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View Full Version : Mafia: Riaperte le indagini su Cuffaro


pars_
21-05-2007, 21:38
Il gip di Palermo, Fabio Licata, ha riperto l'indagine per l'ipotesi di concorso esterno in associazione mafiosa a carico del presidente della Regione Sicilia, Salvatore Cuffaro.

Lo ha fatto con un decreto, di cui al momento si sconosce il testo, ma che raccoglie in parte le istanze della Procura della Repubblica per un approfondimento investigativo sulla posizione di Cuffaro.

La richiesta era stata presentata al gip dal procuratore capo, Francesco Messineo, e dagli aggiunti Giuseppe Pignatore e Alfredo Morvillo. Il presidente della Regione, che e' anche vicesegretario nazionale dell'Udc, attualmente e' imputato di favoreggiamento aggravato di Cosa Nostra e di rilevazione di segreto nell'ambito del processo per le 'talpe' alla Dda di Palermo.

Cuffaro ha sempre rinvendicato la sua innocenza e la sua totale estraneita' alle accuse contestate. Cli/Rap 211554 MAG 07.
Fonte: Repubblica (http://www.repubblica.it/news/ired/ultimora/2006/rep_nazionale_n_2255480.html?ref=hpsbdx2)


intanto gia' qualcosa...

miciopazzo198x
22-05-2007, 04:05
....

radiovoice
22-05-2007, 08:35
beh...vedi mai che sia la volta buona che Cuffaro finisca dove è giusto che sia.
In galera.

miciopazzo198x
22-05-2007, 11:11
....

sander4
22-05-2007, 11:15
finalmente

CYRANO
22-05-2007, 11:16
beh...vedi mai che sia la volta buona che Cuffaro finisca dove è giusto che sia.
In galera.

mah... vedremo... io son pessimista...


Coapzpza

johannes
22-05-2007, 11:17
purtroppo non se ne fa niente. fino a quando c'è gente che continuerà a votare FI...e fino a quando l'Unione non prenderà una posizione contro questa persona:(

momo-racing
22-05-2007, 11:20
questa è una volgare aggressione, costruita sapientemente per delegittimare le persone migliori che abbiamo in sicilia:

http://www.youtube.com/watch?v=F5MZmJLMQ9Y



:doh:

radiovoice
22-05-2007, 11:21
questa è una volgare aggressione, costruita sapientemente per delegittimare le persone migliori che abbiamo in sicilia:

http://www.youtube.com/watch?v=F5MZmJLMQ9Y



:doh:

sto video la dice lunga...

:rolleyes:

Onisem
22-05-2007, 11:44
8310 cosa dice?

jpjcssource
22-05-2007, 11:46
purtroppo non se ne fa niente. fino a quando c'è gente che continuerà a votare FI...e fino a quando l'Unione non prenderà una posizione contro questa persona:(

Poi arriverà l'Unione e libererà la Sicilia da questo mafioso e dai suoi compagni? Peccato che Gela, una città che di mafia ne ha parecchia, è sotto il centrosinistra e la situazione non migliora......sicuri che la mafia sia solo collusa con il centrodestra? :stordita:

Parliamo di cuffaro e di mafia e la criminalità non guarda il colore politico per fare affari quindi non riduciamo il thread al solito "centrodestra vs centrosinistra".

johannes
22-05-2007, 11:48
@jpjcssource
no, io dicevo che essendo il numero dei parlamentari dell'Unione superiore a quelli del centro destra, potrebbero tranquillamente estromettere Dell'Utri e Previti. ma perchè non lo fanno?:muro:

jpjcssource
22-05-2007, 11:52
@jpjcssource
no, io dicevo che essendo il numero dei parlamentari dell'Unione superiore a quelli del centro destra, potrebbero tranquillamente estromettere Dell'Utri e Previti. ma perchè non lo fanno?:muro:

Purtroppo un'idea ce l'avrei, ma spero che non sia vero :(

sander4
22-05-2007, 11:54
@jpjcssource
no, io dicevo che essendo il numero dei parlamentari dell'Unione superiore a quelli del centro destra, potrebbero tranquillamente estromettere Dell'Utri e Previti. ma perchè non lo fanno?:muro:

al senato sono praticamente pari eh

johannes
22-05-2007, 11:55
Purtroppo un'idea ce l'avrei, ma spero che non sia vero :(

cioè?:(

johannes
22-05-2007, 11:57
al senato sono praticamente pari eh

però siccome non sono pari l'Unione, se volesse, potrebbe fare qualcosa. ecidentemente non vuole.....:D

Ser21
22-05-2007, 11:58
Ricordo a tutti che nell'ultimo processo a danno di cuffaro,le prove indiziarie e non raccolte (Testimonianza incrociate di circa 12 pentiti,tra cui giuffrè;interecettazioni Ambientali,Intercettazioni Telefoniche,Testimonianze esterne) furono usate per forumulare una requisitoria d'accusa che configurava il concorso esterno in ass.mafiosa.
Quando il PM chiese la firma per procedere alla richiesta di rinvio a giudizio per concorso,il capo PM,grasso,decise di NON firmare tale documento ma di indirizzare le indagini sul favoreggiamente aggravato,dimezzando i tempi della prescrizione ma soprattutto riuscendo ad ottenre un'assoluzione,dato che il reato contestato nn era vincolato e retto dalle prove per QUEL tipo di reato.

Un vero colpo da maestro...certo che se questa inchiesta dei PM è portata avanti dal famoso pignatone (vice di grasso ed estromesso all'epoca di caselli adn co) ho i miei SERISSIMI dubbi che vi possa essere un iter processuale pulito...

Marlex
22-05-2007, 12:40
questa è una volgare aggressione, costruita sapientemente per delegittimare le persone migliori che abbiamo in sicilia:

http://www.youtube.com/watch?v=F5MZmJLMQ9Y



:doh:

le persone "migliori" che hanno in sicilia vengono spesso esportate anche al nord...

seguendo il tuo link ho ritrovato il video di una delle ultime interviste al giudice Paolo Borsellino, datata 21 maggio 1992, due giorni dopo viene sventrata una autostrada e viene ucciso il suo collega ed amico Giovanni Falcone... due mesi dopo Borsellino stesso viene fatto saltare in aria insieme alla sua scorta...

in due mesi la mafia fa scacco matto in sicilia...

in questa intervista (che finora solo santoro ha mostrato) i giornalisti, che sono francesi, al contrario dei nostri fanno domande...

http://www.youtube.com/watch?v=YVQ1kmOOBrw&mode=related&search=

da vedere... in tutte le TV nazionali... in prima serata... se fossimo un paese libero...

sider
22-05-2007, 12:45
Ah che tristezza.

Cuffaro, poi, l'hanno rieletto i cittadini siciliani.

Marlex
22-05-2007, 12:47
p.s: fosse ancora vivo Borsellino, ed avesse fatto oggi quell'intervista, direbbero di lui che è una "toga rossa", che è "asservito ai poteri forti" della sinistra italiana...

peccato che :

Paolo Borsellino, proveniente da una famiglia di destra, nel 1959 si iscrisse al FUAN, acronimo di Fronte Universitario di Azione Nazionale (organizzazione vicina al Movimento Sociale Italiano, di cui rappresentava il ramo studentesco-universitario).

ma, d'altra parte, nel 1992 l'impresario di arcore non era ancora "sceso in campo" ... con buona pace dei suoi sostenitori secondo i quali egli è "vittima" di campagne denigratorie volte a danneggiarlo "politicamente"... ma questa è un'altra storia... o forse no...

jpjcssource
22-05-2007, 13:05
cioè?:(

Che, quando c'è da guadagnare, siano tutti daccordo? :stordita:

johannes
22-05-2007, 13:09
Che, quando c'è da guadagnare, siano tutti daccordo? :stordita:

purtroppo sì. è per questo che non entrerò mai in politica. mi avevano chiesto di entrare nel partito, ma sorry.:(

Ser21
22-05-2007, 13:43
Tele Jato
SICILIA / È la tv più piccola d'Italia: una stanza e 150mila spettatori per una controinformazione in terra di mafia
di Chiara Dino
Quando Giusi Vitale si è pentita loro c'erano. E sono stati i primi a raccontarlo, svelando dettagli e retroscena della prima donna boss di Cosa Nostra che aveva deciso di collaborare con la giustizia. Una notizia destinata a passare alla storia nella lotta contro la mafia. E che non è stata anticipata da importanti testate o agenzie internazionali, ma da una piccola tv di periferia: una stanza, cinque computer e una famiglia intera impegnata a fare controinformazione a Partinico.

Tele Jato sta qui, in un paese di fortissime infiltrazioni mafiose, a pochi chilometri dalla Corleone di Totò Riina, da San Giuseppe Jato, Terrasini e Cinisi. Da queste parti hanno il loro quartier generale i boss che governano nel Palermitano e non si muove foglia senza che chi è "intiso" (conosciuto) non ne sia a conoscenza.

Videocamere, cineprese e apparecchiature altrove in disuso, in questa stanza sono tornate a nuova vita per montare i tg dell'antimafia. La redazione è in una palazzina senza ascensore, in una viuzza stretta a pochi metri dalla piazza principale del comune siciliano. Sul citofono la targhetta "Tele Jato" s'intravede appena. È scritta a penna e il sole ne ha, da tempo, scolorito i contorni.

Al secondo piano lavorano Pino e Patrizia Maniaci con i figli Letizia e Giovanni. Lei è una dipendente pubblica part-time che al pomeriggio si dedica alla televisione. Lui, suo marito, è un ex commerciante, minuto e ipercinetico, con la faccia scura e lunghi baffi da siciliano antico. L'idea di diventare editore gli è venuta nel '99, dopo varie avventure imprenditoriali poco redditizie e molto sfortunate. Ha racimolato risparmi qua e là e con quei pochi soldi ha acquistato la frequenza di un canale che per anni è appartenuto al Pci e poi al Pds. È così che è iniziata l'avventura, sulla scia delle denunce care a Radio Aut di Peppino Impastato (il giovane ucciso dalla mafia per aver rivelato i loschi affari di don Tano Badalamenti a Cinisi e la cui vicenda è stata ricostruita in I Cento Passi di Marco Tullio Giordana). Questo collegamento, però, lo intravede soltanto chi segue dall'esterno la tv di controinformazione. Se chiedete a Pino Maniaci qual è la linea di continuità fra il suo lavoro e quello dell'emittente che ha fatto storia nella Sicilia degli anni Settanta, vi risponderà semplicemente che non esiste "perché noi siamo del tutto apolitici". Sarà anche vero, ma questo non toglie che, per anni, tra i suoi collaboratori volontari figurava anche Salvo Vitale, amico fraterno e compagno di lotta di Impastato.

Ma questa è storia vecchia. Oggi, nella redazione più piccola d'Italia, la famiglia Maniaci lavora per dare vita a un'informazione che sembra tornare alle origini stesse del giornalismo ma che è allo stesso tempo rivoluzionaria: raccontare solo ciò che si vede in presa diretta e che accade a pochi passi dalle case di chi si sintonizza sul suo telegiornale. È una tv di prossimità, quella di Partinico: piccola, capillare, agile. In tutto riesce a raggiungere 22 comuni della provincia di Palermo e 150mila spettatori. "Sa come abbiamo fatto ad arrivare per primi alla notizia della Vitale?". Patrizia, moglie e collaboratrice dell'ideatore e factotum di Tele Jato, ricorda quei giorni del 2005. "Al mattino abbiamo visto una pattuglia di carabinieri che, in tutta fretta, andava a prendere i figli della donna a scuola. In un paese come Partinico può voler dire soltanto che i ragazzini andavano messi sotto protezione perché la loro mamma stava svelando segreti di mafia inconfessabili".

Altro che fonti esclusive e numeri di telefono di procuratori e ministri. Qui si racconta solo quello che si vede con i propri occhi. O almeno è questo il tentativo perseguito con tenacia - pur tra mille difficoltà - da chi gravita tra le quattro mura scalcinate della tv.

"Il nostro", spiega ancora Pino Maniaci, "è un canale comunitario. Questo vuol dire che abbiamo diritto a una quantità di pubblicità limitata - non più di tre minuti all'ora -. Facciamo un telegiornale al giorno, che inizia alle 14.15, dura due ore e si può scaricare in tutto il mondo collegandosi al sito www.telejato.it". Al mattino vengono montate immagini sulle parole di un programma radiofonico locale e ogni 15 giorni va in onda una trasmissione di approfondimento. Pochi mezzi, dunque, per una testata che, però, ha collezionato un'infinità di querele. Negli ultimi sette anni, nella redazione che dà fastidio a tanti, ne sono arrivate più di 250. Per risolvere il problema e proteggere chi lavora si è dato vita a un sistema di rotazione dei direttori responsabili - per un paio d'anni a firmare il telegiornale di Partinico è stato anche l'attuale presidente della Commissione nazionale antimafia, Francesco Forgione. Quanto al resto si fronteggiano i querelanti al meglio. "La più famosa e ostinata è Antonia Bertolino, titolare della distilleria più grande d'Europa, che ha sede a Partinico e filiali in tutto il mondo", racconta Leo Lo Biundo, consulente legale di Tele Jato. "La sua azienda sta al centro del paese ed è causa di inquinamento. È stata chiusa e poi riaperta, seppure parzialmente, anche a seguito delle nostre martellanti denunce. Ma questa campagna mirata e voluta dai vari direttori è costata all'emittente 200 querele, partite tutte quante dalla stessa imprenditrice". L'avvocato racconta perché la redazione si è occupata così tanto di lei: "In Sicilia la conoscono tutti come la cognata di Angelo Siino, anche lui pentito di mafia: qui lo chiamano tutti l'"ex ministro dei Lavori pubblici di Cosa Nostra"". In redazione la definiscono "un personaggio difficile da gestire, autoritario con i dipendenti. Gli abitanti convivono da quasi cinquant'anni a stretto contatto con le emissioni inquinanti della sua distilleria". Se appena provi a chiedere di lei, la gente del paese non risponde, e tira dritto.

"Ma noi", incalza Maniaci, "su questa vicenda non abbiamo intenzione di tirarci indietro perché siamo convinti che il nostro compito sia quello di svelare quanto altri non raccontano". Il risultato è che quest'uomo smilzo, con la faccia segnata dalle rughe e una loquela sarcastica e boccaccesca, ha già subito due attentati e vari messaggi d'intimidazione trasversali. Preoccupato? "Mica tanto. Io credo in ciò che sto facendo. Per non restare solo collaboro con altre realtà che combattono l'illegalità: quelli dell'associazione antimafia dedicata a Rita Atria, la rivista siciliana Casablanca e il sito di controinformazione www.icensurati.it. Siamo connessi a un'altra emittente online, Arcoiris Tv, e poco alla volta sono venuti a conoscerci in tanti". Giornalisti di mezzo mondo sono arrivati qui richiamati da un modello di telegiornale antico e dalla notizia che la giovane Letizia Maniaci, 20 anni appena, si era aggiudicata il premio Maria Grazia Cutuli come mascotte della televisione più piccola e più scomoda d'Italia.

dantes76
22-05-2007, 19:19
8310 cosa dice?

non e' raggiungibile :asd:

gretas
23-05-2007, 00:21
L'incredibile storia del presidente della Regione Sicilia. E della nuova «borghesia mafiosa» di Cosa nostra a Palermo

di Gianni Barbacetto e Alessio Gervasi





C’è, nel Paese chiamato Italia, un’incredibile vicenda di politica e di mafia che molti conoscono, ma di cui nessuno parla. Una storia i cui singoli elementi sono noti, ma il risultato finale è invisibile. Una vicenda inesistente. La tv non ne parla. I giornali raccontano, in breve, di tanto in tanto, qualche passaggio, ma la trama complessiva resta sconosciuta.
E allora bisogna raccontarla, questa storia. Accade in Sicilia, nei palazzi del potere, della politica, dell’imprenditoria. E ha per protagonisti il politico più amato e votato dell’isola, Totò Cuffaro da Raffadali, e l’imprenditore più ricco e influente di Sicilia, Michele Aiello da Bagheria. Comprimari, in questa storia dove un ruolo centrale è giocato da Cosa nostra, non sono picciotti, pecorari, killer, ma stimati medici, irreprensibili professionisti: borghesia mafiosa, mai come oggi visibile nella trama sociale e criminale della Sicilia.
Questa, è chiaro, è una storia siciliana. Ma pone, come vedremo, un grosso problema anche alla politica nazionale: perché Totò Cuffaro, presidente della Regione e numero uno dell’Udc nell’isola, è l’azionista di maggioranza del partito di Casini, Follini e Buttiglione, che senza i voti raccolti in Sicilia da Cuffaro non potrebbero, a Roma, stare seduti dove sono. D’altra parte, qui è in corso una competizione durissima, come vedremo, tra Udc e Forza Italia, in lotta tra loro per conquistare il centro – in tutti i sensi – della scena politica.
Ma procediamo con ordine: questa storia, come tutte le storie siciliane, è complicata, dunque per non perdersi è necessario innanzitutto conoscerne personaggi e interpreti. Cuffaro e Aiello, protagonisti assoluti, li abbiamo già introdotti sulla scena. Il primo è un medico radiologo diventato politico straripante e infine presidente della Regione, dopo aver dimostrato sul campo di essere una macchina acchiappavoti, abilissimo a costruire consenso, tanto da aver saputo creare dal nulla, appunto, l’Udc, che qui è forte come in nessun’altra parte d’Italia (ha un quarto delle tessere e otto deputati su quaranta nazionali).
Al Nord è arrivata solo la leggenda di Totò Vasa-Vasa (Bacia-Bacia), per via dell’incredibile numero di mani che riesce a stringere e di baci che riesce a regalare nei suoi viaggi in giro per la Sicilia. Meno noto è un altro dei suoi soprannomi, “cioccolatino” (così veniva chiamato in vecchie intercettazioni telefoniche). E ancor meno conosciuta è la leggendaria dote delle sue agende, in cui sono memorizzati migliaia di nomi, e la sua mostruosa capacità di conoscere persone, incontrare gente, ricordare volti e nomi: per tutti ha la parola giusta, per ciascuno il saluto personalizzato, il ricordo preciso, la promessa da mantenere. Migliaia di richieste, grandi o minute, gli arrivano, personalmente o attraverso la sua segreteria. A tutte risponde, esaudendo le preghiere e dispensando miracoli.

Puffaro il kamikaze. L’ultimo miracolo l’ha fatto al Vinitaly di Verona, poche settimane fa: ha presentato due vini, “Euno” e “Pluzia”. Il primo è un nero d’Avola, il secondo un blend di grillo e chardonnay. Per la cronaca, Euno è un siciliano che nel secondo secolo avanti Cristo difese gli schiavi, per questo finì processato, ma fu infine dagli schiavi stessi proclamato re.
Il pubblico della tv lo vide per la prima volta nel 1993, durante una tesissima puntata di Samarcanda in cui Michele Santoro aveva voluto raccontare, in diretta da un teatro palermitano, le vicende di Calogero Mannino, boss democristiano accusato di essere sceso a patti con Cosa nostra. D’improvviso, irruppe sulla scena un ometto rotondo che, contro tutto e tutti, difese strillando il leader dc. Quell’ometto era Totò Cuffaro, allora sconosciuto collaboratore di Mannino. Dopo quell’azione kamikaze, l’ometto fu irriso e per lungo tempo chiamato Puffaro. Ma è stato sufficiente aspettare qualche anno e la ruota della storia lo ha riportato alla ribalta. E in posizione di primo piano, questa volta: era lui, ormai, il leader dell’eterna Dc targata Udc.
Sempre al governo: Totò Vasa-Vasa, diventato assessore regionale all’Agricoltura, era come la Terra nel sistema tolemaico, le maggioranze cambiavano, al centrodestra seguiva il centrosinistra e poi ancora il centrodestra, ma lui era sempre al suo posto, eterno assessore con ogni maggioranza. Fino al 2001, quando il voto popolare con un milione e mezzo di suffragi lo incorona “governatore” della Sicilia.
Cuffaro continua a controllare l’azienda di famiglia, una delle più grandi imprese siciliane di autolinee. Con ciò dà origine, in verità, a un piccolo conflitto d’interessi: con una mano elargisce, come presidente della Regione, finanziamenti ai trasportatori privati (una lobby potente che intasca denaro pubblico per 300 miliardi di lire l’anno); con l’altra incassa quei finanziamenti e li mette nella sua tasca d’imprenditore. Ma chi sta a guardare un conflitto d’interessi per qualche rete d’autobus, nell’Italia delle reti televisive?
Totò, comunque, è soprattutto medico. Questo gli è stato utilissimo anche in politica: quante persone, da medico, ha incontrato, assistito, consolato, indirizzato, aiutato... Per tutti una ricetta, un consiglio, una raccomandazione. Quanti amici si è fatto, Totò, grazie al camice bianco, quanti voti si è conquistato. Ma il settore della sanità si presta a interventi anche più remunerativi. Un vecchio amico di partito, Salvatore Lanzalaco, con lui nella segreteria politica dell’onorevole Mannino, ha raccontato che già dalla fine degli anni Ottanta il giovane Cuffaro era, per conto di Mannino, il grande manovratore dei concorsi ospedalieri, lo specialista nella distribuzione di incarichi a medici e primari e di posti di lavoro in ospedali e Asl. Era lui – sempre secondo Lanzalaco – che determinava i membri delle commissioni di concorso, riuscendo così a “sistemare” da 2.000 a 2.500 tra medici e paramedici.
Lui nega, smussa, minimizza. Ammette, è vero, di aver ricevuto almeno 200 medici, nel 2001, accorsi a farsi segnalare per un concorso con in palio sei posti di assistente medico. Ma giura di avere sempre ascoltato tutti, senza aver mai fatto niente per nessuno (e come mai allora in tanti continuavano ad andare da lui?).

Aiello ne ha fatte di strade. Ha a che fare con la sanità anche il secondo protagonista di questa storia, Michele Aiello. Re delle cliniche siciliane, scrivono i giornali, proprietario di strutture mediche d’eccellenza, nel 2000 risulta essere il maggior contribuente della Sicilia: vuol dire che, se non è effettivamente il più ricco, è almeno quello che nell’isola deve dichiarare il reddito più alto (2.899.446 euro quattro anni fa), visto che le sue entrate in gran parte provengono dai finanziamenti pubblici, della Regione, per la sanità.
Aiello ha però una lunga storia alle spalle. Ingegnere, è titolare di un gran numero di società che si occupano di movimento terra, edilizia, servizi, forniture di materiali per ufficio, oltre che di sanità, oggi il suo core business. Ma ha cominciato, a metà degli anni Ottanta, costruendo strade interpoderali. In questo campo la sua Straedil srl diventa rapidamente quasi monopolistica. Dieci anni dopo si butta nel business della salute. Nel 1996 rileva la Diagnostica per immagini srl, che poi diventa la Villa Santa Teresa di Bagheria. L’espansione è rapida: dalla diagnosi clinica alla terapia, dalla degenza alla riabilitazione.
Per un giorno è socio anche di Cuffaro, o meglio di sua moglie, Giacoma Chiarelli, che aveva una quota del Laboratorio Diagnostica Ormonale. Il 29 luglio 1997, infatti, Aiello entra nella società e sottoscrive l’aumento di capitale. I vecchi soci, tra cui Giacoma Vasa-Vasa, non seguono l’esempio e se ne vanno. Il Laboratorio diventa così di Aiello.
I guai per l’impresario di strade diventato re della sanità arrivano nel 2003. Di un certo Aiello in rapporti con Cosa nostra si era già sentito parlare a metà degli anni Novanta. Su un “pizzino”, un biglietto proveniente da Provenzano e caduto nelle mani degli sbirri nel 1994, era scritto: “Ditta Aiello: deve fare lavoro strada interpoderale a Bubudello. Lago di Pergusa Enna. Ditta Aiello deve fare lavoro strada interpoderale al Bivio Catena Piazza Armerina”. Ma è Nino Giuffré, l’ultimo dei “pentiti”, a far chiudere il cerchio: l’Aiello vicino a Bernardo Provenzano, con il suo assenso costruttore di strade prima e re della sanità poi, è proprio l’ingegnere di Bagheria. Arrestato il 5 novembre 2003, con l’accusa di essere un imprenditore a disposizione di Cosa nostra.

Il tariffario segreto. Destino comune, quello di Aiello e quello di Cuffaro: sono due uomini di successo del settore sanitario. Potevano non incontrarsi? Si conoscono, si parlano, si consultano, si vedono. Ma dalla primavera 2003, quando decollano le indagini su di loro, smettono di comunicare. Evidentemente sanno dell’inchiesta. Hanno un incontro diretto, ma con accorgimenti tali che sembra uscito da un film di spie. Avviene alle 18 del 31 ottobre 2003, cinque giorni prima dell’arresto di Aiello. Niente contatti diretti tra i due. Nessuna telefonata. Intermediari per fissare l’appuntamento. Luogo scelto: una boutique di Bagheria, Bertini Uomo. Cuffaro, per non avere testimoni, addirittura semina la scorta. E infine, eccolo di fronte ad Aiello. Di che cosa parlano? L’ingegnere, dopo l’arresto, lo confessa: “Quel giorno parlammo del tariffario regionale della sanità che a me interessava per i rimborsi delle prestazioni delle mie strutture, ma discutemmo anche delle indagini in corso”.
Sì, perché entrambi sanno che i carabinieri sono sulle loro tracce: hanno notizie di prima mano e una squadretta di spioni che li tiene ben informati. Cuffaro, nel suo interrogatorio del 9 febbraio 2004, non può non ammettere l’incontro, ma cerca di limitare i danni: “Non abbiamo parlato di indagini, ma solo del tariffario”. Quella del tariffario della sanità è una bella grana, in Sicilia. Mettete due cordate imprenditoriali in competizione tra loro: Aiello da una parte, Guido Filosto dall’altra. Mettete, alle loro spalle, due diversi sostegni politici: l’Udc di Cuffaro dietro Aiello, Forza Italia e l’assessore Ettore Cittadini dietro Filosto. Mettete che, comunque, è la Regione che paga sempre. Otterrete uno scontro epico, in cui diventa determinante il tariffario dei rimborsi regionali: se si pagano meglio gli interventi sofisticati, incassano di più le strutture d’eccellenza di Aiello; se si privilegiano le prestazioni medie, cresce il guadagno di Filosto. In casa di Aiello è stata sequestrata una bozza del tariffario regionale, ancora segreto, con sottolineate in blu le parti più “delicate”. Ma mentre lo scontro era ancora in corso, sono arrivati i carabinieri.
Ora la contesa continua sul piano politico: Forza Italia ha fatto il pieno di voti in Sicilia, ma l’Udc di Cuffaro continua a erodere consensi, e proprio nel bacino da cui attinge anche Forza Italia. La vocazione dell’Udc, in fondo, è quella di rendere inutile il partito di Berlusconi, di sostituirsi a Forza Italia, di conquistarne gli interlocutori (di ogni tipo), di riconquistare infine il ruolo che fu della Dc. Come finirà? A chi gioveranno le indagini in corso? Lo sapremo il 13 giugno.

La squadretta di spioni. Per difendersi da eventuali indagini, Aiello aveva a disposizione una squadretta di spioni che lo informavano in tempo reale sulle inchieste, sulle intercettazioni, sulle microspie. Ne facevano parte il maresciallo dei carabinieri Giorgio Riolo, il maresciallo della Dia Giuseppe Ciuro, l’ex carabiniere passato alla politica (nell’Udc, naturalmente) Antonio Borzacchelli. Aiello per mesi non parla mai ai telefoni della sua clinica di Bagheria (sa che sono intercettati). A chi lo chiama fa dire che non c’è. Poi, appena viene sospeso il servizio d’intercettazione, si attacca al telefono e parla, parla, parla. Che qualcosa non quadri appare chiaro anche al tenente colonnello dei carabinieri che sta conducendo le indagini, Giammarco Sottili, che poi, con vezzo classico, titolerà il suo rapporto “Timeo Danaos”: “Temo i Greci, anche quando portano doni”, scriveva Virgilio. Il dono in questione era un grande cavallo di legno; e cavalli di Troia erano le talpe che scavavano tra investigatori e magistrati del palazzo di giustizia di Palermo per poi riferire ad Aiello. Avevano organizzato una rete telefonica parallela e segreta, per evitare le intercettazioni. Ma Sottili la scopre e scopre così il gioco delle talpe. Ciuro e Riolo vengono arrestati insieme ad Aiello.
Le notizie più delicate, però, arrivano al re delle cliniche da una fonte diversa, più informata: una supertalpa. Chi è? Secondo i magistrati è Totò Cuffaro in persona. È lui ad avvertire Aiello e i suoi coimputati degli snodi più delicati, dei passaggi più critici dell’indagine: “Cuffaro mi disse”, “L’ho saputo da Totò”, ripetono i protagonisti di questa storia. E le fonti del “governatore” non sono le talpine palermitane, ma semmai una qualche talpona romana. Finora senza volto.

Borghesia mafiosa. I guai di Cuffaro precedono quelli di Aiello. Cominciano nel 2001, quando due magistrati di Palermo determinati e intelligenti, Nino Di Matteo e Gaetano Paci, mettono sotto indagine un gruppo di professionisti palermitani. La loro attenzione è catturata dapprima da un medico quarantenne: Mimmo Miceli, ex assessore alla Sanità a Palermo, uomo di fiducia di Cuffaro, da questi posto al vertice della Multiservizi, la società che svolge le manutenzioni per il Comune di Palermo ed è uno dei serbatoi di consenso dell’Udc.
Miceli, secondo i magistrati, era in stretti rapporti con Giuseppe Guttadauro detto Peppino, ex primario dell’ospedale civico di Palermo. Oggi Guttadauro, come medico, è in pensione, ma resta in attività – sempre secondo i magistrati – come mafioso: boss di Brancaccio, già condannato in passato per la sua affiliazione a Cosa nostra, è lo sponsor di Miceli alle elezioni regionali del 2001. Miceli non riesce a essere eletto, ma diventa il braccio operativo di Guttadauro dentro l’amministrazione comunale e la politica. “Berlusconi, se vuole risolvere i suoi problemi, ci deve risolvere pure quelli nostri”, dice Guttadauro, intercettato dai carabinieri.
Nel mirino di Di Matteo e Paci entra anche un mafioso di Altofonte residente a Milano e a Milano in contatto con Marcello Dell’Utri: Salvatore Aragona, anch’egli medico, grande amico di Guttadauro, già condannato a nove anni per favoreggiamento di Giovanni Brusca, l’uomo che azionò il telecomando contro Giovanni Falcone.
Borghesia mafiosa, gente colta, rispettati professionisti. Ben inseriti in quell’area grigia che collega Cosa nostra con la società, gli affari, la politica. Guttadauro, Aragona e Miceli vengono arrestati il 26 giugno 2003. Hanno tutti una cosa in comune: stretti rapporti con Totò Cuffaro. E Miceli, il pupillo di Guttadauro, che lo aveva sostenuto in campagna elettorale, era il tramite tra i mafiosi e Vasa-Vasa. Scatta così il primo avviso di garanzia inviato al presidente della Regione: per concorso esterno in associazione mafiosa. Totò era stato eletto “governatore” da meno di tre settimane e già andava a incontrare all’hotel Excelsior di Palermo, il 30 luglio 2001, Miceli e il cognato di Peppino Guttadauro, Vincenzo Greco, anch’egli medico, già condannato nel 1996 per avere curato il killer di padre Pino Puglisi. Peccato che le telecamere dei carabinieri abbiano ripreso tutto. Le microspie, poi, registrano Peppino che spiega alla moglie Gisella: “Ogni volta che ci andiamo ci devono mettere il tappeto, devono stare affacciati al finestrone e dire: stanno venendo. Perché quando tu fai a uno una campagna elettorale, e gliela fai per davvero, non è che poi si babbulia”. Non si scherza con il boss che ti ha fatto eleggere.
Dopo aver individuato i rapporti tra Totò, Mimmo e Peppino, i magistrati si dedicano alle indagini su Aiello, sul suo collaboratore Aldo Carcione, sulle talpine e sulle talpone. Altri uomini dell’Udc finiscono sotto inchiesta: accanto a Miceli e Borzacchelli, capita al deputato nazionale Francesco Saverio Romano, uomo di collegamento tra Cuffaro e Roma; all’ex consigliere provinciale Antonino Cosimo D’Amico, candidato di Provenzano alle regionali del 2001 (“I picciotti di Bagheria hanno u piaciri di portare questo signore”, aveva detto Binnu a Giuffré, consegnandogli i “santini” elettorali da diffondere); a Bartolo Pellegrino, assessore di Cuffaro, che a pranzo con un boss malediva – intercettato – gli “sbirri e infami”; e a Nenè Lo Giudice, detto Mangialasagne, assessore regionale che aveva fatto la campagna elettorale con la musica del Padrino e diceva: “Io sono amico di quelli giusti, i mafiosi con le palle”.

Problema Udc. Ma gli occhi sono puntati su di lui, su Totò. Nessuno oggi ricorda più la vecchia inchiesta per abusivismo edilizio e abuso d’ufficio aperta dalla procura di Agrigento su Cuffaro in quanto socio della H&C and Sons, proprietaria dell’albergo di Capo Rossello a Realmonte. Poca attenzione hanno avuto anche le rivelazioni di Gioacchino Genchi, superconsulente della procura di Palermo, che nel corso di un processo ha raccontato che il funzionario regionale Natale Tubiolo, escluso dal gabinetto del presidente Cuffaro dopo che erano state scoperte le sue pendenze giudiziarie, era in contatto con molti mafiosi e, contemporaneamente, con Cuffaro. Dimostrato dai tabulati telefonici del 1992-93, che evidenziano rapporti tra Tubiolo e Totò, allora deputato regionale. “Niente di scandaloso”, replica Cuffaro, “Tubiolo allora era un dirigente della Dc”.
Più clamore hanno fatto le indagini in corso a Palermo, in cui Cuffaro deve rispondere dei reati di concorso esterno in associazione mafiosa e rivelazione di segreto d’ufficio. A queste ora si è aggiunta l’indagine di Messina sullo smaltimento rifiuti: è accusato, anche qui, di aver divulgato notizie riservate sugli appalti. Del resto, Cuffaro è anche commissario straordinario per l’emergenza rifiuti in Sicilia. Da uomo trasversale qual è, Totò a Messina non si è smentito: è indagato insieme a uomini della sinistra, gli “imprenditori rossi” Gulino e il boss Ds Mirello Crisafulli.
Ma pochi hanno ritenuto scandaloso che il presidente della Regione sia indagato per mafia. Pochissimi hanno rilevato che già le ammissioni fatte (“Con Aiello abbiamo parlato solo del tariffario”) siano gravissime. La vicepresidente della Commissione parlamentare antimafia, Angela Napoli di An, ha chiesto le dimissioni di Totò, ma è stata subito smentita anche dai leader del suo stesso partito.
Dell’affaire Cuffaro la politica non si cura. Non se ne cura il suo partito, solitamente così giudizioso a Roma. Non se ne curano i più alti esponenti dell’Udc, il presidente della Camera Pierferdinando Casini, il segretario Marco Follini, il ministro Rocco Buttiglione. Ormai la mafia non indigna, l’antimafia non appassiona. Un investigatore di Palermo dice, con un sorriso amaro: “La situazione è migliorata. Ieri si diceva: “La mafia non c’è”. Oggi si dice: “La mafia c’è stata””. Quanto a lui, Totò Cuffaro, dopo avere a suo tempo difeso dalle “mascariate” il suo amico e maestro Calogero Mannino, ora difende se stesso. Anche candidandosi alle elezioni europee: un seggio a Strasburgo vuol dire immunità.

30 aprile 2004





Tutto invariato. :mbe:

powerslave
23-05-2007, 09:38
Poi arriverà l'Unione e libererà la Sicilia da questo mafioso e dai suoi compagni? Peccato che Gela, una città che di mafia ne ha parecchia, è sotto il centrosinistra e la situazione non migliora......sicuri che la mafia sia solo collusa con il centrodestra? :stordita:

Parliamo di cuffaro e di mafia e la criminalità non guarda il colore politico per fare affari quindi non riduciamo il thread al solito "centrodestra vs centrosinistra".

Crocetta è la dimostrazione che se il centrosinistra si prende la briga di presentare amministratori capaci e in grado di riscuotere consensi per la loro bravura(Crocetta ha letteralmente cambiato il volto di Gela dopo decenni di immobilità e riscosso consensi unanimi e bipartizan) e non sagome di cartone alla Orlando(ma fu così in parte anche alle regionali con la Borsellino) che pensano di salire grazie al solo "voto contro",si può essere un'alternativa a quel sistema che tira le fila della sicilia da anni e di cui cuffaro è l'icona.
Poi non è che ci si aspetti che un sindaco vada a fermare la mafia a cazzoti,se no voteremo per Chuck Norris:asd:

P.S.
la situazione criminalità e mafia di Gela è comunque molto più tranquilla(non per merito di crocetta, sia chiaro) dopo la fine della guerra di mafia degli anni 90.

jpjcssource
23-05-2007, 10:07
Crocetta è la dimostrazione che se il centrosinistra si prende la briga di presentare amministratori capaci e in grado di riscuotere consensi per la loro bravura(Crocetta ha letteralmente cambiato il volto di Gela dopo decenni di immobilità e riscosso consensi unanimi e bipartizan) e non sagome di cartone alla Orlando(ma fu così in parte anche alle regionali con la Borsellino) che pensano di salire grazie al solo "voto contro",si può essere un'alternativa a quel sistema che tira le fila della sicilia da anni e di cui cuffaro è l'icona.
Poi non è che ci si aspetti che un sindaco vada a fermare la mafia a cazzoti,se no voteremo per Chuck Norris:asd:

P.S.
la situazione criminalità e mafia di Gela è comunque molto più tranquilla(non per merito di crocetta, sia chiaro) dopo la fine della guerra di mafia degli anni 90.

Certo, ma alcuni pensano che la mafia in sicilia esiste solo perchè e governata dal centrodestra, mentre se arrivasse il centrosinistra ci sarebbe il paradiso della legalità e pensano che collusi con i malavitosi vi siano solo polititici di destra.

powerslave
23-05-2007, 11:38
Certo, ma alcuni pensano che la mafia in sicilia esiste solo perchè e governata dal centrodestra, mentre se arrivasse il centrosinistra ci sarebbe il paradiso della legalità e pensano che collusi con i malavitosi vi siano solo polititici di destra.

Il nesso causa-effetto destra- mafia è evidentemente assurdo,anche perchè la collusione tra mafia e politica in sicilia è fatto assodato da prima che esistesse il centrodestra per come lo è ora.Analogamente è ingenuo pensare che il csx porterebbe a un eden di legalità,perchè è fisiologico che ci siano amministratori poco onesti anche nel centrosinistra.Diversamente la penso riguardo alla tua ultima affermazione:la mafia in Sicilia sposta una quantità di voti considerevole e li sposta quasi sempre in una direzione perchè è in quella direzione che trova maggior disponibilità,se da un lato c'è la responsabilità politica di non fare abbastanza per opporsi in modo convincente a questo sistema dall'altro c'è la responsabilità di essere parte organica di questo sistema ed è tutto un altro paio di maniche.

gretas
23-05-2007, 18:53
non e' raggiungibile :asd:


Dantes hai letto la sentenza del mandanti a viso coperto delle stragi?

rootshooter
02-06-2007, 10:56
Peccato che Gela, una città che di mafia ne ha parecchia, è sotto il centrosinistra e la situazione non migliora......sicuri che la mafia sia solo collusa con il centrodestra? :stordita:

Parliamo di cuffaro e di mafia e la criminalità non guarda il colore politico per fare affari quindi non riduciamo il thread al solito "centrodestra vs centrosinistra".

Non sei di Gela e parli di qualcosa che non conosci forse? Perchè Gela è governata da circa 3/4 da un sindaco adesso riconfermato del centrosinistra, Rosario Crocetta e per dirti del suo rapporto con la mafia ti riporto un pezzo della sua voce su wikipedia

"In campagna elettorale e durante l'intero mandato sarà portavoce della necessità di «Combattere Cosa Nostra» autodefinendosi «il sindaco anti-Mafia». Al termine dei cinque anni di sindacatura si ricandida nella carica di primo cittadino gelese e viene riconfermato dal voto popolare al termine delle consultazioni amministrative del 2007, in cui stravince al primo turno con il 64,8% dei consensi."

http://it.wikipedia.org/wiki/Rosario_Crocetta

Per conferma puoi anche cercare su google notizie sulle minacce ricevute...

In ogni caso, d'accordo sul fatto che la lotta alla mafia non ha colore politico e dev'essere una battaglia di tutti, il problema però non è che anche nel centro-sinistra ci siano mele marce (che bisogna estirpare), ma che non si sente di qualche politico di destra fare lotta alla mafia. Che poi nella base (soprattutto dalla parte di an) ci siano anche persone con forti valori antimafia è fuor di dubbio, ma i leader politici penso che dovrebbero fare più chiarezza.

dantes76
02-06-2007, 12:12
Dantes hai letto la sentenza del mandanti a viso coperto delle stragi?

chiedo scusa, ma letto solo adesso:cry:

credo di no

giannola
02-06-2007, 13:22
ragazzi ma qualcuno di voi ha mai partecipato ai comizi elettorali di questa gente ?

C' è un sistema che si può scoprire solo vendendo le cose coi propri occhi: la gente nn ci va per sentirli parlare, ma per presentare amici e amici degli amici col pretesto del comizio.
Anzi alcuni aspettano che ci sia la telecamera a riprendere il saluto.
Nel caso di Cuffaro è il vasa-vasa.



Licata nemmeno sapevo chi fosse, ora lo so visto che si fa la fama intorno a Cuffaro, poi una volta messosi in luce anche lui farà parte della schiera di coloro che lottano contro la mafia senza riuscire, che poi magari si portano in politica.

Scommettiamo ?