LUVІ
05-07-2007, 11:17
Una grande firma del giornalismo Italiano!
http://www.repubblica.it/2007/07/sezioni/spettacoli_e_cultura/claudio-rinaldi/claudio-rinaldi/claudio-rinaldi.html
SPETTACOLI & CULTURA InviaStampaAveva 61 anni ed era da tempo malato di sclerosi multipla
L'ultimo suo blog due giorni fa, sull'Espresso l'ultima rubrica
Addio al giornalista Claudio Rinaldi
grande innovatore di settimanali
http://www.repubblica.it/2007/07/sezioni/spettacoli_e_cultura/claudio-rinaldi/claudio-rinaldi/stor_7715322_19550.jpg
Claudio Rinaldi
ROMA - Una malattia lunga eppure il "pezzo" consegnato, puntuale, come sempre, due giorni fa. Costretto a stare in casa perché era diventato difficile, quasi impossibile muoversi, eppure del mondo, soprattutto della politica, non gli è sfuggito nulla. Fino in fondo. L'ultima rubrica consegnata, ad esempio, "Torna a casa Tony" dedicato al Pd e al sistema elettorale per l'Italia. O l'ultimo post inviato il 2 luglio sul suo blog nel sito dell'Espresso, dedicato al vizio tutto italico di non dimettersi mai; Visco, ma non solo lui, dovrebbe lasciare l'incarico.
Claudio Rinaldi, ex direttore dell'Europeo, di Panorama e dell'Espresso, grande innovatore nella storia dei settimanali italiani, è morto oggi pomeriggio. Nel sonno. Da quasi vent'anni combatteva contro la sclerosi multipla. Raccontava che si era accorto che qualcosa non andava quando durante l'intervista a un noto politico dell'allora Dc si accorse di non tenere più bene in pugno la penna.
La diagnosi non lo aveva fermato: non solo ha lavorato fino a ieri, ha diretto L'Espresso per nove anni dopo aver guidato Panorama che lasciò nel momento in cui diventa proprietà di Berlusconi. Come tutti i combattenti, ha sfidato fino all'ultimo il suo male, studiandolo, conoscendolo, tenendolo a bada. Vivendo e lavorando.
Aveva 61 anni. E ha scritto fino all'ultimo la sua seguitissima rubrica sull'Espresso "Contropiede". Sul settimanale curava anche un blog, Italia Loro. L'ultimo intervento è di due giorni fa.
Il sito dell'Espresso ha messo in linea l'ultimo "Contropiede", che comparirà venerdì sul settimanale, dove affronta il problema della leadership nel partito democratico, e le possibili analogie Veltroni-Blair.
Dalla politica al giornalismo. Nato il 9 aprile del 1946 a Roma, Claudio Rinaldi studiò alla Cattolica di Milano. Leader di Lotta Continua, nel 1974 cominciò a collaborare come giornalista economico a Panorama con Lamberto Sechi. Da qui nel 1983 passò all'Europeo, prima come vicedirettore, poi come direttore, per approdare nel 1985 alla guida di Panorama. Nel 1990 diventò direttore generale dei Periodici Mondadori. Ma il cambio di proprietà e l'ingresso nell'orbita Berlusconi lo costrinse a fare la valigia.
L'anno dopo l'approdo alla direzione de L'Espresso, carica che mantenne fino al 1999. Nel salutare il lettori del settimanale, scrisse: "Quando con Giampaolo Pansa arrivai nella palazzina di via Po, nel luglio 1991, gli obiettivi erano chiari. Bisognava arricchire il giornale, aprendolo con generosità ai temi che più sollecitavano l'interesse di un pubblico vasto. Ma occorreva anche mantenerlo fedele a se stesso, alla sua tradizione di battaglie politiche e ideali, alla sua ricerca degli aspetti nascosti della realtà, al suo gusto della critica spregiudicata e, a volte, insolente".
Il messaggio di Napolitano. Cordoglio per la morte di Claudio Rinaldi dal mondo dell'informazione e della cultura. Il presidente della Repubblica esprime i suoi "sentimenti di partecipazione al dolore dei familiari" , Napolitano fa sapere di aver appreso la notizia con "viva commozione". Cordoglio anche dal Presidente della Camera Fausto Bertinotti e del parlamentare di Fi Paolo Bonaiuti nella sua veste di vicepresidente della commissione vigilanza Rai. Commosso il ricordo di Veltroni-giornalista: "Ho avuto la fortuna di avere con lui un rapporto umano molto intenso. Claudio ha contribuito a scrivere la storia del nostro Paese facendo sempre e in ogni caso del rigore dell'informazione, della deontologia professionale e della coerenza personale uno strumento al servizio dei cittadini ... uno spirito libero che lo ha reso un esempio per tanti suoi colleghi". E poi Rutelli, Mastella, Maroni, quella la politica che Rinaldi fino in fondo ha continuato ad osservare e criticare.
(4 luglio 2007)
Postato 2 giorni fa
http://rinaldi.blogautore.espresso.repubblica.it/?ref=hpblog
E Visco non si dimette
Postato in il 2 Luglio, 2007
Ammetto di non provare una particolare simpatia per Vincenzo Visco. Ritengo sbagliata e inutilmente punitiva la sua politica tributaria; escludo che contro l’evasione fiscale stia facendo i miracoli di cui certuni favoleggiano; trovo disdicevole, in lui come in qualsiasi uomo politico, l’assoluta mancanza di cordialità; e deploro che, davanti alle polemiche sul suo conflitto con l’ex comandante della Guardia di finanza, non abbia sentito il dovere di illustrare personalmente le sue ragioni al Parlamento o all’opinione pubblica.
Dunque non sono obiettivo, tanto che sull’Espresso ho redarguito il governo Prodi perché non ha approfittato dello scontro con la Gdf per liberarsi dell’impopolare viceministro.
Però non mi sento affatto fazioso a danno di Visco se adesso, dopo la notizia della sua iscrizione nel registro degli indagati della Procura di Roma, dico che farebbe bene a dimettersi dal suo delicato incarico.
Lo so, è possibilissimo che presto le ipotesi accusatorie contro di lui (abuso di ufficio e minacce verso il generale Roberto Speciale) cadano. Glielo auguro sinceramente. In caso contrario, varrebbe anche per lui la presunzione di innocenza che la Costituzione stabilisce per chiunque non abbia riportato una condanna definitiva.
Ma esistono ragioni di opportunità politica che dovrebbero consigliare a Visco un sano passo indietro.
Spiace doverlo ricordare, ma nel sordido governo Berlusconi ben tre personaggi di peso non esitarono a farsi da parte quando, benché non fossero indagati da alcuna magistratura, diventarono bersaglio di duri attacchi politici, a causa di comportamenti di pessimo gusto o semplicemente folcloristici.
Carlo Taormina si dimise da sottosegretario agli Interni perché aveva dichiarato che certi pm milanesi avrebbero dovuto essere arrestati. Claudio Scajola si dimise da ministro dell’Interno perché aveva confidato a due giornalisti che il povero Marco Biagi era «un rompicoglioni». Roberto Calderoli si dimise da ministro delle Riforme perché aveva indossato una t-shirt recante stampata una vignetta antiislamica.
Se si va a casa in seguito a comportamenti del tutto privi di rilievo penale, dubito che sia lungimirante rimanere attaccati a una poltrona dopo che si è appreso di essere oggetto di indagini addirittura per minacce.
Certo Visco non è tipo da farsi tanti problemi, visto che giorni fa si è presentato alla cerimonia di insediamento del nuovo comandante della Gdf benché fosse già stato spogliato della delega al controllo delle Fiamme gialle.
Ognuno ha la sua sensibilità.
Va detto, però, che è l’intero governo Prodi a considerare irrilevante, almeno così sembra, l’iscrizione di un proprio membro in qualche registro degli indagati.
Un esempio? L’ex capo della polizia Gianni De Gennaro è indagato a Genova, eppure ha conquistato senza colpo ferire l’appetitoso posto di capo di gabinetto del ministro dell’Interno.
LuVi
http://www.repubblica.it/2007/07/sezioni/spettacoli_e_cultura/claudio-rinaldi/claudio-rinaldi/claudio-rinaldi.html
SPETTACOLI & CULTURA InviaStampaAveva 61 anni ed era da tempo malato di sclerosi multipla
L'ultimo suo blog due giorni fa, sull'Espresso l'ultima rubrica
Addio al giornalista Claudio Rinaldi
grande innovatore di settimanali
http://www.repubblica.it/2007/07/sezioni/spettacoli_e_cultura/claudio-rinaldi/claudio-rinaldi/stor_7715322_19550.jpg
Claudio Rinaldi
ROMA - Una malattia lunga eppure il "pezzo" consegnato, puntuale, come sempre, due giorni fa. Costretto a stare in casa perché era diventato difficile, quasi impossibile muoversi, eppure del mondo, soprattutto della politica, non gli è sfuggito nulla. Fino in fondo. L'ultima rubrica consegnata, ad esempio, "Torna a casa Tony" dedicato al Pd e al sistema elettorale per l'Italia. O l'ultimo post inviato il 2 luglio sul suo blog nel sito dell'Espresso, dedicato al vizio tutto italico di non dimettersi mai; Visco, ma non solo lui, dovrebbe lasciare l'incarico.
Claudio Rinaldi, ex direttore dell'Europeo, di Panorama e dell'Espresso, grande innovatore nella storia dei settimanali italiani, è morto oggi pomeriggio. Nel sonno. Da quasi vent'anni combatteva contro la sclerosi multipla. Raccontava che si era accorto che qualcosa non andava quando durante l'intervista a un noto politico dell'allora Dc si accorse di non tenere più bene in pugno la penna.
La diagnosi non lo aveva fermato: non solo ha lavorato fino a ieri, ha diretto L'Espresso per nove anni dopo aver guidato Panorama che lasciò nel momento in cui diventa proprietà di Berlusconi. Come tutti i combattenti, ha sfidato fino all'ultimo il suo male, studiandolo, conoscendolo, tenendolo a bada. Vivendo e lavorando.
Aveva 61 anni. E ha scritto fino all'ultimo la sua seguitissima rubrica sull'Espresso "Contropiede". Sul settimanale curava anche un blog, Italia Loro. L'ultimo intervento è di due giorni fa.
Il sito dell'Espresso ha messo in linea l'ultimo "Contropiede", che comparirà venerdì sul settimanale, dove affronta il problema della leadership nel partito democratico, e le possibili analogie Veltroni-Blair.
Dalla politica al giornalismo. Nato il 9 aprile del 1946 a Roma, Claudio Rinaldi studiò alla Cattolica di Milano. Leader di Lotta Continua, nel 1974 cominciò a collaborare come giornalista economico a Panorama con Lamberto Sechi. Da qui nel 1983 passò all'Europeo, prima come vicedirettore, poi come direttore, per approdare nel 1985 alla guida di Panorama. Nel 1990 diventò direttore generale dei Periodici Mondadori. Ma il cambio di proprietà e l'ingresso nell'orbita Berlusconi lo costrinse a fare la valigia.
L'anno dopo l'approdo alla direzione de L'Espresso, carica che mantenne fino al 1999. Nel salutare il lettori del settimanale, scrisse: "Quando con Giampaolo Pansa arrivai nella palazzina di via Po, nel luglio 1991, gli obiettivi erano chiari. Bisognava arricchire il giornale, aprendolo con generosità ai temi che più sollecitavano l'interesse di un pubblico vasto. Ma occorreva anche mantenerlo fedele a se stesso, alla sua tradizione di battaglie politiche e ideali, alla sua ricerca degli aspetti nascosti della realtà, al suo gusto della critica spregiudicata e, a volte, insolente".
Il messaggio di Napolitano. Cordoglio per la morte di Claudio Rinaldi dal mondo dell'informazione e della cultura. Il presidente della Repubblica esprime i suoi "sentimenti di partecipazione al dolore dei familiari" , Napolitano fa sapere di aver appreso la notizia con "viva commozione". Cordoglio anche dal Presidente della Camera Fausto Bertinotti e del parlamentare di Fi Paolo Bonaiuti nella sua veste di vicepresidente della commissione vigilanza Rai. Commosso il ricordo di Veltroni-giornalista: "Ho avuto la fortuna di avere con lui un rapporto umano molto intenso. Claudio ha contribuito a scrivere la storia del nostro Paese facendo sempre e in ogni caso del rigore dell'informazione, della deontologia professionale e della coerenza personale uno strumento al servizio dei cittadini ... uno spirito libero che lo ha reso un esempio per tanti suoi colleghi". E poi Rutelli, Mastella, Maroni, quella la politica che Rinaldi fino in fondo ha continuato ad osservare e criticare.
(4 luglio 2007)
Postato 2 giorni fa
http://rinaldi.blogautore.espresso.repubblica.it/?ref=hpblog
E Visco non si dimette
Postato in il 2 Luglio, 2007
Ammetto di non provare una particolare simpatia per Vincenzo Visco. Ritengo sbagliata e inutilmente punitiva la sua politica tributaria; escludo che contro l’evasione fiscale stia facendo i miracoli di cui certuni favoleggiano; trovo disdicevole, in lui come in qualsiasi uomo politico, l’assoluta mancanza di cordialità; e deploro che, davanti alle polemiche sul suo conflitto con l’ex comandante della Guardia di finanza, non abbia sentito il dovere di illustrare personalmente le sue ragioni al Parlamento o all’opinione pubblica.
Dunque non sono obiettivo, tanto che sull’Espresso ho redarguito il governo Prodi perché non ha approfittato dello scontro con la Gdf per liberarsi dell’impopolare viceministro.
Però non mi sento affatto fazioso a danno di Visco se adesso, dopo la notizia della sua iscrizione nel registro degli indagati della Procura di Roma, dico che farebbe bene a dimettersi dal suo delicato incarico.
Lo so, è possibilissimo che presto le ipotesi accusatorie contro di lui (abuso di ufficio e minacce verso il generale Roberto Speciale) cadano. Glielo auguro sinceramente. In caso contrario, varrebbe anche per lui la presunzione di innocenza che la Costituzione stabilisce per chiunque non abbia riportato una condanna definitiva.
Ma esistono ragioni di opportunità politica che dovrebbero consigliare a Visco un sano passo indietro.
Spiace doverlo ricordare, ma nel sordido governo Berlusconi ben tre personaggi di peso non esitarono a farsi da parte quando, benché non fossero indagati da alcuna magistratura, diventarono bersaglio di duri attacchi politici, a causa di comportamenti di pessimo gusto o semplicemente folcloristici.
Carlo Taormina si dimise da sottosegretario agli Interni perché aveva dichiarato che certi pm milanesi avrebbero dovuto essere arrestati. Claudio Scajola si dimise da ministro dell’Interno perché aveva confidato a due giornalisti che il povero Marco Biagi era «un rompicoglioni». Roberto Calderoli si dimise da ministro delle Riforme perché aveva indossato una t-shirt recante stampata una vignetta antiislamica.
Se si va a casa in seguito a comportamenti del tutto privi di rilievo penale, dubito che sia lungimirante rimanere attaccati a una poltrona dopo che si è appreso di essere oggetto di indagini addirittura per minacce.
Certo Visco non è tipo da farsi tanti problemi, visto che giorni fa si è presentato alla cerimonia di insediamento del nuovo comandante della Gdf benché fosse già stato spogliato della delega al controllo delle Fiamme gialle.
Ognuno ha la sua sensibilità.
Va detto, però, che è l’intero governo Prodi a considerare irrilevante, almeno così sembra, l’iscrizione di un proprio membro in qualche registro degli indagati.
Un esempio? L’ex capo della polizia Gianni De Gennaro è indagato a Genova, eppure ha conquistato senza colpo ferire l’appetitoso posto di capo di gabinetto del ministro dell’Interno.
LuVi