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View Full Version : possibile che il Papa non sappia chi sia Gesù?


majin mixxi
02-06-2007, 19:19
Marco Damilano per “L’espresso”


Abramo fu chiamato a sacrificare il figlio Isacco sul monte Oreb? Macché, era il monte Moria. Gesù entrò a Gerusalemme il giorno della domenica delle Palme? Impossibile: ai tempi di Gesù la festività non esisteva, non esisteva neppure la domenica, in verità. Chissà cosa avrebbe fatto un docente di teologia con un allievo che nella sua tesi di laurea fosse incappato in simili errori. E chissà come li avrebbe giudicati, ai tempi in cui insegnava a Münster, Tubinga e Ratisbona, il professor Joseph Ratzinger.


Ma in questo caso impugnare la matita rossa e blu è più complicato. Perché l'autore del testo in questione non è uno studentello alle prime armi, ma il teologo tedesco famoso in tutto il mondo, la cui opera si compone di "seicento articoli e un centinaio di libri tradotti in tutte le lingue", come vanta la quarta di copertina del suo ultimo volume. Proprio lui: Ratzinger, papa Benedetto XVI.

Il suo libro 'Gesù di Nazareth', edito da Rizzoli, in poco più di un mese ha raggiunto la tiratura di un milione e mezzo di copie (con edizioni in Italia, Germania, Slovenia, Grecia, Polonia, Stati Uniti e Gran Bretagna e con traduzioni in corso in 30 lingue). Un successo enorme di pubblico, accompagnato dall'applauso dei fan: "Ha l'aria di avere in pugno la storia più interessante in circolazione della storia del mondo", si è commosso Giuliano Ferrara.

Gli specialisti, gli esperti di Scrittura, però, non condividono tanto entusiasmo. E forse pensava a loro, il collega Ratzinger, quando ha scritto l'introduzione: "Questo libro non è magisteriale. Perciò ognuno è libero di contraddirmi. Chiedo solo alle lettrici e ai lettori quell'anticipo di simpatia senza il quale non c'è alcuna comprensione". Quasi un invito alla clemenza, con l'ansia dell'intellettuale che teme il giudizio dei critici su ciò che gli è più caro: l'opera del suo ingegno.

Altro che simpatia. Dagli esegeti arrivano stroncature impietose. Segnalazioni di errori che 'L'espresso' ha raccolto con l'assicurazione dell'anonimato. Sviste, confusioni sintattiche, anacronismi, luoghi comuni. E qualche autentico strafalcione.

A pagina 51, per esempio, Ratzinger parla del racconto rabbinico secondo cui "Abramo, sulla strada per il monte Oreb dove avrebbe dovuto sacrificare il figlio, non prese né cibo né bevanda per quaranta giorni e quaranta notti". Ma qui il papa fa confusione tra due episodi biblici: nel capitolo 22 del libro della Genesi il monte indicato per il sacrificio di Isacco è il Moria. E Abramo arriva nel luogo dell'olocausto il terzo giorno. Mentre, in effetti, c'è un altro personaggio fondamentale che digiuna per quaranta giorni camminando verso il monte Oreb: ma è il profeta Elia, come racconta il capitolo 19 del libro dei Re. Scambiare Abramo con Elia è da "non possumus".

Ma a pagina 356, il papa tedesco scivola sull'Oreb, per la seconda volta. Parlando dei "monti della rivelazione" ne indica tre: il Sinai, l'Oreb e il Moria. Ma il Sinai e l'Oreb nel linguaggio della Bibbia sono la stessa cosa, simboleggiano il monte dove Dio parla al suo popolo.

C'è poi l'equivoco per cui Ratzinger scrive che Gesù entrò a Gerusalemme durante la festa della domenica delle Palme: il papa lo ripete quattro volte, a pagina 213, 272, 315, 335. Ma si tratta di un evidente anacronismo: la domenica delle Palme, come è ovvio, all'epoca era una festività inesistente. La benedizione dei ramoscelli d'ulivo che ricorda quel giorno fu istituita molti secoli dopo.

A voler essere pignoli, poi, e solo Dio e Ratzinger sanno quanto possono esserlo certi teologi, si scova di tutto. Scambi di genere: a pagina 362 la parola ebraica sukkot (capanne) viene utilizzata al maschile, e invece è femminile. Scambi di declinazione: l''epistàta' di cui si legge a pagina 348, che in greco significa presidente, capo, maestro, è un vocativo, il nominativo è 'epistàtes'.

Luoghi comuni: l'asina "cavalcatura dei poveri", di cui si parla a pagina 105, sa un po' di fiaba bavarese. Si può aggiungere che 'malkut' è una parola ebraica, e non una radice come afferma il papa a pagina 79. E ancora: a pagina 62 Benedetto XVI traduce il termine 'doxa' in gloria, ma nel greco classico in realtà la parola significa opinione, solo nel Nuovo testamento, nei Vangeli, assume un nuovo significato.

Discussioni sul sesso degli angeli? Mica tanto. Come si è visto la settimana scorsa a Parigi quando alla caccia all'errore nel testo del professor Ratzinger si è aggregato un lettore d'eccezione: Carlo Maria Martini. Recensendo il libro del papa nella sede dell'Unesco il cardinale gesuita, ex rettore dell'Università Gregoriana, raffinato studioso delle Scritture, ha soavemente scagliato qualche bel pietrone. Prima ha fatto notare che l'assenza di note non consente di capire a cosa si riferisca Ratzinger quando parla di versioni recenti della Scrittura: "Il testo ebraico non è una versione", ha commentato l'arcivescovo emerito di Milano.

Segnalando, en passant, che il primo libro dei Re di cui si parla nell'edizione francese, in quella italiana viene citato come il secondo. Poi si è dedicato a gettare un'ombra sulla preparazione dell'autore: "Egli non è esegeta, ma teologo, e sebbene si muova agilmente nella letteratura esegetica del suo tempo non ha fatto studi di prima mano per esempio sul testo critico del Nuovo Testamento". Come dire che il papa è rimasto alla teologia dei primi anni Settanta, non ha studiato oltre. Detto a un dottor sottile come Ratzinger, è una bacchettata niente male.

Qualcuno attribuisce gli errori alla stesura accidentata del testo, cominciata nell'estate del 2003, quando Ratzinger era un cardinale in vista della pensione, e terminata, stando alla data della prefazione, il 30 settembre 2006, nel pieno delle polemiche seguite alla lectio magistralis di Benedetto XVI nell'Università di Ratisbona, il più grave cortocircuito comunicativo del suo pontificato. Un testo scritto nei "momenti liberi", e questo può giustificare qualche imprecisione.

Qualcun altro, invece, se la prende con l'imperizia dei curatori dell'edizione italiana: Ingrid Stampa, la signora che da quindici anni fa da governante a Ratzinger e oggi è integrata nella sezione tedesca della segreteria di Stato, ed Elio Guerriero, irpino di Capriglia, responsabile di 'Communio', la rivista teologica internazionale fondata nel 1972 da Hans Urs von Balthasar, Henri de Lubac e dallo stesso Ratzinger per fare da contraltare a 'Concilium', la voce dei teologi progressisti negli anni dell'immediato post Concilio su cui scrivevano Hans Kung, Johann-Baptist Metz e Karl Rahner.

Anche il gioco delle interpretazioni sul 'Gesù' di Ratzinger ripropone l'antica divisione tra progressisti e conservatori. In ballo, al di là di dispute fin troppo sofisticate, c'è il metodo storico-critico di interpretazione dei Vangeli, che si è affermato nel secolo scorso ed è considerato essenziale dai principali esegeti. Mentre Benedetto XVI lo elegge a suo bersaglio polemico, lo smantella fin dall'introduzione, lo accusa addirittura di essere tra i principali responsabili dell'indebolimento della fede cristiana negli ultimi decenni.

"Chi legge alcune ricostruzioni", scrive il papa, "può constatare che esse sono molto più fotografie degli autori e dei loro ideali che non la messa a nudo di un'icona fattasi sbiadita. In conseguenza di ciò, la figura di Cristo si è ancora più allontanata da noi". E così mezzo secolo di ricerche sui testi evangelici e sulla storicità di Gesù sono serviti. Martini ha preferito sorvolare sull'attacco. Ma nella presentazione parigina ha declassato il testo del papa al rango di meditazione personale: "Questa opera è una grande e ardente testimonianza su Gesù di Nazareth", ha detto il cardinale con apparente benevolenza. Aggiungendo, con una certa dose di malizia: "È sempre confortante leggere testimonianze come questa".

Una bella testimonianza, insomma, e ci mancherebbe, ma nulla di più: non certo la parola definitiva sulla figura di Gesù. E il successo popolare del testo ratzingeriano? "Tutto sommato non è un indice particolarmente significativo del valore del libro", ha concluso Martini. E questa suona come la più perfida delle critiche.

Hakuna Matata
02-06-2007, 19:37
Quando dico che i preti ne sanno molto meno di Bibbia del 99% di un qualsiasi evangelico di solito i cattolici gridano all'anatema.

C'é anche un errore circa l'asina che non é stato fatto notare e chissá che altro ci sará in quel libro. Poi vorrebbero far credere che sono gli unici depositari della veritá circa i dogmi, neanche a copiare sono capaci :rolleyes:

Onisem
02-06-2007, 19:38
Siccome sono ignorante in materia chiedo conferma ai sempre vigili teologi e vaticanisti del forum, perchè non mi pare vero. :asd:

Onisem
02-06-2007, 19:40
Ma poi l'immagine di Ferrara commosso... in estasi. Impagabile. :sofico:

Lorekon
02-06-2007, 19:51
Ma poi l'immagine di Ferrara commosso... in estasi. Impagabile. :sofico:

concordo.

speriamo solo che non si metta a piangere sangue, ci manca solo che scatti il business :p

Kharonte85
02-06-2007, 20:14
Ditemi che non è vero...:cry: :cry: :cry:

MEGA LOL e anche un po' di ASD

Onisem
02-06-2007, 20:58
concordo.

speriamo solo che non si metta a piangere sangue, ci manca solo che scatti il business :p

:rotfl:...

Lello4ever
02-06-2007, 23:53
C'è poco da ridere:eek:

songoge
03-06-2007, 14:54
"Colui al quale avete dato il nome di Gesù in realtà non era che il capo di una banda di briganti i cui miracoli che gli attribuite non erano che manifestazioni operate secondo la magia e i trucchi esoterici. La verità è che tutti questi pretesi fatti non sono che dei miti che voi stessi avete fabbricato senza pertanto riuscire a dare alle vostre menzogne una tinta di credibilità. È noto a tutti che ciò che avete scritto è il risultato di continui rimaneggiamenti fatti in seguito alle critiche che vi venivano portate"
da un libro di Celso ( Il Vero Discorso) filosofo platonico del II secolo celebre per la sua critica contro il cristianesimo.
Il fatto che il papa abbia sbagliato questi particolari non è casuale. La figura di cristo è stata inventata nel 2° secolo. Furono creati più di 60 vangeli che ne raccontano la sua storia. E tutti si contraddicevano a vicenda. Il nome di Gesù non viene menzionato prima dell'anno 180, Infatti nelle prime edizioni dei vangeli di Matteo, Marco e Luca usciti negli anni sessanta del II secolo, il Messia veniva ancora connotato con gli appellativi generici di Cristo e di Signore.
Inoltre sul titolo di nazoreo o nazareno:
Fu Matteo il primo a diffondere l'equivoco secondo cui il titolo "Gesù il Nazareno" avrebbe qualche riferimento con la città di Nazareth...
Il termine Nazareno [Nazoraios nel testo originale greco] non significa affatto "della città di Nazareth", ma si riferisce a ben altra cosa, che l'evangelista intendeva censurare, cioè a una setta di combattenti.
La tradizione evangelica afferma che Gesù è cresciuto fra i colli di Galilea, a Nazareth, in quello che doveva essere un villaggio con una sinagoga e con botteghe artigiane, in cima a un monte, quasi sul ciglio di un precipizio, nei pressi del lago di Tiberiade e, secondo alcuni dettagli evangelici che descrivono la dinamica degli spostamenti di Gesù e dei suoi discepoli, a est del lago, nel Golan. Purtroppo a Nazareth non ci sono resti di un abitato, né di una sinagoga dei tempi di Cristo; né si trova in cima ad un monte; né sul ciglio di un precipizio; né nelle immediate vicinanze del lago di Tiberiade (35 Km di distanza, 600 m di disivello); infine, tantomeno, sul lato orientale del lago. Inoltre Nazareth non è mai nominata in alcun documento storico antecedente al quarto secolo, nemmeno negli scritti del comandante delle forze giudaiche durante la rivolta contro i romani (Giuseppe Flavio) che, verso la seconda metà del primo secolo, scrisse una descrizione topografica di tutta la Galilea. E, a dir la verità, l'espressione Iesous o Nazoraios, che noi traduciamo di solito con Gesù di Nazareth, non ha alcun significato geografico, ma indica un titolo religioso settario.
C'è un solo luogo, in Palestina, che risponde con estrema esattezza a tutti i requisiti geografici che le narrazioni evangeliche sembrerebbero attribuire alla città di Nazareth, è il villaggio di Gamla, o Gamala (8 Km dal lago, 150 m di dislivello). Inoltre Gamla ha un'altro requisito, poco gradito all'immagine cattolica del figlio di Dio, che la rende drammaticamente adatta ad essere considerata la città storica del Messia, figlio di Davide, il Re dei Giudei che fu giustiziato da Pilato: essa era la patria dei ribelli zeloti, della setta di Giuda detto il galileo, degli uomini che, lottando incessantemente per la restaurazione del regno di Davide e della sovranità di Yahweh su Israele, avevano finito per guadagnare un assedio da parte delle legioni di Vespasiano in persona, in quanto irriducibili messianisti (christianoi in greco) pericolosi per la stabilità dell'impero.
Inoltre della città storica di Nazareth si ha traccia soltanto dopo il 9° secolo. Geograficamente è lontana circa 40 Km dal lago che i vangeli ne descrivono esserne accanto, inoltre è in pianura, mentre nei vangeli si dice che è posto su una collina.
Ci sono ancora centinaia e centinai di errori nell'antico e nuovo testamento. Quindi non stupitevi se il papa fa confusione. Ormai neanche lui sa più qual è la verità. :D
Per maggiori info consultate su internet oppure leggete l'interessante libro di Luigi Cascioli "La favola di Cristo"

naitsirhC
03-06-2007, 14:58
...

neanche a copiare sono capaci :rolleyes:

:asd: