dasdsasderterowaa
22-02-2008, 14:15
Un fisco più equo per le famiglie
Fonte: L'Avvenire (http://www.avvenire.it/)
Il Partito democratico ripropone la cosiddetta «dote fiscale»: una maxidetrazione da 2.500 euro per ogni figlio a carico, che unificherebbe assegni al nucleo familiare e detrazione Irpef. Senza però specificare per ora né gli eventuali tetti di reddito per beneficiarne, né l’età dei minori ai quali si applicherebbe: si ipotizza infatti un primo intervento nella fascia fino a tre anni d’età e poi un progressivo allargamento. Sull’altro fronte, il Partito delle libertà ha parlato genericamente di consistenti «aiuti alla famiglia», mentre qualcuno – anche dal nascente Centro – si è spinto fino a evocare il «quoziente familiare».
La Sinistra arcobaleno, infine, ha parlato solo di sconti ai lavoratori dipendenti. Insomma, sul tema del trattamento fiscale della famiglia, di come alleggerire il peso delle imposte su chi già si accolla l’onere di crescere dei bambini, siamo ancora ai preliminari e neppure troppo entusiasmanti. L’impressione è che – anche in questa campagna elettorale – la questione di come la tassazione incida sulla vita concreta delle famiglie e sulle scelte procreative sia considerata ancora residuale, o comunque in subordine rispetto all’esigenza di un taglio generale delle imposte o di un intervento mirato ai soli redditi da lavoro dipendente.
In campo, però, c’è da mesi una proposta concreta, offerta a tutti i partiti che vogliano accoglierla, sulla quale il Forum delle associazioni familiari sta raccogliendo le firme dei cittadini. Ha un nome forse un po’ ostico, come tutte le formule straniere: « Basic income family » (Bif), ma potremmo per semplificare parlare di «tassazione del reddito disponibile» o «maxi*deduzione » per i familiari a carico.
Il sistema infatti è semplice: si tratta di sottoporre a imposizione fiscale non tutto il reddito lordo di una famiglia, ma solo la parte realmente disponibile, cioè quella 'scremata' dalle spese obbligate, assolutamente necessarie, per il mantenimento dei figli e degli altri familiari a carico. In sostanza si deduce da tutti i redditi una certa somma, considerata il minimo vitale necessario al puro mantenimento dei figli (o degli altri familiari a carico), senza considerare né le spese voluttuarie, né gli investimenti in istruzione o altro, e sul reddito rimanente si applicano le normali aliquote proporzionali e progressive di tassazione. Il Forum delle famiglie ha individuato in 7mila euro all’anno per ogni familiare a carico quanto necessario al puro mantenimento. Una somma che non si discosta molto da quella delle pensioni sociali, che la giurisprudenza considera appunto un minimo vitale.
Ma, nel concreto, cosa cambierebbe nelle buste paga dei capofamiglia? E quali le differenze con il sistema attuale basato sulla tassazione Irpef, sulla quale agiscono a posteriori detrazioni calanti rispetto al reddito e assegni al nucleo familiare (limitati ai soli dipendenti e con un tetto di reddito familiare, oltre il quale si annullano)? L’Afi – Associazione delle famiglie, che fa parte del Forum e sostiene la raccolta di firme – ha provato a fare alcuni calcoli prendendo a riferimento le fasce di reddito più comuni tra le famiglie italiane, quelle dai 20mila ai 40mila euro di guadagno lordo annuo, per un nucleo con moglie e due figli a carico di un lavoratore dipendente. I risultati li vediamo sintetizzati nella tabella 1.
Come si può notare la differenza media tra i due metodi, l’attuale, basato sulle detrazioni e gli assegni familiari, e il Bif, è di 3.189 euro medi di risparmio per le famiglie, con un minimo di 1.498 euro e un massimo di 5.128 euro. Nel sistema del Bif non sono previsti gli assegni familiari, sostituiti da tassazione negativa per chi non può, per reddito basso, usufruire delle deduzioni appropriate. Significa che chi ha redditi particolarmente bassi non solo non paga imposte, ma riceve un assegno dallo Stato con la differenza di quanto non goduto. Gli esperti dell’Afi hanno anche disegnato la curva della nuova tassazione Irpef con il metodo Bif ed è interessante notare (vedi il grafico n.2) come questa si mantenga a pendenza costante fino a scendere sotto il livello dello zero e quindi diventare una tassazione negativa appunto per i redditi più bassi. Il confronto tra la retta della tassazione con il Bif e la curva dell’attuale Irpef più assegni familiari evidenzia come questi ultimi non siano sufficienti a tutelare i redditi molto bassi, come invece avviene con il Bif.
«Già questi raffronti fanno comprendere assai chiaramente come il sistema del Bif, anche per la sua semplicità e linearità, sia assai più efficace ed equo di quello attuale – commenta Roberto Bolzonaro, presidente dell’Afi –.
Metodi complicati, elargizioni per singole categorie di utenti, assistenzialismi dell’ultima ora, hanno sempre creato situazioni di iniquità spaventosa, dove ci guadagnano solo i più fortunati e qualche volta i più furbi. Inoltre si tratta di un sistema più aderente al dettato costituzionale che all’articolo 53 prevede: 'Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva'. Quella reale, dedotte cioè le spese per il mantenimento dei propri figli». Un ulteriore vantaggio che il sistema del Bif comporta è quello del risparmio sulle imposte addizionali locali, calcolate in percentuale sul reddito imponibile. Nel sistema attuale basato sulle detrazioni, il reddito imponibile non riflette, neppure parzialmente la diversa presenza di carichi familiari, aggiungendo così iniquità a iniquità.
Con il sistema della deduzione, invece, il reddito imponibile risulta pari alla effettiva capacità contributiva, sulla quale gli enti locali possono, più equamente, applicare le loro addizionali di imposta. La situazione ovviamente varia da Regione a Regione e da un comune all’altro, ma i tecnici dell’Afi calcolano un ulteriore risparmio medio di 300 euro per una famiglia-tipo monoreddito di 4 persone.
Le obiezioni più comuni al sistema basato sulle deduzioni, e più in generale a quello di tassazione familiare, riguardano da un lato i costi per le casse dello Stato e dall’altro di favorire in particolare i redditi più alti. «Alcune stime parlano di 7 miliardi di euro complessivi come costo di introduzione del Bif – spiega Bolzonaro –. Una cifra consistente ma non stratosferica. Dipende dalle priorità che un governo si dà. Inoltre è ipotizzabile arrivarci per gradi nel corso di una legislatura, adottando in prima battuta deduzioni più o meno pari ai benefici di detrazioni più assegni e poi aumentandole gradualmente». Quanto invece ai benefici maggiori per i redditi più alti occorre dire che, se è vero che le deduzioni 'tagliano' le aliquote massime, altrettanto vero è che percentualmente riducono maggiormente le imposte ai livelli più bassi di reddito. «In ogni caso, considerato che il 95% dei redditi denunciati è inferiore a 40.000 euro, si può anche accettare in una prima fase un tetto di reddito a 40 o 60 o 70mila euro per poter usufruire delle deduzioni – sostiene ancora il presidente dell’Afi –. Certo, si perpetuerebbe l’iniquità di far pagare, al di sopra di un determinato livello, imposte anche sui redditi che non si hanno (perché spese per mantenere i figli), ma è sicuramente meglio accettare questa iniquità sul 5% dei contribuenti, rispetto a quella che oggi grava su quasi tutta la popolazione».
C’è infine un ultimo aspetto, tutt’altro che secondario, da sottolineare: il cambiamento culturale sotteso al sistema delle deduzioni e del Bif. La famiglia si riappropria della sua sovranità, disponendo dei propri guadagni per il mantenimento dei figli. Lo Stato, in ossequio al principio di sussidiarietà, lascia che sia la famiglia in prima battuta a rispondere alle proprie esigenze, e solo successivamente, in caso di bisogno, interviene attraverso la tassazione negativa. «Oggi invece – conclude Roberto Bolzonaro – lo Stato prima rende povere le famiglie, tassandole oltre ogni misura anche sui redditi dei quali in realtà non dispongono, poi dà loro del denaro (detrazioni e assegni familiari) affinché non siano più povere, ma secondo criteri e calcoli che è solo lo Stato a decidere, spesso non maniera equa».
Francesco Riccardi
Fonte: L'Avvenire (http://www.avvenire.it/)
Il Partito democratico ripropone la cosiddetta «dote fiscale»: una maxidetrazione da 2.500 euro per ogni figlio a carico, che unificherebbe assegni al nucleo familiare e detrazione Irpef. Senza però specificare per ora né gli eventuali tetti di reddito per beneficiarne, né l’età dei minori ai quali si applicherebbe: si ipotizza infatti un primo intervento nella fascia fino a tre anni d’età e poi un progressivo allargamento. Sull’altro fronte, il Partito delle libertà ha parlato genericamente di consistenti «aiuti alla famiglia», mentre qualcuno – anche dal nascente Centro – si è spinto fino a evocare il «quoziente familiare».
La Sinistra arcobaleno, infine, ha parlato solo di sconti ai lavoratori dipendenti. Insomma, sul tema del trattamento fiscale della famiglia, di come alleggerire il peso delle imposte su chi già si accolla l’onere di crescere dei bambini, siamo ancora ai preliminari e neppure troppo entusiasmanti. L’impressione è che – anche in questa campagna elettorale – la questione di come la tassazione incida sulla vita concreta delle famiglie e sulle scelte procreative sia considerata ancora residuale, o comunque in subordine rispetto all’esigenza di un taglio generale delle imposte o di un intervento mirato ai soli redditi da lavoro dipendente.
In campo, però, c’è da mesi una proposta concreta, offerta a tutti i partiti che vogliano accoglierla, sulla quale il Forum delle associazioni familiari sta raccogliendo le firme dei cittadini. Ha un nome forse un po’ ostico, come tutte le formule straniere: « Basic income family » (Bif), ma potremmo per semplificare parlare di «tassazione del reddito disponibile» o «maxi*deduzione » per i familiari a carico.
Il sistema infatti è semplice: si tratta di sottoporre a imposizione fiscale non tutto il reddito lordo di una famiglia, ma solo la parte realmente disponibile, cioè quella 'scremata' dalle spese obbligate, assolutamente necessarie, per il mantenimento dei figli e degli altri familiari a carico. In sostanza si deduce da tutti i redditi una certa somma, considerata il minimo vitale necessario al puro mantenimento dei figli (o degli altri familiari a carico), senza considerare né le spese voluttuarie, né gli investimenti in istruzione o altro, e sul reddito rimanente si applicano le normali aliquote proporzionali e progressive di tassazione. Il Forum delle famiglie ha individuato in 7mila euro all’anno per ogni familiare a carico quanto necessario al puro mantenimento. Una somma che non si discosta molto da quella delle pensioni sociali, che la giurisprudenza considera appunto un minimo vitale.
Ma, nel concreto, cosa cambierebbe nelle buste paga dei capofamiglia? E quali le differenze con il sistema attuale basato sulla tassazione Irpef, sulla quale agiscono a posteriori detrazioni calanti rispetto al reddito e assegni al nucleo familiare (limitati ai soli dipendenti e con un tetto di reddito familiare, oltre il quale si annullano)? L’Afi – Associazione delle famiglie, che fa parte del Forum e sostiene la raccolta di firme – ha provato a fare alcuni calcoli prendendo a riferimento le fasce di reddito più comuni tra le famiglie italiane, quelle dai 20mila ai 40mila euro di guadagno lordo annuo, per un nucleo con moglie e due figli a carico di un lavoratore dipendente. I risultati li vediamo sintetizzati nella tabella 1.
Come si può notare la differenza media tra i due metodi, l’attuale, basato sulle detrazioni e gli assegni familiari, e il Bif, è di 3.189 euro medi di risparmio per le famiglie, con un minimo di 1.498 euro e un massimo di 5.128 euro. Nel sistema del Bif non sono previsti gli assegni familiari, sostituiti da tassazione negativa per chi non può, per reddito basso, usufruire delle deduzioni appropriate. Significa che chi ha redditi particolarmente bassi non solo non paga imposte, ma riceve un assegno dallo Stato con la differenza di quanto non goduto. Gli esperti dell’Afi hanno anche disegnato la curva della nuova tassazione Irpef con il metodo Bif ed è interessante notare (vedi il grafico n.2) come questa si mantenga a pendenza costante fino a scendere sotto il livello dello zero e quindi diventare una tassazione negativa appunto per i redditi più bassi. Il confronto tra la retta della tassazione con il Bif e la curva dell’attuale Irpef più assegni familiari evidenzia come questi ultimi non siano sufficienti a tutelare i redditi molto bassi, come invece avviene con il Bif.
«Già questi raffronti fanno comprendere assai chiaramente come il sistema del Bif, anche per la sua semplicità e linearità, sia assai più efficace ed equo di quello attuale – commenta Roberto Bolzonaro, presidente dell’Afi –.
Metodi complicati, elargizioni per singole categorie di utenti, assistenzialismi dell’ultima ora, hanno sempre creato situazioni di iniquità spaventosa, dove ci guadagnano solo i più fortunati e qualche volta i più furbi. Inoltre si tratta di un sistema più aderente al dettato costituzionale che all’articolo 53 prevede: 'Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva'. Quella reale, dedotte cioè le spese per il mantenimento dei propri figli». Un ulteriore vantaggio che il sistema del Bif comporta è quello del risparmio sulle imposte addizionali locali, calcolate in percentuale sul reddito imponibile. Nel sistema attuale basato sulle detrazioni, il reddito imponibile non riflette, neppure parzialmente la diversa presenza di carichi familiari, aggiungendo così iniquità a iniquità.
Con il sistema della deduzione, invece, il reddito imponibile risulta pari alla effettiva capacità contributiva, sulla quale gli enti locali possono, più equamente, applicare le loro addizionali di imposta. La situazione ovviamente varia da Regione a Regione e da un comune all’altro, ma i tecnici dell’Afi calcolano un ulteriore risparmio medio di 300 euro per una famiglia-tipo monoreddito di 4 persone.
Le obiezioni più comuni al sistema basato sulle deduzioni, e più in generale a quello di tassazione familiare, riguardano da un lato i costi per le casse dello Stato e dall’altro di favorire in particolare i redditi più alti. «Alcune stime parlano di 7 miliardi di euro complessivi come costo di introduzione del Bif – spiega Bolzonaro –. Una cifra consistente ma non stratosferica. Dipende dalle priorità che un governo si dà. Inoltre è ipotizzabile arrivarci per gradi nel corso di una legislatura, adottando in prima battuta deduzioni più o meno pari ai benefici di detrazioni più assegni e poi aumentandole gradualmente». Quanto invece ai benefici maggiori per i redditi più alti occorre dire che, se è vero che le deduzioni 'tagliano' le aliquote massime, altrettanto vero è che percentualmente riducono maggiormente le imposte ai livelli più bassi di reddito. «In ogni caso, considerato che il 95% dei redditi denunciati è inferiore a 40.000 euro, si può anche accettare in una prima fase un tetto di reddito a 40 o 60 o 70mila euro per poter usufruire delle deduzioni – sostiene ancora il presidente dell’Afi –. Certo, si perpetuerebbe l’iniquità di far pagare, al di sopra di un determinato livello, imposte anche sui redditi che non si hanno (perché spese per mantenere i figli), ma è sicuramente meglio accettare questa iniquità sul 5% dei contribuenti, rispetto a quella che oggi grava su quasi tutta la popolazione».
C’è infine un ultimo aspetto, tutt’altro che secondario, da sottolineare: il cambiamento culturale sotteso al sistema delle deduzioni e del Bif. La famiglia si riappropria della sua sovranità, disponendo dei propri guadagni per il mantenimento dei figli. Lo Stato, in ossequio al principio di sussidiarietà, lascia che sia la famiglia in prima battuta a rispondere alle proprie esigenze, e solo successivamente, in caso di bisogno, interviene attraverso la tassazione negativa. «Oggi invece – conclude Roberto Bolzonaro – lo Stato prima rende povere le famiglie, tassandole oltre ogni misura anche sui redditi dei quali in realtà non dispongono, poi dà loro del denaro (detrazioni e assegni familiari) affinché non siano più povere, ma secondo criteri e calcoli che è solo lo Stato a decidere, spesso non maniera equa».
Francesco Riccardi