Ziosilvio
18-04-2008, 12:22
Da Repubblica (http://www.repubblica.it/2008/04/sezioni/esteri/bulle-banlieues/bulle-banlieues/bulle-banlieues.html):
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Nelle periferie crescono le bande femminili
La polizia di Parigi: sono peggio dei maschi
Le ragazze delle banlieues
dure, violente e arrabbiate
Fra i 13 e i 16 anni, sono soprattutto nere e figlie di immigrati di prima generazione
dal nostro corrispondente GIAMPIERO MARTINOTTI
PARIGI - "Mettetevi nei nostri panni: quando due bande di ragazzotti si affrontano, è abbastanza facile dividerli, basta picchiarli di santa ragione e alla fine si calmano. Ma quando a battersi sono delle ragazzine? Dobbiamo pestarle come i maschi? É impossibile, ma al tempo stesso diventa più difficile mettere fine a una rissa". L'ufficiale di polizia manifesta i dubbi e lo sconcerto di fronte a un fenomeno nuovo, ancora marginale, eppure in crescita costante: la formazione di bande femminili nelle banlieues. Che come quelle maschili non esitano al confronto fisico, non solo con le mani, ma anche con cacciaviti, coltelli, mazze. Le statistiche, per quanto possano prestarsi a letture diverse, danno una consistenza a questa realtà. Certo, solo una ragazza per sei maschi è stata responsabile di violenze fisiche "gratuite" (cioè non legate a furti o altro) nel 2007, ma in cinque anni il loro numero è aumentato del 140 per cento.
Il fenomeno è preoccupante. Finora, infatti, nelle banlieues esistevano due profili radicalmente diversi a seconda del sesso. Da un lato, i maschi, più violenti, più inclini ad agire in branco, a organizzarsi in bande che controllano "il proprio territorio", abituati fin da piccoli alla baby delinquenza, allo spaccio di droga, alle bagarre. Dall'altro, le ragazze, che frequentano assiduamente le scuole (a differenza dei maschi), che studiano per crearsi una posizione, come si diceva un tempo, sfuggire alle periferie in cui sono cresciute e soprattutto a una cultura familiare che le opprime. Adesso, le cose sono un po' cambiate, non tutte le ragazze credono di poter sfuggire alla loro condizione attraverso la scuola e il lavoro.
Malgrado i francesi siano reticenti (per non dire ambigui), le ragazzine violente appartengono a un gruppo etnico ben definito: sono nere e figlie di immigrati di prima generazione. Alla base, insomma, ci sarebbe un fenomeno di sradicamento. Hanno fra i 13 e i 16 anni, cercano di avere comportamenti da maschiaccio, si vestono in maniera vistosa, pensano che mostrarsi come una "dura" sia indispensabile per imporsi nel quartiere e farsi rispettare. Ripetono insomma i cliché maschilisti. E la loro violenza, spesso, si riversa contro le ragazzine femminili, che si vestono scollate, le "puttanelle" che cercherebbero di rimorchiare i ragazzi del loro quartiere.
L'unica grande rissa femminile finora conosciuta, svoltasi in febbraio a Chelles, nella periferia parigina, aveva infatti questo motivo: una battaglia tra una ventina di ragazzine (armate di cacciaviti e perfino di un coltello da carne proveniente dalla mensa scolastica) a causa di una banale storia di flirt tra giovani che vivono in quartieri diversi. Niente a che fare con una moderna versione dei Capuleti e Montecchi, ma piuttosto una vicenda di "branco", di delimitazione del proprio potere all'interno di un territorio.
Potere seduttivo, fisico, violento. Come fanno i maschi. Secondo lo psicanalista Didier Lauru, le ragazze "s'identificano alla violenza dei maschi sia per difendersi sia per avere un'identità positiva, che non sia quella della vittima, poiché questa posizione violenta dei maschi è quella valorizzata fra gli adolescenti delle borgate". In pratica, la violenza è l'altra risposta a una cultura maschilista, propagata dal rap, in cui le ragazze sono sottomesse e spesso trattate da prostitute. E per sottrarsi a questo cliché adottano i comportamenti maschili, come dimostra il linguaggio di una delle ragazze protagoniste della rissa di Chelles: "Mi capita spesso di picchiarmi. Se una ragazza mi guarda male, se viene dal mio settore, la sfondo, la inc...". Parole che rivelano come le femmine abbiano letteralmente ripreso il comportamento dei maschi.
Di fronte a questa violenza, i genitori sono disarmati. Quasi sempre si tratta di famiglie arrivate da poco, che già si battono per integrarsi, per far propri i valori educativi e culturali europei e che non sanno cosa fare di fronte a ragazze che sfuggono sia ai vecchi canoni africani sia ai nuovi canoni europei. E sono le madri ad affrontare da soli la situazione, visto che i mariti pensano che l'educazione dei figli, in particolare delle ragazze, riguardi esclusivamente le madri.
Del resto, alcuni membri di associazioni che lavorano nelle banlieues tendono a relativizzare il fenomeno: il problema non sarebbe tanto una crescita della violenza femminile, ma piuttosto l'età in cui le ragazzine cominciano ad avere comportamenti delinquenziali. Un problema non molto diverso da quello dei maschi. Ma c'è soprattutto un elemento che sembra differenziare i due sessi: i ragazzi continuano sulla strada della violenza e della piccola criminalità anche una volta diventati adulti. Le ragazze, invece, sarebbero violente durante l'adolescenza e poi rientrerebbero nei ranghi: verso i 18-20 anni vogliono sposarsi, avere un lavoro, fare figli. Ma il fenomeno è troppo recente per trarre conclusione perentorie sui suoi sviluppi.
(18 aprile 2008)
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Nelle periferie crescono le bande femminili
La polizia di Parigi: sono peggio dei maschi
Le ragazze delle banlieues
dure, violente e arrabbiate
Fra i 13 e i 16 anni, sono soprattutto nere e figlie di immigrati di prima generazione
dal nostro corrispondente GIAMPIERO MARTINOTTI
PARIGI - "Mettetevi nei nostri panni: quando due bande di ragazzotti si affrontano, è abbastanza facile dividerli, basta picchiarli di santa ragione e alla fine si calmano. Ma quando a battersi sono delle ragazzine? Dobbiamo pestarle come i maschi? É impossibile, ma al tempo stesso diventa più difficile mettere fine a una rissa". L'ufficiale di polizia manifesta i dubbi e lo sconcerto di fronte a un fenomeno nuovo, ancora marginale, eppure in crescita costante: la formazione di bande femminili nelle banlieues. Che come quelle maschili non esitano al confronto fisico, non solo con le mani, ma anche con cacciaviti, coltelli, mazze. Le statistiche, per quanto possano prestarsi a letture diverse, danno una consistenza a questa realtà. Certo, solo una ragazza per sei maschi è stata responsabile di violenze fisiche "gratuite" (cioè non legate a furti o altro) nel 2007, ma in cinque anni il loro numero è aumentato del 140 per cento.
Il fenomeno è preoccupante. Finora, infatti, nelle banlieues esistevano due profili radicalmente diversi a seconda del sesso. Da un lato, i maschi, più violenti, più inclini ad agire in branco, a organizzarsi in bande che controllano "il proprio territorio", abituati fin da piccoli alla baby delinquenza, allo spaccio di droga, alle bagarre. Dall'altro, le ragazze, che frequentano assiduamente le scuole (a differenza dei maschi), che studiano per crearsi una posizione, come si diceva un tempo, sfuggire alle periferie in cui sono cresciute e soprattutto a una cultura familiare che le opprime. Adesso, le cose sono un po' cambiate, non tutte le ragazze credono di poter sfuggire alla loro condizione attraverso la scuola e il lavoro.
Malgrado i francesi siano reticenti (per non dire ambigui), le ragazzine violente appartengono a un gruppo etnico ben definito: sono nere e figlie di immigrati di prima generazione. Alla base, insomma, ci sarebbe un fenomeno di sradicamento. Hanno fra i 13 e i 16 anni, cercano di avere comportamenti da maschiaccio, si vestono in maniera vistosa, pensano che mostrarsi come una "dura" sia indispensabile per imporsi nel quartiere e farsi rispettare. Ripetono insomma i cliché maschilisti. E la loro violenza, spesso, si riversa contro le ragazzine femminili, che si vestono scollate, le "puttanelle" che cercherebbero di rimorchiare i ragazzi del loro quartiere.
L'unica grande rissa femminile finora conosciuta, svoltasi in febbraio a Chelles, nella periferia parigina, aveva infatti questo motivo: una battaglia tra una ventina di ragazzine (armate di cacciaviti e perfino di un coltello da carne proveniente dalla mensa scolastica) a causa di una banale storia di flirt tra giovani che vivono in quartieri diversi. Niente a che fare con una moderna versione dei Capuleti e Montecchi, ma piuttosto una vicenda di "branco", di delimitazione del proprio potere all'interno di un territorio.
Potere seduttivo, fisico, violento. Come fanno i maschi. Secondo lo psicanalista Didier Lauru, le ragazze "s'identificano alla violenza dei maschi sia per difendersi sia per avere un'identità positiva, che non sia quella della vittima, poiché questa posizione violenta dei maschi è quella valorizzata fra gli adolescenti delle borgate". In pratica, la violenza è l'altra risposta a una cultura maschilista, propagata dal rap, in cui le ragazze sono sottomesse e spesso trattate da prostitute. E per sottrarsi a questo cliché adottano i comportamenti maschili, come dimostra il linguaggio di una delle ragazze protagoniste della rissa di Chelles: "Mi capita spesso di picchiarmi. Se una ragazza mi guarda male, se viene dal mio settore, la sfondo, la inc...". Parole che rivelano come le femmine abbiano letteralmente ripreso il comportamento dei maschi.
Di fronte a questa violenza, i genitori sono disarmati. Quasi sempre si tratta di famiglie arrivate da poco, che già si battono per integrarsi, per far propri i valori educativi e culturali europei e che non sanno cosa fare di fronte a ragazze che sfuggono sia ai vecchi canoni africani sia ai nuovi canoni europei. E sono le madri ad affrontare da soli la situazione, visto che i mariti pensano che l'educazione dei figli, in particolare delle ragazze, riguardi esclusivamente le madri.
Del resto, alcuni membri di associazioni che lavorano nelle banlieues tendono a relativizzare il fenomeno: il problema non sarebbe tanto una crescita della violenza femminile, ma piuttosto l'età in cui le ragazzine cominciano ad avere comportamenti delinquenziali. Un problema non molto diverso da quello dei maschi. Ma c'è soprattutto un elemento che sembra differenziare i due sessi: i ragazzi continuano sulla strada della violenza e della piccola criminalità anche una volta diventati adulti. Le ragazze, invece, sarebbero violente durante l'adolescenza e poi rientrerebbero nei ranghi: verso i 18-20 anni vogliono sposarsi, avere un lavoro, fare figli. Ma il fenomeno è troppo recente per trarre conclusione perentorie sui suoi sviluppi.
(18 aprile 2008)
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