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View Full Version : Iraq, violenze diminuite del 70%


easyand
25-10-2007, 18:51
sorry, solo in inglese, violenze diminuite del 70% dopo il dispiegamento degli ulteriori 30 mila soldati in febbraio

Violence in Iraq drops sharply: Ministry.

By Aseel Kami

BAGHDAD (Reuters) - Violence in Iraq has dropped by 70 percent since the end of June, when U.S. forces completed their build-up of 30,000 extra troops to stabilize the war-torn country, the Interior Ministry said on Monday.

The ministry released the new figures as bomb blasts in Baghdad and the northern city of Mosul killed five people and six gunmen died in clashes with police in the holy Shi'ite city of Kerbala south of the Iraqi capital.

Washington began dispatching reinforcements to Iraq in February to try to buy Iraq's feuding political leaders time to reach a political accommodation to end violence between majority Shi'ites and minority Sunni Arabs that has killed tens of thousands and forced millions from their homes.

While the leaders have failed to agree on key laws aimed at reconciling the country's warring sects, the troop buildup has succeeded in quelling violence.

Under the plan, U.S. troops left their large bases and set up combat outposts in neighborhoods while launching a series of summer offensives against Sunni Islamist al Qaeda, other Sunni Arab militants and Shi'ite militias in the Baghdad beltway.

Interior Ministry spokesman Major-General Abdul-Karim Khalaf told reporters that there had been a 70 percent decrease in violence countrywide in the three months from July to September over the previous quarter.

GRADUAL IMPROVEMENT

In Baghdad, considered the epicenter of the violence because of its mix of Shi'ites and Sunni Arabs, car bombs had decreased by 67 percent and roadside bombs by 40 percent, he said. There had also been a 28 percent decline in the number of bodies found dumped in the capital's streets.

In Anbar, a former insurgent hotbed where Sunni Arab tribes have joined U.S. forces against al Qaeda, there has been an 82 percent drop in violent deaths.

"These figures show a gradual improvement in controlling the security situation," Khalaf said.

However, in the northern province of Nineveh, where many al Qaeda and other Sunni Arab militants fled to escape the crackdown in Baghdad and surrounding region, there had been a 129 percent rise in car bombings and a corresponding 114 percent increase in the number of people killed in violence.

While the figures confirm U.S. data showing a positive trend in combating al Qaeda bombers, there is growing instability in southern Iraq, where rival Shi'ite factions are fighting for political dominance.

Police said six gunmen were killed in police raids in Kerbala, 110 km (70 miles) southwest of Baghdad.

Some 50 people were killed in Kerbala in August in fierce clashes between fighters loyal to Shi'ite cleric Moqtada al-Sadr and local police, who are seen as aligned to the rival Supreme Iraqi Islamic Council's armed wing, the Badr Organization.

After the clashes, Sadr said he was imposing a six-month freeze on the activities of the Mehdi Army, increasingly seen as beyond his control, so that he could reorganize it.

In Baghdad, three roadside bombs killed four people, including three policemen, while in Mosul one policeman was killed when a blast hit a police patrol.


http://www.reuters.com/article/newsOne/idUSCOL24813120071022

FastFreddy
25-10-2007, 18:59
Adesso ti diranno che son finiti gli iraqueni... :O

anonimizzato
25-10-2007, 19:52
Adesso ti diranno che son finiti gli iraqueni... :O

Perchè non è vero? :O

Jammed_Death
25-10-2007, 20:21
Adesso ti diranno che son finiti gli iraqueni... :O

bè 100 morti al giorno per un paio d'anni :stordita:
ok che hanno tante mogli, ma dagli un po di tregua :asd:

comunque meglio così, speriamo sia vero :)

greasedman
25-10-2007, 20:34
sorry, solo in inglese, violenze diminuite del 70% dopo il dispiegamento degli ulteriori 30 mila soldati in febbraioChe sagacia, aumentano i carcerieri e diminuiscono i reati in carcere. E chi l'avrebbe mai detto... :oink: :rolleyes:

E poi per colpa di chi a giugno c'era addirittura il 70% delel violenze in più? Degli extraterrestri?!?! :rolleyes:

easyand
25-10-2007, 20:40
I leader dei due più potenti gruppi sciiti iracheni (l'imam radicale Muqtada al Sadr e il capo del Siic (Supreme islamic iraqi council ) Abdel Aziz Al Hakim)hanno sottoscritto un Memorandum of Agreement per tentare di mettere fine agli scontri e violenze intra-sciite in Iraq. L’intesa, siglata a Najaf il 6 ottobre e prima nel suo genere, afferma il “rispetto della santità del sangue degli iracheni di tutte le religioni, fedi ed etnìe” e ribadisce la necessità di “evitare propaganda negative reciproche in tutte le attività politiche e culturali comprese le preghiere del venerdì”. Su un piano pratico si prevede altresì la creazione nel sud sciita e in particolar modo a Bassora di “comitati congiunti” in grado di mantenere l’ordine tra le due fazioni.
Il compromesso raggiunto tra l'imam radicale e il capo del Siic può essere visto in modi diversi. Sarebbe stato propiziato dallo spirito del Ramadan, ha spiegato il portavoce del Siic, Haytham al-Husseini. E forse un certo peso nel riavvicinamento l’ha avuto anche la recente e funesta emergenza di colera e dissenteria che, scoppiata nel nord del paese in agosto, si è poi diffusa a macchia di leopardo per l’intero paese. Da un punto di vista partitico e particolaristico potrebbero esserci ragioni concorrenti.

Sadr, dopo l’allontanamento di alcuni suoi ministri dal governo Al Maliki e dopo il massacro di Karbala del 28 agosto causato dall’Esercito del Mahdi, potrebbe effettivamente trovarsi al momento in un angolo. Dall’altra parte lo stesso Hakim, operato di cancro in Iran nel maggio scorso, potrebbe aver meditato la necessità di un periodo di riflessione strategica. Questo in vista di un possibile prossimo avvicendamento con fratello Ammar, considerato un papabile successore secondo Al Jazeera. Da un punto di vista sistemico infine una spinta all’accordo è stata generata dalla crescita della coesione arabo-sunnita, conseguente alla politica americana di empowerement di leader sunniti locali. Ciò avrebbe spinto a una sorta di autodifesa sciita.

Le ricadute positive in questo scenario sono ovvie: diminuendo il livello antagonistico, i fronti di scontro tenderebbero a ridursi. In questa equazione semplificata, ovviamente, non viene considerata l’incognita del parametro curdo, che è funzione della variabile turca. Ma al di là di buoni propositi e delle dichiarazioni ufficiali, della triste emergenza sanitaria e di presunte visioni geopolitiche dei vertici dei partiti sciiti, la fotografia attuale della galassia sciita in Iraq sembra continuare a mostrare fratture secondo almeno tre principali correnti. E queste, a loro volta, presentano al loro interno realtà complesse e frammentate.

La prima corrente fa capo ad al Sadr, che si presenta in una prospettiva di forte ortodossia religiosa anti-quedista e con una tendenza all’autonomia gerarchica da Teheran. Emblematico in questa ottica di realpolitk fu la visita compiuta di Muqtada al Sadr in Arabia Saudita nel 2006. Tale politica, sebbene imposta dal vertice, non viene spesso rispettata dalla base miliziana, con un effetto di scollamento ideologico da parte dello stesso esercito del Mahdi rispetto alla carica apicale.

La seconda corrente, che attualmente appare la più legata agli iraniani - disponendo di migliaia di miliziani addestrati e armati dai pasdaran - fa capo alla famiglia degli al Hakim, fondatrice dello Sciri (Supreme council of the islamic revolution in Iraq), ora Siic. Il suo braccio armato è rappresentato dal Badr corps, i cui elementi hanno peraltro pesantemente infiltrato la pubblica amministrazione irachena.

La terza corrente è incentrata attorno al grande ayatollah di Najaf, Ali al Sistani. E’, tra tutte, la corrente considerata più moderata e che rappresenterebbe la borghesia meno compromessa ideologicamente e politicamente. Ma proprio per questo appare anche essere la più debole come struttura e organizzazione. Si tratta di quella grande maggioranza in gran parte laica, patriottica, aliena da estremismi, non filo-iraniana e disponibile a riconoscere l’autorità di uno stato iracheno non clericale in quanto seguace della scuola di Najaf, che a differenza della scuola iraniana di Qom tollera una separazione di influenza tra religione e stato.

E’ da notare come queste differenti componenti a loro volta si sdoppino spesso secondo almeno un doppio binario non sempre parallelo: quello propriamente partitico e ufficiale e quello miliziano extra-istituzionale, che di volta in volta, a seconda dell’occasione, si trasforma in attore dormiente, ammortizzatore sociale o squadrone della morte punitivo. Il concetto di ‘milizia’ applicato al contesto iracheno dovrebbe allora essere visto come un elemento informale e atipico ma costante, al momento non riassorbibile nel tessuto istituzionale dello stato formalmente legittimo.

In particolare, la presenza di milizie in Iraq appare per certi versi un fenomeno da considerarsi endemico. Mancando ancora una pienamente sviluppata cultura politica, ogni partito o movimento è in parte anche un’aggregazione di individui legati da rapporti tribali, di clientela o di opportunità, piuttosto che una formazione con un programma politico chiaro e delle idee sulla gestione dello Stato. Essendo la cultura politica ancora immatura, specie nelle sue articolazioni periferiche, la violenza e l’intimidazione rientrano ancora nella dinamica socio-politica e quindi la presenza di organizzazioni di sicurezza (i c.d. livelli miliziani) all’interno dei partiti diviene sia una necessità che uno strumento attraverso cui misurare il proprio peso politico.

Secondo un recente studio della università di Bassora, le bande armate attive nell’intero Iraq sarebbero 144 e potrebbero contare su 250 mila uomini. Nella città meridionale le più attive sarebbero quelle sciite: del partito Dawa, che fa riferimento al premier al Maliki; le Brigate Badr, affiliate con Abdul Aziz al Hakim del Siic; l'esercito del Mahdi di Moqtada Sadr; il partito Fadhila di Mohammad al Yacoubi; l'Hezbollah iracheno. Su tutto, andrebbe poi anche considerato l'alto livello di infiltrazione delle milizie stesse nelle forze di sicurezza istituzionali creando fenomeni di doppia fedeltà tra stato e partito.

In un simile contesto, scompare la figura del ‘hostis’ nell’accezione di “nemico pubblico” mentre continua la moltiplicazione degli ‘inimici’, i nemici privati’ con l’alienazione della funzione militare e di sicurezza dal potere statale a una moltitudine di soggetti privati, religiosi, partitici e miliziani che non avrebbero la legittimità per gestirla secondo una impostazione occidentale.

pagine di difesa

sider
26-10-2007, 08:26
E' stata un successone la campagna iraquena. L'iraq straborda di democrazia, per far calare le violenze basta aumentare il numero di soldati.
Un vero successo. L'unica cosa che possono fare è andarsene. Ci sarà un periodo di lotta e guerre interne e poi , forsae e dico forse, si stabilizzeranno dividendosi il territorio.

LittleLux
26-10-2007, 14:12
Adesso ti diranno che son finiti gli iraqueni... :O

di certo non sono aumentati

Fil9998
26-10-2007, 14:27
propaganda.

di bassa lega e di limitata fantasia e arguzia pure.
il metodo stesso di calcolo di morti e feriti è ampliamente controverso... figuriamoci i risultati che ne derivano.

suvvia, ma è questa la favola migliore che fior di cervelli iper pagati e iper specializzati riescono a produrre??


un semplice: "le cose non è vero che vanno male" ?


PUERILE.


susu impegnamoci un po'.

Solertes
26-10-2007, 14:38
Sarebbe perfetto se non fosse per quei maledetti semafori :asd: