Ileana
30-08-2007, 22:44
Spero non sia una notizia old, ma è importante:
Svelati gli indirizzi email e le password segrete
Denuncia contro Yahoo! «Ha tradito i dissidenti»
Il portale ha passato i dati alla polizia
DAL NOSTRO INVIATO PECHINO - Va peggio agli attivisti cinesi che hanno scelto Internet per dire la loro sul regime e incappano nella polizia che pattuglia la Rete. Ma qualcosa può andare storto anche agli insospettabili, o quasi, che più o meno direttamente aiutano le autorità di Pechino. Un' organizzazione per i diritti umani, la World Organization for Human Rights, ha deciso di intraprendere un' azione legale negli Stati Uniti contro il provider «Yahoo!», responsabile di collaborare con il regime nell' identificazione di chi compie attività «illegali». I navigatori così identificati subiscono condanne per quelli che sono normalmente ritenuti altrove «reati d' opinione». A San Francisco la ong si è mossa a nome di due attivisti recentemente arrestati. Si chiamano Shi Tao e Wang Xiaoning. Shi è uno dei prigionieri la cui liberazione è stata sollecitata proprio ieri dalla lettera firmata da 1060 personalità cinesi e indirizzata al presidente Hu Jintao. A Shi nel 2005 sono stati inflitti 10 anni di carcere: sfidando leggi restrittive affinate nel corso degli anni, aveva criticato e messo alla berlina episodi di corruzione tra esponenti del Partito. Lo hanno scoperto. E lo hanno scoperto - da qui muove l' accusa dell' organizzazione - perché «Yahoo!» ha passato ai censori di Pechino l' identificativo e la password corrispondenti a Shi Tao. Delazione. E' stato in occasione di un viaggio a Washington della moglie di Wang Xiaoning che «Yahoo!» ha recentemente ammesso forme di collaborazione con le attività repressive di Pechino. «Yahoo!» si difende secondo una linea sperimentata al tempo delle prime critiche sulle sue contiguità, o cedevolezze, nei confronti della Cina autoritaria. La sua tesi (condivisa da altri operatori) è che per accedere a un Paese non si può non rispettarne gli obblighi di legge. E la Repubblica Popolare, con i suoi 137 milioni di utenti, è il mercato chiave del web, una nazione destinata a sorpassare gli Usa nel giro di un paio d' anni per numero di navigatori. «Yahoo!», così come «Google», elimina interi siti dai suoi motori di ricerca, blocca parole sensibili. Al resto pensano i «firewall», i sistemi di protezione allestiti dalla polizia informatica, con il risultato che alcuni siti restano inaccessibili dal territorio della Repubblica (ma non dalle regioni speciali di Hong Kong e di Macao): da www.amnesty.it, per Amnesty International, fino alla Bbc (il cui notiziario riportava ieri in bella evidenza la notizia della causa a «Yahoo!»). Meglio poche notizie che nessuna notizia, aggiungono i provider che operano in Cina a proposito della decisione di operare su quel mercato. E gli utenti locali navigano agevolmente in una moltitudine di siti che ormai coprono l' intera gamma immaginabile, fatti salvi - appunto - i vincoli della censura. Nonostante la quale, tuttavia, sul web cinese finiscono come ovunque sesso, pirateria musicale e film. Il regime, peraltro, sfrutta a sua volta Internet, con siti di ministeri e agenzie governative ben articolati; si concede slanci populistico-giovanilistici, tipo il gioco on line nel quale si devono eliminare funzionari corrotti e che dopo poche settimane, si è saputo ieri, deve chiudere per poter reggere il successo e l' impatto di un numero spropositato di visitatori. E tredici portali cinesi, tra cui i giganti «Sina» e «Sohu», dal 1° settembre hanno accettato di far comparire sugli schermi dei loro utenti, ogni mezz' ora, due poliziotti virtuali, maschio e femmina, a rammentare che c' è una legge e che violarla può essere un bel guaio. Cosmesi. Tentativi del regime di apparire dolce, secondo i detrattori di «Yahoo!». Che, infatti, la settimana scorsa con altri operatori (vedi «Msn») ha firmato un codice di condotta concepito da Pechino per «tutelare gli interessi dello Stato» ma che secondo Reporters Sans Frontieres rischia di segnare la fine per i blog più vivaci e i blogger anonimi, i più ostici per il regime. Secondo l' Associazione cinese per Internet (governativa), gli aderenti garantiscono di «non diffondere messaggi illegali» anche in vista del Congresso del partito comunista, così da «promuovere tra i mezzi d' informazione un clima favorevole». Chi non ci sta, peggio per lui. * * * Pechino e la Rete CONTROLLO Il governo cinese sorveglia i contenuti e lo scambio di informazioni su Internet attraverso corpi speciali di polizia informatica CENSURA Tra i temi di cui non si può parlare, la corruzione dei funzionari pubblici e l' inquinamento.
http://archivio.corriere.it/archiveDocumentServlet.jsp?url=/documenti_globnet/corsera/2007/08/co_9_070829109.xml
Personalmente ho cancellato completamente Yahoo dalla lista dei siti che frequento.
Svelati gli indirizzi email e le password segrete
Denuncia contro Yahoo! «Ha tradito i dissidenti»
Il portale ha passato i dati alla polizia
DAL NOSTRO INVIATO PECHINO - Va peggio agli attivisti cinesi che hanno scelto Internet per dire la loro sul regime e incappano nella polizia che pattuglia la Rete. Ma qualcosa può andare storto anche agli insospettabili, o quasi, che più o meno direttamente aiutano le autorità di Pechino. Un' organizzazione per i diritti umani, la World Organization for Human Rights, ha deciso di intraprendere un' azione legale negli Stati Uniti contro il provider «Yahoo!», responsabile di collaborare con il regime nell' identificazione di chi compie attività «illegali». I navigatori così identificati subiscono condanne per quelli che sono normalmente ritenuti altrove «reati d' opinione». A San Francisco la ong si è mossa a nome di due attivisti recentemente arrestati. Si chiamano Shi Tao e Wang Xiaoning. Shi è uno dei prigionieri la cui liberazione è stata sollecitata proprio ieri dalla lettera firmata da 1060 personalità cinesi e indirizzata al presidente Hu Jintao. A Shi nel 2005 sono stati inflitti 10 anni di carcere: sfidando leggi restrittive affinate nel corso degli anni, aveva criticato e messo alla berlina episodi di corruzione tra esponenti del Partito. Lo hanno scoperto. E lo hanno scoperto - da qui muove l' accusa dell' organizzazione - perché «Yahoo!» ha passato ai censori di Pechino l' identificativo e la password corrispondenti a Shi Tao. Delazione. E' stato in occasione di un viaggio a Washington della moglie di Wang Xiaoning che «Yahoo!» ha recentemente ammesso forme di collaborazione con le attività repressive di Pechino. «Yahoo!» si difende secondo una linea sperimentata al tempo delle prime critiche sulle sue contiguità, o cedevolezze, nei confronti della Cina autoritaria. La sua tesi (condivisa da altri operatori) è che per accedere a un Paese non si può non rispettarne gli obblighi di legge. E la Repubblica Popolare, con i suoi 137 milioni di utenti, è il mercato chiave del web, una nazione destinata a sorpassare gli Usa nel giro di un paio d' anni per numero di navigatori. «Yahoo!», così come «Google», elimina interi siti dai suoi motori di ricerca, blocca parole sensibili. Al resto pensano i «firewall», i sistemi di protezione allestiti dalla polizia informatica, con il risultato che alcuni siti restano inaccessibili dal territorio della Repubblica (ma non dalle regioni speciali di Hong Kong e di Macao): da www.amnesty.it, per Amnesty International, fino alla Bbc (il cui notiziario riportava ieri in bella evidenza la notizia della causa a «Yahoo!»). Meglio poche notizie che nessuna notizia, aggiungono i provider che operano in Cina a proposito della decisione di operare su quel mercato. E gli utenti locali navigano agevolmente in una moltitudine di siti che ormai coprono l' intera gamma immaginabile, fatti salvi - appunto - i vincoli della censura. Nonostante la quale, tuttavia, sul web cinese finiscono come ovunque sesso, pirateria musicale e film. Il regime, peraltro, sfrutta a sua volta Internet, con siti di ministeri e agenzie governative ben articolati; si concede slanci populistico-giovanilistici, tipo il gioco on line nel quale si devono eliminare funzionari corrotti e che dopo poche settimane, si è saputo ieri, deve chiudere per poter reggere il successo e l' impatto di un numero spropositato di visitatori. E tredici portali cinesi, tra cui i giganti «Sina» e «Sohu», dal 1° settembre hanno accettato di far comparire sugli schermi dei loro utenti, ogni mezz' ora, due poliziotti virtuali, maschio e femmina, a rammentare che c' è una legge e che violarla può essere un bel guaio. Cosmesi. Tentativi del regime di apparire dolce, secondo i detrattori di «Yahoo!». Che, infatti, la settimana scorsa con altri operatori (vedi «Msn») ha firmato un codice di condotta concepito da Pechino per «tutelare gli interessi dello Stato» ma che secondo Reporters Sans Frontieres rischia di segnare la fine per i blog più vivaci e i blogger anonimi, i più ostici per il regime. Secondo l' Associazione cinese per Internet (governativa), gli aderenti garantiscono di «non diffondere messaggi illegali» anche in vista del Congresso del partito comunista, così da «promuovere tra i mezzi d' informazione un clima favorevole». Chi non ci sta, peggio per lui. * * * Pechino e la Rete CONTROLLO Il governo cinese sorveglia i contenuti e lo scambio di informazioni su Internet attraverso corpi speciali di polizia informatica CENSURA Tra i temi di cui non si può parlare, la corruzione dei funzionari pubblici e l' inquinamento.
http://archivio.corriere.it/archiveDocumentServlet.jsp?url=/documenti_globnet/corsera/2007/08/co_9_070829109.xml
Personalmente ho cancellato completamente Yahoo dalla lista dei siti che frequento.