengono ribaltati diversi luoghi comuni a cui hanno contribuito i libri di Leroi Jones (Il popolo del blues) e Charles & Comolli (Free Jazz Black Power)
Free Jazz di Ekkehard Jost scritto nel 1972, tradotto finalmente in italiano nel 2006 (con ben 34 anni di ritardo!!!), è la più importante analisi musicale del free americano anni 60.
Più in generale in Italia ci sono molte storie generali del jazz, ma di libri sulle singole correnti jazzistiche ne sono stati tradotti ben pochi.
Il risultato è che su generi assai eterogenei per natura come il free jazz ma anche il west coast jazz c'è parecchia confusione.
Solo in Italia e in Francia c'è stata questa politicizzazione del jazz negli anni 70 con i risultati che gente come Sarah Vaughan, Gerry Mullligan (ed altri) è stata fischiata o bollata come fascista (ma si puo' dare a un nero - o a un bianco che suona con neri - del fascista ???) perchè non faceva free, sigh.
Ma il libro di Jost molti non l'hanno ancora letto, idem il libro di Luzzi che è fuori catalogo da diversi anni e difficile da trovare.
Nel free jazz perdurano diversi stereotipi e idee errate:
1) il free jazz (e l'evoluzione del sax tenore) non si è fermato con la morte di Coltrane, Ayler è stato un innovatore, cosi come come all'organo lo è stato Larry Young
2) il free jazz ha dominato la scena del jazz negli anni 70, specialmente in Europa
3) il free jazz non è mai sparito anche se dal 1983 in poi ha perso di visibilità sui media, ma verso la fine degli anni 80 ha visto una rinascita artistica negli Usa alla quale si è invece contrapposta un'involuzione creativa in Europa.

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Il free jazz è lo stile jazzistico più eterogeneo che ci sia.
Dal punto di vista dell'organico si va da dischi e concerti di solo sax, solo piano, solo trombone, solo chitarra ecc a trii o quartetti insoliti senza piano (pianoless), o senza batteria ecc a organici più allargati come settetti, ottetti o anche a big band free; negli anni settanta si sono molto diffusi i gruppi composti da un quartetto di soli sassofoni, sole batterie, soli tromboni ecc.
Non c'è nessuno strumento indispensabile nel free jazz, l'improvvisazione ha un ruolo ancora maggiore che negli altri stili jazzistici, e spesso la mancanza di un tema rende la musica free di non facile fruizione.
Personalmente nel free jazz trovo un po' di tutto; dischi che reputo capolavori, che mi fanno ammazzare dalle risate, che mi annoiano, che trovo inascoltabili od orrendi ecc
Proprio a causa della diversità di organico proposte differenti di free jazz possono essere tra loro musicalmente agli antipodi e non avere nulla in comune.
Ma il senso comunque nel free c'è; la maggiore libertà che ti consente il free jazz nel suonarlo implica anche maggiore responsabilità e prendere maggiori rischi. Se il free fosse insensato o avesse un contenuto prettamente di protesta politica o/e sociale sarebbe sparito da molti anni, invece si fa tuttora.
Suonare free jazz oggi più o meno ha lo stesso senso che suonare altri stili di jazz: tradizionale, mainstream, (hard) bop, third stream ecc Ma fare free denota anche anche il voler fare una musica che è meno commerciale, meno immediata, ma che consente sia più libertà espressiva rispetto a stili molto codificati come l'hard bop sia maggiore varietà di organico dei gruppi.
Il free ha più potenzialità inespresse, anche se certamente in passato, specie da parte dei jazzisti europei è servito per mascherare le loro deficienze tecniche e compositive.

Il free jazz è stato ed è un fenomeno soprattutto musicale.
L'impegno politico e sociale diretto nel (free) jazz c'è stato solo per una minoranza di musicisti, non è che i jazzmen Usa facessero comizi politici o lezioni sociologiche ai concerti in Europa, non parliamo poi dei jazzisti europei, a parte Gaslini e poche altre eccezioni (lp come Fabbrica Occupata ecc).
Inoltre proprio col free jazz i neri negli USA hanno cominciato ad allontanarsi dal jazz negli anni 60 ed a ascoltare Rhythm & Blues prima, soul & funky poi e infine dalla metà degli anni 80 l'hip hop.
Il movimento politico delle Pantere Nere per raggiungere più afroamericani possibile musicalmente era orientato su una musica molto più comprensibile da tutti come il soul, anche se la stragrande maggioranza del soul parla di amore o di sesso e con la politica e le Pantere Nere ha poco a che vedere.
Inoltre dischi storici di impegno civile/politico come 'Freedom Suite' di Rollins o 'Ah Um' di Mingus sono precedenti al free jazz (viene considerata la nascita del free jazz l'uscita nel 1960 del disco di Ornette Coleman chiamato proprio Free Jazz che ha finito per intitolare così l'intero stile , anche se c'è chi ha rifiutato questo termine usando sinomini come new thing, creative music, musica improvvisata, avantgarde jazz ecc

Per comprendere i jazzisti free non è sufficiente ascoltare o comprare i loro dischi, vedere i video su youtube o leggere i libri, anche se ciò aiuta spesso non poco (d'altronde parecchi sono morti). Solo ascoltandoli dal vivo li si comprenderà in pieno, l'impressione live risulta spesso radicalmente diversa da quella fornita dal disco in studio
Quindi esponenti storici del free (anni 60 e 70) ancora vivi e in attività che oggi hanno tra i 60 e i 70 anni come Ornette Coleman, Cecil Taylor, Anthony Braxton, Muhal Richard Abrams, Roscoe Mitchell, Oliver Lake, Hamiett Bluiett (World Saxophone Quartet), John Tchicai, Marion Brown, Sonny Simmons, Arthur Blythe, Joseph Jarman, Roswell Rudd, Andrew Cyrille, Sunny Murray, Milford Graves ecc vanno assolutamente visti dal vivo, anche a costo di farsi 200-300 Km o fino a quattro ore di treno ed andare fuori regione, e sbrigandosi pure (prima che muoiano o che comunque per motivi di salute non siano più in grado di suonare).
Stesso discorso per la generazione successiva degli innovatori degli anni 80 e 90: musicisti che oggi hanno tra i 50 e i 60 anni; John Zorn (che fonde free jazz e musica ebraica), Butch Morris (una mescolanza di musica classica e free jazz), Henry Threadgill, David S.Ware, Charles Gayle, James Blood Ulmer ecc
Ci sono poi jazzisti che da anni che non suonano più free, ma jazz più convenzionale, come Archie Shepp, Pharoah Sanders, Carla Bley o David Murray.

Il free jazz dei musicisti europei, a parte qualche eccezione (Derek Bailey, John Tchicai, John Surman ecc) andrebbe approfondito solo dopo un'adeguato studio di quello statunitense.
Per quanto riguarda il free jazz italiano io stesso ammetto di conoscerlo assai poco. Il problema quasi insormontabile è che i dischi di free jazz italiani degli anni 60 e dei primi anni 70 (e non solo quelli di free ma anche i dischi dei jazzisti italiani in generale) sono molto difficili da trovare, sono fuori catalogo da diversi anni ed hanno quotazioni collezionistiche elevate; per problemi di diritti o di vario genere molti non sono mai usciti in formato cd. Quasi introvabile il disco del Gruppo Romano Free Jazz, difficili quelli di Mario Schiano.
Piu facili da trovare ma costosi i dischi di Giorgio Gaslini, poi della seconda metà degli anni 70 in poi ci sono i dischi di Andrea Centazzo, Guido Mazzon, Gaetano Liguori, Gianluigi Trovesi, Enrico Rava, Giancarlo Schiaffini.

pistacchio89
10-09-2008, 10:32
Anche le ultime opere di Beethoven all'epoca venivano spesso criticate duramente e perfino considerate brutte e insensate, eppure oggi...
Non ho mai capito il senso di queste discussioni che periodicamente si ripetono sia tra musicisti che tra appassionati e non solo nel jazz.
Quello che per comodità viene indicato come "free" è nato e si è sviluppato in ambito jazz, perciò non vedo perché non dovrebbe essere considerato come parte di questo genere musicale.
Per me Taylor è un pianista jazz come Xenakis è un compositore di musica classica, cosa importa poi se (ovviamente) non suonano come Ellington o Monteverdi? Che senso ha stabilire arbitrariamente una tradizione e poi ignorare o denigrare tutto ciò che non rientra nei suoi canoni, specie se si considera che il jazz ha visto da sempre sperimentazioni e innovazioni? :confused:
Come ha già scritto Adric è una forzatura identificare il free con l'attivismo politico.
Indubbiamente il free ha risentito dell'ambiente e del periodo in cui è nato (come ogni altro genere musicale!) ma non è che i jazzisti free fossero tutti impegnati in prima linea.
C'era chi come Shepp legava indissolubilmente le sue idee politiche alla sua musica, ma c'era chi come Sun Ra non era interessato a tutto ciò e prendeva le distanze da qualsiasi movimento in nome di una fratellanza che unisse tutto il genere umano o chi come Coltrane dedicava tutto se stesso alla ricerca spirituale e a rendere omaggio a Dio, ecc.
è vero Invece che in certi ambienti politici c'è sempre stato un maggior interesse e apertura nei confronti del free al contrario di altri più conservatori.

Adrian II
11-09-2008, 20:34
cacchio l'ho visto solo ora questo thread!
non sono molto ferrato sull'argomento, diciamo che conosco giusto alla lontana da dov'è uscito questo genere, e quindi direi che è una cosa giusta poter collocarlo nella sfera sociale e politica in cui è nato (un po' come il rap, per restare sulla musica nera sociale, bisogna sempre rapportarsi a com'è nato). onestamente la cosa che non colgo è il perchè il free venga considerato jazz... cioè, il jazz, che dalla nascita è presto diventato di moda, è evoluto insieme al pubblico, dando ciò che serviva in quegli anni, fino ad arrivare al bop, che forse è la cosa più vicina al free, ma giusto per le audaci dissonanze, strutture e sonorità adottate... non pretendo di saperne di più di adric e di coloro che studiano il jazz come una vera e propria materia musicale, assolutamente, visto che mi ci sto avvicinando da pochissimo, ma penso di essere daccordo con molti critici dell'epoca che lo consideravano più "free music" che "free jazz"... cioè, è una musica nera, ok, ricorda spesso le branche più estreme del jazz, ok, ma più che considerarlo jazz preferirei dire che è un ramo indipendente... nato dalla stessa pianta ma distaccatosi distintamente... credo che questa cosa di classificarlo jazz sia nata col fatto che per un po' la moda (non quella commerciale, per carità) ha portato a quello, quindi molti jazzisti si sono portati a fare del free... ma come hanno fatto in tutti gli anni, come negli anni 60/70 abbiano adottato quel jazz con strumenti elettronici che tanto si sente nei film italiani dell'epoca ma che così poco ha a che fare coi vecchi classici... forse sono io che preferisco classificare come generi musicali diversi tutto ciò che si discosta troppo dal tronco principale, ma la vedo così: per me classificare il free come uno stile di jazz sarebbe come classificare il metal come uno stile di blues... che da lì nasce, ma si distacca un bel po'!

pistacchio89
12-09-2008, 19:01
Continuo a pensarla diversamente.
Non è che i musicisti free siano sbucati dal nulla e la new thing fosse qualcosa di totalmente slegato a ciò che c'era prima. Sono jazzisti che semplicemente hanno scelto una maniera differente di suonare jazz, come era successo prima col cool, il bebop, ecc.
Se vai ad ascoltare Fire Music di Shepp ci trovi l'interpretazione di Prelude to a kiss che è un brano di Ellington del '38 piuttosto che The Girl From Ipanema. Nello stesso anno di Ascension Coltrane ha inciso e pubblicato col suo quartetto diversi standard. Braxton nel '93 ha pubblicato un doppio album in omaggio a Charlie Parker e si potrebbero fare moltissimi altri esempi.
Per come la vedo io il free ha saputo trovare e percorrere la propria strada e al contempo ha mantenuto forti legami, a volte evidenti a volte meno, con il jazz che lo ha preceduto.

Adrian II
12-09-2008, 21:14
Continuo a pensarla diversamente.
Non è che i musicisti free siano sbucati dal nulla e la new thing fosse qualcosa di totalmente slegato a ciò che c'era prima. Sono jazzisti che semplicemente hanno scelto una maniera differente di suonare jazz, come era successo prima col cool, il bebop, ecc.
Se vai ad ascoltare Fire Music di Shepp ci trovi l'interpretazione di Prelude to a kiss che è un brano di Ellington del '38 piuttosto che The Girl From Ipanema. Nello stesso anno di Ascension Coltrane ha inciso e pubblicato col suo quartetto diversi standard. Braxton nel '93 ha pubblicato un doppio album in omaggio a Charlie Parker e si potrebbero fare moltissimi altri esempi.
Per come la vedo io il free ha saputo trovare e percorrere la propria strada e al contempo ha mantenuto forti legami, a volte evidenti a volte meno, con il jazz che lo ha preceduto.

indubbiamente è nato dal jazz, potrebbe al limite essere considerato un fortissimo distaccamento da una radice bop... ma così come il metal potrebbe essere condiserato un fortissimo distaccamento dalla radice blues, a sua volta imparentato col jazz...
il punto è che tutta la musica moderna, dove più, dove meno, è nata dal jazz, c'è poco da fare, se non ci fossero stati quei neri con quelle idee nel dna non avremmo nessuno dei generi moderni (forse, derivato dai bianchi, avremmo giusto quel metal nordico e un po' di chillout... capirai che gran musica :D )... quindi si può partire dal presupposto che la musica moderna è jazz, o meglio un suo derivato, e quindi onestamente, così come non mi sento di classificare jazz un pezzo stile gospel cantato da giorgia, non mi sento di classificare jazz nemmeno la musica free... è pur vero che molti musicisti jazz sono virati verso questi lidi, ma è anche vero che l'hanno fatto molteplici volte per seguire la "moda" del jazz di quel periodo... basta ascoltare un vecchio classico ed un brano fusion moderno, di simile hanno solo l'uso del cromatismo, per il resto potrebbero essere considerati generi assolutamente a se stanti...

pistacchio89
01-10-2008, 16:57
Sto leggendo il libro di Jost (l'edione pubblicata da Da Capo), è molto interessante e presenta analisi tecniche e considerazioni profonde e dettagliate come raramente capita di incontrare, esposte in maniera tale da essere accessibili a tutti.
Non posso che consigliarlo anch'io, non solo a chi è appasionato di (free) jazz.

Adric
30-03-2009, 13:45
n. 13 del 2009-03-30

FREE [the] JAZZ
di Stefano Ferrian

Spesso si dice che l’arte è sottrazione. L’arte è ricerca ossessiva della verità e trova quiete solamente in se stessa. L’evoluzione di un’artista si determina nell’affannosa ricerca della pennellata in meno, nel cercare quella nota che può essere sottratta dalla melodia.
Un messaggio incisivo è scarno ma denso di contenuti. Un artista è veramente maturo quando riesce a comunicare l’essenza della propria arte e per farlo è basilare trovare quella nota in meno che rende perfetta la melodia.
Tutti i più grandi artisti del nostro tempo sembrano come legati da questo filo conduttore pieno di sottrazione e di importanti assenze. Qualcuno è la nota sottratta, la pennellata in meno per rendere il quadro perfetto, qualcun altro è l’ultima nota, l’ultima pennellata. Entrambi però sono figli della stessa mano.
Questo era il Free Jazz negli anni sessanta. C’era chi combatteva il proprio tempo al di fuori dei suoi stessi confini cercando di destabilizzare tutto ciò che si trovava al suo interno come Ornette Coleman. C’era chi ci si trovava perfettamente a suo agio nonostante le sue violente contraddizioni interne. Pochi riuscirono a farlo proprio, gestendolo a proprio piacimento con naturalezza come John Coltrane.
Ma tutti, inevitabilmente figli, vittime e carnefici del proprio tempo.
Jazz e Free Jazz. Due compagni divisi nati per la stessa causa.
Questi erano gli anni sessanta. Ma oggi quale può essere la motivazione, l’incentivo per fare della musica di ricerca la propria vita?
Lo chiediamo a Ellery Eskelin, allievo della leggenda David Liebman e uno dei migliori sassofonisti della scena Free Jazz/Elletroacustica mondiale, acclamato dalla stampa specializzata come “uno dei più grandi talenti emergenti del nostro tempo” (DownBeat Mag) e “una delle figure più importanti nell’improvvisazione Jazz moderna” (All About Jazz).

Ogni artista ha le proprie armi per realizzare se stesso attraverso la propria arte. Perché tu hai scelto il sassofono? In che modo riesci ad esprimere te stesso attraverso questo strumento?

Ho scelto il sassofono per il suono. Quand’ero giovane mia madre aveva diversi dischi di musica Jazz ed è da allora che me ne sono innamorato, specialmente nei dischi R&B degli anni ’50 e ’60 che erano molto popolari a quell’epoca. Da allora ho studiato costantemente per avere un buon suono. Da subito ho come avuto la sensazione di riuscire ad esprimere me stesso molto meglio attraverso il sax che con le parole. Per questo motivo ancor oggi continuo a lavorare molto per la ricerca del mio suono e per arricchire giornalmente il mio vocabolario espressivo sullo strumento.

Willian Bazotes ha detto che “…essere dispersivi nell’esecuzione non è una virtù se fine a se stessa…” Sei d’accordo con questa opinione? Qual è la sottile differenza tra un improvvisazione dispersiva e un approccio libero all’improvvisazione?

Per me “libertà” significa riuscire ad esprimere a pieno attraverso lo strumento quello che ho in mente. Ovviamente questo richiede una grande tecnica e molti anni di studio per suonarlo con naturalezza, come fosse un estensione del mio corpo. Sto ancora cercando di ottenere una libertà totale migliorando giornalmente la mia tecnica. Non fa differenza per me suonare standard o dedicarmi alla pura improvvisazione. In entrambi i casi un musicista deve essere in grado di esprimere a pieno tutto ciò che sta immaginando in quel preciso istante. Nel passato la Free Music si risolveva spesso in una mancanza di nozioni di forma, armonia e melodia. Per me nel 2009 suonare Free Music significa creare tutto ciò che si estranea dagli elementi disponibili al musicista. E’ paradossalmente una costrizione nell’improvvisazione quando scelte spontanee possono cambiare la direzione che la musica può prendere di continuo. Una buona improvvisazione significa aver la padronanza necessaria per modellare la musica a proprio piacimento nel preciso istante in cui la stai suonando.

Il Free Jazz negli anni Sessanta era un genere intriso di significati Socio-Politici, musicisti come Ornette Coleman e Sam Rivers erano in qualche modo il vettore del proprio modo di pensare. John Coltrane ha reinventato e fatto proprio il Jazz di quel periodo per poi unirsi al movimento Free Jazz alla fine della propria carriera con album come “Interstellar Space”, allargando ulteriormente i limiti del genere. Cosa può rappresentare al giorno d’oggi un musicista Free Jazz?

Nel passato la Free Music escludeva tutte le nozioni riconosciute che erano considerate tradizionali. Per me invece significa esattamente l’opposto, quindi si tratta di saper fondere insieme gli schemi tradizionali con la pura improvvisazione nel modo più naturale possibile. Siamo liberi di trarre ispirazione da ogni cosa, in un mix di elementi tradizionali e non. Dal punto di vista Socio-Politico è difficile collocare un musicista Free Jazz in qualche categoria specifica. Personalmente non mi sento di appartenere a nessuna categoria in particolare, l’unica cosa che mi sta veramente a cuore è influenzare positivamente tutto ciò che mi sta intorno. Penso che non si debba più pensare alla Free Music come un genere separato dagli altri generi musicali. In effetti non amo considerarmi come un musicista Free ma piuttosto come un improvvisatore.

Gran parte del tuo tempo lo dedichi all’insegnamento. Qual è il tuo obiettivo come insegnante?

Come musicista mi sento in debito nei confronti di tutti i musicisti che mi hanno ispirato, insegnato e incoraggiato ad essere quello che sono. Ma mi rendo conto del fatto di non potermi sdebitare in modo diretto nei loro confronti. Quindi la mia responsabilità nei confronti di coloro che mi hanno preceduto è di passare alle nuove generazioni tutto ciò che mi hanno insegnato. Probabilmente la stessa cosa la faranno le nuove generazioni di musicisti, tramandando un bagaglio di conoscenze sempre più vasto.
Questo processo è molto importante non solo per i musicisti ma per il mondo. Il mio ruolo come insegnante è di mettere in condizione i miei allievi di porsi le domande giuste, per fare in modo che diventino maestri di se stessi.

Sei attratto anche da altre forme d’arte o sei completamente coinvolto dalla tua musica?

Sono affascinato da ogni forma d’arte. Spesso prendendo ispirazione dalla pittura, la letteratura o il teatro è possibile creare qualcosa di più originale attraverso la musica.

Cosa ne pensi dell’attuale situazione degli Stati Uniti? Vedi in Barack Obama una reale possibilità al cambiamento o pensi che il potere continuerà ad essere nelle mani delle solite Elìte?

Non penso che il mondo cambierà mai realmente grazie all’operato di un presidente o un leader. Ma penso che il Pres. Obama abbia la possibilità di rassicurare il mondo sul fatto che gli Stati Uniti stanno cambiando in positivo. Le persone sono pronte e penso che il presidente degli Stati Uniti possa migliorare la situazione mondiale semplicemente essendo premuroso, ragionevole e intelligente.

Ti apprezzo veramente come musicista e attualmente sei nella lista dei miei sassofonisti preferiti insieme ad artisti come Ken Vandermark, Mats Gustafsson e Evan Parker. Cosa pensi di loro e chi ascolti al momento?

Trovo sempre qualcosa di interessante e intrigante in ogni musicista. Ultimamente sto trovando molta ispirazione nella musica di Wayne Shorter. Ogni suono che produce è completo. Il suo DNA musicale si esprime totalmente in ogni nota e in ogni gesto musicale che lui fa.

Leggendo la tua biografia sono venuto a conoscenza del fatto che sei stato allievo di una leggenda del Jazz come David Liebman.Devi molto al suo insegnamento per il tuo suono unico?

Il mio suono è il risultato di tutto ciò a cui la vita mi ha esposto, non è solo grazie all’insegnamento di qualcuno che puoi trovare il tuo suono, la tua personalità sullo strumento. Non sono solamente le persone più importanti della mia vita ad avermi influenzato ma bensì tutto quello che vivo quotidianamente ha un effetto su di me e sul mio modo di suonare. La mia musica è l’esatta proiezione dei miei pensieri e delle mie idee. Ognuno ha la sua personalità ma non tutti i musicisti riescono ad esprimere realmente se stessi. È sempre stato molto importante per me riuscire ad essere me stesso invece che di sforzarmi ad essere qualcosa che non sono.

Siamo arrivati all’ultima consueta domanda. Progetti futuri? So che presto sarai in tour in Europa, suonerai anche in Italia?

Sono sempre attivo con svariati progetti. Tutte le informazioni necessarie sono disponibili sul mio sito www.myspace.com/elleryeskelin. Al momento non ho concerti fissati in Italia ma forse il prossimo autunno sarà possibile. vedremo…

a cura di Stefano Ferrian
(Il Giornale)