Lehendakari
21-05-2007, 13:19
Fonte: Repubblica (http://www.repubblica.it/2006/a/rubriche/piccolaitalia/ospedali-milioni/ospedali-milioni.html)
Se un pappagallo urta il becco contro una barella al pronto soccorso o un cane inciampa tra i corridoi della chirurgia generale dov'è ricoverato il suo padrone, un asino collassa avanti l'ambulatorio oculistico, un cavallo viene investito nel parcheggio del policlinico, il costo delle cure è garantito e, soprattutto, assicurato. Traumi, invalidità permanente o anche morte del povero animale.
A Messina il massimale per cani e gatti e ogni altra specie dell'universo è fissato a 5 milioni e 164mila euro, l'Università di Bari, meno previdente, si è coperta da polizza fino a tre milioni, l'ospedale di Enna per due milioni e 500 mila, idem il Civico di Palermo. "Nemmeno se porti in sala operatoria la renna di Babbo Natale e te la mangi con tutti i sonagli è giustificata una simile cifra", dice Pier Carmelo Russo, oggi dirigente della Regione Sicilia, ma ieri avvocato che provò innanzi al Tar come l'Azienda sanitaria trapanese Sant'Antonio Abate avesse assicurato l'ospedale con tutto quel che conteneva (medici, infermieri, beni strumentali e anche animali) per una superpolizza dall'esorbitante costo di un milione 176mila euro. Provò che era carissima, e soprattutto inutilmente dispendiosa. Massimali altissimi, premi alle stelle. Il Tar (sentenza 3034/05) annullò il contratto.
L'ospedale, limando e ripulendo, rifece la gara per trovare una congrua assicurazione e spese 676mila euro, quasi la metà, per di più sestuplicando nella polizza il valore dei risarcimenti a cui si obbligava la compagnia assicuratrice rispetto alla precedente.
Nel bilancio dello Stato somme importanti sono destinate a coprire la cosiddetta responsabilità civile delle migliaia di dipendenti, e poi la sicurezza di edifici e palazzi, scuole e consultori, acquedotti e strade. Ma il vero salasso per le casse pubbliche è la cifra che le aziende ospedaliere devono mettere da parte nei bilanci per assicurare i dipendenti, cioè i medici, per responsabilità connesse al proprio lavoro. Un intervento chirurgico che non va bene, l'artroscopia fatta male, il bypass difettoso. Gli incidenti purtroppo sono molti, le richieste di risarcimento altrettanto numerose, gli indennizzi certi ed elevati.
Una fortuna! Per alcuni più incidenti uguale più premi. Più premi uguale più soldi. Ecco, le polizze costano care. Anche perché si assicura tutto oltre limite estremo della ragione. Il chirurgo è naturalmente coperto da polizza ma anche il ferrista di sala operatoria. Ed è giusto. Oltre al ferrista la caposala, l'infermiere, professionale e generico. Ed è giusto. Ma gli stessi massimali valgono per il portantino e giù giù fino al cuoco, allo sguattero da cucina e, appunto, al pappagallo. Cinque milioni di euro di premio massimo se dovesse all'animaluccio occorrere qualcosa. Polizze fantascientifiche che solo un matto potrebbe stipulare. Ma qui paga lo Stato.
Alcuni nosocomi sottoscrivono impegni con le assicurazioni in cui il limite che esclude la compagnia dall'obbligo di pagare è posto a livelli incredibili: a Palermo l'ospedale, benché assicurato, si ritiene direttamente coinvolto (quindi paga di tasca sua) danni fino a cinquecentomila euro. Prima che l'assicurazione si ritenga coinvolta bisogna giungere alla soglia lunare del mezzo milione di euro. Fosse finita qui! In tutte le polizze c'è la clausola del limite temporale del risarcimento postumo. Altra fregatura. Mettiamo una semplice operazione al ginocchio fatta oggi. Il malato va a casa, dopo qualche settimana i dolori post-operatori non cessano, decide di indagare e dopo qualche mese si fa rioperare accorgendosi che la prima operazione è stata condotta male. Chiede i danni all'ortopedico per colpa professionale. L'ortopedico è coperto dall'assicurazione stipulata dal suo ospedale.
Ma l'assicurazione che ha intascato il premio rifiuta il pagamento perché la richiesta è stata inoltrata fuori tempo massimo. Alcune compagnie fissano a tre mesi, altre a sei mesi, altre a un anno il limite temporale della loro copertura postcontratto. E dunque? E dunque, e ancora una volta, l'ospedale pagherà con i suoi soldi ciò che ha già pagato. La polizza è morta, è vuota. Pagata. E pagata quanto?
Bella domanda. La sanità italiana è così malmessa che le maggiori compagnie non vogliono correre rischi e si tengono alla larga dal rispondere alle richieste. Trovare una assicurazione è un'impresa, purtroppo.
Rispondono i Lloyds di Londra, o piccole compagnie estere, leggere ma audaci. In Sicilia la parte del leone la fa l'australiana Qbe, un solo ufficio italiano e tutto il resto in Oceania e a Londra.
Per raggiungere la Qbe gli ospedali, come tutti gli enti pubblici e anche i grandi gruppi privati italiani, si fanno aiutare da un broker. E chi è il broker? Un professionista che, valutata la mappa del rischio dell'azienda cui presta la sua consulenza, va sul mercato delle assicurazioni e prende quel che gli serve: le migliori polizze teoricamente al minor costo. Il broker dunque gestisce (dovrebbe gestire) la qualità del rischio e il suo mantenimento al livello più basso. Se è bravo e onesto e il suo cliente, per esempio un municipio, è oggetto di ripetute richieste risarcitorie per incidenti stradali che percentualmente sono concentrati a un incrocio, chiederà tempestivamente che il bivio venga messo in sicurezza (ad esempio con una rotatoria). La riduzione del rischio provocherà la riduzione del premio che l'assicurazione riterrà di pretendere. Questo se il broker è serio.
Il broker però guadagna in percentuale sul premio pagato dal cliente: più è alto il costo dell'assicurazione più la provvigione (che varia dal 3 all'8 per cento) risulta elevata. E il broker per lavorare deve superare una gara pubblica indetta dalla Asl. E dunque? Avete pensato bene: una conoscenza è meglio di niente, due è meglio di una. La politica da poco ha scoperto questo nuovo mercato. E se lo coccola. In Sicilia (come in tutto il Paese) le società di brokeraggio si fanno una guerra spietata per raccogliere incarichi, vincere gare, intercettare commesse sempre più sontuose.
Grandi società multinazionali di brokeraggio (Aon e Marsh) e medie (Sgr, Viras), piccole (consulbrokers), piccolissime (Assisicilia). A Palermo, a Catania, a Trapani, a Mazara le grandi perdono sistematicamente, le piccole e piccolissime vincono quasi sistematicamente. Migliore offerta, miglior progetto operativo, miglior punteggio. A Catania (Ausl 3) il progetto Marsh-Aon viene giudicato migliore ma gli viene assegnato lo stesso punteggio di Consulbrokers. Ricorso al Tar, annullamento della gara. L'Asl invece di modificare i punteggi, modifica i giudizi: chi aveva vinto invece di perdere rivince grazie a un giudizio che da buono raggiunge l'ottimo.
Intendiamoci, nulla di male e solo una coincidenza se per esempio la Sgr, società di brokeraggio, custodisce una limpida amicizia con Silvio Cuffaro, fratello di Totò, il governatore. E nulla di male se i titolari di Consulbrokers si ritengono, o sono ritenuti, amici di Raffaele Lombardo, padrone di Catania. Se la Viras è molto stimata dall'ex assessore alla Sanità Sanzarello, la Sicurmed da Lillo Mannino, la Reale Mutua da Micciché. Sono aziende. Ognuna ha diritto di sostenere il partito del cuore e, nei limiti consentiti dalla legge, anche di finanziarlo. Lo fanno i migliori imprenditori che in Parlamento depositano le cifre dei loro bonifici.
L'assicurazione, poi, è un obbligo di legge. E, come si dice?, una buona polizza allunga la vita.
Evvai, un'altra buona notizia!!!
Se un pappagallo urta il becco contro una barella al pronto soccorso o un cane inciampa tra i corridoi della chirurgia generale dov'è ricoverato il suo padrone, un asino collassa avanti l'ambulatorio oculistico, un cavallo viene investito nel parcheggio del policlinico, il costo delle cure è garantito e, soprattutto, assicurato. Traumi, invalidità permanente o anche morte del povero animale.
A Messina il massimale per cani e gatti e ogni altra specie dell'universo è fissato a 5 milioni e 164mila euro, l'Università di Bari, meno previdente, si è coperta da polizza fino a tre milioni, l'ospedale di Enna per due milioni e 500 mila, idem il Civico di Palermo. "Nemmeno se porti in sala operatoria la renna di Babbo Natale e te la mangi con tutti i sonagli è giustificata una simile cifra", dice Pier Carmelo Russo, oggi dirigente della Regione Sicilia, ma ieri avvocato che provò innanzi al Tar come l'Azienda sanitaria trapanese Sant'Antonio Abate avesse assicurato l'ospedale con tutto quel che conteneva (medici, infermieri, beni strumentali e anche animali) per una superpolizza dall'esorbitante costo di un milione 176mila euro. Provò che era carissima, e soprattutto inutilmente dispendiosa. Massimali altissimi, premi alle stelle. Il Tar (sentenza 3034/05) annullò il contratto.
L'ospedale, limando e ripulendo, rifece la gara per trovare una congrua assicurazione e spese 676mila euro, quasi la metà, per di più sestuplicando nella polizza il valore dei risarcimenti a cui si obbligava la compagnia assicuratrice rispetto alla precedente.
Nel bilancio dello Stato somme importanti sono destinate a coprire la cosiddetta responsabilità civile delle migliaia di dipendenti, e poi la sicurezza di edifici e palazzi, scuole e consultori, acquedotti e strade. Ma il vero salasso per le casse pubbliche è la cifra che le aziende ospedaliere devono mettere da parte nei bilanci per assicurare i dipendenti, cioè i medici, per responsabilità connesse al proprio lavoro. Un intervento chirurgico che non va bene, l'artroscopia fatta male, il bypass difettoso. Gli incidenti purtroppo sono molti, le richieste di risarcimento altrettanto numerose, gli indennizzi certi ed elevati.
Una fortuna! Per alcuni più incidenti uguale più premi. Più premi uguale più soldi. Ecco, le polizze costano care. Anche perché si assicura tutto oltre limite estremo della ragione. Il chirurgo è naturalmente coperto da polizza ma anche il ferrista di sala operatoria. Ed è giusto. Oltre al ferrista la caposala, l'infermiere, professionale e generico. Ed è giusto. Ma gli stessi massimali valgono per il portantino e giù giù fino al cuoco, allo sguattero da cucina e, appunto, al pappagallo. Cinque milioni di euro di premio massimo se dovesse all'animaluccio occorrere qualcosa. Polizze fantascientifiche che solo un matto potrebbe stipulare. Ma qui paga lo Stato.
Alcuni nosocomi sottoscrivono impegni con le assicurazioni in cui il limite che esclude la compagnia dall'obbligo di pagare è posto a livelli incredibili: a Palermo l'ospedale, benché assicurato, si ritiene direttamente coinvolto (quindi paga di tasca sua) danni fino a cinquecentomila euro. Prima che l'assicurazione si ritenga coinvolta bisogna giungere alla soglia lunare del mezzo milione di euro. Fosse finita qui! In tutte le polizze c'è la clausola del limite temporale del risarcimento postumo. Altra fregatura. Mettiamo una semplice operazione al ginocchio fatta oggi. Il malato va a casa, dopo qualche settimana i dolori post-operatori non cessano, decide di indagare e dopo qualche mese si fa rioperare accorgendosi che la prima operazione è stata condotta male. Chiede i danni all'ortopedico per colpa professionale. L'ortopedico è coperto dall'assicurazione stipulata dal suo ospedale.
Ma l'assicurazione che ha intascato il premio rifiuta il pagamento perché la richiesta è stata inoltrata fuori tempo massimo. Alcune compagnie fissano a tre mesi, altre a sei mesi, altre a un anno il limite temporale della loro copertura postcontratto. E dunque? E dunque, e ancora una volta, l'ospedale pagherà con i suoi soldi ciò che ha già pagato. La polizza è morta, è vuota. Pagata. E pagata quanto?
Bella domanda. La sanità italiana è così malmessa che le maggiori compagnie non vogliono correre rischi e si tengono alla larga dal rispondere alle richieste. Trovare una assicurazione è un'impresa, purtroppo.
Rispondono i Lloyds di Londra, o piccole compagnie estere, leggere ma audaci. In Sicilia la parte del leone la fa l'australiana Qbe, un solo ufficio italiano e tutto il resto in Oceania e a Londra.
Per raggiungere la Qbe gli ospedali, come tutti gli enti pubblici e anche i grandi gruppi privati italiani, si fanno aiutare da un broker. E chi è il broker? Un professionista che, valutata la mappa del rischio dell'azienda cui presta la sua consulenza, va sul mercato delle assicurazioni e prende quel che gli serve: le migliori polizze teoricamente al minor costo. Il broker dunque gestisce (dovrebbe gestire) la qualità del rischio e il suo mantenimento al livello più basso. Se è bravo e onesto e il suo cliente, per esempio un municipio, è oggetto di ripetute richieste risarcitorie per incidenti stradali che percentualmente sono concentrati a un incrocio, chiederà tempestivamente che il bivio venga messo in sicurezza (ad esempio con una rotatoria). La riduzione del rischio provocherà la riduzione del premio che l'assicurazione riterrà di pretendere. Questo se il broker è serio.
Il broker però guadagna in percentuale sul premio pagato dal cliente: più è alto il costo dell'assicurazione più la provvigione (che varia dal 3 all'8 per cento) risulta elevata. E il broker per lavorare deve superare una gara pubblica indetta dalla Asl. E dunque? Avete pensato bene: una conoscenza è meglio di niente, due è meglio di una. La politica da poco ha scoperto questo nuovo mercato. E se lo coccola. In Sicilia (come in tutto il Paese) le società di brokeraggio si fanno una guerra spietata per raccogliere incarichi, vincere gare, intercettare commesse sempre più sontuose.
Grandi società multinazionali di brokeraggio (Aon e Marsh) e medie (Sgr, Viras), piccole (consulbrokers), piccolissime (Assisicilia). A Palermo, a Catania, a Trapani, a Mazara le grandi perdono sistematicamente, le piccole e piccolissime vincono quasi sistematicamente. Migliore offerta, miglior progetto operativo, miglior punteggio. A Catania (Ausl 3) il progetto Marsh-Aon viene giudicato migliore ma gli viene assegnato lo stesso punteggio di Consulbrokers. Ricorso al Tar, annullamento della gara. L'Asl invece di modificare i punteggi, modifica i giudizi: chi aveva vinto invece di perdere rivince grazie a un giudizio che da buono raggiunge l'ottimo.
Intendiamoci, nulla di male e solo una coincidenza se per esempio la Sgr, società di brokeraggio, custodisce una limpida amicizia con Silvio Cuffaro, fratello di Totò, il governatore. E nulla di male se i titolari di Consulbrokers si ritengono, o sono ritenuti, amici di Raffaele Lombardo, padrone di Catania. Se la Viras è molto stimata dall'ex assessore alla Sanità Sanzarello, la Sicurmed da Lillo Mannino, la Reale Mutua da Micciché. Sono aziende. Ognuna ha diritto di sostenere il partito del cuore e, nei limiti consentiti dalla legge, anche di finanziarlo. Lo fanno i migliori imprenditori che in Parlamento depositano le cifre dei loro bonifici.
L'assicurazione, poi, è un obbligo di legge. E, come si dice?, una buona polizza allunga la vita.
Evvai, un'altra buona notizia!!!