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View Full Version : Corrotti impuniti e felici


Igor
05-10-2007, 14:02
http://espresso.repubblica.it/dettaglio/Corrotti-impuniti-e-felici/1808149&ref=hpstr1

Corrotti impuniti e felici
di Leo Sisti

Nell'Italia delle tangenti, in 20 anni solo il 2 per cento ha pagato con il carcere. In alcune regioni non ci sono state condanne. E oggi nessuno indaga. I dati choc di uno scandalo


C'era una volta la lotta alla corruzione. Lotta dura, simboleggiata da Mani pulite. Lotta che ha sconvolto l'Italia della politica e dell'impresa nella metà degli anni Novanta. Memorabile l'immagine di quell'industriale che usciva dal carcere milanese di San Vittore, borsa Vuitton in alto, simbolo di ricchezza e del suo potere. Aveva resistito poche ore alle manette. E giù una confessione-fiume sulle mazzette da lui girate a questo o quell'uomo politico. Purché si aprissero dietro lui le porte della prigione, in vista del processo. Ma, dopo le sentenze, quanti corruttori o corrotti hanno veramente pagato? Quanti gironi infernali hanno dovuto attraversare prima di riavere la libertà definitiva? La sensazione che pochissimi fossero gli sfortunati era diffusa. Ora c'è la certezza.

La legge non è uguale per tutti
Nell'arco di vent'anni, dal 1983 al 2002, compreso quindi il periodo di Tangentopoli, solo il 2 per cento ha scontato pene in carcere, mentre il 98 per cento l'ha fatta franca. O perché è scattata la sospensione condizionale (sotto i due anni) o perché sono state riconosciute misure alternative (servizi sociali: tra due e tre anni). E soprattutto perchè nell'87 per cento dei casi la sentenza è stata mite: sempre meno di due anni.

Sono cifre rese pubbliche da una ricerca condotta dall'ex pm Piercamillo Davigo, uno dei protagonisti di Mani pulite, ora giudice di Cassazione, e Grazia Mannozzi, docente di diritto penale all'Università dell'Insubria (Como e Varese). Ricerca riversata nel libro 'La corruzione in Italia', editore Laterza, in libreria dal 5 ottobre. Due anni per un lavoro tutto sui numeri, tratti dal Casellario giudiziale centrale. Una miniera di dati che inizialmente dovevano dar vita a una smilza analisi destinata a una rivista specializzata di diritto. Ne è venuto fuori invece un volume di 373 pagine, ricco di grafici e tabelle. Dentro, un inedito censimento sulle tangenti 'made in Italy'. Con risultati choc. Ad esempio, solo due condanne a Reggio Calabria (in vent'anni!). Ancora. Nessuno riesce a immaginare che la Finlandia, il paese più 'virtuoso' in Europa, secondo le statistiche di Transparency International, possa registrare condanne per corruzione quasi uguali a quelle dell'Italia. Che invece, sempre secondo Transparency International (classifiche elaborate sulla base di indici di 'percezione'), è al penultimo posto, davanti al fanalino di coda Grecia, la più corrotta.


Strano. Forse il Casellario ha dimenticato di censire parte della documentazione? Difficile, anzi impossibile. La realtà è un'altra. Mentre una parte della vecchia classe politica della Prima Repubblica, dal Psi di Bettino Craxi alla Dc di Arnaldo Forlani, cadeva sotto i colpi delle procure più attive (pochissime. come si vedrà), un'altra parte studiava come creare degli 'anticorpi'. Gli 'anticorpi' sono solo le manovre sfociate nel cosiddetto 'giusto processo'. Ovvero nelle modifiche di alcune norme della Costituzione (articolo 111) , e del codice penale. Cardine della riforma: l'obbligo, per gli imprenditori che hanno versato tangenti, di ripetere in fase di dibattimento quanto avevano messo a verbale durante la fase delle indagini. Non è più sufficiente che il pm presenti in aula il testo delle dichiarazioni rese in precedenza.

Insomma prima della riforma tutto questo bastava perché l'imprenditore negoziasse il patteggiamento e potesse abbandonare i tribunali il più presto possibile. Dopo avrebbe dovuto tornare nelle stesse aule e rievocare spiacevoli episodi della propria vita, tutti da dimenticare. Ma quando mai... Di colpo, un nuovo scenario si affaccia nelle corti di giustizia: chi dovrebbe aprire la bocca additando i corrotti fa invece scena muta. Grazie al giusto processo e alle sue innovazioni vengono azzerate le prove. Morale: tante belle assoluzioni.

E non è tutto. Nella prefazione al libro di Davigo e Mannozzi, Vittorio Grevi, professore di procedura penale a Pavia, scrive: "I risultati concreti dell'attività investigativa (...) sono stati inferiori alle attese, a causa dell'ampiezza della 'cifra grigia' dei fatti criminosi scoperti e accertati, ma non sanzionati da condanna definitiva, molto spesso per via della prematura scadenza dei termini di prescrizione". A proposito di risultati. I due autori bacchettano i corpi di polizia che "tendono a privilegiare l'attività di sicurezza pubblica rispetto a quella di polizia giudiziaria", ossia trascurano le indagini delle procure. Per questo annotano: "Non riteniamo di poter correlare alla (loro) attività la massiccia emersione della corruzione negli anni '92-94". A buon intenditor...

Geopolitica delle mazzette
Un'altra delle sorprese che balzano all'occhio leggendo 'La corruzione in Italia' riguarda la distribuzione del sistema mazzettaro sul territorio: "Intere aree geografiche del nostro paese, almeno stando al numero delle condanne per corruzione e concussione (l'estorsione del pubblico ufficiale, ndr) passate in giudicato, non sembrano essere state neppure sfiorate dal fenomeno Tangentopoli". Partiamo dai più bravi. Al primo posto, l'area della Corte d'appello di Milano (882 casi), seguita da quella di Torino (568), Napoli (538) e Lecce (poco meno di 500). Stupiscono Genova (137) e, soprattutto, Firenze, "interessata a malapena da Mani pulite".

Nel Meridione c'è invece atmosfera da 'grande freddo', con l'eccezione, come si è visto, di Lecce e Napoli, dove "la macchina giudiziaria sembra aver funzionato efficacemente". Se a Reggio Calabria, però, quanto a condanne, c'è il deserto, non meglio se la cavano altri distretti meridionali. Come L'Aquila, Potenza, Salerno e Campobasso, per nulla toccati dalle "inchieste per corruzione". Stesso clima dal fronte di altre città della Sicilia e della Sardegna: Catania, Caltanissetta e Cagliari. Ma come, tutto lo Stivale è pervaso da un'atmosfera tale da "rovesciare un intero sistema politico con una risonanza mediatica senza precedenti" e laggiù non succede nulla? Secco il commento di Davigo-Mannozzi: "La repressione della corruzione in Italia tra il 1983 e il 2002 è avvenuta a macchia di leopardo". Colpendo solo alcuni distretti e "lasciando completamente indenni altri".

L'omertà criminale
Andiamo allora a vedere che cosa succede nel profondo Sud. Come si spiega la vicenda di Reggio? Non si può certo credere che quella fosse una zona franca. Tanto più che l'ex sindaco Agatino Licandro, dimessosi nel '92, quindi nel pieno di Mani pulite, ha raccontato nel libro 'La città dolente' "i particolari del patto del disonore con nomi, fatti, circostanze, e citando tutti i documenti necessari per trovare riscontri e prove". Come mai ci si imbatte in un numero così modesto di fatti di corruzione? Non solo in Calabria, ovviamente, ma anche nelle altre regioni appena nominate.

Cerchiamo allora di capire, dati alla mano, se vi è uno stretto intreccio tra corruzione e criminalità organizzata. Con una premessa. Quello della corruzione è un 'mercato illegale', come gli altri tipici mercati illegali, dal traffico di droga al gioco d'azzardo. Nelle zone ad alta densità mafiosa è anch'esso sotto il controllo delle singole associazioni espressione del territorio, vale a dire la 'ndrangheta in Calabria, Cosa nostra in Sicilia e così via. Pertanto non è un caso se ci sono funzionari pubblici a libro paga delle organizzazioni. Su questo tema Davigo e Mannozzi sono arrivati alla seguente conclusione: "La corruzione giunge a conoscenza dell'autorità in misura più ridotta quando risulta 'gestita' dalla criminalità organizzata con i metodi della intimidazione e la cultura dell'omertà che le fanno da sfondo e da collante". Insomma, pochi casi vengono accertati. Rappresentano la punta dell'iceberg, quella che spunta dall'acqua. Ma il grosso continua a rimanere sotto, nella montagna sommersa.

C'era una volta Mani pulite
Dunque, dopo l''euforia' di Mani pulite, mazzette e tangenti sembrerebbero un retaggio del passato. Invece impazzano, come Transparency International non si stanca di segnalare ogni anno. Il problema è quali misure adottare per farle uscire dallo stato di occultamento nel quale nuotano indisturbate costituendo la 'cifra nera', una "massa di fatti punibili, ma non scoperti". L'idea di Davigo e Mannozzi è di puntare su un obiettivo concreto: smascherare la corruzione, scrivono, "incentivando la propensione alla denuncia". Si tratterebbe di rendere possibile, anche per questo tipo di reato, la collaborazione, come avviene per la mafia. In cambio: la non punibilità per chi apre il libro dei suoi ricordi. È un progetto di cui s'era già parlato a un famoso convegno a Cernobbio, sulle rive del lago di Como. Era il 1994, due anni dopo la deflagrazione di Mani pulite. Che fine ha fatto quella proposta? Occultata. Come le tangenti 'made in Italy'.

(04 ottobre 2007)

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Igor
05-10-2007, 14:03
http://espresso.repubblica.it/dettaglio/Lantipolitica-sono-loro/1808267//0
L'antipolitica sono loro
di Leo Sisti

Dopo Mani pulite i partiti hanno pensato solo alla restaurazione. Mentre il sistema delle tangenti è andato avanti. Così alla fine è nato il grillismo. Parola di Davigo
Colloquio con Piercamillo Davigo

Dopo l'esplosione di Mani pulite l'attività di chi gestisce questo Paese è stata di rimettere il coperchio sulla pentola, non di far uscire il fango: un maldestro tentativo di restaurazione. Il 'grillismo' è nato da lì. Parla Piercamillo Davigo, uno dei pm di punta della Procura di Milano, protagonista di una stagione che nel '92 è stata il detonatore della più grave crisi politica dal dopoguerra. Ne ricorda i contorni in questa intervista a 'L'espresso' in occasione dell'uscita del suo libro, scritto con Grazia Mannozzi, 'La corruzione in Italia'. È anche per Davigo, da due anni giudice di Cassazione, l'occasione per discutere sul 'che fare' per stroncare il meccanismo perverso delle tangenti, tuttora imperante, ma anche su antipolitica, privilegi della casta, Beppe Grillo e ruolo dei media. Tracciando così un bilancio impietoso dell'Italia, che rischia di arrivare a un punto di rottura se non si pone rimedio alla piaga delle mazzette.

Dai dati da lei tratti dal casellario giudiziale nell'arco di vent'anni, dal 1983 all 2002, risulta che il picco delle denunce viene raggiunto tra il '93 e il '94, per precipitare nel 2000 ai livelli registrati prima dell'arresto di Mario Chiesa. Che cosa significano queste cifre? Mani pulite è dunque uno spartiacque?
"I numeri dimostrano in modo incontrovertibile che la corruzione esisteva ed era diffusa. Certo, se si guarda al 'prima' e al 'dopo' in base alle statistiche giudiziarie o dell'Istat, il nostro sembra un Paese onestissimo. Il che contrasta con gli indicatori elaborati da Transparency International, che nel 2006 colloca la 'virtuosa' Finlandia al primo posto in Europa e noi al penultimo, seguiti dalla Grecia. E pensare che proprio Mani pulite ha rivelato l'esistenza di intere aree dominate dalla corruzione. Nel momento in cui ci si preoccupa del declino italiano, compito di tutti, politici, intellettuali, giornalisti, imprenditori, dovrebbe essere quello di studiare metodi per contenere questo fenomeno. Invece negli ultimi 15 anni, l'unica iniziativa in questo senso è venuta da organismi internazionali che hanno costretto Roma a ratificare nuove convenzioni. In compenso molto è stato fatto per ostacolare processi e sventare il pericolo di condanne".


Però Mani pulite aveva creato aspettative di pulizia, di risanamento della società. Alcuni, delusi, sostengono che nulla è cambiato, Mani pulite non sarebbe servita a niente. Ed ecco Beppe Grillo e l'antipolitica che stanno creando nuovi scenari.
"Tutto questo è conseguenza di un pessimo tentativo di restaurazione. Mani pulite ha invece svelato che cosa c'era dietro la coltre della politica: prove, tante prove, che si rubava. Confessioni, in massa, di persone che ricoprivano ruoli importanti nell'economia e nella politica. È vero, ci sono state anche delle assoluzioni, ma perlopiù solo perché erano state cambiate alcune leggi processuali. La politica è stata incapace di capire che il problema, vitale per la sua sopravvivenza, era quello di frenare la corruzione".

Beppe Grillo ha puntato il dito, tra l'altro, contro deputati o senatori che, pur condannati con sentenze definitive, non lasciano il loro scranno. Qual è la sua opinione?
"Non si tratta solo di questo. Ci sono anche uomini politici che sono stati assolti pur essendo rei confessi. È decente che siedano in Parlamento? Ancora. Due componenti della Commissione antimafia sono stati processati in Tribunale: uno è stato condannato, l'altro ha patteggiato. In loro difesa ho sentito pronunciare questa frase: 'I partiti scelgono chi gli pare'. Ma è mai possibile una simile presa di posizione? Ne va della credibilità dell'istituzione. Chi è onesto dovrebbe rifiutarsi di sedere vicino a condannati o a chi ha confessato reati".


Secondo il programma dell'Unione alcune leggi 'berlusconiane' avrebbero dovuto essere cancellate, come ad esempio quella sul falso in bilancio, oggi reato sostanzialmente depenalizzato. Niente è stato fatto. Il malcontento generalizzato non può essere anche conseguenza di un simile comportamento?
"Certamente non contribuisce a rendere affidabile la classe politica su alcuni comportamenti fondamentali. Capisco che il centrosinistra sia in difficoltà, ha una maggioranza risicata al Senato e se anche avesse voluto, forse non sarebbe riuscito nell'intento. Non sono in grado di esprimere giudizi di questo genere. Non mi occupo di politica. Sui princìpi, però, ne sono convinto, non si negozia. Mai".


In questo periodo spesso è sotto tiro l'atteggiamento dei mass media verso la politica, inclusi anche i giornalisti che soprattutto in tv evitano domande scomode.
"Nessun giornalista contesta mai con dati di fatto quanto viene riferito dai politici. Non so se sia solo una questione di volontà. Credo sia anche una questione di capacità".


Nel '92 Mani pulite è scoppiata, come s'è visto, perché i conti dello Stato erano drammatici. È stata inevitabile la rottura del sistema. E adesso?
"Non credo avvenga subito, anche se ora non è in atto una recessione. Certo se ci dovesse essere una grave crisi economica, il sistema potrebbe rompersi. Un meccanismo di corruzione diffusa è incompatibile con uno stato moderno. Così non può durare".

dantes76
05-10-2007, 14:05
Dipetro..? un giustizialista...:rolleyes: