zerothehero
25-01-2008, 19:47
Mubarak cede dopo l'abbattimento della frontiera. La crisi si regionalizza e Hamas chiede un vertice con Anp ed Egitto
GAZA
Decine di migliaia di palestinesi della striscia di Gaza, nella morsa del blocco israeliano, continuano per il secondo giorno consecutivo a recarsi in Egitto per fornirsi in particolare di prodotti alimentari. Questa irruzione verso la parte egiziana della città di Rafah, a cavallo sulla frontiera, e verso El Arish, più a ovest, è proseguita tutta la notte, dopo la distruzione parziale della barriera alla frontiera, ieri mattina, con esplosivi. Visto che a Gaza scarseggiano i generi di prima necessità per il blocco israeliano imposto il 17 gennaio in rappresaglia ai lanci di razzi palestinesi, la maggior parte dei palestinesi fa spese in Egitto, a prezzi in gran parte inferiori a quelli praticati a Gaza.
Secondo testimoni, numerosi negozi nella parte egiziana di Rafah sono completamente a corto di merce. A El Arish, i commercianti hanno iniziato a riempire gli scaffali facendosi trasportare i prodotti dal Cairo. Oltre ai generi alimentari di base, gli abitanti di Gaza comprano in particolare sigarette, cemento e prodotti elettronici. Diversi negozianti di Gaza hanno fatto la «spola» dopo l’apertura forzata della frontiera, acquistando in Egitto prodotti da rivendere. Il flusso delle merci arrivate dall’Egitto ha inoltre comportato un calo dei prezzi di molti prodotti a Gaza, in particolare delle sigarette straniere. L’apertura del punto di passaggio di Rafah, che era chiuso dal giugno 2006, ha inoltre offerto a numerosi abitanti di Gaza una rara opportunità di lasciare i territori per una rimpatriata in famiglia nella parte egiziana di Rafah o a el Arish.
Il presidente egiziano Mubarak ha detto ieri che le forze di sicurezza egiziane hanno «accompagnato» i palestinesi di Gaza «che subiscono una carestia a causa del blocco israeliano... ho detto loro di lasciarli entrare, sempre che non portino armi, perchè possano mangiare e acquistare prodotti alimentari e poi tornare a casa».
Anche se il governo egiziano sta cercando una difficile equidistanza - Mubarak ha criticato Hamas che «sta concedendo a Israele l’opportunità di un’escalation della situazione» - la regionalizzazione del problema appare ormai inevitabile. Voluta anche da Hamas che esportando la crisi in Egitto, secondo l’analista Issam Nassar: «ha inviato un messaggio a tutti i leader arabi avvisandoli che non accetterà la disfatta senza reagire e che, se non ci sarà un intervento esterno su Israele, la questione di Gaza diventerà l’argomento del giorno nelle capitali della regione».
L'offensiva è iniziata anche sul fronte diplomatico, con la richiesta del leader di Hamas ed ex premier Ismail Haniyeh, di «un incontro urgente» con Abu Mazen e i leader egiziani per ottenere una riapertura dei valichi «sulla base di una partecipazione nazionale» alla decisione. Un segnale a Fatah che sembra aver prodotto per ora almeno un risultato. Abu Mazen ieri ha condannato il blocco imposto da Israele alla Striscia senza far menzione di Hamas e del lancio di missili.
Da parte israeliana l'apertura del confine egiziano è stata commentata freddamente dal portavoce del ministero degli Esteri, Arye Mekel. «La responsabilità del corretto funzionamento della frontiera - ha sottolineato - è dell’Egitto, come dicono gli accordi siglati». Pertanto Israele «si aspetta che gli egiziani risolvano il problema».
Malgrado le rassicurazioni infatti, chi e che cosa stia passando in queste ore da Rafah è tutt'altro che certo. Israele teme, o piuttosto è certo che si tratti anche di armi e guerriglieri, in entrata e in uscita.
GAZA
Decine di migliaia di palestinesi della striscia di Gaza, nella morsa del blocco israeliano, continuano per il secondo giorno consecutivo a recarsi in Egitto per fornirsi in particolare di prodotti alimentari. Questa irruzione verso la parte egiziana della città di Rafah, a cavallo sulla frontiera, e verso El Arish, più a ovest, è proseguita tutta la notte, dopo la distruzione parziale della barriera alla frontiera, ieri mattina, con esplosivi. Visto che a Gaza scarseggiano i generi di prima necessità per il blocco israeliano imposto il 17 gennaio in rappresaglia ai lanci di razzi palestinesi, la maggior parte dei palestinesi fa spese in Egitto, a prezzi in gran parte inferiori a quelli praticati a Gaza.
Secondo testimoni, numerosi negozi nella parte egiziana di Rafah sono completamente a corto di merce. A El Arish, i commercianti hanno iniziato a riempire gli scaffali facendosi trasportare i prodotti dal Cairo. Oltre ai generi alimentari di base, gli abitanti di Gaza comprano in particolare sigarette, cemento e prodotti elettronici. Diversi negozianti di Gaza hanno fatto la «spola» dopo l’apertura forzata della frontiera, acquistando in Egitto prodotti da rivendere. Il flusso delle merci arrivate dall’Egitto ha inoltre comportato un calo dei prezzi di molti prodotti a Gaza, in particolare delle sigarette straniere. L’apertura del punto di passaggio di Rafah, che era chiuso dal giugno 2006, ha inoltre offerto a numerosi abitanti di Gaza una rara opportunità di lasciare i territori per una rimpatriata in famiglia nella parte egiziana di Rafah o a el Arish.
Il presidente egiziano Mubarak ha detto ieri che le forze di sicurezza egiziane hanno «accompagnato» i palestinesi di Gaza «che subiscono una carestia a causa del blocco israeliano... ho detto loro di lasciarli entrare, sempre che non portino armi, perchè possano mangiare e acquistare prodotti alimentari e poi tornare a casa».
Anche se il governo egiziano sta cercando una difficile equidistanza - Mubarak ha criticato Hamas che «sta concedendo a Israele l’opportunità di un’escalation della situazione» - la regionalizzazione del problema appare ormai inevitabile. Voluta anche da Hamas che esportando la crisi in Egitto, secondo l’analista Issam Nassar: «ha inviato un messaggio a tutti i leader arabi avvisandoli che non accetterà la disfatta senza reagire e che, se non ci sarà un intervento esterno su Israele, la questione di Gaza diventerà l’argomento del giorno nelle capitali della regione».
L'offensiva è iniziata anche sul fronte diplomatico, con la richiesta del leader di Hamas ed ex premier Ismail Haniyeh, di «un incontro urgente» con Abu Mazen e i leader egiziani per ottenere una riapertura dei valichi «sulla base di una partecipazione nazionale» alla decisione. Un segnale a Fatah che sembra aver prodotto per ora almeno un risultato. Abu Mazen ieri ha condannato il blocco imposto da Israele alla Striscia senza far menzione di Hamas e del lancio di missili.
Da parte israeliana l'apertura del confine egiziano è stata commentata freddamente dal portavoce del ministero degli Esteri, Arye Mekel. «La responsabilità del corretto funzionamento della frontiera - ha sottolineato - è dell’Egitto, come dicono gli accordi siglati». Pertanto Israele «si aspetta che gli egiziani risolvano il problema».
Malgrado le rassicurazioni infatti, chi e che cosa stia passando in queste ore da Rafah è tutt'altro che certo. Israele teme, o piuttosto è certo che si tratti anche di armi e guerriglieri, in entrata e in uscita.