easyand
15-05-2007, 20:23
«La prossima volta che vi troverete i talebani sotto casa cavatevela da soli». Irritazione e diffidenza sono i sentimenti più diffusi nei confronti dell'Italia negli ambienti militari alleati in Afghanistan, specie al comando di Bagram, la base che ospita il comando della Task Force 82, le truppe in gran parte americane dell'operazione Enduring Freedom.
Proprio nei loro confronti si sono levate le critiche del governo in seguito alle vittime civili provocate dalla battaglia sostenuta a fine aprile a Shindand, nel settore italiano dell'Afghanistan Occidentale. Una battaglia nella quale vennero uccisi oltre 130 talebani, un incursore americano e, purtroppo, anche una cinquantina di civili ma che vide i Berretti Verdi eliminare una pericolosa presenza talebana che minacciava le truppe italiane e la nostra base a Herat. Il ministro della Difesa, Arturo Parisi, in visita a Kabul, ha espresso forti critiche per l'azione americana al comandante delle forze della Nato il generale statunitense Dan McNeil, chiedendo un maggiore coordinamento e che non si verifichino più sconfinamenti nel settore italiano.
«Le due operazioni sono strettamente connesse come ha dimostrato l'operazione congiunta tra i due comandi alleati e le forze afgane che ha portato all'uccisione del mullah Dadullah», precisa una fonte militare della Coalizione che ha chiesto l'anonimato «e spesso gli italiani hanno cooperato senza nessun problema con le forze speciale di Enduring Freedom».
COOPERAZIONE
La fonte non entra nei dettagli ma è noto che nel settembre scorso le truppe italo-spagnole vennero coinvolte al fianco di americani e afgani nell'operazione Wyconda Pincer che permise di cacciare i talebani dal distretto di Bakwa, nella provincia di Farah, una delle quattro poste sotto il Comando Ovest di Herat guidato al generale Antonio Satta. «L'operazione a Shindand era stata coordinata con il comando italiano e i danni collaterali sono stati causati dalla consueta tattica dei talebani che occupano case e villaggi per farsi scudo dei civili». Un prassi diffusa in tutti i conflitti non convenzionali e che anche gli italiani ben conoscono come una tragica costante dei conflitti.
Il 2 luglio 1993, al Pastificio di Mogadiscio, gli italiani hanno dovuto sparare con i carri armati per aprirsi una via uccidendo oltre 450 somali, in gran parte civili dietro ai quali si nascondevano i miliziani di Mohammed Aidid. Nella primavera 1999, durante il governo D'Alema, i jet italiani parteciparono ai bombardamenti aerei della Nato su Serbia e Kosovo che uccisero centinaia di civili. MORALISMI A Nassiriya, nel 2004, la riconquista dei ponti sull'Eufrate da parte del contingente italiano provocò un numero di vittime che secondo gli sceicchi locali fu di oltre 200 morti, in parte civili.
Ovvio quindi che a molti non siano piaciuti i moralismi del governo italiano, pronto a condannare gli alleati quando fanno il lavoro sporco al posto nostro ma restìo a compiacersi per l'uccisione del mullah Dadullah, che oltre a essere il sanguinario capo dei talebani nel sud aveva rivendicato numerosi attacchi contro i nostri soldati, l'attentato suicida dell'8 aprile e 2006 contro la base di Herat e il sequestro di Daniele Mastrogiacomo. Ucciso dagli alleati anche un fratello del mullah, uno dei talebani liberati in cambio della vita del giornalista italiano e che fino a pochi giorni or sono si burlava degli italiani intimandoci di convertirci all'Islam. Dal ministero della Difesa italiano non è uscita nessuna nota di approvazione per il successo conseguito dalle forze speciali della Nato e di "Enduring Freedom". Eppure, secondo Human Right Watch la gran parte delle vittime civili afgane sono provocate intenzionalmente dai talebani di Dadullah, non dagli americani.
di GIANANDREA GAIANI
Proprio nei loro confronti si sono levate le critiche del governo in seguito alle vittime civili provocate dalla battaglia sostenuta a fine aprile a Shindand, nel settore italiano dell'Afghanistan Occidentale. Una battaglia nella quale vennero uccisi oltre 130 talebani, un incursore americano e, purtroppo, anche una cinquantina di civili ma che vide i Berretti Verdi eliminare una pericolosa presenza talebana che minacciava le truppe italiane e la nostra base a Herat. Il ministro della Difesa, Arturo Parisi, in visita a Kabul, ha espresso forti critiche per l'azione americana al comandante delle forze della Nato il generale statunitense Dan McNeil, chiedendo un maggiore coordinamento e che non si verifichino più sconfinamenti nel settore italiano.
«Le due operazioni sono strettamente connesse come ha dimostrato l'operazione congiunta tra i due comandi alleati e le forze afgane che ha portato all'uccisione del mullah Dadullah», precisa una fonte militare della Coalizione che ha chiesto l'anonimato «e spesso gli italiani hanno cooperato senza nessun problema con le forze speciale di Enduring Freedom».
COOPERAZIONE
La fonte non entra nei dettagli ma è noto che nel settembre scorso le truppe italo-spagnole vennero coinvolte al fianco di americani e afgani nell'operazione Wyconda Pincer che permise di cacciare i talebani dal distretto di Bakwa, nella provincia di Farah, una delle quattro poste sotto il Comando Ovest di Herat guidato al generale Antonio Satta. «L'operazione a Shindand era stata coordinata con il comando italiano e i danni collaterali sono stati causati dalla consueta tattica dei talebani che occupano case e villaggi per farsi scudo dei civili». Un prassi diffusa in tutti i conflitti non convenzionali e che anche gli italiani ben conoscono come una tragica costante dei conflitti.
Il 2 luglio 1993, al Pastificio di Mogadiscio, gli italiani hanno dovuto sparare con i carri armati per aprirsi una via uccidendo oltre 450 somali, in gran parte civili dietro ai quali si nascondevano i miliziani di Mohammed Aidid. Nella primavera 1999, durante il governo D'Alema, i jet italiani parteciparono ai bombardamenti aerei della Nato su Serbia e Kosovo che uccisero centinaia di civili. MORALISMI A Nassiriya, nel 2004, la riconquista dei ponti sull'Eufrate da parte del contingente italiano provocò un numero di vittime che secondo gli sceicchi locali fu di oltre 200 morti, in parte civili.
Ovvio quindi che a molti non siano piaciuti i moralismi del governo italiano, pronto a condannare gli alleati quando fanno il lavoro sporco al posto nostro ma restìo a compiacersi per l'uccisione del mullah Dadullah, che oltre a essere il sanguinario capo dei talebani nel sud aveva rivendicato numerosi attacchi contro i nostri soldati, l'attentato suicida dell'8 aprile e 2006 contro la base di Herat e il sequestro di Daniele Mastrogiacomo. Ucciso dagli alleati anche un fratello del mullah, uno dei talebani liberati in cambio della vita del giornalista italiano e che fino a pochi giorni or sono si burlava degli italiani intimandoci di convertirci all'Islam. Dal ministero della Difesa italiano non è uscita nessuna nota di approvazione per il successo conseguito dalle forze speciali della Nato e di "Enduring Freedom". Eppure, secondo Human Right Watch la gran parte delle vittime civili afgane sono provocate intenzionalmente dai talebani di Dadullah, non dagli americani.
di GIANANDREA GAIANI