Alien
24-10-2007, 10:04
Il 24 ottobre 1917 è il giorno della disfatta di Caporetto. La disfatta per eccellenza delle nostre truppe, tanto da diventare un luogo comune, un'espressione del linguaggio quotidiano. L'attacco austriaco avviene nella notte fra il 23 e il 24. Il fronte giulio (delle Alpi Giulie) segna il confine fra l'impero austroungarico e l'Italia. Il fiume Isonzo è in gran parte in mani italiane. Lo schieramento, con 63 divisioni, comprende quasi due milioni di uomini disposti su tre linee: avanzata, di difesa a oltranza, d'armata. I soldati vivono da mesi in trincea in condizioni di grande miseria psicologica, fisica, igienica. Trincea vuol dire fango fino a mezza gamba, intemperie senza protezione, poca acqua per lavarsi, incertezza del vivere – "si sta come d'autunno sugli alberi le foglie". Quella notte una sequenza di cannonate sparge nell'aria un gas annunciando un'azione che non è la solita routine di tutti i giorni. Il gas è acido cianidrico – paralizza i centri respiratori. I bombardamenti vanno avanti per metà della notte, poi c'è una tregua di un paio d'ore e ricominciano. L'artiglieria italiana risponde, alla ripresa, ma la nebbia gioca a favore degli austrotedeschi che avanzano lentamente e senza molto rumore, a piccoli gruppi anziché in forze e a ranghi serrati, con l'obiettivo di disorientare e rompere il fronte in più punti, senza fortificare le posizioni conquistate per non perdere tempo, senza fare prigionieri, penetrando sempre più in profondità in modo da prendere anche alle spalle gli italiani. Hanno mitragliatrici leggere molto più funzionali dei pesanti fucili in dotazione ai nostri. Per di più le comunicazioni telefoniche fra le nostre postazioni saltano perché i fili non sono né protetti né interrati e vengono tagliati dal nemico man mano che avanza. L'assalto finale avviene alle 8 della mattina. Ogni trincea abbandonata è una falla che contribuisce al crollo del muro difensivo. Quando gli attacchi partono dall'alto, con l'aiuto della nebbia che ostacola la visibilità, cadono verso valle piccole frane che peggiorano la situazione e la percezione della sconfitta imminente. Ciò che è difficile da capire è come sia potuto accadere tutto questo quando da alcuni giorni due disertori avevano informato dell'attacco il comando italiano e dato riferimenti precisi sui movimenti dell'esercito austrotedesco, avvertendo persino che sarebbero stati lanciati i gas – che sarebbero stati fatali perché le maschere antigas non si potevano usare (avrebbero impedito i movimenti e quindi reso impossibile ogni difesa). Nessun piano viene preparato e l'unica indicazione, data a giorno inoltrato (anzi, verso sera), è impossibile da eseguire: l'organizzazione di una difesa arretrata è un controsenso, quando la gran parte degli uomini sono stati ammassati in posizioni avanzate in vista di un combattimento quasi esclusivamente offensivo. Cadorna avrà la spudoratezza di dare ogni colpa ai soldati che "vilmente ritiratisi senza combattere e ignominiosamente arresisi al nemico, hanno permesso alle forze armate austrogermaniche di rompere la nostra ala sinistra sulla fronte giulia". Il governo presieduto da Vittorio Emanuele Orlando lo destituisce e affida il comando ad Armando Diaz quando già gli austriaci hanno raggiunto la pianura, hanno occupato Udine e Cividale, si sono posizionati sul Tagliamento. Il nostro esercito si difende e si riorganizza, rimette in sesto i collegamenti, contando sulle forze relativamente fresche dei 700 mila soldati che meno hanno subito gli effetti della rotta di Caporetto. Una battaglia era stata persa. La guerra non lo sarà.
Una pagina tanto discussa della nostra storia ma che, fortunatamente, è stata anche l'inizio della fine della guerra e di tanta sofferenza.
Una pagina tanto discussa della nostra storia ma che, fortunatamente, è stata anche l'inizio della fine della guerra e di tanta sofferenza.