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View Full Version : Deterring democracy in Italy intervista a Chomsky


FabioGreggio
22-04-2008, 12:32
http://www.durdesh.net/news/upload/rte/Noam%20Chomsky.jpgIntervista a Noam Chomsky

Un caso chiave di controllo del pensiero :
"Deterring democracy in Italy"
Noam Chomsky, intervistato da Domenico Pacitti, dice che le accuse a Silvio Berlusconi sono banali in confronto a quanto accade negli Stati Uniti e spiega che l’Italia è stata l’obiettivo principale degli sforzi Usa per sabotare la democrazia fin dalla Seconda Guerra Mondiale.
Chomsky suggerisce come via da seguire le proteste organizzate a livello internazionale. Questa intervista è stata realizzata telefonicamente da Roma mentre il professor Chomsky si trovava nella sua casa nel Massachusetts, subito dopo le elezioni politiche italiane. Viene pubblicata da terrelibere per la prima volta.

di Domenico Pacitti

Title: Deterring democracy in Italy

Pacitti: Silvio Berlusconi, plurimiliardario magnate dei media, ha vinto le elezioni italiane nonostante sia in balia delle accuse criminali e del conflitto tra affari ed interessi politici. Sembra che gli italiani siano meno interessati alla questione morale e più interessati a quello che Berlusconi possa fare per loro.

Chomsky: Perché pensa che la situazione sia diversa in Gran Bretagna e negli Stati Uniti?

Pacitti: È questo che spero che ci spieghi.

Chomsky: La risposta è che non è diverso.

Pacitti: Può elaborare il concetto?

Chomsky: Alcuni mesi fa qui c’è stata un'elezione. Ora, io non so in Italia, ma qui la popolazione è "sondata" estensivamente, in modo massiccio, cosicché noi abbiamo una conoscenza abbastanza buona degli atteggiamenti pubblici. C'è, infatti, ad Harvard un progetto chiamato "L’Elettore che Svanisce", che mi sembra molto significativo.
Si occupa di analizzare nei dettagli i risultati elettorali per tentare di determinare perché gli elettori stanno perdendo interesse nelle elezioni da venti anni a questa parte. Una delle cose che viene misurata è il senso di "helplessness", di impotenza cioè, ovvero si percepisce sempre di più che non è possibile fare niente che agisca sul processo politico.

Il senso di impotenza ha colpito pesantemente quest’anno, ben oltre ogni precedente. Di fronte all'elezione approssimativamente il 75% della popolazione ha percepito che non c'era alcuna competizione, che era solo una sorta di gioco tra sottoscrittori ricchi, "boss" di partito ed i media. L’industria delle relazioni pubbliche, della pubblicità, ha creato i candidati, addestrandoli ad usare certi gesti e determinate parole che i ricercatori di marketing indicavano come utili ai fini elettorali.
Alla fine nessuno diceva ciò che pensava, nessuno capiva e molti pensavano che si trattasse di qualcosa privo di senso, solo una specie di gioco di marketing, di pubbliche relazioni.

Pacitti: E pensa che ciò che sta accadendo in Italia sia simile?

Chomsky: Posso dire che è molto simile, ma io non conosco l’Italia come gli Stati Uniti. Questa è una tendenza che partì dagli Stati Uniti e dalla Gran Bretagna e che risale alla prima parte del secolo. Era naturale che dovesse nascere nei paesi più democratici. Negli anni ‘20 qui si capì subito – negli altri paesi più tardi – che non era più possibile controllare la gente con la forza.I paesi stavano diventando più democratici. Il diritto di voto si stava estendendo.
Il Partito Conservatore britannico - abbiamo i loro verbali interni – all’epoca della Prima Guerra Mondiale comprese che non c’era più alcun modo di tenere la generalità della popolazione fuori del sistema elettorale.

Compresero che si andava verso il suffragio universale e che dovevano perciò rivolgersi a quello che chiamarono "guerra politica". Sono chiamate pubbliche relazioni, ma significa propaganda, cioè il tentativo di controllare gli atteggiamenti delle persone ed i loro pensieri dirigendoli verso altre preoccupazioni.Non potendo controllare il popolo con la mera forza, lo si tiene comunque fuori dall’"arena politica".

Lo stesso veniva fatto negli Stati Uniti. Infatti, si registrava una crescita enorme dell’industria delle pubbliche relazioni. Nelle società più avanzate, più democratiche, c’è da credere che appena una società ottiene più libertà, la propaganda sostituisce la violenza come mezzo di controllo del popolo.

Pacitti: Berlusconi è stato imputato in una serie di processi penali in cui è stato condannato.
Ma a causa della legge italiana sulla caduta in prescrizione dei reati, in effetti nessuna di queste sentenze è stata applicata. Un recente libro elenca quattordici imputazioni contro Berlusconi. Nell'ultimo decennio ha collezionato pene detentive per un totale di sei anni e cinque mesi per corruzione, finanziamento illegale e falso in bilancio.

Chomsky: Per gli standard Usa si tratta di banalità.
Pacitti: Nel 1990, Berlusconi fu condannato per spergiuro dopo aver negato la sua appartenenza alla loggia Massonica P2, una organizzazione anti-comunista che ha usato i servizi segreti per fini politici.La condanna di Berlusconi fu annullata da un'amnistia generale. Il sostegno degli Stati Uniti alla P2 sembrerebbe confermare quello che lei sta dicendo.

Chomsky: Precisamente. L'Italia, come sappiamo, è stata il principale obiettivo degli Stati Uniti fin dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Lo scopo era quello di minare la democrazia in Italia.Negli anni ’40, c'era la grande paura che la Sinistra vincesse un’elezione democratica.
In particolare, nel 1948 la Sinistra aveva un grande prestigio.

Voglio dire che aver sostenuto la resistenza contro il Fascismo era un fatto molto importante in quel periodo, così come supportare i sindacati. Proprio mentre la Sinistra si apprestava a vincere le elezioni, gli Usa iniziarono a cospirare.
Non so se a lei è noto, ma il primo piano del Consiglio di Sicurezza Nazionale [NSC1, si veda in proposito il memorandum in "Storia del Consiglio di Sicurezza Nazionale 1947-1997": www.fas.org/irp/offdocs/NSChistory.htm ] riguarda l’obiettivo di minare la democrazia in Italia.
Questo era il problema dell’epoca. E conclusero che potevano minare il processo democratico ricorrendo all’arma degli aiuti alimentari – e non credo che ci sia bisogno di ricordarle che in quel periodo c’era molta gente letteralmente affamata – alla reintegrazione della polizia fascista (cosa che fu effettivamente fatta) e ad altre cose del genere tra le quali il sabotaggio dei sindacati.

Se tutto questo non fosse stato sufficiente e la Sinistra nonostante tutto avesse vinto, gli Stati Uniti avrebbero tentato la carta di una "mobilitazione nazionale", appoggiando nel contempo una serie di attività paramilitari contro il governo.
La politica del Consiglio di Sicurezza Nazionale prevalse, e continuò fino agli anni settanta e forse oltre. Voglio dire che le nostre conoscenze arrivano solamente fino agli anni settanta perché lì i documenti si fermano. Il sostegno alla P2 va inserito in questo contesto.
In altre parole, lo sforzo di minare la democrazia italiana ha radici antiche. A confronto, Berlusconi non sta organizzando attività militari per rovesciare il governo.

Ciò che accade oggi non è corretto, ma non è grave quanto quello che è accaduto in passato. Ed è lo stesso qui. A Clinton non è accaduto di avere molti processi per corruzione. Ma guardiamo il "curriculum" di Reagan e di alcuni esponenti della sua amministrazione [1981-89].

Pacitti: C'è più di un sospetto qui in Italia che Berlusconi abbia avuto un sostegno dalla Mafia siciliana alle elezioni nazionali.

Chomsky: Sì, ma da dove venne la Mafia siciliana? Non nacque dal nulla. La Mafia, come lei sa, era stata distrutta da Mussolini. E come fu ricostituita la Mafia? Fu ricostituita quando gli eserciti americani e britannici sbarcarono prima in Sicilia e poi in Italia meridionale; e la stessa cosa accadde in Francia meridionale e la criminalità fu ricostituita come un’"agenzia" per minare la resistenza e minare la Sinistra.

Pacitti: Quindi, lei ha esaminato nei dettagli la vicenda italiana?

Chomsky: Non ho fatto ricerche originali ma ho valutato la vicenda comparando diverse fonti.
Quindi, per esempio, nel mio libro Deterring Democracy uno dei capitoli [capitolo 11: la Democrazia nelle Società Industriali], contiene dei riferimenti al principale progetto statunitense e britannico dopo la Seconda Guerra Mondiale: minare la resistenza contro il Fascismo e ripristinare il tradizionale sistema politico.

C’è un riferimento all’Italia, che viene approfondito in un altro libro successivo, che si avvale di rivelazioni ulteriori. E sull’argomento c'è un libro molto buono che ho recensito da qualche parte [World Orders, Old and New, Londra, 1997].
Uno storico italiano [Federico Romero, The United States and the European Trade Union Movement 1944-1951, Nord Carolina, 1989-1992] giudica addirittura positivamente il fatto che gli alleati abbiano disarmato la resistenza e riportato il "Comitato di Liberazione Nazionale" all’ordine, perché i "liberi movimenti politici e sociali da sempre ispiravano diffidenza agli Alleati" in quanto "difficili da controllare". Romero descrive gli sforzi degli inglesi e degli americani finalizzati a minare i gruppi operai e la resistenza contro Fascismo in Italia settentrionale. Nonostante il giudizio positivo, la descrizione è di grande interesse in quanto molto accurata.

Pacitti: E la base per questo processo fu posta subito dopo la Seconda Guerra Mondiale, giusto?

Chomsky: Sì, e non solo per l'Italia. È stato un fenomeno mondiale. Lo stesso è avvenuto in Giappone. Uno studio notevole è appena stato pubblicato – ha vinto il premio Pulitzer [Hirohito and the Making of Modern Japan di Herbert P. Bix] - su come gli Stati Uniti riabilitarono l’Imperatore Hirohito dopo la Seconda Guerra Mondiale come parte dello sforzo complessivo di sostenere il Fascismo e minare la Sinistra. È stato un fenomeno mondiale.

Pacitti: Dunque, i casi italiani di corruzione risultano assai meno gravi della casistica americana?

Chomsky: Menzionerò solo un altro esempio per convincerla. In Francia, proprio accanto l’Italia, ci fu una grande resistenza anti-fascista e forti movimenti operai. Il sud della Francia fu colpito con intensità seconda solamente al caso italiano.
L’obiettivo era sempre il sabotaggio della Sinistra e dei sindacati. Così fu restaurata la Mafia corsa in Francia meridionale e quella è stata la fonte del traffico di eroina nel mondo.

Per ripagarli dei "servizi politici" gli americani consegnarono ai corsi il monopolio della produzione di eroina. E con questo siamo alla "French connection", giusto?
Così nacque il problema della droga nel dopoguerra. Queste sono cose importanti. Basta dare un’occhiata al "NSC1" che ho citato prima, il primo memorandum del "Consiglio di Sicurezza Nazionale", così cruciale nel contesto, richiedeva se necessario, come dicevo, la coercizione.

Diciamo in prima istanza il ricatto del cibo e - se non bastasse - il sabotaggio delle elezioni. Gli Stati Uniti avrebbero dovuto sobillare una "mobilitazione nazionale", e quindi preparare la guerra e sostenere le attività paramilitari interne italiane.

Pacitti: Da quello che lei sta dicendo deriva che Berlusconi sarebbe stato appoggiato fin dall’inizio dalla Mafia, che a sua volta è stata spalleggiata dagli Stati Uniti.

Chomsky: Sì, gli Stati Uniti avevano restaurato la Mafia, che in precedenza era stata distrutta.

Pacitti: Quindi in Italia stiamo vedendo solo "metà della storia". Posso chiederle qualcosa di più sul caso Berlusconi? So che non le piace dare consigli e senza dubbio non me ne darà alcuno. Ma molta gente radicale in Italia sta chiedendosi cosa fare.

C’è chi ha iniziato a scrivere libri che raccolgono i casi di corruzione e di ingiustizia, dalla Mafia a Berlusconi fino ai casi socialmente accettati di corruzione accademica.
So che lei ha posto il problema all'interno di un contesto più largo, globale, ma c'è qualche cos’altro che noi potremmo e dovremmo fare stando qui e che non stiamo facendo e che va oltre un contesto italiano?

Chomsky: La risposta a queste domande è la stessa, al di là di quale sia il caso specifico. Non ci sono segreti che non siano stati scoperti negli ultimi duemila anni. Nello specifico italiano, tra "Mafia connections", criminalità e così via i fatti dovrebbero essere sufficientemente conosciuti. Ma la domanda è un’altra: a chi importa realmente? Per quanto posso capire, il vero problema è che in Italia la gente grosso modo sa, magari non i dettagli, ma effettivamente non gliene importa.

Pacitti: E perché pensa che non ci sia interesse e coinvolgimento?

Chomsky: Il popolo subisce una pressione tremenda, non solo in Italia ma in tutto il mondo.
Il tentativo è quello di rimuovere la popolazione dall’arena politica. Questo viene chiamato neo-liberismo, un modello che ha il suo zoccolo duro in Gran Bretagna e negli Stati Uniti - di nuovo i paesi più avanzati - ma che si espande ovunque, col risultato di invertire quello che accadde negli anni sessanta.
Quello che accadde negli anni sessanta aveva terrorizzato le élite internazionali. Questo emerge in modo netto, e forse nel modo più netto, in The Crisis of Democracy, il più sorprendente documento sull’argomento.

Pacitti: Fu pubblicato nel 1975 ed era il primo studio della Commissione Trilaterale fondata da David Rockefeller. Giusto?

Chomsky: Sì. La Commissione era una élite, una élite internazionale liberista, da Europa, Stati Uniti e Giappone. Ed era formata prevalentemente da persone dell’amministrazione Carter, che erano quasi interamente "liberal" nel senso americano del termine, cioè socialdemocratici ed internazionalisti. Tutta questa gente era profondamente turbata da quanto accadeva in tutto il mondo negli anni sessanta.

Ciò che li turbava maggiormente era la crescita della democrazia, cioè la parte della popolazione – le donne, i lavoratori, le minoranze, gli anziani – solitamente apatica e passiva che entrava nell’arena politica e tentava di imporre le proprie richieste. Stavano entrando in un territorio proibito. Iniziarono a pensare che il sistema politico fosse nelle mani delle tirannie private, di poteri privati, e stavano cominciando ad erodere proprio questi poteri.

Quella è la crisi della democrazia secondo la "Trilateral". Affermarono dunque che troppa democrazia non va bene, occorre più moderazione, era necessario riportare la gente all’apatia ed alla passività. Affermarono di essere turbati e richiamarono le istituzioni responsabili dell’indottrinamento – termine loro, non mio – dei giovani. Si riferivano alle scuole, ai funzionari, ai media, alle chiese che anziché indottrinare stavano diventando troppo indipendenti e "pensanti", troppo attivi.
Avrebbero dovuto agire per invertire appunto "la crisi della democrazia". Ci sono stati da allora sforzi notevoli per riportare le persone alla marginalità, e questo tentativo assume molte forme. Una forma è la "minimizzazione" dello Stato in chiave neoliberista. Sottrarre le decisioni all’arena pubblica per portarle in mani private è un’altra forma di privatizzazione.

Un'altra forma è la centralizzazione delle autorità finanziarie. La Banca Centrale Europea ha autorità enorme e non è responsabile di fronte al parlamento. Ancora più importante è la liberalizzazione della finanza a partire dagli anni ‘70, smantellando il sistema Bretton Woods. Questo crea ciò che gli economisti chiamano un parlamento virtuale, che deve dare retta agli investitori, altrimenti loro possono distruggere l'economia. Ciò restringe enormemente il raggio d’azione dei governi.
Ma ci sono anche dei gruppi di potere estremamente importanti che hanno in comune un accordo sostanziale sulla necessità della commercializzazione dei servizi. L’idea dominante è quella di privatizzare i servizi, cioè tutto quello che lo Stato può garantire – istruzione, sanità, ecc. Liberalizzando si aprono i servizi alla competizione privata, e questo significa trasferirne il controllo ai privati.

Pacitti: È precisamente quello che Berlusconi ha in mente.

Chomsky: Precisamente. Ma è solo una componente di un processo mondiale, dovuta ai problemi che comporta la crescita del processo democratico. Si sta concretizzando ovunque come un tentativo di erodere la Sinistra. Non è più possibile in Occidente controllare il popolo con la violenza. Non lo puoi semplicemente sbattere in una stanza delle torture. Occorrono altri mezzi. Uno di questi è la propaganda.

Un altro è un consumismo parossistico, che cerca di condurre la gente verso consumi sempre più massicci. Negli Stati Uniti l’economia ha sofferto a causa delle politiche neoliberiste, come è stato il caso in tutto il mondo, tale economia essendo sostenuta in notevole misura dallo spendere dei consumatori. Il debito delle famiglie supera il reddito. E questo viene giudicato positivamente, perché intrappola la gente nel debito. Così hai solo da lavorare duramente e non pensare.

Così fin dall’infanzia i bambini sono inondati di messaggi che dicono: compra, compra, compra e così via. Lo stesso avviene a livello internazionale. Il Terzo Mondo è intrappolato nel debito imposto dall’immensa propaganda del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale. Sono congegni finalizzati a controllare le popolazioni e ad assicurare il potere alle tirannie locali. Questo è quello che avviene nell’era della libertà.

Pacitti: Pensa che l'unica cosa da fare qui in Italia sia tentare di svelare tutto questo?

Chomsky: Occorre provare a spiegare alla gente cosa accade. Non è una questione di piccole corruzioni qui o lì. Questi sono fatti marginali. Le persone hanno ragione a non essere preoccupate di questo. Questo è corrotto, quello è corrotto. E allora?
Ciò che è veramente importante sono i metodi profondi e sistematici di controllo della popolazione. Uno dei padri fondatori degli Stati Uniti, Alexander Hamilton, descriveva il popolo come una grande bestia che deve essere controllata. Come la mise il maggior compilatore della Costituzione, James Madison, i ricchi della nazione devono controllare ciò che accade.

Pacitti: E pensa che noi dovremmo raccontare la verità continuando a scrivere libri ed articoli?

Chomsky: Noi dobbiamo organizzare; dobbiamo organizzare le persone. Non servono i libri se sono letti solo da alcuni accademici. Le cose cambiano se essi riescono a raggiungere il grande pubblico e diventano così parte degli sforzi organizzativi; per esempio, quegli sforzi che sono riusciti finalmente a creare azioni di protesta a livello internazionale. E ciò emerge dalla organizzazione di massa. Non è sufficiente scrivere libri. Gli obiettivi della privatizzazione sono ovvi e non saranno fermati scrivendo libri. Saranno fermati da una resistenza unita su basi internazionali. Questa è la via per fermare il neoliberismo.

Pacitti: Lei è d’accordo che valga la pena scrivere sulla parte italiana del quadro per chiarirlo?

Chomsky: Ne vale la pena se tale scrivere è parte di uno sforzo organizzativo. Se si scrive qualcosa per lettori accademici che leggono in una biblioteca, va bene. Ma scrivere serve davvero soltanto se qualcuno lo trasforma in azione. Ma la cosa essenziale è che le parole siano usate. Voglio dire, è come quando si fa scienza.
Possiamo usarla per aumentare la comprensione e la ricerca, oppure in modo tale da beneficiare il popolo? Se è così, va bene.
Pacitti: Molte grazie. Sono sicuro che i nostri lettori troveranno i suoi commenti, come sempre, illuminanti e stimolanti.
L'intervista è del 2 febbraio 2002

http://www.unamanolavalaltra.it/LiberaMente/Chomsky/Chomsky-DemocraziaItaliana.htm

sid_yanar
22-04-2008, 12:58
come sempre sintetico ed efficace. La tendenza verso un astensionismo sempre più massiccio è evidente anche in italia, e si basa sul concetto del "tanto sono tutti uguali" piuttosto che "tanto non cambia nulla". Questo per chi governa è un grande successo, poterlo fare tra il disinteresse della popolazione.

blamecanada
22-04-2008, 13:05
come sempre sintetico ed efficace. La tendenza verso un astensionismo sempre più massiccio è evidente anche in italia, e si basa sul concetto del "tanto sono tutti uguali" piuttosto che "tanto non cambia nulla". Questo per chi governa è un grande successo, poterlo fare tra il disinteresse della popolazione.
Concordo.

Unica critica che muoverei è che la mafia non fu effettivamente distrutta dal fascismo, visto che i suoi pezzi grossi vivevano in simbiosi con esso.

giammy
22-04-2008, 13:06
Concordo.

Unica critica che muoverei è che la mafia non fu effettivamente distrutta dal fascismo, visto che i suoi pezzi grossi vivevano in simbiosi con esso.

pregasi documentare questa affermazione....

lowenz
22-04-2008, 13:07
Aspetto chi dirà che è comunista! :D

lowenz
22-04-2008, 13:09
pregasi documentare questa affermazione....
http://it.wikipedia.org/wiki/Cesare_Mori#Risultati_dell.27azione_di_Mori

Mori non si occupò solo degli strati più bassi della mafia, ma anche delle sue connessioni con la politica - sciogliendo, tra l'altro, il Fascio di Palermo ed espellendo Cucco, che pure era membro del Gran Consiglio del Fascismo.

Dopo il suo congedo, vi fu ben presto una recrudescenza del fenomeno mafioso in Sicilia. Come scrisse nel 1931 un avvocato siciliano in una lettera indirizzata a Mori:
« Ora in Sicilia si ammazza e si ruba allegramente come prima. Quasi tutti i capi mafia sono tornati a casa per condono dal confino e dalle galere... »

Tadà......chi lo fa il condono? Lo Stato (fascista) :D

blamecanada
22-04-2008, 13:18
pregasi documentare questa affermazione....
Ringrazio Lowenz che mi ha risparmiato la fatica. Io comunque lo devo aver letto in un qualche libro di storia, non è che mi ricordi esattamente però.

Comunque le analisi di Chomsky a livello globale sono veramente ben fatte (poi qualche imprecisione ci scappa sempre, anche perché comunque vive negli Stati Uniti), peccato pochi le conoscano.

giammy
22-04-2008, 13:25
http://it.wikipedia.org/wiki/Cesare_Mori#Risultati_dell.27azione_di_Mori

Mori non si occupò solo degli strati più bassi della mafia, ma anche delle sue connessioni con la politica - sciogliendo, tra l'altro, il Fascio di Palermo ed espellendo Cucco, che pure era membro del Gran Consiglio del Fascismo.

Dopo il suo congedo, vi fu ben presto una recrudescenza del fenomeno mafioso in Sicilia. Come scrisse nel 1931 un avvocato siciliano in una lettera indirizzata a Mori:
« Ora in Sicilia si ammazza e si ruba allegramente come prima. Quasi tutti i capi mafia sono tornati a casa per condono dal confino e dalle galere... »

Tadà......chi lo fa il condono? Lo Stato (fascista) :D

scusami ma mi sembra ben diverso da quanto è stato affermato

sid_yanar
22-04-2008, 13:25
Concordo.

Unica critica che muoverei è che la mafia non fu effettivamente distrutta dal fascismo, visto che i suoi pezzi grossi vivevano in simbiosi con esso.

in un certo senso quanto accadde aveva anche una certa logica: il fascismo probabilmente non cerco di distruggere ed eliminare la mafia, piuttosto di soggiogarla ai propri interessi.

FastFreddy
22-04-2008, 13:31
come sempre sintetico ed efficace. La tendenza verso un astensionismo sempre più massiccio è evidente anche in italia, e si basa sul concetto del "tanto sono tutti uguali" piuttosto che "tanto non cambia nulla". Questo per chi governa è un grande successo, poterlo fare tra il disinteresse della popolazione.

Ma dove? Ma se in Italia c'è un'affluenza alle urne tra le più alte d'Europa se non del mondo?

ferste
22-04-2008, 13:33
si, poi arriva oliver stone e fa un filmone sul complottone.

Ci sono svariate imprecisioni ad opera dell'intervistato.......e grande accondiscendenza da parte dell'intervistatore.........entrambi volevano sentire la stessa musica e hanno fatto l'orchestra.

Mori tanto per cominciare non era fascista. Fu lui a Bologna ad autoirzzare l'uso della forza contro le camicie nere, e fu spostato da palermo a roma quando iniziò a solleticare i testicoli troppo in alto.

Questo astensionismo dove lo vede in Italia?cali di pochi punti percentuali sono fisiologici. L'esempio americano non è riportabile in un paese europeo.

Mafia per minare la resistenza?! ma quando mai.........la Mafia era espressione del padronato latifondista, era per forza contraria alla sx. ben prima della resistenza, che in sicilia fu forte come Forza Nuova a Marzabotto.

faccio finta di lavorare e poi metto il resto!

sid_yanar
22-04-2008, 14:09
Ma dove? Ma se in Italia c'è un'affluenza alle urne tra le più alte d'Europa se non del mondo?


Ma dove... :ciapet:
impossibile negare un evidente trend alla non partecipazione: questo è quanto accaduto in tempi relativamente recenti alla camera, diciamo dal craxismo in poi. Certo siamo ancora lontani dagli USA ma sono certo che alle prossime elezioni- sempre che berlusconi ed i suoi amici non facciano disastri colossali-si inizierà a vedere, tra le "decine" il numero 7.

80,5% 2008

83,6% 2006

81,4% 2001

82,9% 1996

86,1% 1994

87,3% 1992

88,8% 1987

88,0% 1983

lowenz
22-04-2008, 14:49
scusami ma mi sembra ben diverso da quanto è stato affermato
Cosa non ti è chiaro in

"visto che i suoi pezzi grossi vivevano in simbiosi con esso"

e

"sue connessioni con la politica - sciogliendo, tra l'altro, il Fascio di Palermo ed espellendo Cucco, che pure era membro del Gran Consiglio del Fascismo."

Ci prendiamo in giro?

FastFreddy
22-04-2008, 14:51
Ma dove... :ciapet:
impossibile negare un evidente trend alla non partecipazione: questo è quanto accaduto in tempi relativamente recenti alla camera, diciamo dal craxismo in poi. Certo siamo ancora lontani dagli USA ma sono certo che alle prossime elezioni- sempre che berlusconi ed i suoi amici non facciano disastri colossali-si inizierà a vedere, tra le "decine" il numero 7.

80,5% 2008

83,6% 2006

81,4% 2001

82,9% 1996

86,1% 1994

87,3% 1992

88,8% 1987

88,0% 1983

Sei sicuro di questi dati? No perchè le elezioni 2006 vengono sempre citate come "dato record" per quel che riguarda l'affluenza...

Tefnut
22-04-2008, 14:53
a me piacerebbe effettivamente sapere se effettivamente gli astenuti sono tali e i votanti idem...

ho molta paura dei nonvotanti.. vedi questione sicilia nel 2007

nagoyakochin
22-04-2008, 14:54
Come sempre Chomsky ci offre degli spaccati di storia e di analisi politica che non possono non far riflettere.

federuko
22-04-2008, 14:57
Chomsky è un comunista....la colpa è tutta degli extracomunitari

sid_yanar
22-04-2008, 15:54
Sei sicuro di questi dati? No perchè le elezioni 2006 vengono sempre citate come "dato record" per quel che riguarda l'affluenza...

sono dati che si possono ricavare dal sito del ministero dell'interno, nel particolare:
http://elezionistorico.interno.it/index.php?tp=C
si tratta di un fenomeno che parte da lontano, negli anni settanta affluenza costantemente al di sopra del 90%...

90,62% 1979

93,39% 1976

93,21% 1972

Per quanto riguarda i numeri al senato non si discostano molto.
Per quanto riguarda il 2006 si era vista un inversione di tendenza, prontamente smentita però dal dato del 2008.

FabioGreggio
22-04-2008, 15:55
Chomsky è un comunista....la colpa è tutta degli extracomunitari

e di Prodi.

blamecanada
22-04-2008, 16:29
Per quanto riguarda il 2006 si era vista un inversione di tendenza, prontamente smentita però dal dato del 2008.
È stato un singolo aumento, la tendenza permane.

shinji_85
22-04-2008, 16:34
Aspetto chi dirà che è comunista! :D

Ha cercato di "sostenere" Flavia D'Angeli...

In Italia forse lo sarebbe... O sarebbe considerato... :D

fuocoz
22-04-2008, 16:43
This interview was published by JUST Response on May 20 2002. It was first circulated by www.terrelibere.it in February 2002. A shortened version appeared in the May 2002 issue of Z Magazine (Massachusetts) www.zmag.org. It was conducted by telephone from Rome to Noam Chomsky’s home in Massachusetts and took place on May 25 2001 shortly after the Italian general elections

Chissa se ora ha cambiato idea...

CarloR1t
22-04-2008, 20:18
in un certo senso quanto accadde aveva anche una certa logica: il fascismo probabilmente non cerco di distruggere ed eliminare la mafia, piuttosto di soggiogarla ai propri interessi.

O viceversa, e anche peggio, per altri motivi o metodi discutibili.

A tal proposito segnalo il sempre valido Blu Notte...

OSS, CIA, GLADIO, I rapporti segreti tra America e Italia

http://www.raiclicktv.it/raiclickpc/secure/stream.srv?id=29256

raph45
22-04-2008, 20:27
faccio finta di lavorare e poi metto il resto!

spero per te che stia scherzando: che vuol dire fai finta di lavorare??? e poi mi parli di mafia??? Comincia a lavorare.

CarloR1t
22-04-2008, 20:59
Da Lettere da Lexington di Noam Chomsky

1
Che cosa rende conformisti
i media più importanti

Il motivo per cui scrivo dei media risiede nel mio interesse intellettuale per la cultura nel suo complesso e nel fatto che i media ne costituiscono il campo più facile da studiare. Vengono pubblicati quotidianamente. Si può condurre un'indagine sistematica. Si può confrontare la versione di ieri con la versione di oggi. C'è una grande quantità di prove riguardo a ciò che viene o non viene alterato e al modo in cui sono strutturate le cose.
La mia impressione è che i media non siano molto diversi dalla cultura accademica o dalle riviste intellettuali di opinione. Ci sono alcune limitazioni in più, ma non sono radicalmente diversi. I media interagiscono tra loro, sicché è possibile muoversi al loro interno con grande facilità.
Quando si considerano i media o qualunque istituzione si desideri investigare, ci sono tre aspetti che si possono esplorare. E’ possibile porsi domande sulle loro strutture interne. Si può avere bisogno di sapere qualcosa sulla loro collocazione nel contesto della società. E poi, come si rapportano rispetto agli altri sistemi di potere e di autorità? Se siete fortunati, troverete una documentazione interna lasciata dai professionisti più quotati di quel particolare mezzo d'informazione, dalla quale potrete desumere che cosa stiano facendo e quale sia, a grandi linee, il loro sistema dottrinario. Con questo non intendo i comunicati stampa delle pubbliche relazioni, ma ciò che quelle persone si dicono tra loro riguardo a quello che stanno facendo. C'è parecchia documentazione interessante in merito.
Questi sono i tre tipi di informazioni principali sulla natura dei media. Mettiamo che li si voglia studiare come uno scienziato studierebbe una molecola complessa. Si guarda la struttura e poi la si prende come base per formulare un'ipotesi su come dovrebbe apparire il prodotto. Dopodiché, si esamina il prodotto e si controlla in che misura sia conforme all'ipotesi. Pressoché tutto il lavoro di analisi dei media è costituito da quest'ultima parte, ossia il tentativo di studiare da vicino quale sia esattamente il prodotto e se questo si conformi a idee preconfezionate circa la natura e la struttura di quel determinato mezzo di comunicazione.
Ebbene, che cosa si scopre? Prima di tutto, che ci sono diversi media, con ruoli diversi. Ci sono quelli dello spettacolo e di Hollywood, le soap opera e così via, e poi quasi tutti i giornali del paese (la stragrande maggioranza). Tutti questi sono rivolti a un pubblico di massa.
Ma ci sono anche altri media, quelli di élite, quelli che, come si suoi dire, stabiliscono l'ordine del giorno", perché dotati di grandi risorse e dedicati alla raccolta e al commento delle notizie. Sono questi ultimi che disegnano lo schema entro il quale agiscono tutti gli altri. Nel novero, si contano il «New York Times», la CBS e alcuni altri. Il loro pubblico è costituito per lo più da persone privilegiate. I lettori del «New York Times», persone ricche o inserite in quella che comunemente viene definita "classe politica", sono in generale a vario titolo dei dirigenti. Possono essere politici, industriali (come gli alti quadri delle grandi corporation), personalità del mondo accademico (come i professori universitari) o altri giornalisti impegnati nell'organizzare il pensiero della gente e il modo in cui si guardano le cose.
I media di élite stabiliscono le linee guida entro cui operano gli altri. Per esempio, le telescriventi dell'Associated Press macinano un flusso costante di notizie, ma ogni giorno, a metà pomeriggio, c'è una sosta, e arriva un messaggio di questo tenore: «All'attenzione dei direttori: il "New York Times" di domani pubblicherà i seguenti servizi in prima pagina». Il punto è che se tu sei il direttore di un giornale di Dayton, Ohio, e non hai le risorse per capire di quale notizia si tratti, o se in ogni caso non hai voglia di pensarci, questo ti fa capire quali servizi mettere nello spazio di pagina che intendi dedicare a qualcosa di diverso dalla cronaca locale o dall'intrattenimento del tuo pubblico. Questi sono i servizi che piazzi li perché il «New York Times» ti dice che dovresti occupartene domani. Se sei un direttore di Dayton, Ohio, probabilmente sei costretto a farlo, poiché non disponi di molte risorse.
Se canti fuori dal coro, se pubblichi articoli che non piacciono alla grande stampa, te ne accorgerai molto presto. Quanto è accaduto di recente al «San Jose Mercury News» con l'inchiesta di Gary Webb* è un esempio eloquente. Ci sono molti modi in cui i giochi di potere possono rimetterti in riga se esci dalle fila. Se cerchi di spezzare il cliché, non durerai a lungo. Questo sistema funziona molto bene e, come si può capire, è un riflesso di consolidate strutture di potere.
I media di massa tentano essenzialmente di distrarre il pubblico. Vogliono che la gente faccia qualcos'altro, in modo che non dia fastidio a "noi" (per "noi" si intende coloro che organizzano e gestiscono il potere). Che si interessi, per esempio, di sport. Che impazzisca per le partite, per gli scandali sessuali, per i personaggi importanti e i loro problemi, o facezie di questo tipo. Qualunque cosa, purché non sia seria. Le cose serie, naturalmente, sono per le persone serie. Di queste ci occupiamo "noi".
Che genere di istituzioni sono i media d'élite, quelli che fissano l'ordine del giorno, come, per esempio, il «New York Times», o la CBS? Be', prima di tutto, sono grandi imprese con alti margini di profitto. Per di più, sono collegate, di solito, a società molto più grandi, come la General Electric, la Westinghouse e così via, quando addirittura non sono parte integrante dei loro beni. Siamo al vertice della struttura di potere dell'economia privata, una struttura quanto mai tirannica. Le grandi corporation sono fondamentalmente delle tirannie, strutturate in maniera rigidamente gerarchica, e controllate dall'alto. Se non ti piace quello che fanno, ti sbattono fuori. I media più importanti sono semplicemente parte di quel sistema.
Che dire della loro collocazione istituzionale? Be', più o meno è la stessa. I media interagiscono e sono collegati con gli altri centri di potere più importanti, quali il governo, le altre corporation e le università. E dal momento che funzionano come un sistema d'indottrinamento, collaborano strettamente con le istituzioni accademiche. Se sei un giornalista incaricato di scrivere un articolo sull'Asia sud-orientale o sull'Africa, si suppone che tu vada in una grande università dove troverai un esperto che ti dirà che cosa scrivere, oppure che ti documenti presso una delle grandi fondazioni, come la Brookings Institution o l'American Enterprise Institute, dove ti diranno quali parole scegliere.
Queste istituzioni sono molto simili ai media. Al loro interno, si possono trovare persone indipendenti, cosa che vale anche per i media. In linea di massima, ciò vale anche per le grandi imprese e perfino per gli stati fascisti. Ma l'istituzione, di per sé, è parassitaria; dipende da altre fonti per il suo sostegno finanziario. E quelle fonti, come i capitali privati, le borse di studio messe a disposizione dalle imprese, il governo (così strettamente correlato al potere delle grandi corporation, che a stento se ne distingue) costituiscono essenzialmente l'ambito entro cui operano le università.

*Gary Webb, giornalista investigativo che vinse il premio Pulitzer,scrisse nel 1996 una serie di articoli sul presunto legame fra la CIA e il traffico di cocaina a Los Angeles. Fu trovato morto nella sua casa di Sacramento il 10 dicembre 2004 a causa di un apparente suicidio che suscitò parecchie perplessità [N.d.R.].

Le persone che, al loro interno, non si adeguano a tale struttura, coloro che non l'accettano né l'interiorizzano (e non si può lavorare agevolmente entro i suoi confini, a meno di non assimilarla e di "crederci"), probabilmente verranno scartate lungo il cammino, a cominciare dall'asilo nido e per tutto il loro percorso educativo
Esistono diverse varietà di filtri per liberarsi degli individui che sono una spina nel fianco e pensano in modo indipendente. Quelli fra voi che hanno frequentato l'università, sanno che il sistema scolastico è profondamente strutturato in modo da ricompensare il conformismo e l'obbedienza; se non ti uniformi a quel modello, sei un piantagrane. Quindi, si tratta di una sorta di filtro per cui alla fine le persone che pensano onestamente (cioè non mentono) interiorizzano lo schema di convinzioni e di orientamenti del sistema di potere in cui vengono formati. Istituzioni di élite come Harvard e Princeton, o le piccole università di prestigio, per esempio, lavorano molto sulla socializzazione. Se andate in un posto come Harvard, gran parte di quello che succede lì si riduce all'insegnamento delle buone maniere; come comportarsi in qualità di membro delle classi superiori, come pensare quello che va bene pensare e così via.
Se avete letto la Fattoria degli animali di George Orwell, scritto a metà degli anni Quaranta, sapete che si tratta di una satira sull'Unione Sovietica, uno stato totalitario. Fu un grande successo. Tutti ne andarono pazzi. Oggi, scopriamo che Orwell scrisse un'introduzione che non venne pubblicata. Comparve soltanto trent'anni dopo. L'introduzione alla Fattoria degli animali trattava della "censura letteraria" in Inghilterra. Essa spiegava, ovviamente, che il libro ridicolizzava l'Unione Sovietica e il suo regime oppressivo, ma aggiungeva che l'Inghilterra non era poi così diversa. Non abbiamo addosso il KGB, diceva, ma il risultato finale è più o meno lo stesso. Le persone che hanno idee indipendenti o che hanno in mente i pensieri sbagliati vanno tagliate fuori.
Orwell parlava brevemente, forse solo in due paragrafi, della struttura istituzionale, e si chiedeva: perché succede questo? Be', in primo luogo perché la stampa è in mano a persone ricche, preoccupate che solo certe cose arrivino al pubblico. L'altro punto che l'auto-re sottolineava, è che quando frequenti le scuole giuste, come Oxford, impari che ci sono certe cose che non vanno dette e certi pensieri che non vanno coltivati. Quello è il ruolo socializzante delle istituzioni di élite, e se non ti adatti, di solito ti buttano fuori. Quei due paragrafi la dicono lunga su come funzioni il sistema.
Quando critichi i media e dici «guardate, ecco quello che Anthony Lewis o qualcun altro ha scritto», le persone tirate in ballo s'infuriano e affermano con pieno diritto: «Nessuno mi dice che cosa scrivere. Io scrivo quello che voglio. Tutta questa faccenda di pressioni e costrizioni è assurda, perché io non sono mai sottoposto a pressioni». Il che è assolutamente vero, ma il punto è che non sarebbero li, se non avessero già dimostrato che nessuno dovrà dire loro cosa scrivere, perché loro scriveranno da soli la cosa giusta. Se avessero cominciato dalle previsioni meteorologiche e avessero insistito nel genere sbagliato di articoli, non avrebbero mai raggiunto le posizioni da cui ora possono dire tutto ciò che vogliono. Lo stesso vale, solitamente, per le facoltà universitarie nel campo delle discipline più marcatamente ideologiche. Prima bisogna passare attraverso il sistema di socializzazione.
Una volta assodato questo, diamo un'occhiata alla struttura dell'intero sistema. Come vi aspettate che siano le notizie? Be', è piuttosto ovvio. Prendiamo il «New York Times». E una grande impresa e vende un prodotto. Quel prodotto è l'audience. Il giornale non fa soldi quando lo comprate. Chi lo gestisce è felice di metterlo gratuitamente sul web. Probabilmente, quando lo comprate, il giornale ci perde. Ma è il pubblico il loro prodotto. Il prodotto è un settore di privilegiati, come le persone che pubblicano i giornali, ossia, quelli che nella società prendono le decisioni che contano. Bisogna vendere un prodotto a un mercato, e il mercato, ovviamente, è quello della pubblicità (il che significa altre imprese). Che si tratti della televisione, dei giornali o di qualunque altra cosa, i media vendono il pubblico. Grandi corporation private vendono pubblico ad altre grandi imprese private. Nel caso dei media di élite, si tratta di grossi affari.
Che cosa possiamo aspettarci? Che cosa si potrebbe dedurre circa la natura del prodotto dei media, dato questo insieme di fattori? Quale sarebbe l'ipotesi zero, il tipo di congettura che potreste fare senza prendere in considerazione ulteriori riflessioni? L'ipotesi ovvia sarebbe che il prodotto dei media, quello che vi appare, quello che non vi appare e il modo in cui è orientato nel presentare i fatti, rifletta l'interesse dei compratori e dei venditori, delle istituzioni e dei sistemi di potere che gli stanno intorno. Se non succedesse così, sarebbe una specie di miracolo.
Ma ora viene la parte più difficile. Ti chiedi se la cosa funziona davvero come previsto. A questo punto potrai giudicare da solo. C'è una quantità di materiale su questa ipotesi, che è stata sottoposta ai test più severi che si possano immaginare, ma che è tuttora in grado di reggere egregiamente. Difficilmente troverete qualcos'altro nelle scienze sociali che confermi con tanta forza altre conclusioni. Non è una grossa sorpresa, poiché sarebbe miracoloso se l'ipotesi non reggesse, considerate le varie forze in gioco.
Al passo successivo, scoprirete che l'intero argomento è completamente tabù. Se andate alla Kennedy School of Government, o all'università di Stanford o da qualunque altra parte a studiare giornalismo e scienza delle comunicazioni o scienze politiche, difficilmente appariranno questioni del genere. Vale a dire che quell'ipotesi, che chiunque potrebbe formulare anche senza saperne nulla, non può essere espressa, e non si possono discutere le prove che vi si riferiscono. E anche questo rientra nelle previsioni. Se guardaste alla struttura istituzionale vi verrebbe logico pensare che questo deve inevitabilmente accadere: perché mai questi individui dovrebbero farsi scoprire? Perché dovrebbero permettere che si svolga un'analisi critica di ciò che stanno facendo? La risposta è: non c'è alcun motivo per cui dovrebbero permetterlo, e di fatto, non lo permettono. Ancora una volta, non si tratta di una censura coercitiva. E' solo che non si arriva a certi ruoli istituzionali, se non si ha perfettamente interiorizzato quel punto di vista. Questo processo include la sinistra (o più precisamente quella che viene chiamata sinistra) come la destra. A meno che non abbiate superato un adeguato iter di socializzazione e siate addestrati in modo tale da rimuovere certi pensieri, è improbabile c che arriviate fin li. Così, ci ritroviamo con una seconda serie di previsioni, secondo cui la prima serie di previsioni non può essere discussa.
L'ultima cosa da vagliare è la cornice dottrinaria in cui (li avviene tutto questo. La domanda in questo caso è se gli individui ai vertici del sistema di informazione, includendovi i media, la pubblicità e le scienze politiche accademiche, abbiano un quadro chiaro di come dovrebbero andare le cose quando scrivono l'uno per l'altro (diversamente da quando fanno i discorsi).
Quando si fa un discorso in pubblico, si tratta solo di parole di circostanza e aria fritta. Ma quando comunicano fra di loro, cosa dicono?
Fondamentalmente, sono tre le correnti da prendere in considerazione. La prima è costituita dall'industria delle relazioni pubbliche, l'industria della propaganda per le più importanti attività economiche. Che cosa dicono i leader dell'industria delle PR? In secondo luogo si esaminano i cosiddetti "intellettuali pubblici", i grandi pensatori, quelli che scrivono gli editoriali d'opinione e i libri importanti sulla natura della democrazia. Che cosa dicono? La terza corrente da osservare è quella accademica, in particolare il settore delle scienze politiche riguardante la comunicazione e l'informazione, divenuto ormai una branca di quella disciplina negli ultimi settanta o ottant'anni.
Dunque, guardate in queste tre direzioni, e ascoltate cosa dicono, osservate le figure più in vista che hanno scritto sull'argomento. Tipicamente, vi sentirete dire (sto solo parafrasando) che il grosso pubblico è costituito da "estranei ignoranti e impiccioni". Dobbiamo tenerli fuori dall'arena pubblica perché sono troppo stupidi, e se entreranno in gioco, faranno solo guai. La loro funzione è di essere "spettatori", e non "partecipanti".
Di tanto in tanto, hanno la possibilità di votare, scegliendo uno fra "noi", ossia gli intelligenti. Ma, dopo, se ne devono tornare a casa a fare qualcos'altro, come guardare le partite di football.
I partecipanti sono quelli che vengono definiti "uomini responsabili", e l'intellettuale con un ruolo istituzionale, naturalmente, è sempre uno di loro. Questi ultimi non si chiedono mai cosa li rende "uomini responsabili", mentre altre persone, facciamo il caso di Eugene Debs*, finiscono in galera?
La risposta è ovvia. Loro sono obbedienti e subordinati al potere, mentre l'altro è indipendente. Ma loro, naturalmente, non si pongono nemmeno la domanda. E per questo che si ritengono gli "uomini responsabili" chiamati a gestire il potere, mentre il resto della gente deve restarne fuori. E "noi" non dovremo soccombere (sto citando un articolo accademico) ai «dogmatismi democratici che dipingono l'uomo come il miglior giudice dei propri interessi». Non lo è. E un cattivo giudice, sicché le persone responsabili devono occuparsi dei loro interessi al posto loro e a loro beneficio.
In effetti, questa dottrina è molto simile al leninismo. Noi facciamo le cose per voi, e lo stiamo facendo nel vostro interesse. Io ho il sospetto che sia questo, in parte, il motivo per cui storicamente è stato così facile per molta gente passare da un entusiastico fervore stalinista a un appoggio incondizionato alla potenza americana. La gente si sposta con grande rapidità da una posizione all'altra, e il mio sospetto è che questo dipenda, fondamentalmente, dal fatto che si tratta sempre della stessa posizione. In realtà non ti stai muovendo più di tanto. Stai solo facendo una diversa valla azione dei luoghi dove risiede il potere. In un dato momento pensi che sia da una parte, in un altro, pensi
In sia dall'altra. Alla fine assumi sempre la stessa posizione. Come è potuto accadere tutto questo? La storia del fenomeno è interessante. In gran parte, si
tratta di una conseguenza della prima guerra mondiale, che rappresentò a tutti gli effetti una svolta epocale.
La Grande Guerra cambiò considerevolmente la posizione degli Stati Uniti nel mondo. Nel XVIII secolo, l'America era già il paese più ricco del mondo. La qualità della vita, la salute e la longevità della sua popolazione furono raggiunte dalle classi agiate britanniche solo all'inizio del XX secolo, per non parlare del resto del mondo. Gli Stati Uniti erano straordinariamente ricchi, con immensi vantaggi, e alla fine del XIX secolo avevano di gran lunga l'economia più sviluppata del globo. Ma non avevano un ruolo importante sulla scena mondiale. La loro influenza si estendeva dall'America Centrale alle isole caraibiche fino ad alcune zone del Pacifico, ma non andava oltre.

* Eugene Victor Debs, socialista americano, fondò nel 1893 il sindacato dei ferrovieri. Nel 1920, a causa del suo militante impegno pacifista, fu condannato a 10 anni di carcere. La pena gli fu condonata nel 1921 dal presidente Warren G. Harding [N.d.R.].

Durante la prima guerra mondiale, i rapporti di forza cambiarono. E cambiarono ancora più vistosamente dopo l'ultima guerra. Alla fine del secondo conflitto mondiale, gli Stati Uniti, in sostanza, si impadronirono del mondo. Ma dopo la prima guerra mondiale vi era già stato un mutamento, e l'America si trasformò da una nazione debitrice in una nazione creditrice. Non su vasta scala, come la Gran Bretagna, ma divenne per la prima volta un attore importante sullo scenario mondiale. Questo fu un cambiamento, ma ce ne furono anche altri.
Durante la prima guerra mondiale, per la prima volta intervenne una propaganda statale altamente organizzata. Gli inglesi disponevano di un ministero dell'Informazione e ne avevano un gran bisogno: dovevano indurre gli Stati Uniti a entrare in guerra, o si sarebbero trovati in guai seri. Il ministero dell'Informazione era studiato principalmente per la diffusione della propaganda, comprendente anche fantasiose invenzioni sulle atrocità commesse degli "unni" (i tedeschi). Il bersaglio prescelto furono gli intellettuali americani, in base alla ragionevole presunzione che fossero gli individui più influenzabili e, verosimilmente, i più inclini a credere alla propaganda. Gli intellettuali sono anche quelli che la diffondono nel loro stesso sistema. Così, la propaganda era mirata soprattutto agli intellettuali americani, e funzionò a meraviglia. I documenti del ministero dell' Informazione britannico (molti sono stati resi di pubblico dominio) dimostrano che lo scopo degli inglesi era, per dirla con le loro parole, controllare il pensiero del mondo, un obiettivo di trascurabile Importanza, ma, soprattutto, il pensiero degli Stati Uniti. Il ministero non si curava granché di quello che pensavano in India. Ma riuscì in pieno a convincere i pio eminenti intellettuali americani ad accettare le sue invenzioni. Gli inglesi ne erano molto orgogliosi, e con ragione, perché si salvarono la vita. Altrimenti avrebbero perso la prima guerra mondiale.
Negli Stati Uniti, del resto, trovarono una controparte. Woodrow Wilson fu rieletto nel 1916 sulla baseun programma contrario alla guerra. Gli Stati Uniti erano un paese pacifista. Lo erano sempre stati, in materia di affari internazionali.
La gente non voleva andare a combattere guerre all'estero. Il paese si opponeva con forza alla guerra e Wilson fu scelto sulla scorta di posizioni anti-interventiste. "Pace senza vittoria" fu lo slogan. Ma il presidente intendeva intervenire nel conflitto. Quindi, il problema era come trasformare un popolo di pacifisti in un branco di esaltati fanaticamente ostili ai tedeschi, al punto tale che decidano di andare a sterminarli? Per ottenere questo risultato, ci vuole la propaganda. Così, negli Stati Uniti nacque il primo vero grande centro per la propaganda statale. Fu chiamato Commissione per l'informazione pubblica (un bel nome orwelliano) o Commissione Creel, dal nome di chi la guidava. Compito di questa commissione fu di condurre la popolazione a un'isteria nazionalistica. La commissione lavorò magnificamente. Nel giro di pochi mesi s'instaurò tu clima di isteria bellicista, e gli Stati Uniti poterono scendere in guerra.
Molti furono impressionati da un simile risultato, Uno di questi, cosa non priva di implicazioni per gli eventi successivi, fu Hitler. Nel Mein Kampf, il futuro dittatore conclude, con qualche giustificazione, che la Germania aveva perso la prima guerra mondiale perché aveva perso la battaglia della propaganda. I tedeschi non erano riusciti a competere con la propaganda inglese e americana e ne erano stati completamente sopraffatti. Hitler decise di impegnarsi affinché anche tedeschi potessero avere il loro sistema di propaganda cosa puntualmente avvenuta durante la seconda guerra mondiale.
La cosa più importante per noi è che gli sforzi della Commissione Creel impressionarono profondamente anche la comunità affaristica statunitense. A quell'epoca, i suoi membri avevano un problema. Il paese stava diventando più ricco e, formalmente, più democratico Una quantità sempre maggiore di gente aveva diritto a voto. Stava arrivando una grande massa di immigranti e un maggior numero di individui poteva partecipare alla vita pubblica.
Dunque che si poteva fare? Dirigere il paese come un club privato stava diventando più difficile. Perciò ovviamente, bisognava controllare il pensiero della gente. C'erano già specialisti delle pubbliche relazioni ma non c'era stata mai un'industria delle pubbliche relazioni. Qualcuno veniva assunto per abbellire l'immagine pubblica di Rockefeller, o cose di questo genere, ma questa enorme industria delle pubbliche relazioni, che è un'invenzione americana, nacque dopo la prima guerra mondiale. I suoi membri più importanti provenivano dalla Commissione Creel. Edward Bernays, la figura principale, di fatto usciva dritto da R. Pochi anni dopo, Bernays pubblicò un libro intitolato Propaganda.
A quei tempi, il termine "propaganda", per inciso, non aveva un'accezione negativa. Fu durante la seconda guerra mondiale che divenne tabù perché associato alla Germania e ai crimini commessi dai nazisti. Ma prima di allora la parola "propaganda" significava solo informazione controllata, o qualcosa del genere. Così, verso il 1925, Bernays scrisse un libro intitolato Propaganda, dove si applicano le lezioni apprese dalla prima guerra mondiale. Il sistema propagandistico della prima guerra mondiale e la commissione di cui egli faceva parte, sostiene Bernays, hanno dimostrato che è possibile «irreggimentare le menti dei cittadini tanto quanto fa un esercito con i suoi soldati». Queste nuove tecniche volte a irreggimentare le menti, egli dice, devono essere usate da minoranze intelligenti in modo da assicurarsi che i bifolchi stiano in riga. E ora noi possiamo farlo perché abbiamo appreso queste tecniche.
Il libro divenne un manuale che esercitò una grande influenza nell'industria delle pubbliche relazioni, e Bernays diventò una specie di guru delle PR. Bernays era un autentico liberale nella linea Roosevelt/Kennedy. Fu lui a orchestrare, tra l'altro, l'attività di pubbliche relazioni dietro il colpo di stato che rovesciò il governo democratico del Guatemala con l'appoggio americano.
Ma la sua più grande impresa, quella che lo rese davvero famoso, fu compiuta alla fine degli anni Venti, quando riuscì a convincere le donne a fumare. Le donne, a quei tempi, non fumavano, e lui condusse grandi campagne pubblicitarie per la Chesterfield. Tutti voi conoscete come funziona la tecnica: modelle e stelle del cinema con sigarette tra le labbra e cose di questo genere. Bernays si guadagnò lodi sperticate. Diventò una figura di primo piano nell'industria, e il suo libro diventò un classico.
Un altro membro della commissione era Walter Lippmann, la figura più eminente del giornalismo americano per circa mezzo secolo (e intendo giornalismo americano serio). Lippmann scrisse anche quelli che vengono definiti saggi progressisti sulla democrazia, perché considerati tali negli anni Venti.
Come Bernays, Lippmann applicò esplicitamente le lezioni del lavoro di propaganda. Disse che c'era una nuova arte nella democrazia, chiamata la "fabbrica del consenso". L'espressione è sua. Edward Herman e io l'abbiamo presa in prestito per un nostro libro, ma è Lippmann che l'ha coniata. Fabbricando il consenso, disse Lippmann, si può aggirare il fatto che, formalmente, una gran quantità di persone ha il diritto di voto. Si può svuotarlo di importanza, perché è possibile fabbricare il consenso e assicurarsi che le scelte e gli orientamenti siano strutturati in modo tale che le persone facciano sempre quello che viene detto loro, anche se formalmente hanno la possibilità di partecipare. Così, si avrà una .democrazia che funzionerà correttamente. Questo significa applicare alla lettera le lezioni dell'agenzia per la propaganda.
La sociologia e le scienze politiche accademiche nascono dalla stessa fonte. Il fondatore della cosiddetta scienza delle comunicazioni nell'ambito delle scienze politiche accademiche è Harold Lasswell.
Il suo primo risultato importante fu lo studio della propaganda. Lasswell disse, con molta franchezza, quello che ho citato prima circa la necessità di non soccombere al dogmatismo della democrazia. Rifacendosi all'esperienza della guerra, i partiti politici hanno appreso le stesse lezioni, specialmente i membri del partito conservatore In Inghilterra. I loro documenti dell'epoca, resi recentemente di pubblico dominio, dimostrano che anch'essi riconobbero i risultati conseguiti dal ministero dell'Informazione britannico. I conservatori si resero conto che il paese stava diventando più democratico e non sarebbe più stato un club privato per soli uomini. Così, conclusero che la politica doveva diventare una "guerra politica" e applicarono i meccanismi della propaganda, che avevano funzionato in modo così brillante nella prima guerra mondiale, allo scopo di controllare i pensieri della gente.Questo è il lato dottrinario, che coincide con la struttura istituzionale. Esso rafforza le previsioni sul modo in cui dovrebbero funzionare le cose, e le previsioni, di fatto, sono state largamente confermate. Ma neppure queste conclusioni possono essere discusse. Tutto questo ora è letteratura, ma è accessibile solo a quelli che fanno parte del sistema. Quando si va all'università, non si leggono classici sul modo di controllare la mente delle persone.
Così come non si legge quello che James Madison disse davanti alla Constitutional Convention sul fatto che l'obiettivo principale del nuovo sistema doveva essere quello di «proteggere la minoranza degli opulenti dalla maggioranza», e che la Costituzione doveva essere modellata a tale scopo. Questo è il fondamento del sistema costituzionale, ma nessuno lo studia.
Non lo si trova neppure nella letteratura accademica, a meno di cercarlo veramente a fondo.Questo è, a mio parere, il quadro in cui il sistema è strutturato dal punto di vista istituzionale, delle dottrine che vi stanno dietro e della maniera in cui funziona. Quelle che sto descrivendo sono tendenze, forti tendenze, ma naturalmente ci sono eccezioni, spesso importanti.
C'è poi un'altra parte dei media che si rivolge agli estranei "ignoranti e impiccioni". Questo settore, utilizza principalmente "distrazioni" diverse. Da questo, credo, si possa prevedere quello che ci si può attendere.


Titolo originale: Letters from Lexington
© 2004 Noam Chomsky
© 1990, 1991, 1992, 1993 by Sheridan Square Press, Inc. and the Institute for Media Analysis, Inc.
Prefazione © 2004 by Edward Herman
Introduzione alla nuova edizione © 2004 by Donaldo Macero


Traduzione di Pietro Ferrari
Revisione di Enrico Domenichini
Realizzazione editoriale: Conedit Libri S.r.l., Cormano (MI)
© 2005 - EDIZIONI PIEMME S.p.a.
15033 Casale Monferrato (AL) - Via del Carmine, 5 Tel. 0142/3361 - Fax 0142/74223 www.edizpiemme.it
Stampa: MilanoStampa/AGG - Farigliano (CN)

CarloR1t
22-04-2008, 21:06
Sulle ragioni ideologiche con cui si è promossa agli occhi del popolo americano la privatizzazione della sanità USA negli anni '70 e considerazioni di controllo sociale e condizioni derivanti, consiglio a tutti di vedere Sicko...

http://www.hwupgrade.it/forum/showpost.php?p=22124815&postcount=109

Marco!
22-04-2008, 21:10
intervista molto interessante, grazie per la segnalazione

ferste
23-04-2008, 08:18
spero per te che stia scherzando: che vuol dire fai finta di lavorare??? e poi mi parli di mafia??? Comincia a lavorare.

se ti dico di farti i cazzi tuoi ti offendi?

CarloR1t
23-04-2008, 22:21
Per tornare in tema... ;)

USA - In un'inchiesta del NYT, durissime accuse all'amministrazione Usa
"Con favori e privilegi arruolavano analisti per mettere in buona luce la guerra in Iraq"
Iraq, il Pentagono sotto accusa
"Assolda gli esperti di guerra in tv"
Secondo il quotidiano si trattava di una strategia studiata nei minimi dettagli

Gli analisti accusati dal NYT
http://www.repubblica.it/2008/03/sezioni/esteri/iraq-124/analisti-prezzolati/este_20142920_48230.jpg


NEW YORK - Analisti militari a libro paga del Pentagono o dell'industria della difesa, informazione manipolata per mettere in buona luce, di fronte all'opinione pubblica, la politica della Casa Bianca contro il terrorismo e la guerra in Iraq. Questa l'accusa, pesante, lanciata dal New York Times contro l'amministrazione Usa e il sistema dei media. Secondo il quotidiano, il Pentagono aveva messo in piedi una vera e propria strategia mediatica per conferire popolarità alla guerra contro Saddam: far parlare, nei principali network, analisti all'apparenza indipendenti, ma in realtà fortemente influenzati e influenzabili. A loro venivano concessi colloqui privati, viaggi, accesso a informazioni riservate.

"Dichiarazioni e interviste mostrano come l'amministrazione Bush abbia usato il suo controllo sull'accesso alle informazioni per trasformare gli analisti in una sorta di cavallo di troia (...) uno strumento per dirigere la copertura dei problemi del terrorismo dall'interno", scrive il NYT.

Un piano semplice e dettagliato. "Torie Clarke, l'ex responsabile delle pubbliche relazioni - scrive il NYT - creò all'interno del Pentagono un sistema di reclutamento di 'personaggi influenti chiave' per sostenere le priorità di Rumsfeld (l'ex segretario di Stato alla Difesa, ndr)". Personaggi scelti soprattutto tra "analisti" ed "esperti" in quanto, vista la loro naturale autorevolezza, "erano tenuti in maggior conto dei giornalisti" da parte dei telespettatori. Da lì, accusa il giornale, l'idea di utilizzarli per rendere "più popolare l'idea della guerra".

Una denuncia alla quale il Pentagono replica sostenendo che ci si preoccupava solo di dare agli analisti notizie accurate. In realtà, secondo quanto ricostruito dal quotidiano, alcuni commentatori avevano anche stretti rapporti con società direttamente implicate nello sforzo bellico, ma assai raramente chi ascoltava veniva informato di questo non secondario particolare.

Un caso citato dal giornale risale al 2005. Quando cioè il Pentagono raccolse un gruppo di militari in pensione, e li portò in Iraq sull'aereo normalmente usato dal vicepresidente Dick Cheney. Poi, molti di loro comparvero in tv, presentati come analisti. Uno di essi, nel servizio del NYT ammette di aver ricevuto palesi pressioni. Altro episodio documentato dal giornale è quello legato alla cosiddetta "rivolta dei generali". Nell'aprile del 2006 un gruppo di alti ufficiali in congedo iniziò a criticare Rumsfeld e a chiederne esplicitamente le dimissioni. Il 14 aprile, lo stesso capo del Pentagono ordinò ai suoi collaboratori "di convocare gli analisti la settimana dopo per istruirli".

Quattro giorni dopo, secondo la ricostruzione del NYT, "diciassette di loro erano davanti allo stesso Rumsfeld e al generale Peter Pace, allora capo delle forze armate Usa". Il giornale denuncia infine che, vista l'efficacia del sistema, anche l'ex ministro della Giustizia, Alberto Gonzales, preoccupato "delle polemiche sulle intercettazioni senza autorizzazioni sul territorio Usa", iniziò a "usare gli analisti" per migliorare la sua immagine.

(20 aprile 2008)

CarloR1t
23-04-2008, 22:24
E per la serie informazione pilotata, un'altra notizia passata inosservata a suo tempo...

Articolo de La Stampa del 27 aprile 2006

VENT’ANNI DOPO UNO SCIENZIATO AMERICANO DENUNCIA LA «COSPIRAZIONE» DI GOVERNI E INDUSTRIA NUCLEARE PER NASCONDERE I DATI

«Cernobyl, tragedia nascosta dall’Onu»

Una cospirazione per nascondere dati cruciali su Cernobyl, un terribile scandalo. Se a usare parole così pesanti fosse Greenpeace, non farebbe notizia, ma se a usarle è un fan sfegatato dell’energia nucleare come Richard Garwin - un’autorità assoluta, consigliere di praticamente tutte le amministrazioni da Kennedy a Clinton - allora le cose cambiano. E stupisce che i media internazionali non abbiano raccolto la sua denuncia. Vent’anni fa, il mondo assistette al più grave disastro nucleare della storia, e dal 1986 esperti, ambientalisti e organizzazioni internazionali litigano sulla conta dei morti e dei danni e usano i dati di Cernobyl per riabilitare il nucleare, ridimensionando la portata dell’incidente, o per condannare senza appello i reattori di tutto il mondo, dimenticando, per esempio, che quello di Chernobyl non era il tipico reattore civile, ma, come ci dice il fisico Carlo Bernardini dell’università La Sapienza, «era un reattore senza “coperchio”», ovvero senza protezione, per permettere l’estrazione del plutonio 239 per le armi nucleari. Al diluvio di cifre e dossier, nel settembre del 2005 si è aggiunto il rapporto del «Cernobyl Forum», un team internazionale che includeva i governi delle aree più colpite, tipo la Bielorussia, e ben 8 agenzie Onu, tra cui l’Oms, l’Organizzazione Mondiale per la Sanità, ma soprattutto l’Aiea, l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica. Elaborato nella speranza di poter mettere fine alle polemiche, il rapporto conclude che sì, l’incidente di Cernobyl è stato serio, ma non una catastrofe: nelle aree più colpite dalle radiazioni si prevedono «soltanto» 4.000 casi di cancro. «Un messaggio rassicurante», secondo il funzionario Oms Michael Repacholi, «uno scandalo», insiste invece Garwin, ricostruendoci i fatti.
Nel 1993, l’Unscear, il Comitato Onu che stabilisce i livelli globali e gli effetti delle radiazioni, documentò che la dose totale di radioattività dovuta all’incidente di Chernobyl era di 600.000 sievert-persona. Dopo però, questo dato sparì completamente: non ce n’è traccia né nel successivo rapporto Unscear del 2000, né in quello del Cernobyl Forum, di cui l’Unscear è parte. Se non fosse stato «nascosto», come insiste Garwin, la conta dei morti salirebbe decisamente e dovremmo aspettarci 34.200 casi di cancro, di cui oltre 12.000, anziché 4.000, nelle aree più colpite. Ovviamente, ci spiega Garwin, «questi morti non saranno mai identificati come vittime di Cernobyl, rimarranno nel calderone delle decine di migliaia di persone che nello stesso periodo di tempo moriranno di cancro per altre cause, ma rimane il fatto che sono dovute a Cernobyl». Si potrebbe obiettare che la parola «cospirazione» forse è un po’ forte: i comitati scientifici di tutto il mondo introducono e scartano dati a discrezione, appellandosi a metodologie opportune. «Il punto è proprio questo», spiega Garwin, «il dato dei 600.000 sievert non è stato contestato, ridimensionato o comunque discusso con rigore scientifico: è caduto nel dimenticatoio di ben 8 agenzie Onu, perciò parlo di cospirazione». Ma perché l’Aiea e il Forum l’avrebbero fatto? «Probabilmente i paesi più colpiti, come la Bielorussia, vogliono ridurre le spese per Cernobyl e l’industria nucleare vuole ridimensionare la paura che la circonda». Garwin è una testa d’uovo al di sopra di ogni sospetto: è un fan della prima ora dell’energia nucleare, proprio per questo è tanto rigoroso. «Il comportamento dell’industria nucleare ricorda quello delle multinazionali del tabacco, che negavano la dipendenza da nicotina. Semplicemente inaccettabile. L’industria nucleare dovrebbe ammettere onestamente le conseguenze di Cernobyl, perché ha una storia che depone a favore della sicurezza e i vantaggi dell’energia nucleare superano di gran lunga gli svantaggi».
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La pagina su La Stampa è sparita dagli archivi cercando: Cernobyl o Garwin (se ne trovano altri sui 20 anni dopo Cernobyl ma questo no, chissà perchè...) ma l'avevo letta personalmente sul giornale 'cartaceo' e postata il giorno stesso quando ancora era linkabile come notizia fresca dal sito in questo post di allora (fa fede l'ultima modifica del 2006) (http://www.hwupgrade.it/forum/showpost.php?p=12149786&postcount=80) ma era stata riportata da altre fonti, anche qui:
http://www.peacelink.it/ecologia/a/16061.html

Anche una puntata di Quark per i 20 anni dopo Cernobyl, minimizzava notevolmente l'accaduto e il numero delle vittime.