View Full Version : Tutti i numeri della ricerca, luci e ombre del sistema italiano
http://www.molecularlab.it/news/view.asp?n=5738
Il Consiglio Nazionale delle Ricerche ha realizzato un agile data book, dal titolo ‘Scienza e tecnologia in cifre. Statistiche sulla ricerca e sull'innovazione’, che raccoglie i principali indicatori relativi all’impegno italiano e internazionale in ricerca e sviluppo (R&S): risorse finanziarie ed umane, pubblicazioni, brevetti, import-export, high-tech, innovazione, ricadute a livello economico e produttivo.
“Il sistema scientifico italiano soffre ancora per l’insufficiente livello di stanziamenti”, sostiene Secondo Rolfo, direttore dell’Istituto di ricerca sull’impresa e lo sviluppo (Ceris) del Cnr di Torino: 15.252 milioni di euro complessivi tra comparto pubblico e imprese (dati 2004) pari all’1,1 % del Prodotto interno lordo. Una cifra che colloca l’Italia al nono posto tra i paesi Ocse, Cina e Israele: al primo posto della graduatoria compaiono gli Stati Uniti con 312,5 miliardi di dollari Usa (a parità di potere di acquisto), seguono con 118 il Giappone e la Cina con 94, Germania (59,2) Francia (38,9) e Regno Unito (32,2), Corea (28,3), Canada (20,8). Nel 2004 si segnala comunque un aumento rispetto al 2003 dell’1,2 per cento, dopo una generale diminuzione negli anni novanta.
L’1,1% come rapporto R&S/Pil assegna all’Italia l’ultimo posto nei Paesi Ocse, Cina e Israele, a pari merito con la Spagna: nella graduatoria, Israele è al primo posto con il 4,4%, la Svezia investe il 4,0%, la Finlandia il 3,5%, il Giappone 3,2%, la Svizzera e la Corea il 2,9%. Gli altri paesi oscillano tra il 2,7% degli Stati Uniti e l’1,2% dell’Irlanda.
Sia come valore assoluto, sia come incidenza percentuale, le risorse finanziarie impegnate nelle attività di R&S collocano insomma l’Italia nella fascia medio-bassa dei paesi industrializzati, molto lontano dal 3% del Pil proposto a Lisbona come obiettivo della politica comunitaria tesa a fare dell’Unione la prima economia al mondo basata sulla conoscenza.
La spesa complessiva per R&S intra-muros, cioè svolta da imprese private, istituzioni pubbliche e istituzioni non profit al proprio interno, con proprio personale e con proprie attrezzature, nel 2004, è sostenuta per il 47,8 % dalle imprese (7.293 milioni di euro) e per il 32,8 % dalle università (5.004 milioni di euro). Più contenuto il peso delle altre istituzioni pubbliche e del non profit, rispettivamente con il 17,8% e l’1,5% per cento.
In Italia la spesa delle imprese in ricerca rappresenta lo 0,53% del Pil, dunque circa la metà dello sforzo complessivo nel comparto. Ma si posiziona molto distante da quella delle imprese degli altri paesi Ocse, Cina e Israele.
Sempre in rapporto percentuale al Pil è Israele con il 3,25 a occupare la prima posizione; seguono Svezia e Finlandia rispettivamente con 2.93 e 2,42. Prima di noi Germania con l’1,75, Danimarca (1,69), Austria (1,51) e Francia (1,34), ma anche Cina (0,82), Irlanda (0,78) e Spagna (0,58).
A livello locale, osservando i dati sulla spesa, al primo posto compare il Nord-ovest con il 36,9 % della spesa complessiva, seguito dal Centro (26,6%), dal Nord-est e dal Mezzogiorno (rispettivamente 18,3% e 18,2 %). L’investimento in R&S delle imprese è concentrato per più della metà (54,9 %) nel Nord-ovest. Le differenze territoriali si attenuano considerando la spesa per ricerca sostenuta dagli altri settori: il 57,3 per cento dell’attività di ricerca delle istituzioni pubbliche si svolge infatti nell’Italia centrale (in particolare nel Lazio) e il 30,7 per cento di quella universitaria nel Mezzogiorno.
Nel 2004, il personale italiano impegnato in attività di ricerca è pari a 164.026 unità a tempo pieno, di cui 72.012 ricercatori, con un aumento dell’1,4 % rispetto all’anno precedente. Confrontando questi numeri con quelli internazionali vediamo gli Stati Uniti al primo posto con circa 1.335 migliaia di ricercatori (in equivalente tempo pieno) e, tra i paesi europei, la Germania con 270,7 mila: cioè quattro volte l’Italia. Paesi di dimensioni molto ridotte, in termini di popolazione, rispetto all’Italia, come Svezia, Finlandia e Paesi Bassi, hanno circa la metà dei nostri ricercatori. Questo rilevante investimento di risorse umane, ma anche finanziarie, nella R&S colloca questi paesi tra i primi posti per spesa e numero di ricercatori rispetto agli occupati.
Prendendo in esame il personale di ricerca in rapporto alla forza lavoro, poi, il nostro paese si trova in penultima posizione (0,673%, cioè poco più di “mezzo” ricercatore ogni 1.000 unità di forza lavoro) tra i paesi Ocse ed è seguito solo dalla Cina (0,150), lontanissimo da Finlandia (primo posto con 2,229), Svezia (1,623) Danimarca (1,481) e Giappone (1,349).
La distribuzione territoriale del personale addetto alla R&S mette in luce la maggiore concentrazione di addetti nelle regioni del Nord-ovest (32,1%), seguite da quelle del Centro (28,0%) e nel Mezzogiorno (20,6%). A livello di singole regioni, il 18,3% del personale addetto alla R&S si trova nel Lazio; seguono la Lombardia (17,9%) e il Piemonte (11,1%). A fronte dell’aumento del personale registrato a livello nazionale nel 2004, il Piemonte, la Lombardia, il Lazio, le Marche e la Sardegna perdono addetti.
“I dati sulle pubblicazioni su riviste scientifiche ottenute da ricercatori italiani testimoniano una produttività della ricerca pubblica a livelli confortanti e in crescita nel tempo”, sostiene il direttore del Ceris. La percentuale di citazioni di articoli scientifici di ricercatori italiani nelle pubblicazioni scientifiche è notevolmente aumentata fra il 1992 e il 2003: si è passati da 2,04% al 3,01% sul totale mondiale delle citazioni. Meglio di Spagna, Paesi Bassi, Svezia, Canada, Cina e Svizzera.
Un indicatore particolarmente significativo dei risultati della ricerca (molto vicino all’applicazione pratica) è costituito dai brevetti. In questo campo il nostro Paese (“un popolo d’inventori”) non occupa le prime posizioni. Prendendo in esame il totale dei brevetti domandati (presso l’European Patent Office e il Japanese Patent Office) o rilasciati (dal United States Patent and Trademark Office), l’Italia copre l’1,56% del totale, dietro a Stati Uniti (37,56%), Giappone (25,85%), Germania (13,82%), Francia (4,54%), Regno Unito (3,76%), Paesi Bassi (1,94%), Svizzera (1,72%), Corea (1,60%).
Altro indicatore che evidenzia il livello scientifico-tecnologico di un paese è lo scambio di tecnologia, rappresentato da brevetti, invenzioni, licenze, know how, marchi da fabbrica, servizi con contenuto tecnologico (come assistenza tecnica, formazione del personale, servizi di ricerca e sviluppo, ecc…). La cronica situazione deficitaria della bilancia dei pagamenti della tecnologia dell’Italia è migliorata: rispetto alla spesa per R&S il saldo dei pagamenti è passato da -6,35% del 1992 a -1,10% del 2004. Sempre preponderante è l’esborso per acquisto di diritti di sfruttamento di brevetti, ma aumentano notevolmente gli incassi per servizi con contenuto tecnologico, di ricerca e sviluppo (più che raddoppiati nel periodo 1995-2005).
“Il nostro è un paese”, conclude Rolfo, “che pur mostrando particolari successi sia imprenditoriali sia settoriali, in generale manifesta un livello scientifico-tecnologico del ‘sistema paese’non esaltante. Lo conferma un indicatore come le esportazioni delle industrie manifatturiere ad alta tecnologia in rapporto al totale delle esportazioni delle industrie manifatturiere”.
Fra i paesi Ocse, per prima troviamo l’Irlanda con oltre la metà (51,6%) dei manufatti esportati ad alta tecnologia. Seguono Ungheria (30,0%), Stati Uniti (28,5%), Giappone (26,5%), e poi Regno Unito, Paesi Bassi, Francia e molti altri. L’Italia esporta solo l’8,6% di manufatti ad alta tecnologia, sopravanzata da Repubblica ceca (13,5%), Slovenia (10,9%), Grecia ((9,8%), Spagna (9,3%).
Bisogna rifletterci VERAMENTE stavolta, o prima o poi paghiamo REALMENTE le conseguenze.
La questione dei soldi è solo un minimo aspetto della vicenda, se non un alibi nella maggior parte dei casi in cui si parla dello stato pietoso della ricerca in Italia.
sempreio
30-11-2007, 18:08
ci butteranno fuori dall' euro :rolleyes: non siamo più competitivi dove dovremmo esserlo
Lucrezio
30-11-2007, 18:25
In compenso la review di chimica piu' citata al mondo e' di un italiano (Il professor Tomasi, dell'universita' di Pisa) :D
sempreio
30-11-2007, 18:30
In compenso la review di chimica piu' citata al mondo e' di un italiano (Il professor Tomasi, dell'universita' di Pisa) :D
e di cosa tratta?
Lucrezio
30-11-2007, 18:35
e di cosa tratta?
"Quantum Mechanical Continuum Solvation Models", il riferimento bibliografico e'
Chem. Rev. 2005, 105, 2999-3093
E' una review che descrive i principali modelli quantomeccanici per trattare l'interazione di una specie con un solvente o un intorno molecolare, trattando quest'ultimo come se fosse un mezzo continuo polarizzabile di cui e' noto il tensore di permittivita' dielettrica.
Il gruppo del prof. Tomasi, in particolare, ha sviluppato un modello detto IEF-PCM, particolarmente efficiente ed affidabile.
ChristinaAemiliana
30-11-2007, 18:40
"Quantum Mechanical Continuum Solvation Models", il riferimento bibliografico e'
Chem. Rev. 2005, 105, 2999-3093
E' una review che descrive i principali modelli quantomeccanici per trattare l'interazione di una specie con un solvente o un intorno molecolare, trattando quest'ultimo come se fosse un mezzo continuo polarizzabile di cui e' noto il tensore di permittivita' dielettrica.
Il gruppo del prof. Tomasi, in particolare, ha sviluppato un modello detto IEF-PCM, particolarmente efficiente ed affidabile.
Io ho capito a malapena cosa c'è scritto qui...:rotfl:
Lucrezio
30-11-2007, 18:42
Io ho capito a malapena cosa c'è scritto qui...:rotfl:
Beh... non e' proprio facile facile come argomento :sob:
Io ho capito a malapena cosa c'è scritto qui...:rotfl:
Bisogna proprio spiegarti tutto :O
http://upload.wikimedia.org/wikipedia/it/thumb/0/08/Ingegner_Cane.png/250px-Ingegner_Cane.png
:sofico:
In pratica è una di quelle ricerche molto belle teoricamente ma che industrialmente (dico a livello di chimica industriale) valgono meno di un pezzo di BASIC scritto da un bambino di 10 anni (io :D)
ChristinaAemiliana
30-11-2007, 18:48
Bisogna proprio spiegarti tutto :O
Ringrazia di essere tu a spiegare a me...quando capita il contrario ti lamenti sempre del fatto che le mie spiegazioni non sarebbero accurate quanto le tue. :O
In pratica è una di quelle ricerche molto belle teoricamente ma che industrialmente (dico a livello di chimica industriale) valgono meno di un pezzo di BASIC scritto da un bambino di 10 anni (io :D)
La ricerca è sempre utile anche a livello pratico...se non subito, nel futuro. :O
Comunque se il bambino sei tu il pezzo di basic non è inutile, è una sacra reliquia. :O
:asd: :Prrr:
ChristinaAemiliana
30-11-2007, 18:57
Beh... non e' proprio facile facile come argomento :sob:
Tutto ciò, dando per scontato che ognuno sappia/ricordi cosa sia (a) un tensore, (b) la permittività elettrica, (c) che la permittività elettrica sia in generale un tensore. :D
sempreio
30-11-2007, 19:29
"Quantum Mechanical Continuum Solvation Models", il riferimento bibliografico e'
Chem. Rev. 2005, 105, 2999-3093
E' una review che descrive i principali modelli quantomeccanici per trattare l'interazione di una specie con un solvente o un intorno molecolare, trattando quest'ultimo come se fosse un mezzo continuo polarizzabile di cui e' noto il tensore di permittivita' dielettrica.
Il gruppo del prof. Tomasi, in particolare, ha sviluppato un modello detto IEF-PCM, particolarmente efficiente ed affidabile.
:eh:
Beh, abbiamo scoperto che un nostro articolo è stato citato su una review sulla sclerosi multipla del 2006 su Lancet... Ma ci sono 144 reference in quella review... Infatti da quello che ha scritto non ha letto molto attentamente non solo l'articolo, ma forse neache l'abstract...
Lucrezio
30-11-2007, 20:17
In pratica è una di quelle ricerche molto belle teoricamente ma che industrialmente (dico a livello di chimica industriale) valgono meno di un pezzo di BASIC scritto da un bambino di 10 anni (io :D)
E questo chi te lo dice?
Tutt'altro: e' una ricerca che, introducendo la possibilita' di trattare il solvente da un punto di vista teorica, avvicina il mondo della chimica teorica pura a quello della chimica sperimentale tramite computer.
Essere in grado di predirre il risultato di una sintesi a priori, senza bisogno di fare anni di esperimenti e' un risultato che anche industrialmente e' rivoluzionario: la chimica teorica e' ancora agli inizi da questo punto di vista (anche perche' la potenza di calcolo disponibile e' quella che e'...) ma il futuro vorrebbe essere questo.
Il modello discusso nella review che ho citato e' un modello che, tramite un'approssimazione, permette di descrivere in modo semplice un sistema grande (virtualmente infinito, in confronto alle dimensioni di una molecola!) in modo semplice e poco dispendioso.
In pratica l'idea e' di studiare la solvatazione in questo modo: ci si concentra sulla molecola della quale si vogliono calcolare le proprieta' desiderate e si considera che essa sia cricondata da uno spazio minimo vuoto, descritto da un "buco" rispetto ad un mezzo continuo "pieno". Tale cavita', che ovviamente rispecchia la simmetria della molecola ed e' costruita seguendo alcuni modelli piuttosto avanzati, rappresenta l'interfaccia fra soluto e solvente, o - a seconda del sistema preso in analisi, tanto per fare un altro esempio - molecola e altre molecole di un cristallo.
Il modello IEF-PCM prevede di descrivere il sistema complessivo prendendo in esame solo la superficie e la molecola stessa, con grande risparmio da un punto di vista computazionale.
Scendere in dettagli e' fuori dalla mia portata (ancora per qualche anno :D), in ogni caso posso assicurare che funziona davvero bene!
E questo chi te lo dice?
Tutt'altro: e' una ricerca che, introducendo la possibilita' di trattare il solvente da un punto di vista teorica, avvicina il mondo della chimica teorica pura a quello della chimica sperimentale tramite computer.
Essere in grado di predirre il risultato di una sintesi a priori, senza bisogno di fare anni di esperimenti e' un risultato che anche industrialmente e' rivoluzionario: la chimica teorica e' ancora agli inizi da questo punto di vista (anche perche' la potenza di calcolo disponibile e' quella che e'...) ma il futuro vorrebbe essere questo.
Ti sei risposto da solo, è un problema di tipo economico :D
I parametri industriali sono innanzitutto la fattibilità/riscontro su breve lasso temporale (facciamo 1,2 anni) e il contenimento dei costi (in questo caso quelli di simulazione), altrimenti i fondi mica arrivano :D
Lucrezio
30-11-2007, 20:57
Ti sei risposto da solo, è un problema di tipo economico :D
I parametri industriali sono innanzitutto la fattibilità/riscontro su breve lasso temporale (facciamo 1,2 anni) e il contenimento dei costi (in questo caso quelli di simulazione), altrimenti i fondi mica arrivano :D
Non sono ricerche che necessitano di fondi spaventosi ;)
I parametri della grande industria (oltre che del mondo accademico) possono essere anche a lungo termine: per le idrogenazioni catalitiche enantioselettive un'importantissima casa farmaceutica americana finanzio' un gruppo di ricercatori investendo milioni e milioni di dollari per una buona quindicina d'anni... fra 10 anni, quando la potenza di calcolo sara' sufficiente per iniziare a parlare di simulazioni su sistemi grossi (molecole come farmaci, ad esempio) in modo quantitativo non solo sulle proprieta' statiche ma anche per quel che riguarda la reattivita' il panorama cambiera' sostanzialmente.
Ed e' gia' cambiato radicalmente negli ultimi 10!
fra 10 anni, quando la potenza di calcolo sara' sufficiente per iniziare a parlare di simulazioni su sistemi grossi (molecole come farmaci, ad esempio) in modo quantitativo non solo sulle proprieta' statiche ma anche per quel che riguarda la reattivita' il panorama cambiera' sostanzialmente.
Ed e' gia' cambiato radicalmente negli ultimi 10!
E io ti assicuro che sono il primo a sperarlo ;) :D
Lucrezio
01-12-2007, 00:27
E io ti assicuro che sono il primo a sperarlo ;) :D
Anch'io: se cosi' non fosse probabilmente fra 10 anni faro' il clochard...
:sob:
Dayadvham
01-12-2007, 12:23
La questione dei soldi è solo un minimo aspetto della vicenda, se non un alibi nella maggior parte dei casi in cui si parla dello stato pietoso della ricerca in Italia.
:confused:
Potresti spiegarti meglio?
La "questioni dei soldi" è, a mio avviso, fondamentale... se si vuole che la ricerca in Italia sia competitiva a livello internazionale, bisogna mettere mano al portafoglio e anche in maniera MOLTO sostanziosa.
Possiamo essere poi d'accordo sul fatto che ci siano anche altri problemi e che questi soldi sarebbe bene che vengano distribuiti non a pioggia (come putroppo accade spesso in Italia) ma in maniera mirata... però non capisco proprio la pretesa di voler vedere dei risultati senza aver investito su qualcosa.
Cmq dal rapporto emergono cose interessanti:
La percentuale di citazioni di articoli scientifici di ricercatori italiani nelle pubblicazioni scientifiche è notevolmente aumentata fra il 1992 e il 2003: si è passati da 2,04% al 3,01% sul totale mondiale delle citazioni. Meglio di Spagna, Paesi Bassi, Svezia, Canada, Cina e Svizzera.
In pratica abbiamo meno ricercatori e investiamo meno soldi ma produciamo di più...
Ovviamente la musica cambia sul lato brevetti e trasferimento tecnologico.. ma lì entra in gioco anche la controparte industriale che in Italia putroppo è quella che è...
:confused:
Potresti spiegarti meglio?
La "questioni dei soldi" è, a mio avviso, fondamentale... se si vuole che la ricerca in Italia sia competitiva a livello internazionale, bisogna mettere mano al portafoglio e anche in maniera MOLTO sostanziosa.
Certamente.
Chi ha esperienza all'interno di una università, sa che l'importante, la cosa fondamentale, è NON produrre risultati.
Sì perchè in un sistema dove si premia chi non fa nulla, un soggetto che lavor mette in cattiva luce tutti gli altri e il sistema stesso, e per questo è ostracizzato.
Ora, dato che questa è la norma del sistema universitario italiano su cui si basa la ricerca, capirai che dare più soldi alla ricerca significa che quell'1% del personale che lavora veramente avrà in effetti modo di produrre qualcosa di più, ma il 99% del personale avrà semplicemente più soldi per il suo "harem" senza che questo porti a nessun prodotto sostanziale in più.
Io parlo per il CNR. La maggior parte delle commesse sono finanziate da ditte esterne, che magari ricevono finanziamenti Europei. Attualmente sto lavorando su due progetti, uno finanziato da una casa farmaceutica e uno finanziato da una ditta produttrice di risonanze magnetiche dedicate, co-finanziata con fondi europei... ;) Poi l'articolo 23 per cui ho fatto domanda, è finanziato con fondi CNR, ma è stato molto duro ottenerlo. L'alternativa, meno stabile a lungo termine, sarebbe stata usare fondi di uno dei due progetti... Ma terminato il progetto... Via! Su uno dei due progetti è stato comunque caricato un articolo 23, ma non il mio, per fortuna... ;) Speriamo almeno di vincerlo... La selezione è a giorni...
samuello 85
01-12-2007, 20:20
i problemi della ricerca italiana sono principalmente 2, soldi e meritrocazia.
i problemi della ricerca italiana sono principalmente 2, soldi e meritrocazia.
In ordine invertito, però: soldi senza meritocrazia significa soldi buttati.
Dayadvham
04-12-2007, 08:36
Certamente.
Chi ha esperienza all'interno di una università, sa che l'importante, la cosa fondamentale, è NON produrre risultati.
Sì perchè in un sistema dove si premia chi non fa nulla, un soggetto che lavor mette in cattiva luce tutti gli altri e il sistema stesso, e per questo è ostracizzato.
Ora, dato che questa è la norma del sistema universitario italiano su cui si basa la ricerca, capirai che dare più soldi alla ricerca significa che quell'1% del personale che lavora veramente avrà in effetti modo di produrre qualcosa di più, ma il 99% del personale avrà semplicemente più soldi per il suo "harem" senza che questo porti a nessun prodotto sostanziale in più.
Non so quale sia la TUA esperienza all'interno dell'università, ma ti posso assicurare che non è la stessa che vivo io nella mia univesità.
Sono perfettamente d'accordo che la meritocrazia sia un obiettivo prioritario e fondamentale (come del resto avevo già detto nel mio precedente intervento).
D'altro canto, se mi posso permettere, un altro dei problemi della ricerca in italia sono ANCHE certi giudizi dati con troppa facilità e spesso senza cognizione di causa....
Scusami, ma quando sento certi discorsi da bar tipo "il 99% dei ricercatori non produce nulla", mi passa la voglia di fare un discorso serio...
Non so quale sia la TUA esperienza all'interno dell'università, ma ti posso assicurare che non è la stessa che vivo io nella mia univesità.
Sono perfettamente d'accordo che la meritocrazia sia un obiettivo prioritario e fondamentale (come del resto avevo già detto nel mio precedente intervento).
D'altro canto, se mi posso permettere, un altro dei problemi della ricerca in italia sono ANCHE certi giudizi dati con troppa facilità e spesso senza cognizione di causa....
Scusami, ma quando sento certi discorsi da bar tipo "il 99% dei ricercatori non produce nulla", mi passa la voglia di fare un discorso serio...
Conosco l'ambiente universitario direttamente e indirettamente fondamentalmente da quando sono nato.
Gli universitari si dividono in tre categorie: quelli che non hanno voglia di fare niente (la maggioranza), quelli che non sono in grado di fare niente (la maggioranza del restante) e i martiri che lavorano nonostante tutto (una sparuta minoranza).
Perchè, come dicevo, in un ambiente che premia e incentiva chi non produce, una persona che lavora è spesso esclusa e ghettizzata, per cui alla fine ci si arrende, com'è normale che sia.
Il mio giudizio è dato con MOLTA cognizione di causa, fidati.
:confused:
Potresti spiegarti meglio?
La "questioni dei soldi" è, a mio avviso, fondamentale... se si vuole che la ricerca in Italia sia competitiva a livello internazionale, bisogna mettere mano al portafoglio e anche in maniera MOLTO sostanziosa.
Possiamo essere poi d'accordo sul fatto che ci siano anche altri problemi e che questi soldi sarebbe bene che vengano distribuiti non a pioggia (come putroppo accade spesso in Italia) ma in maniera mirata... però non capisco proprio la pretesa di voler vedere dei risultati senza aver investito su qualcosa.
e qui ti sbagli...
la ricerca in italia non sarà mai autenticamente competitiva, a prescindere dalla quantità di denari che viene erogata: il problema sono le TESTE.
non di chi FA la ricerca, ma di chi la DIRIGE.
Il destino di un progetto è inevitabilmente legato alla firma di chi lo presenta, no esiste meritocrazia, il poco denaro viene sprecato, la cattiva gestione e gli interessi di bottega sono all'ordine del giorno, il lobbismo dei sindacati immobilizza tutto, si generano i soliti sterili personalismi e campanilismi, etc...
ogni volta che mi dicono "se ci dessero gli stessi soldi degli altri paesi, saremmo i primi" io dico "no, sareste gli stessi di adesso ma con più soldi da buttare".
quello che manca è un ricambio generazionale, la generazione dei professori sessantottini, che combatteva le baronìe, le ha sostituite e adesso è più incollata alla sedia dei baroni che contestava.
ogni volta che mi dicono "se ci dessero gli stessi soldi degli altri paesi, saremmo i primi" io dico "no, sareste gli stessi di adesso ma con più soldi da buttare".
quello che manca è un ricambio generazionale, la generazione dei professori sessantottini, che combatteva le baronìe, le ha sostituite e adesso è più incollata alla sedia dei baroni che contestava.
*
Non so quale sia la TUA esperienza all'interno dell'università, ma ti posso assicurare che non è la stessa che vivo io nella mia univesità.
Sono perfettamente d'accordo che la meritocrazia sia un obiettivo prioritario e fondamentale (come del resto avevo già detto nel mio precedente intervento).
D'altro canto, se mi posso permettere, un altro dei problemi della ricerca in italia sono ANCHE certi giudizi dati con troppa facilità e spesso senza cognizione di causa....
guarda, io ho lavorato al CNR e adesso faccio un dottorato in un grosso e prestigioso (un tempo) ateneo, ti dico che il problema principale non sono i soldi ma la mentalità, senza cambiare questa non si va da nessuna parte.
fermo restando che molti (ma non tutti) tra i ricercatori fanno il loro dovere in modo quasi commovente: è una vita di sacrifici economici e personali, di abnegazione e di rinunce.
per farti un esempio, io prendo 800 € al mese (pagati ogni due mesi, e oltretutto posticipati).
*
ue ciao Giampà :D
ho ancora il tuo cell eh? :D
prima o poi scatta una birretta a FE :yeah:
fermo restando che molti (ma non tutti) tra i ricercatori fanno il loro dovere in modo quasi commovente: è una vita di sacrifici economici e personali, di abnegazione e di rinunce.
per farti un esempio, io prendo 800 € al mese (pagati ogni due mesi, e oltretutto posticipati).
Non lamentarti: io sto lavorando senza essere pagato, senza contratto, ma soprattutto pagando io il materiale per il progetto :asd:
Ma mica perchè i soldi manchino, eh. Perchè il ricercatore con cui lavoro è stato buttato fuori dal laboratorio (da cui sono stato buttato fuori pure io proprio perchè ero fondamentalmente l'unico che ha prodotto qualcosa di concreto in un tempo finito) in cui i soldi si contano a multipli di 100.000€ e quindi lui personalmente non ha fondi.
ue ciao Giampà :D
ho ancora il tuo cell eh? :D
prima o poi scatta una birretta a FE :yeah:
Come no, tanto vedo che i tempi per emigrare in paesi più civili si fanno lunghi per me, per cui sono (purtroppo) sempre qui :D
"Quantum Mechanical Continuum Solvation Models", il riferimento bibliografico e'
Chem. Rev. 2005, 105, 2999-3093
E' una review che descrive i principali modelli quantomeccanici per trattare l'interazione di una specie con un solvente o un intorno molecolare, trattando quest'ultimo come se fosse un mezzo continuo polarizzabile di cui e' noto il tensore di permittivita' dielettrica.
Il gruppo del prof. Tomasi, in particolare, ha sviluppato un modello detto IEF-PCM, particolarmente efficiente ed affidabile.
Ma con la supercazzola come fosse antani con lo scappellamento a sinistra ? :stordita:
Ok, scusa ma ci stava tutta :D
Personalmente vedo che la ricerca (poca invero) è anche sul settore privato se si ha la fortuna/abilità di entrare nell'azienda giusta
Non lamentarti: io sto lavorando senza essere pagato, senza contratto, ma soprattutto pagando io il materiale per il progetto :asd:
Mi pare il minimo :O
Come no, tanto vedo che i tempi per emigrare in paesi più civili si fanno lunghi per me, per cui sono (purtroppo) sempre qui :D
wow! sei allo step successivo di metà dei miei ex compagni di corso!
Loro il materiale non lo pagano! (almeno spero:stordita:)
http://www.corriere.it/cronache/07_dicembre_04/inchiesta_cervelli_uno_b2e8c886-a230-11dc-9440-0003ba99c53b.shtml
VIAGGIO NEL MONDO DEI RICERCATORI ITALIANI
I nostri "cervelli", sottopagati e precari
Al Cnr 2.500 precari su settemila unità.
Le paghe sono inferiori a quelle degli operai.
Così si spiega la fuga
MILANO – Borsisti: 830 euro; assegnisti:1.100 euro; ricercatori: 1.200 euro. Sono questi gli stipendi netti medi italiani dei ricercatori al Cnr (Consiglio nazionale delle ricerche) nei 108 istituti presenti in Italia. Non è certo un gran valore quello che lo Stato riconosce ai "cervelli" italiani, gli scienziati giovani e meno giovani su cui poggia uno dei settori che dovrebbero essere considerati strategici nello sviluppo di un Paese. Stipendi bassi - nella media, nonostante anni di studio e di preparazione e elevata qualificazione, si è al di sotto del salario percepito da un operaio – a cui si aggiunge una grande precarietà.
PATRIMONIO DISPERSO - La fuga dei cervelli è una conseguenza anche di questo, del disagio che si vive giorno dopo giorno nei laboratori. Il risultato? La dispersione di giovani intelligenze impossibilitate che, proprio a causa della forte instabilità della posizione, si vedono, di fatto, ostacolate nel proseguire il percorso intrapreso. Attualmente il personale del Cnr è di circa settemila unità; tra loro i precari sono circa 2.500 tra i ricercatori e "solo" 150 nel personale amministrativo.
LE SPADE DI DAMOCLE – «Le spade di Damocle sono essenzialmente due - spiega il professor Francesco Clementi del Dipartimento di Farmacologia dell’Università di Milano -: le ultime Finanziarie hanno penalizzato lo sviluppo della ricerca italiana iscrivendo la categoria alla voce dei tagli e il blocco delle assunzioni è fermo al capolinea dal 2001. Siamo in fuorigioco rispetto agli standard internazionali, oltre ad avere un deficit nella bilancia dei pagamenti, in relazione alle tecnologie più avanzate tra i trenta paesi aderenti all’Ocse (Organizzazione dei Paesi più industrializzati). Ad aggravare il tutto si aggiunge la mancanza di fondi che nella fattispecie va a colpire i contratti a termine dei ricercatori e il mantenimento dei laboratori». E aggiunge: «Noi del Dipartimento di Farmacologia al Cnr - possiamo effettuare degli investimenti nei laboratori soltanto ogni quattro anni, cercando di colmare il gap, ma è troppo poco».
BIGLIETTO DI SOLA ANDATA - Oggi manca un flusso bidirezionale tra i cervelli che aumentano il prestigio della cultura scientifica: i ricercatori italiani lasciano il Paese, quelli stranieri non ne sono attratti. Così il gioco si rompe. Al punto che la grande differenza tra l'Italia e gli altri Paesi dell'Ocse è sintetizzabile con l’immagine di un biglietto di sola andata: chi esce e trova spazi all’estero poi difficilmente ritorna. Anche perché, chi non se ne va, resta in balia degli eventi aspettando un concorso che non arriva mai. È inoltre sempre più preoccupante l'abbandono di numerosi borsisti fin dalla prima fase della carriera, ovvero dopo la laurea e il successivo conseguimento del dottorato di ricerca triennale.
LO STIPENDIO DEL CNR - Uno dei disagi peggiori è lo stipendio che, oltre ad essere misero, come già evidenziato, viene riconosciuto con una modalità di pagamento cumulativa e non mensile. Non solo, dunque, un borsista deve accontentarsi di 830 euro al mese; ma questa cifra la prenderà soltanto a 90 giorni. Per esempio, la retribuzione di settembre/ottobre viene liquidata soltanto il 27 di novembre. Questo comporta che in molti casi sia necessario un intervento diretto delle famiglie per aiutare i "poveri" scienziati. Il risultato è una somma di situazioni precarie che porta come conseguenza un inatteso e gradito regalo ai centri di ricerca all’estero, pronti ad accogliere a braccia aperte le nostre "menti".
Ambra Craighero
04 dicembre 2007
Mi pare il minimo :O
Guarda che vogliono farmi andare a Roma e dopo ti trovo eh :O
trallallero
04-12-2007, 11:19
Guarda che vogliono farmi andare a Roma e dopo ti trovo eh :O
e te la daranno almeno una bici per andarci ? :D
e te la daranno almeno una bici per andarci ? :D
E' più probabile che ci andrò a piedi in pellegrinaggio :O
rispondetemi-dall'-estero-cazzo :muro:
trallallero
04-12-2007, 11:30
rispondetemi-dall'-estero-cazzo :muro:
come ti capisco
:vicini:
Guarda che vogliono farmi andare a Roma e dopo ti trovo eh :O
Ti trovo prima io tra i clochard della Stazione Termini con al collo il cartello :
"Giovane ingegnere ricercatore offresi per lavori part-time di pulitura gabinetti, traslochi materiali pesanti e lucidatura pavimenti"
:D :D :D
http://www.corriere.it/cronache/07_dicembre_04/inchiesta_cervelli_uno_b2e8c886-a230-11dc-9440-0003ba99c53b.shtml
Non conosco la situazione dottorati, ma io ho avuto il mio primo assegno di ricerca nel Luglio 2003. Ho iniziato con 1100 euro netti pagati a fine mese, ogni mese. Ho finito 6 mesi fa con 1400 euro netti, sempre pagati a fine mese. I ricercatori di III livello (i più scarsi), prendono più di 1700 euro NETTI al mese più buoni pasto da 5,16 euro. Ho fatto domanda per un articolo 23 (ricercatore a tempo determinato) che mi darà lo stesso trattamento cenonomico... :) Il 13 c'è la selezione...
Lucrezio
04-12-2007, 21:05
Ma con la supercazzola come fosse antani con lo scappellamento a sinistra ? :stordita:
:Prrr:
Pochi post dopo ho spiegato un po' meglio di che si tratta...
Non conosco la situazione dottorati, ma io ho avuto il mio primo assegno di ricerca nel Luglio 2003. Ho iniziato con 1100 euro netti pagati a fine mese, ogni mese. Ho finito 6 mesi fa con 1400 euro netti, sempre pagati a fine mese. I ricercatori di III livello (i più scarsi), prendono più di 1700 euro NETTI al mese più buoni pasto da 5,16 euro. Ho fatto domanda per un articolo 23 (ricercatore a tempo determinato) che mi darà lo stesso trattamento cenonomico... :) Il 13 c'è la selezione...
Ma all'università? :confused:
L'assegno di ricerca statale è di 1250€ per tutti e ovunque, non è che ci siano aumenti o cosa: è un contratto a progetto a tutti gli effetti.
Il ricercatore con cui lavoro ora prende 1200€ netti al mese come stipendio di ingresso, e mi risulta che sia lo stipendio statale di ogni ricercatore in qualunque università.
Non capisco veramente questi dati che riporti... :wtf:
Ma all'università? :confused:
L'assegno di ricerca statale è di 1250€ per tutti e ovunque, non è che ci siano aumenti o cosa: è un contratto a progetto a tutti gli effetti.
Il ricercatore con cui lavoro ora prende 1200€ netti al mese come stipendio di ingresso, e mi risulta che sia lo stipendio statale di ogni ricercatore in qualunque università.
Non capisco veramente questi dati che riporti... :wtf:
L'importo dell'assegno di ricerca è variabile. Mi pare abbia un massimo, ma dipende quanti fondi è disposto a spendere l'ente di ricerca. Bada bene che io parlo di CNR... Il mio assegno fu caricato su un progetto finanziato con fondi europei, mi pare il MIUR, e poichè avanzavano soldi, mi hanno aumentato di anno in anno il compenso. Per lo stipendio di ricercatore: sempre di CNR ti parlo... Non so che dirti... Tutti i miei colleghi (ed io in futuro) prenderemo tale cifra... Bisogna lavorare 5 o 6 giorni a settimana (si sceglie prima), per almeno 2 ore al giorno, (altrimenti devi prendertele di ferie), senza orario preciso, ma devi fare 36 ore settimanali in media su 3 mesi. Se un giorno vieni almeno 6 ore ti tocca un buono pasto. Maturi 3 giorni di ferie ogni mese. Se fai delle ore in più puoi recuperare fino a 22 giorni all'anno (mi pare) e se sei esposto a radiazioni, hai 15 giorni di rischio radiologico, obbligatori e consecutivi, in aggiunta alle ferie... Ma non esistono gli straordinari, però... :stordita:
L'importo dell'assegno di ricerca è variabile. Mi pare abbia un massimo, ma dipende quanti fondi è disposto a spendere l'ente di ricerca. Bada bene che io parlo di CNR... Il mio assegno fu caricato su un progetto finanziato con fondi europei, mi pare il MIUR, e poichè avanzavano soldi, mi hanno aumentato di anno in anno il compenso. Per lo stipendio di ricercatore: sempre di CNR ti parlo... Non so che dirti... Tutti i miei colleghi (ed io in futuro) prenderemo tale cifra... Bisogna lavorare 5 o 6 giorni a settimana (si sceglie prima), per almeno 2 ore al giorno, (altrimenti devi prendertele di ferie), senza orario preciso, ma devi fare 36 ore settimanali in media su 3 mesi. Se un giorno vieni almeno 6 ore ti tocca un buono pasto. Maturi 3 giorni di ferie ogni mese. Se fai delle ore in più puoi recuperare fino a 22 giorni all'anno (mi pare) e se sei esposto a radiazioni, hai 15 giorni di rischio radiologico, obbligatori e consecutivi, in aggiunta alle ferie... Ma non esistono gli straordinari, però... :stordita:
Sì ma questo è il paese di bengodi :D
Comunque all'università non funziona così... :rolleyes:
e se sei esposto a radiazioni, hai 15 giorni di rischio radiologico, obbligatori e consecutivi
15 giorni di rischio radiologico? Per nutrire il tumore meglio e fargli girare un po' il mondo? :D
:sofico: :sofico: :sofico:
zerothehero
04-12-2007, 23:06
Io ho capito a malapena cosa c'è scritto qui...:rotfl:
Semplice: si occupa del super attack... :D
zerothehero
04-12-2007, 23:14
per farti un esempio, io prendo 800 € al mese (pagati ogni due mesi, e oltretutto posticipati).
Scusa, ma chi te lo fa fare?
Guadagna di più un collaboratore scolastico (bidello) e per fare il coll. scol. basta la licenza media. :eek:
E' incredibile come l'Italia trascuri così tanto gli investimenti per la r&s...non sono costi..è capitale anticipato che costituisce la base per la futura ricchezza del paese.
E per di più abbiamo grosse difficoltà ad attirare investimenti stranieri.. quale futuro ci attende? :mc:
ELISAMAC1
04-12-2007, 23:14
E pensare che questo governo si lamentava delle stesse cose quando era all'opposizione.:muro:
Sì ma questo è il paese di bengodi :D
Comunque all'università non funziona così... :rolleyes:
Ho la fortuna di lavorare in un policlinico universitario (l'istituto del CNR per cui lavoro è ospitato temporaneamente nel II policlinico di Napoli) e i ricercatori universitari medici, che fanno anche assistenza sanitaria, grazie alla legge de Maria prendono una integrazione allo stipendio di ricercatore universitario e così il loro stipendio parte da 3000 euro al mese... :D L'integrazione è pari alla differenza tra lo stipendio di un medio ospedaliero e quello che prendono dall'univeristà. In cambio non devono lavorare fuori (in centri privati)...
15 giorni di rischio radiologico? Per nutrire il tumore meglio e fargli girare un po' il mondo? :D
:sofico: :sofico: :sofico:
Si chiama riposo biologico. Si è stimato che 15 giorni è il tempo necessario all'organismo per riprendersi... :D Comunque il mio capo è fisico e mi ha istruito sul fatto che delle radiazioni non bisogna avere poi tutta sta paura... :D
Scusa, ma chi te lo fa fare?
Guadagna di più un collaboratore scolastico (bidello) e per fare il coll. scol. basta la licenza media. :eek:
E' incredibile come l'Italia trascuri così tanto gli investimenti per la r&s...non sono costi..è capitale anticipato che costituisce la base per la futura ricchezza del paese.
E per di più abbiamo grosse difficoltà ad attirare investimenti stranieri.. quale futuro ci attende? :mc:
Beh, teoricamente il dottorato non è un lavoro, ma la continuazione dello studio: infatti devi seguire corsi e dare esami... Poi vieni anche pagato...
Fino all'anno scorso era così anche per gli specializzandi di medicina: erano pagati 900 o 950 euro al mese, dovevano seguire corsi e dare esami, ma in pratica vengono anche sfruttati come lavoratori a tutti gli effetti anche 10-12 ore al giorno (e alcuni trovavano anche il tempo e la forza di fare guardie mediche!!! :eek: Per di più di sabato e domenica)... Hanno ottenuto un aumento di stipendio a, mi pare, 1500 euro al mese... E pensate che fino a qualche anno fa non prendevano nulla con la scusa che erano studenti... Ma lavoravano comunque 10-12 ore al giorno, oltre a dover studiare... :fagiano:
Lucrezio
05-12-2007, 07:10
E pensare che questo governo si lamentava delle stesse cose quando era all'opposizione.:muro:
Per favore, non buttiamola in politica.
Il discorso "Universita' e Ricerca" in Italia e' ben al di la' delle scaramucce fra coalizioni per la lotta al cadreghino, si tratta di un problema serio.
IlCarletto
05-12-2007, 08:13
ci butteranno fuori dall' euro :rolleyes: non siamo più competitivi dove dovremmo esserlo
già non dovevamo entrare.. eurotassa-inside-
non ti preoccupare comunque, pagheremo un'altra euro tassa per rimanerci
trallallero
05-12-2007, 08:33
E per di più abbiamo grosse difficoltà ad attirare investimenti stranieri.. quale futuro ci attende? :mc:
http://www.freshplaza.it/images/2007/0510/bananas.jpg
15 giorni di rischio radiologico? Per nutrire il tumore meglio e fargli girare un po' il mondo? :D
:sofico: :sofico: :sofico:
[Serio mode ON]
Il rischio radiologico è una cosa importante:
Fu introdotto per i primi lavoratori "professionalmente esposti" (in centrali atomiche ed apparecchiature mediche) in quanto i macchinari dell'epoca avevano emissioni non schermate molto maggiori delle attuali ed anche le schermature fisse (attorno ai macchinari) erano meno efficenti.
Per ridurre ai livelli previsti dall'OMS le dosi medie assorbite (normalizzate in un periodo di tempo che tipicamente è un anno) fu introdotto in legislatura il concetto di rischio radiologico: un periodo di ferie non procrastinabile e non rinunciabile che il lavoratore doveva fare necessariamente.
Sempre per motivi medici (se non ricordo male riguarda la rigenerazione del midollo osseo ma potrei sbagliare) questo periodo è da prendersi in modo continuativo possibilmente attaccato alle normali ferie.
Oggi le conoscenze sono avanzate e le dosi ammesse sono molto più basse (e le schermature sono progettate in tal senso) inoltre le moderne macchine hanno emissioni non attenuate bassissime ma la legge è rimasta (imho anche giustamente)
[/serio mode OFF]
:Prrr:
Pochi post dopo ho spiegato un po' meglio di che si tratta...
Della chimica che tenta di darsi un tono inserendosi nei contesti di una scienza seria : la fisica :Prrr:
quando la potenza di calcolo sara' sufficiente per iniziare a parlare di simulazioni su sistemi grossi (molecole come farmaci, ad esempio) in modo quantitativo non solo sulle proprieta' statiche ma anche per quel che riguarda la reattivita'
http://www.hwupgrade.it/forum/forumdisplay.php?f=10 :read: :read: :read:
http://www.hwupgrade.it/forum/forumdisplay.php?f=10 :read: :read: :read:
Penso sappia cosa è:
http://www.hwupgrade.it/forum/showpost.php?p=17402611&postcount=2
http://www.hwupgrade.it/forum/showpost.php?p=17402616&postcount=3
:read: :read: :read: ^2
:D
Penso sappia cosa è:
http://www.hwupgrade.it/forum/showpost.php?p=17402611&postcount=2
http://www.hwupgrade.it/forum/showpost.php?p=17402616&postcount=3
:read: :read: :read: ^2
:D
Mica era rivolto solo a lui ;)
Anzi, volevo dargli lo spunto per fare un pò di pubblicità :fagiano:
Dayadvham
05-12-2007, 12:44
Conosco l'ambiente universitario direttamente e indirettamente fondamentalmente da quando sono nato.
Gli universitari si dividono in tre categorie: quelli che non hanno voglia di fare niente (la maggioranza), quelli che non sono in grado di fare niente (la maggioranza del restante) e i martiri che lavorano nonostante tutto (una sparuta minoranza).
Perchè, come dicevo, in un ambiente che premia e incentiva chi non produce, una persona che lavora è spesso esclusa e ghettizzata, per cui alla fine ci si arrende, com'è normale che sia.
Il mio giudizio è dato con MOLTA cognizione di causa, fidati.
Non volevo mettere in dubbio le tue affermazioni, ma le generalizzazioni che fai...
La situazione che dipingi tu è veramente triste e non dubito che sia così da
molte parti in Italia (per curiosità di che Università sei?).
Però non è così ovunque, ad esempio la mia esperienza è ben diversa.
Giusto per chiarire: non conosco il mondo universitario fin da quando sono nato, ma sto finendo un dottorato in ing dell'inf. al Politecnico di Milano.
Ti assicuro che qui da noi le cose funzionano in maniera ben diversa e se avessimo qualche soldo in più non sarebbe male e, soprattutto, non sarebbero soldi buttati.
Il punto del mio discorso è che troppo spesso viene spalata merda sul mondo della ricerca universitaria senza mai di valorizzare le cose buone che ci sono.
Se si vuole che la ricerca in italia raggiunga livelli di ecellenza bisogna mettersi nell'ottica di:
1. premiare chi produce e penalizzare chi non lo fa
2. investire più soldi
3. cercare di coinvolgere anche il privato nella ricerca
Io non credo che il punto 2 possa essere saltato... come ho detto prima i soldi non vanno investiti a piogga, ma comunque servono... la strategia del "vi diamo ancora meno soldi così eliminate gli sprechi" mi sembra che non stia funzionando granchè.
Oltretutto, credo che ti sfugga anche una cosa: la maggior parte dei soldi che arrivano dallo Stato alle università sono per la didattica e non per la ricerca.
Il personale strutturato (cioè assunto a tempo indeterminato) di un dipartimento è pagato principalmente per l'attività didattica che svolge.
Per darti un'idea, un docente nel mio dipartimento ricevo 800 euro l'anno come fondi di ricerca, fondi che servono a pagare computer, viaggi per conferenze, licenze software, etc...
Per darti un'idea ancora migliore delle forze in campo: un docente dell'EPFL e all'ETH (i due politecnici svizzeri di ecellenza) riceve ogni anno dallo Stato 650K euro come fondi di ricerca... quasi 1000 volte quello che arriva qui...
Stando così le cose, cosa vogliamo pretendere?
Non volevo mettere in dubbio le tue affermazioni, ma le generalizzazioni che fai...
La situazione che dipingi tu è veramente triste e non dubito che sia così da
molte parti in Italia (per curiosità di che Università sei?).
Però non è così ovunque, ad esempio la mia esperienza è ben diversa.
Giusto per chiarire: non conosco il mondo universitario fin da quando sono nato, ma sto finendo un dottorato in ing dell'inf. al Politecnico di Milano.
Ti assicuro che qui da noi le cose funzionano in maniera ben diversa e se avessimo qualche soldo in più non sarebbe male e, soprattutto, non sarebbero soldi buttati.
Il punto del mio discorso è che troppo spesso viene spalata merda sul mondo della ricerca universitaria senza mai di valorizzare le cose buone che ci sono.
Se si vuole che la ricerca in italia raggiunga livelli di ecellenza bisogna mettersi nell'ottica di:
1. premiare chi produce e penalizzare chi non lo fa
2. investire più soldi
3. cercare di coinvolgere anche il privato nella ricerca
Io non credo che il punto 2 possa essere saltato... come ho detto prima i soldi non vanno investiti a piogga, ma comunque servono... la strategia del "vi diamo ancora meno soldi così eliminate gli sprechi" mi sembra che non stia funzionando granchè.
Oltretutto, credo che ti sfugga anche una cosa: la maggior parte dei soldi che arrivano dallo Stato alle università sono per la didattica e non per la ricerca.
Il personale strutturato (cioè assunto a tempo indeterminato) di un dipartimento è pagato principalmente per l'attività didattica che svolge.
Per darti un'idea, un docente nel mio dipartimento ricevo 800 euro l'anno come fondi di ricerca, fondi che servono a pagare computer, viaggi per conferenze, licenze software, etc...
Per darti un'idea ancora migliore delle forze in campo: un docente dell'EPFL e all'ETH (i due politecnici svizzeri di ecellenza) riceve ogni anno dallo Stato 650K euro come fondi di ricerca... quasi 1000 volte quello che arriva qui...
Stando così le cose, cosa vogliamo pretendere?
Io conosco direttamente Ferrara e Bologna, indirettamente una delle università di Roma.
I politecnici comunque non funzionano esattamente come le università, su questo sono d'accordo.
Ti posso dire, senza entrare troppo nei particolari per ovvi motivi, che in un laboratorio dove ho lavorato si parlavano di fondi di 300k€, per produrre... niente. Sono qualcosa come quattro anni che lavorano senza avere nulla in mano, e chi ha qualcosa in mano viene buttato fuori, fondamentalmente.
Come mi è stato confermato anche da gente che è dentro l'università da quarant'anni, ad oggi un universitario non può produrre, altrimenti mette in cattiva luce tutti gli altri.
La persona con cui lavoro ora non vuole che si sappia nulla in giro del lavoro che stiamo facendo perchè altrimenti sarebbe ostacolato in tutti i modi. Ho visto io personalmente gente che iniziava ad andare in panico mentre portavamo dentro materiale, sinonimo di "lavoro in corso".
Allora, in questo ambiente, anche chi vuole lavorare poi finisce per non farlo prima o poi.
Vedi, tu stai finendo un dottorato, io ho lavorato con un assegno di ricerca e ti posso dire una cosa: la maggior parte di quelli che hanno queste forme di sfruttamento lavorano anche per gli altri per due motivi:
a) sono dentro da poco e hanno ancora l'entusiasmo delle persone giovani
b) sono sfruttati a livelli da pre-rivoluzione industriale
Quando uno ottiene un posto fisso, la musica cambia notevolmente
- è uno statale e si sa come funzionano i posti statali in Italia
- generalmente si è fatto prendere dal clima universitario
- non ha più la minaccia di finire a casa
- normalmente si è rotto le scatole di lottare contro i mulini a vento
- deve fare conto non più con l'andare a casa senza rinnovo ma con le logiche di potere interne all'università
per cui si ritorna al discorso di partenza.
Quello che voglio dire io, e che ti hanno confermato anche altre persone, è che ora come ora più soldi significa solo più sprechi e zero prodotto in più.
Ora, se tu mi dici che per te le cose sono diverse io non sono nessuno per metterlo in dubbio o per dare giudizi, per cui mi fido di quello che dici. Però le possibilità che mi vengono in mente sono due, mandando a quel paese il "politicamente corretto": la prima è che tu viva una eccezione al sistema universitario italiano dovuta al fatto che stai in un politecnico, per cui tanto di cappello ma ritieniti fortunato; la seconda è che tu sia perfettamente adattato al sistema universitario, così come ho visto tanta gente, per cui di queste cose non se ne rendono conto.
Ho conosciuto un dottorando che mi ha detto che è giustissimo che lui prenda 800€ al mese, che tanto basta fare qualche rinuncia, vivere in una stanza invece che in un appartamento, che è giusto così. Dopo questo, mi aspetto di tutto...
Io ho la fortuna di essere dentro il CNR e a stretto contatto con la ricerca universitaria. In effetti i fondi statali sono pochissimi, ma il CNR, a differenza dell'università, ha i progetti finanziati da privati... Il PC da cui vi scrivo, il mio assegno di ricerca e motle apparecchiature sono state comprate con soldi di PRIVATI. Il pubblico copre solo i costi di gestione (cancelleria, corrente, ecc) e gli amministrativi... Persino il costo dei ricercatori a tempo indeterminato deve essere caricato (parzialmente, ma spesso totalmente) su qualche progetto privato... Non ci possiamo lamentare noi: lavorando nel campo dell'imaging medico e avendo molte pubblicazioni alle spalle (nonchè fornendo un servizio quasi unico a livello mondiale) i "clienti" non mancano. Questa è vera meritocrazia: gli istituti che non producono, semplicemente non attirano fondi di privati. E qui tutto è per regolare concorso (con analisi titoli e colloquio) e meritocrazia.
zerothehero
05-12-2007, 20:11
http://www.freshplaza.it/images/2007/0510/bananas.jpg
Le banane non è facile farle maturare in Italia. :cry:
zerothehero
05-12-2007, 20:13
Per favore, non buttiamola in politica.
Il discorso "Universita' e Ricerca" in Italia e' ben al di la' delle scaramucce fra coalizioni per la lotta al cadreghino, si tratta di un problema serio.
E' colpa dei ricercatori italiani che non bloccano il traffico a Roma come i tassisti se gli investimenti per la s&d sono perennemente bassi . :p
E' colpa dei ricercatori italiani che non bloccano il traffico a Roma come i tassisti se gli investimenti per la s&d sono perennemente bassi . :p
E in più anche se scioperassimo, nel breve termine non se ne accorgerebbe nessuno... :cry:
Ho conosciuto un dottorando che mi ha detto che è giustissimo che lui prenda 800€ al mese, che tanto basta fare qualche rinuncia, vivere in una stanza invece che in un appartamento, che è giusto così. Dopo questo, mi aspetto di tutto...
Dottorando kamikaze :eek:
Pagato in vergini virtuali? :D
E in più anche se scioperassimo, nel breve termine non se ne accorgerebbe nessuno... :cry:
Infatti ci vorrebbe uno sciopero di tutto il precariato sfruttato, ma non all'italiana bensì alla francese, ad oltranza. Oppure come stanno facendo gli sceneggiatori delle serie tv americane: finchè non c'è una proposta accettabile, gli schiavi si ribellano.
trallallero
06-12-2007, 08:29
Le banane non è facile farle maturare in Italia. :cry:
ma potrete vendere le nuove banane made in China :O
Lucrezio
06-12-2007, 13:55
Della chimica che tenta di darsi un tono inserendosi nei contesti di una scienza seria : la fisica :Prrr:
Sogna :Prrr:
Chimici di tutto il mondo! Riprendiamoci la teoria dei sistemi a molti corpi!
:sofico:
P.S.: A parte tutto la chimica teorica e la fisica hanno molti punti di contatto pur mantenendo degli approcci (molecolare vs particellare) completamente diversi e pur occupandosi di diversi ambiti... In fondo il punto di partenza della chimica teorica e' poi sempre la meccanica quantistica...
Sogna :Prrr:
Chimici di tutto il mondo! Riprendiamoci la teoria dei sistemi a molti corpi!
:sofico:
:Prrr: :Prrr: :Prrr:
P.S.: A parte tutto la chimica teorica e la fisica hanno molti punti di contatto pur mantenendo degli approcci (molecolare vs particellare) completamente diversi e pur occupandosi di diversi ambiti... In fondo il punto di partenza della chimica teorica e' poi sempre la meccanica quantistica...
Guarda, parlando con dei chimici mi sono convinto che la chimica teorica e la fisica hanno ben più di qualche punto in comune: sono proprio la stessa cosa guardata da due differenti prospettive.
;)
Lucrezio
06-12-2007, 16:24
:Prrr: :Prrr: :Prrr:
Guarda, parlando con dei chimici mi sono convinto che la chimica teorica e la fisica hanno ben più di qualche punto in comune: sono proprio la stessa cosa guardata da due differenti prospettive.
;)
Beh, anche con diversi interessi!
Secondo me e' abbastanza fondamentale come distinzione...
...ma stiamo portando il thread OT (E io non posso, senno' mi caziano, giustamente! :asd: )
http://espresso.repubblica.it/dettaglio/Piu-che-scienziati-fannulloni/1918267&ref=hpsp
Più che scienziati fannulloni
Fanno pochi lavori di valore. Sono spesso inoperosi. Se non assenti.
Demotivati. E anche malpagati. Viaggio tra i ricercatori delle università italiane
di Daniela Minerva e Valentina Murelli
Il suo fascino ce l'ha, messo proprio dentro le mura della più grande università europea; a due passi da quel pregiato istituto di Fisica dove aleggia ancora lo spirito della mitica scuola romana (gli eredi di via Panisperna, per intenderci). Ma provate a entrarci dentro la sede di Antropologia del Dipartimento di Biologia animale e dell'uomo dell'Università di Roma La Sapienza: tre piani di cemento dove regna sovrano il silenzio. Provate ad aprire le porte, chiuse, per lo più, ma tutte con il nome di chi dovrebbe abitarle, corrispondente a uno stipendio erogato dal ministero dell'Università e della ricerca (Miur). Insomma: non c'è niente di più lontano da questo edificio semivuoto, un po' ammuffito e con i corridoi sporchi, dall'idea che abbiamo della scienza. Tanto che il professore ordinario di Morfologia umana è laureata in lettere, e ha vinto il concorso con una sola pubblicazione all'attivo, su una rivista minore e per giunta ancora in stampa al momento del concorso.
Intendiamoci, nessuno vuole dare la croce in testa a questo professore di Morfologia, di certo una degnissima persona che di certo nei prossimi anni pubblicherà tantissimo, né a questa deserta sede di Antropologia. Luoghi come questo ce ne sono centinaia nei campus italiani o nella miriade di istituti del Cnr sparsi nella Penisola.
Guardando in faccia uno a uno gli scienziati italiani scopriamo centinaia di ricercatori che ricercano davvero assai poco. Più burocrati che geniacci, vecchi e scarsamente retribuiti, se confrontati alle medie europee (vedi il link al grafico), poco produttivi e selezionati spesso sulla base di baronie più che di merito. Vivacchiano senza mezzi, ma anche senza idee, dando sempre la colpa ai pochi soldi e al 'sistema dei baroni'. Lamentandosi molto. E forse a ragione, perché è vero che i finanziamenti non ci sono ed è vero che il sistema di cooptazione della comunità scientifica è una palude in cui il merito sembra raramente essere il criterio dirimente nella scelta di chi deve andare a occupare un posto in ateneo. Ma una domanda sorge legittima: quanti dei pochi soldi destinati alla scienza nel nostro Paese vanno a pagare stipendi e benefit che con la scienza non c'entrano nulla? E quante sono le Aree di ricerca del Cnr da cui arrivano ben pochi contributi alla modernizzazione del Paese?
A Napoli, nella nuova sede del Cnr, poca la gente in giro. In compenso ci sono, come ormai in quasi tutti i presidi del principale ente di ricerca italiano, una serie di servizi dedicati alla pubblicizzazione: un Servizio di promozione della ricerca e sviluppo, ma al telefono non risponde nessuno, e uno di attività divulgative che ha prodotto una serie di video naturalistici locali con un paio di sconfinamenti, uno in Calabria e uno alle Isole Svalbard. Se questo è il trend non stupisce che soltanto il 6 per cento dei brevetti registrati dal Cnr trovi uno sbocco industriale e diventi licenza a fronte dell'89 di quelli registrati dal Mit, il Massachusetts institute of Technology, come ha raccontato l'economista bocconiano Stefano Breschi.
Ma che il Cnr sia nei guai lo riconoscono gli stessi dirigenti del primo ente di ricerca italiano. Altre, invece, sono le pretese dell'accademia che difficilmente accetta di essere esaminata. Eppure se il Cnr piange, l'università non ride. E persino in un luogo di eccellenza come Pavia, al dipartimento di Biologia animale, ha occupato un posto assai ambito una signora che negli ultimi 17 anni ha prodotto solo cinque lavori di ricerca di nullo impatto scientifico. Per avere un'idea del tipo di lavoro che, anche, si fa in quell'istituto: c'è persino qualcuno che dichiara di occuparsi di "misurare l'area del piede dei gasteropodi (le lumache), dopo averne acquisito l'immagine con uno scanner e attraverso un programma informatico fatto fare su misura". Magari a noi profani sembra una questione di lana caprina, ed è invece un dettaglio fondamentale. Ma se così fosse le temibili banche dati internazionali lo registrerebbero.
Perché la scienza è trasparente. E poggia su un principio cristallino: se una persona lavora bene, i risultati del suo lavoro devono essere pubblicati su riviste scientifiche, meglio lavora e più alto è il livello della pubblicazione (se arriva a 'Science', 'Nature', 'Cell' è più che bravo). Ma non è tutto: non serve a nessuno che un ricercatore lavori su dettagli insignificanti, e il suo vero valore non si basa sul numero delle pubblicazioni, ma su quante volte gli altri le citano, ovvero usano i suoi risultati per scoprire altre cose, e andare avanti. Dunque per sapere se uno scienziato è un fannullone o un farfallone basta contare le sue pubblicazioni e le sue citazioni. E le comunicazioni a congresso non sono considerate rilevanti. I software che fanno questo mestiere sono diversi: noi abbiamo usato Publish or Perish (chiamato così perché, effettivamente, nei paesi anglosassoni, uno scienziato che non pubblica va a casa), che ritrova tutte le pubblicazioni e le citazioni di un ricercatore dalla banca dati di Google Scholar (tra le più permissive). E abbiamo scoperto che di stipendi discutibili il Miur ne eroga un bel po'.
Naturalmente non basta campionare a caso laboratori e dipartimenti. E allora siamo andati a vedere qual è l'impatto scientifico delle università italiane e del Cnr. Quest'ultimo sta ben al di sotto dei suo enti cugini: il Cnrs francese e il Csic spagnolo. Ma, nonostante lo sfascio conclamato in cui versa, è, come mostra il grafico intitolato 'Cenerentole d'Europa', ben al di sopra della media delle università italiane. Che sembrano oggi spesso luoghi del sapere dove di sapere ne gira ben poco. Lo mostrano bene i grafici intitolati 'Università sotto esame' che documentano la produzione scientifica degli atenei italiani misurata col rapporto tra le citazioni ottenute sulla stampa scientifica internazionale e i fondi ricevuti. La mediocrità è la regola. E a svettare sono in poche. Il che non significa che non ci siano picchi di buona scienza. Tutt'altro: a sentire gli addetti ai lavori (vedi la scheda 'Quattro ricette d'autore') ilmondo scientifico italiano è fatto di pochi eccellenti gruppi sparsi qua e là, e di una massa ameboica di persone che non fa o non è in grado di fare buona scienza.
Perché, se è vero che l'università deve anche fare didattica, è anche vero che gli standard europei, nel fare diagrammi su costi e rendimenti degli universitari, stimano che il rapporto tra attività di docenza e di ricerca debba essere del 50 a 50. Dunque, non è possibile bluffare: chi fa scienza è facilmente riconoscibile dai suoi pari. Anche se raramente questo si riflette nel processo di selezione. Così, racconta uno dei migliori matematici del mondo, Franco Brezzi: "Ci sono interi dipartimenti che pullulano di incompetenti". E così, uno dei più brillanti storici della medicina europei, Bernardino Fantini, oggi professore all'università di Ginevra, ha sostenuto un concorso per una cattedra di Storia della medicina all'Università di Padova. Aveva al suo attivo decine di pubblicazioni, la direzione di un istituto in Svizzera e la presidenza dell'Associazione europea di storia della medicina, ma ha perso. Battuto da una signora che tra il tra il 1990 e il 2007 non ha pubblicato nulla che l'Isi, la più celebre tra le banche dati scientifiche, abbia ritenuto degno di annotare.
Chi pensi che la storia della medicina risenta delle cattive abitudini baronali dei letterati, ancorché afferisca alle facoltà scientifiche, può spostare l'orizzonte verso Sud. Dove c'è ancora l'eco della bocciatura di un cervellone emigrato, Giulio Francesco Draetta, che ha fatto il ricercatore agli Nih di Bethesda e il direttore di ricerca all'European Molecular Biology Laboratory di Heidelberg, ma non è riuscito nemmeno a vincere il concorso di professore associato di Biologia molecolare all'Università di Napoli: a nulla sono valse le sue 750 pubblicazioni contro le 27 di chi ha vinto. Così oggi lui fa il vicepresidente della multinazionale farmaceutica Merck e il consigliere scientifico dell'Istituto di oncologia molecolare voluto da Veronesi a Milano.
"Ma quale ricerca? Non se ne fa più da tempo", sbuffa Francesco Quaranta, ingegnere navale alla Federico II di Napoli che invece pubblica parecchio. Ma nel giudicare, forse, pensa a un recente concorso di professore ordinario di Manovrabilità delle navi alla Facoltà di Scienze e Tecnologie dell'Università Parthenope di Napoli: chi ha vinto ha contribuito alla scienza con nove articoli tra il 1990 e il 2003, poi più nulla, salvo qualche presentazione ai congressi. Che alla Parthenope la scienza non sia una priorità sembra di capirlo anche dalla classifica che stiliamo nel grafico di pagina 83. Eppure in questa università i ricercatori sono 200 e i fondi arrivano copiosi: sempre il grafico di pagina 82 mostra che uno scienziato della Parthenope, uno che scrive nove articoli in 17 anni, ad esempio, costa più di ogni altro scienziato italiano.
Parthenope, come molte università nate di recente, magari per una ragion politica, non sembra avere una vocazione scientifica. Come non ce l'hanno al Polo scientifico di via Vivaldi a Caserta, uno dei campus della Sun (Seconda università di Napoli), o alla Mediterranea di Reggio Calabria, all'Università di Macerata, tanto per prendere quelle sedi che secondo il nostro lavoro di valutazione stanno vicine allo zero. Ma non è solo in queste università poco orientate scientificamente (che però ricevono per intero i Fondi di finanziamento ordinario del Miur), che non tutti i ricercatori ricercano.
Il sottosegretario Luciano Modica, il nume dell'università, a un incontro con i ricercatori italiani nel Regno Unito nel gennaio di quest'anno ha raccontato che l'Università di Pisa ha fatto il rating professionale dei suoi scienziati e scoperto che 200 su 1.800 non avevano pubblicato nulla. Modica era contento, gli pareva un buon standard, e certo lo è su scala nazionale. Ma se andiamo a vedere bene: nel nostro diagramma Pisa si colloca entro le prime 20 università, e circa il 10 per cento degli scienziati non pubblica. Non perdiamoci nei calcoli, ma possiamo legittimamente chiederci: quanti sono i ricercatori che ricercano sui 60 mila scienziati italiani? Pochissimi.
Non stupisce, allora, che l'Italia sia la Cenerentola europea. Nella classifica delle 500 migliori università del mondo stilata dalla Shanghai Jiao Tong University, l'Italia compare solo in 102-esima posizione, con il parimerito di Milano (Statale), Pisa e Roma La Sapienza. E va anche peggio nella classifica sulle eccellenze scientifiche redatta dal 'Times': questa volta la prima italiana è l'Università di Bologna, in posizione 173, seguita dalla Sapienza di Roma. I criteri utilizzati per stilare le due classifiche sono diversi, ma il succo rimane uguale: mentre l'Europa, nel suo complesso, regge bene il confronto mondiale, l'Italia appare malconcia, con nessuna università tra le prime cento del mondo. E il Consiglio nazionale delle ricerche, con i suoi circa 7 mila scienziati attivi, non va meglio.
Di solito, arrivati a questo punto del discorso si dà la colpa alla scarsità di fondi. Vero: investiamo in ricerca l'1,10 per cento del Pil contro una media europea dell'1,78 (ma gli Usa investono il 2,67 per cento). Anche per questo abbiamo, in confronto, pochissimi ricercatori: solo 2,9 per mille unità di forza lavoro, contro i 9,7 degli Usa, gli 8 della Germania. Ma anche in questa girandola di numeri conviene andare a vederci chiaro. Lo ha fatto, in uno studio famoso pubblicato nel 2004 su 'Nature', David King, già consigliere scientifico di Tony Blair. King riconosce all'Italia il settimo posto in una classifica mondiale della produzione scientifica complessiva. Se però mettiamo questi risultati in relazione agli investimenti fatti, la musica cambia e passiamo in picchiata dalle prime alle ultimissime posizioni della classifica. Perché, a ben guardare, rispetto al numero di ricercatori, i nostri investimenti non sono pochi. Sebbene la nostra comunità di ricercatori sia più piccola di quella di altri paesi, per singolo ricercatore non spendiamo meno degli altri: in Europa, Giappone e Usa un ricercatore costa in media 180 mila euro all'anno, da noi poco più di 204 mila euro. E questo sposta decisamente l'attenzione dalla scarsità dei finanziamenti, che pur c'è, alla scarsa produttività dei ricercatori.
Intendiamoci, non sempre la scarsa produttività è indice di cattiva volontà: la scienza è un'impresa molto complessa e per riuscire occorrono fondi, capacità e anche un po' di fortuna. Può succedere di non riuscire a ottenere risultati: il fatto è che, in queste condizioni, sarebbe meglio cercare un'altra strada. "Ecco perché non sono affatto d'accordo quando sento parlare di stabilizzazione dei precari", afferma il biochimico Ernesto Carafoli, uno degli scienziati italiani più citati al mondo: "Su cento persone che iniziano, solo dieci hanno i numeri per andare avanti, e solo questi devono fare i ricercatori. In Usa, in Svizzera, in Francia, il lavoro di chi fa ricerca viene valutato periodicamente per stabilire se è il caso di riconfermare la posizione o meno".
Come dire, la scienza è un'attività estremamente dinamica e competitiva. È un affascinante campo di battaglia dove si viaggia alla velocità della luce. Chi sta al passo gioca, chi traccheggia è fuori in men che non si dica. E l'Italia, salvo alcuni gruppi di eccellenti, sembra ormai fuori dai giochi.
ha collaborato Mario Fabbroni
(24 dicembre 2007)
Così AHIME' vincono i reparti di R&D delle aziende.....e normali laureati assunti fanno ciao ciao ai dottorandi per compentenza, dinamismo e pure fantasia.
Oltre che per stipendio ovviamente.
Roba da far accapponare la pelle per quelli - come me - che sono cresciuti credendo nell'università come luogo di eccellenza.
:muro: :muro: :muro:
articolo ECCELLENTE!!
ma dove l'hai pescato?
ricalca al 100 % il mio pensiero.
articolo ECCELLENTE!!
ma dove l'hai pescato ?
http://espresso.repubblica.it/dettaglio/Piu-che-scienziati-fannulloni/1918267&ref=hpsp
Ania
Non pensavo che gli altri istituti del CNR fossero messi così male... Quello dove lavoro (a proposito: ho vinto un concorso per ricercatore a tempo determinato... :D ) non è messo male come produttività. Produciamo parecchi lavori e i fondi ci arrivano da finanziamenti di ditte private per servizi che eroghiamo. Lavoriamo molto sull'analisi di immagini mediche nel campo delle malattie cerebrali sopratutto (Alzehimer, Parkinson, Sclerosi Multipla). Tutti con finanziamenti di case farmaceutiche... Io vorrei sapere chi prende i finanziamenti per quelle malattie... Noi abbiamo messo su un software per verificare con precisione l'efficacia di un dato farmaco su queste malattie. Alcune case farmaceutiche ci pagano per fare queste misure. Abbiamo risonanze magnetiche, PET, TAC ecc. E io in particolare mi occupo dello sviluppo del software (che procede comunque e migliora di anno in anno) e pubblichiamo sia articoli sui trial clinici che facciamo, sia su i vari miglioramenti del software... Vorrei sapere quali sono quegli istituti che non producono... :mbe: Poi ovviamente ci sono ricercatori che lavorano in altri campi, ad esempio cardiologia: la mia collega fa continuamente trial clinici su scintigrafie miocardiche e correlazione tra diabete, ipertensione e eventi cardiaci (infarto ecc...)... Produciamo abbastanza anche nel campo della radioterapia (tumori) e della radioterapia metabolica (cura di tumori tramite isotopi radioattivi, per lo più alla tiroide)...
vBulletin® v3.6.4, Copyright ©2000-2025, Jelsoft Enterprises Ltd.