luxorl
10-05-2008, 10:06
9/5/78: la Loggia P2 ammazza Aldo Moro
30 anni fa veniva ritrovato in via Caetani a Roma il cadavere di Aldo Moro accovacciato nel baule di un’auto. Questo delitto di Stato rappresenta la pagina più torbida della storia della Repubblica italiana. Ricostruisco di seguito alcune note salienti in estrema sintesi della vicenda:
il capo della Loggia Propaganda 2, Licio Gelli, ai suoi fidati interlocutori Coppetti e Nobili definisce parte del memoriale di Aldo Moro “segreto di stato”. Il memoriale viene trovato nel covo milanese di Milano Lambrate nell’ottobre del ‘78 dal pool di Carlo Alberto Dalla Chiesa, dotato dal governo Andreotti di poteri speciali antiterrorismo, che in parte sarà occultato e in parte manipolato. “Roba imbarazzante per uomini di governo e di partito”.
Le finte indagini di quel periodo per far luce sul sequestro Moro sono una farsa accordata fra la Securpena, il Sisde diretto dal piduista Giulio Grassini, il Cesis diretto dal piduista Walter Pelosi e l’allora presidente del consiglio Francesco Cossiga, cui arrivarono i nastri con le registrazioni dei colloqui fra 2 brigatisti rinchiusi all’Asinara di cui non si saprà mai il nome, che Cossiga terrà fermi 3 mesi a palazzo Chigi prima di passarli alla Questura di Roma, alla Digos, che a sua volta li riconsegnerà al Sisde perché non si riconoscono le voci. Il Sisde non svelerà mai i nomi dei 2.
Il piduista anarchico Mino Pecorelli, direttore del giornale politico “Op” a proposito di Aldo Moro scrive di memoriali veri e memoriali falsi. Sia Pecorelli che Licio Gelli sono in contatto col generale Carlo Alberto Dalla Chiesa che da tempo ha chiesto l’affiliazione alla Loggia, probabilmente per fare l’infiltrato. Gelli lo sospetta, infatti tergiversa per un paio d’anni nonostante abbia già iscritto Romolo Dalla Chiesa, fratello di Carlo Alberto e il generale Ettore Brancato, presentati al Venerabile dal piduista democristiano Franco Picchiotti (testimone al processo).
Mino Pecorelli muore assassinato a Roma il 20 marzo 1979, Carlo Alberto Dalla Chiesa muore assassinato a Palermo il 3 settembre 1982. Negli appunti del direttore di “Op” si legge di carte segrete e di memoriale nelle mani di Dalla Chiesa.
Nell’ultimo articolo, prima di morire, Pecorelli ipotizza un collegamento diretto tra il Viminale e i brigatisti nel comune obiettivo di eliminare Aldo Moro e la sua politica di apertura al partito comunista, poco gradita dal segretario di Stato americano Henry Kissinger in forte contrapposizione con la Russia comunista di Breznev. Aldo Moro, insomma, si sarebbe spostato troppo a sinistra nello scacchiere mediterraneo.
Nell’articolo si legge che “le Brigate Rosse non rappresentano il motore principale del missile, ma agiscono come motorino per la correzione della rotta dell’astronave Italia e in ogni caso i brigatisti, passato il clamore, avranno trattamenti di favore con una grande amnistia”. Infatti Francesco Cossiga nei primi anni ‘90 fu uno dei pochi strenui sostenitori del varo di un’amnistia in favore dei brigatisti ancora detenuti.
Nello stesso articolo, Pecorelli svela che i comunicati anonimi dei brigatisti diffusi durante i giorni del sequestro Moro, erano stati stampati dalla macchina tipografica di via Foà, la stessa usata dal Sismi. Nella stessa pagina viene pubblicata la mappa romana del terrorismo rosso con le sigle eversive di estrema sinistra, in tutto 78. Tra queste manca solo la “Cellula romana sud-Brigate rosse” ossia la stessa che firmò il primo comunicato successivo all’uccisione di Moro.
Anni dopo si scoprirà che quel comunicato era un falso confezionato da Tony Chichiarelli, uomo legato alla banda della Magliana e ai servizi segreti.
Pecorelli era colpevole di conoscere questo segreto di stato, ossia un meccanismo di potere occulto che dai vertici istituzionali, attraverso la Loggia P2 e i servizi segreti, coinvolgeva settori della criminalità organizzata e gruppi eversivi di estrema destra, che in nome della “ragion di Stato” aveva in Tony Chichiarelli una delle sue figure operative.
Nel giugno 1993 il pentito di mafia Tommaso Buscetta dirà che il mandante dell’omicidio Pecorelli fu Claudio Vitalone magistrato andreottiano sostituto procuratore del Tribunale di Roma, ideatore di un falso comunicato utile a depistare le indagini, preoccupato per ciò che si poteva venire a sapere sul conto di Andreotti da quel memoriale, qualora fosse stato pubblicato: scandalo Italcasse, i rapporti con Sindona, Barone, Caltagirone ed esponenti mafiosi alcuni dei quali rinchiusi in carcere (Bontate, Francis Turatello, Frank Coppola che dira a Ugo Bossi che Moro deve morire) oltre a corrutele nel mondo finanziario, bancario e politico che poi scoppierà nel 1992 con Tangentopoli.
La procura titolare del processo “Moro quater” fece richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti di Andreotti ma ebbe picche.
Aldo Moro è stato ucciso dallo stato parallelo della Loggia massonica Propaganda 2 di Licio Gelli, Silvio Berlusconi, Maurizio Costanzo e Fabrizio Trecca con la compiacenza di Francesco Cossiga, Giulio Andreotti che usava i servizi segreti per scopi personali, Claudio Vitalone e molti altri democristiani, generali delle forze dell’ordine e dirigenti dei servizi segreti.
Tutto per logiche di potere che ancora oggi trovano nella mafia la vera locomotiva dell’Italia alleata dell’America di Bush e delle sue basi Nato.
http://www.danielemartinelli.it/2008/05/09/andreotti-e-cossiga-vergognatevi/
30 anni fa veniva ritrovato in via Caetani a Roma il cadavere di Aldo Moro accovacciato nel baule di un’auto. Questo delitto di Stato rappresenta la pagina più torbida della storia della Repubblica italiana. Ricostruisco di seguito alcune note salienti in estrema sintesi della vicenda:
il capo della Loggia Propaganda 2, Licio Gelli, ai suoi fidati interlocutori Coppetti e Nobili definisce parte del memoriale di Aldo Moro “segreto di stato”. Il memoriale viene trovato nel covo milanese di Milano Lambrate nell’ottobre del ‘78 dal pool di Carlo Alberto Dalla Chiesa, dotato dal governo Andreotti di poteri speciali antiterrorismo, che in parte sarà occultato e in parte manipolato. “Roba imbarazzante per uomini di governo e di partito”.
Le finte indagini di quel periodo per far luce sul sequestro Moro sono una farsa accordata fra la Securpena, il Sisde diretto dal piduista Giulio Grassini, il Cesis diretto dal piduista Walter Pelosi e l’allora presidente del consiglio Francesco Cossiga, cui arrivarono i nastri con le registrazioni dei colloqui fra 2 brigatisti rinchiusi all’Asinara di cui non si saprà mai il nome, che Cossiga terrà fermi 3 mesi a palazzo Chigi prima di passarli alla Questura di Roma, alla Digos, che a sua volta li riconsegnerà al Sisde perché non si riconoscono le voci. Il Sisde non svelerà mai i nomi dei 2.
Il piduista anarchico Mino Pecorelli, direttore del giornale politico “Op” a proposito di Aldo Moro scrive di memoriali veri e memoriali falsi. Sia Pecorelli che Licio Gelli sono in contatto col generale Carlo Alberto Dalla Chiesa che da tempo ha chiesto l’affiliazione alla Loggia, probabilmente per fare l’infiltrato. Gelli lo sospetta, infatti tergiversa per un paio d’anni nonostante abbia già iscritto Romolo Dalla Chiesa, fratello di Carlo Alberto e il generale Ettore Brancato, presentati al Venerabile dal piduista democristiano Franco Picchiotti (testimone al processo).
Mino Pecorelli muore assassinato a Roma il 20 marzo 1979, Carlo Alberto Dalla Chiesa muore assassinato a Palermo il 3 settembre 1982. Negli appunti del direttore di “Op” si legge di carte segrete e di memoriale nelle mani di Dalla Chiesa.
Nell’ultimo articolo, prima di morire, Pecorelli ipotizza un collegamento diretto tra il Viminale e i brigatisti nel comune obiettivo di eliminare Aldo Moro e la sua politica di apertura al partito comunista, poco gradita dal segretario di Stato americano Henry Kissinger in forte contrapposizione con la Russia comunista di Breznev. Aldo Moro, insomma, si sarebbe spostato troppo a sinistra nello scacchiere mediterraneo.
Nell’articolo si legge che “le Brigate Rosse non rappresentano il motore principale del missile, ma agiscono come motorino per la correzione della rotta dell’astronave Italia e in ogni caso i brigatisti, passato il clamore, avranno trattamenti di favore con una grande amnistia”. Infatti Francesco Cossiga nei primi anni ‘90 fu uno dei pochi strenui sostenitori del varo di un’amnistia in favore dei brigatisti ancora detenuti.
Nello stesso articolo, Pecorelli svela che i comunicati anonimi dei brigatisti diffusi durante i giorni del sequestro Moro, erano stati stampati dalla macchina tipografica di via Foà, la stessa usata dal Sismi. Nella stessa pagina viene pubblicata la mappa romana del terrorismo rosso con le sigle eversive di estrema sinistra, in tutto 78. Tra queste manca solo la “Cellula romana sud-Brigate rosse” ossia la stessa che firmò il primo comunicato successivo all’uccisione di Moro.
Anni dopo si scoprirà che quel comunicato era un falso confezionato da Tony Chichiarelli, uomo legato alla banda della Magliana e ai servizi segreti.
Pecorelli era colpevole di conoscere questo segreto di stato, ossia un meccanismo di potere occulto che dai vertici istituzionali, attraverso la Loggia P2 e i servizi segreti, coinvolgeva settori della criminalità organizzata e gruppi eversivi di estrema destra, che in nome della “ragion di Stato” aveva in Tony Chichiarelli una delle sue figure operative.
Nel giugno 1993 il pentito di mafia Tommaso Buscetta dirà che il mandante dell’omicidio Pecorelli fu Claudio Vitalone magistrato andreottiano sostituto procuratore del Tribunale di Roma, ideatore di un falso comunicato utile a depistare le indagini, preoccupato per ciò che si poteva venire a sapere sul conto di Andreotti da quel memoriale, qualora fosse stato pubblicato: scandalo Italcasse, i rapporti con Sindona, Barone, Caltagirone ed esponenti mafiosi alcuni dei quali rinchiusi in carcere (Bontate, Francis Turatello, Frank Coppola che dira a Ugo Bossi che Moro deve morire) oltre a corrutele nel mondo finanziario, bancario e politico che poi scoppierà nel 1992 con Tangentopoli.
La procura titolare del processo “Moro quater” fece richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti di Andreotti ma ebbe picche.
Aldo Moro è stato ucciso dallo stato parallelo della Loggia massonica Propaganda 2 di Licio Gelli, Silvio Berlusconi, Maurizio Costanzo e Fabrizio Trecca con la compiacenza di Francesco Cossiga, Giulio Andreotti che usava i servizi segreti per scopi personali, Claudio Vitalone e molti altri democristiani, generali delle forze dell’ordine e dirigenti dei servizi segreti.
Tutto per logiche di potere che ancora oggi trovano nella mafia la vera locomotiva dell’Italia alleata dell’America di Bush e delle sue basi Nato.
http://www.danielemartinelli.it/2008/05/09/andreotti-e-cossiga-vergognatevi/