FabioGreggio
28-09-2007, 11:37
Garlasco, la tomba dei Ris
Venerdí 28.09.2007 10:52
di Antonino D’Anna
Alberto Stasi
Alberto Stasi, indagato per l’omicidio della fidanzata Chiara Poggi, torna in libertà per insufficienza di prove. Così insufficienti da spingere il giudice per le indagini preliminari a non ritenere opportuno adottare misure cautelari: per il Gip Alberto non può fuggire, reiterare il delitto, inquinare le prove. Perché nella sua valutazione non può accadere.
Era ora che qualcuno spiegasse ai pm (i “capi” di polizia e carabinieri che indagano sul caso) che le analisi dei Ris, sia pure competenti e particolareggiate, non sono LA prova per eccellenza che dimostra la colpevolezza al 100%. E con i Ris intendiamo parlare anche della Scientifica. Il senso della scelta di oggi, se la mettiamo insieme alla vicenda di Cogne, dove i Ris sono finiti in un vero e proprio ciclone scatenato dall’avvocato Carlo Taormina, è che le indagini non sono solo un fatto chimico, ma di testa: cioè di riflessione. Il presunto sangue di Chiara Poggi sul pedale della bici di Alberto, che per gli avvocati del ragazzo è solo una macchia e per gli inquirenti è invece una “prova schiacciante”, da solo non basta – per il Gip – a lasciare Stasi in carcere.
Le indagini, dunque, non devono – non possono, a questo punto – basarsi solo su analisi. Che per quanto particolareggiate (e i Ris sono tra i reparti migliori al mondo in questo campo, sia ben chiaro), da sole non bastano a integrare il lavoro del pubblico ministero. Non ci si può affidare ai Ris trasformandoli, di fatto, in un superpm onnipotente e capace di risolvere ogni caso, dal più banale a Cogne o Garlasco: chi lo fa mostra di non essere professionale e sarebbe meglio lasciasse l'incarico. Casi come questi, del resto, mettono a dura prova le effettive capacità degli inquirenti. Perché oltre a questo, con l’indagato devi parlare e vedere come reagisce, conoscere luoghi e mentalità. Giovanni Falcone ricorda, in Cose di Cosa Nostra: “Sono cresciuto a Palermo. Da una strizzatina d’occhi, da un’inflessione nella voce, capisco un mucchio di cose”.
Leva il muso, odorando il vento infido, cita Alessandro Manzoni nei Promessi sposi. Il bracco, il “segugio” ha bisogno anche di questo. Non solo di referti. Che possono essere messi in discussione fino a smentire completamente trionfali annunzi di “prove schiaccianti” come quelli fatti dal procuratore di Vigevano Alfonso Lauro. Quello che, per intenderci, aveva anche pensato di istituire un numero verde per incoraggiare eventuali segnalazioni. Pazienza. Garlasco, sinora, è sembrata per il momento una vicenda inquisitoriale: una di quelle, cioè, in cui anche se si è innocenti bisogna arrendersi alla colpa. Alberto Stasi è un presunto innocente, ma chi pensava fosse l’assassino è per ora rimasto scornato. E tutto deve ricominciare daccapo.
Da che parte riprendere il discorso? Bisogna buttare giù tutto, o c’è qualcosa che può essere salvato? Questo spetta a chi indaga. Da cui vorremmo conoscere la verità o qualcosa che ci si avvicina. Ma non una scommessa basata sulle indagini, seppure altamente professionali, dei Ris. Questa non è una fiction, il dramma è purtroppo reale.
http://canali.libero.it/affaritaliani/milano/garlasco2809.html
E così dopo una Polizia inutile e repressiva, ora ci siamo giocati anche i RIs, incapaci di trovare l'arma, come a Cogne, impronte determinanti, come a Cogne, elementi certi, come a Cogne.
E come Cogne ci ciucceremo 10 puntate di Vespa che dopo aver parlato dell'imminente crisi del Governo ( ce l'ha per contratto) indagheraà con criminologi e souberettes.
fg
Venerdí 28.09.2007 10:52
di Antonino D’Anna
Alberto Stasi
Alberto Stasi, indagato per l’omicidio della fidanzata Chiara Poggi, torna in libertà per insufficienza di prove. Così insufficienti da spingere il giudice per le indagini preliminari a non ritenere opportuno adottare misure cautelari: per il Gip Alberto non può fuggire, reiterare il delitto, inquinare le prove. Perché nella sua valutazione non può accadere.
Era ora che qualcuno spiegasse ai pm (i “capi” di polizia e carabinieri che indagano sul caso) che le analisi dei Ris, sia pure competenti e particolareggiate, non sono LA prova per eccellenza che dimostra la colpevolezza al 100%. E con i Ris intendiamo parlare anche della Scientifica. Il senso della scelta di oggi, se la mettiamo insieme alla vicenda di Cogne, dove i Ris sono finiti in un vero e proprio ciclone scatenato dall’avvocato Carlo Taormina, è che le indagini non sono solo un fatto chimico, ma di testa: cioè di riflessione. Il presunto sangue di Chiara Poggi sul pedale della bici di Alberto, che per gli avvocati del ragazzo è solo una macchia e per gli inquirenti è invece una “prova schiacciante”, da solo non basta – per il Gip – a lasciare Stasi in carcere.
Le indagini, dunque, non devono – non possono, a questo punto – basarsi solo su analisi. Che per quanto particolareggiate (e i Ris sono tra i reparti migliori al mondo in questo campo, sia ben chiaro), da sole non bastano a integrare il lavoro del pubblico ministero. Non ci si può affidare ai Ris trasformandoli, di fatto, in un superpm onnipotente e capace di risolvere ogni caso, dal più banale a Cogne o Garlasco: chi lo fa mostra di non essere professionale e sarebbe meglio lasciasse l'incarico. Casi come questi, del resto, mettono a dura prova le effettive capacità degli inquirenti. Perché oltre a questo, con l’indagato devi parlare e vedere come reagisce, conoscere luoghi e mentalità. Giovanni Falcone ricorda, in Cose di Cosa Nostra: “Sono cresciuto a Palermo. Da una strizzatina d’occhi, da un’inflessione nella voce, capisco un mucchio di cose”.
Leva il muso, odorando il vento infido, cita Alessandro Manzoni nei Promessi sposi. Il bracco, il “segugio” ha bisogno anche di questo. Non solo di referti. Che possono essere messi in discussione fino a smentire completamente trionfali annunzi di “prove schiaccianti” come quelli fatti dal procuratore di Vigevano Alfonso Lauro. Quello che, per intenderci, aveva anche pensato di istituire un numero verde per incoraggiare eventuali segnalazioni. Pazienza. Garlasco, sinora, è sembrata per il momento una vicenda inquisitoriale: una di quelle, cioè, in cui anche se si è innocenti bisogna arrendersi alla colpa. Alberto Stasi è un presunto innocente, ma chi pensava fosse l’assassino è per ora rimasto scornato. E tutto deve ricominciare daccapo.
Da che parte riprendere il discorso? Bisogna buttare giù tutto, o c’è qualcosa che può essere salvato? Questo spetta a chi indaga. Da cui vorremmo conoscere la verità o qualcosa che ci si avvicina. Ma non una scommessa basata sulle indagini, seppure altamente professionali, dei Ris. Questa non è una fiction, il dramma è purtroppo reale.
http://canali.libero.it/affaritaliani/milano/garlasco2809.html
E così dopo una Polizia inutile e repressiva, ora ci siamo giocati anche i RIs, incapaci di trovare l'arma, come a Cogne, impronte determinanti, come a Cogne, elementi certi, come a Cogne.
E come Cogne ci ciucceremo 10 puntate di Vespa che dopo aver parlato dell'imminente crisi del Governo ( ce l'ha per contratto) indagheraà con criminologi e souberettes.
fg