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View Full Version : Telecom: difesa dell'italianita' o difesa dei risparmiatori ?


Enel
29-04-2007, 16:13
Segnalo questo interessante articolo sulla vicenda Telecom

Editoriale del 11 Aprile 2007

Telecom: difesa dell'italianita' o difesa dei risparmiatori

La vicenda Telecom sta dimostrando ancora una volta tutti i limiti del cosi' detto "capitalismo di relazione" tipico del nostro Paese.
Un capitalismo, cioe', fatto non di denaro per acquistare la maggioranza delle aziende quotate, ma di patti di sindacato e scatole cinesi.
Il capitalismo alla Cuccia (quello delle azioni che non si contano, ma si pesano) senza pero' il carisma, l'abilita' e l'intelligenza di Cuccia.
La cosa funziona piu' o meno cosi'. Per avere il controllo di un'azienda quotata in borsa bisogna "controllare" le azioni necessarie per far votare il proprio management (cioe' molto meno del 50% della azioni). Il modo piu' lineare per avere il controllo delle azioni sarebbe quello di comprarle direttamente, ma questo metodo ha una forte "controindicazione": servono i soldi...
Ipotizziamo che per avere la quota di comando di un'azienda siano necessari un miliardo di euro. Invece di cacciare tutto il miliardo di tasca, si puo' creare una societa' (chiamiamola H) che compra, magari in larga parte finanziandosi, le azioni della societa' che ci interessa. Basta avere il controllo della societa' H per controllare indirettamente la societa' che ci interessa. Talvolta i soldi necessari per controllare la societa' H sono ritenuti sempre troppi, quindi si crea un'altra societa' che controlla la societa' H che controlla, infine, la societa' quotata. Si puo' arrivare a controllare una societa' quotata tirando fuori meno dell'1% del valore di mercato della societa'.
Per fare questi giochetti servono due cose: 1) i finanziamenti delle banche e 2) una serie di buone relazioni con altri "capitalisti di relazione" per puntellarsi a vicenda. In altre parole, invece dei soldi, questi soggetti usano le conoscenze personali.
Qual e' il problema di questo meccanismo?
Il problema e' l'enorme conflitto d'interessi che si innesca fra chi detiene direttamente le azioni della societa' quotata (i risparmiatori) e chi "controlla" il pacchetto di controllo della societa'. I primi, sono interessati a massimizzare gli utili della societa' quotata salvaguardando gli investimenti per il futuro della societa' stessa. I secondi sono interessati a massimizzare il rendimento del complesso dell'investimento (che comprende i debiti e tutto il meccanismo delle scatole cinesi).
Solitamente per un "capitalista di relazione" e' molto piu' profittevole spremere un'azienda come un limone, distribuendo dividendi verso l'altro della catena di controllo per ripagare i debiti e massimizzare il rendimento del poco denaro messo a disposizione per controllare la societa', piuttosto che investire nell'azienda stessa per massimizzare gli utili futuri.
Gli azionisti di minoranza vedono cosi' il loro investimento che pian piano si deprezza. In un primo momento possono anche essere felici dei buoni dividenti, ma nel medio termine avranno un rendimento complessivo largamente deludente.
Invece di preoccuparsi del passaporto dei proprietari delle azioni delle societa' quotate in Italia, il Governo dovrebbe preoccuparsi di come questo controllo viene acquisito, in altre parole il Governo dovrebbe creare un quadro di regole di mercato che limitino il piu' possibile i conflitti d'interesse fra i piccoli risparmiatori ed i "capitalisti di relazione".
Il primo passo da fare in questa direzione sarebbe abolire i patti di sindacato per le societa' quotate in borsa.
I patti di sindacato sono accordi fra soggetti che detengono partecipazioni di rilievo per blindarne il controllo. Il meccanismo delle scatole cinesi e quello dei patti di sindacato sono strumenti che si tengono insieme. Abolire i primi indebolirebbe anche l'utilizzo delle scatole cinesi.
Un secondo passo, verso una struttura di controllo delle societa' quotate piu' trasparente e con minori conflitti d'interesse, dovrebbe essere quello di limitare l'uso del capitale di debito per avere il controllo di societa' quotate in Italia.
Qualora il rapporto fra patrimonio e debito delle holding che controllano societa' quotate in borsa scenda sotto una soglia stabilita dal regolatore del mercato, le azioni detenute da questa holding dovrebbero essere "congelate" e perderebbero i loro diritti di voto fino a che la holding non torni nei ranghi.
Questi due provvedimenti (presi congiuntamente ed ovviamente con i dovuti tempi per permettere la riorganizzazione delle strutture di controllo della societa') salvaguarderebbero gli interessi dei risparmiatori invece dell'italianita' delle aziende.
Il concetto di italianita' delle aziende rientra nella logica del "capitalismo di relazione". Le "relazioni" si stringono piu' facilmente con i soggetti appartenenti allo stesso "circolo". E' piu' difficile far coinvolgere investitori stranieri nelle logiche "di relazione" all'italiana, anche perche' il grumo di interessi e' diverso.
Questo vale, purtroppo, anche per il Governo. Ogni Governo ha le proprie "relazioni" privilegiate e cerca di favorire il proprio gruppo. Agli interessi del "parco buoi" ci si pensera' se rimane tempo... e purtroppo, il tempo e' sempre troppo poco...

http://investire.aduc.it/php/mostra.php?id=177751

Sawato Onizuka
29-04-2007, 18:22
:incazzed: sia dannata Telecom da quando ha comprato le azioni della Tim (così rovinando tanti bei benefici tra dividendi & co... sigh) ... i piccoli vengono mangiati dai pesci grossi mh :mbe:

rip82
29-04-2007, 18:29
Io continuo a sostenere che almeno la rete debba essere acquistata dallo stato italiano, scorporandola come e' stato fatto ad Enel con Terna. Poi Telecom potrebbe comprarla chi cacchio vuole, tanto fare piu' danni di Tronchetti e' impossibile, se e' l'uomo piu' indebitato del pianeta ci sara' un motivo.

Enel
29-04-2007, 19:05
Io continuo a sostenere che almeno la rete debba essere acquistata dallo stato italiano, scorporandola come e' stato fatto ad Enel con Terna. Poi Telecom potrebbe comprarla chi cacchio vuole, tanto fare piu' danni di Tronchetti e' impossibile, se e' l'uomo piu' indebitato del pianeta ci sara' un motivo.

Ma scherzi? Hai presente gli sprechi che lo Stato italiano farebbe?
E poi i governi hanno ceduto la rete per pochi spiccioli, ma se ora lo Stato acquistasse la rete a prezzi di mercato, le cifre sarebbero stratosferiche..

Basterebbe dare migliori poteri di regolamentazione all'autorità per le telecomunicazioni.

generals
29-04-2007, 19:10
Io continuo a sostenere che almeno la rete debba essere acquistata dallo stato italiano, scorporandola come e' stato fatto ad Enel con Terna. Poi Telecom potrebbe comprarla chi cacchio vuole, tanto fare piu' danni di Tronchetti e' impossibile, se e' l'uomo piu' indebitato del pianeta ci sara' un motivo.

Infatti, non è che ora dopo questa soluzione "italiana" con i soliti noti nella cordata finisce a tarallucci e vino e della rete "pubblica" o separata non se ne parla più? :rolleyes: Veramente se accade questo mi indigno con la sinistra più di quanto non lo sia già.....:mad:

rip82
30-04-2007, 00:08
Infatti, non è che ora dopo questa soluzione "italiana" con i soliti noti nella cordata finisce a tarallucci e vino e della rete "pubblica" o separata non se ne parla più? :rolleyes: Veramente se accade questo mi indigno con la sinistra più di quanto non lo sia già.....:mad:

Non avete tutti i torti, ma siete sicuri che col lassismo della legge italiana in materia una compagnia straniera si comporterebbe diversamente? Comunque continuo a sostenere che la rete debba rimanere statale per prevenire il monopolio che finora Telecom ha esercitato sulla concorrenza che fornisce servizi tramite la sua rete, dopo di che Telecom puo' comparla chi vuole, non ho preferenze. Il discorso sull'authority avrebbe senso se fosse un'organizzazione seria, ma e' infestata da gente di fiducia delle compagnie che andrebbero controllate, anche con maggiori poteri lascerebbe carta bianca come la lascia ora.

baolian
30-04-2007, 09:56
Non avete tutti i torti, ma siete sicuri che col lassismo della legge italiana in materia una compagnia straniera si comporterebbe diversamente? Comunque continuo a sostenere che la rete debba rimanere statale per prevenire il monopolio che finora Telecom ha esercitato sulla concorrenza che fornisce servizi tramite la sua rete, dopo di che Telecom puo' comparla chi vuole, non ho preferenze. Il discorso sull'authority avrebbe senso se fosse un'organizzazione seria, ma e' infestata da gente di fiducia delle compagnie che andrebbero controllate, anche con maggiori poteri lascerebbe carta bianca come la lascia ora.

Il controllo della rete non deve essere lasciato nelle mani di un soggetto che offre il servizio, per cui concordo che la rete vada scorporata, ma non deve necessariamente essere statalizzata. L'importante è che rimanga sempre netta la separazione rete/servizi.
Il problema delle scatole cinesi è di tipo diverso, e secondo me ancora più grave, e non riguarda solo Telecom.
A proposito, dell'operazione Telecom non mi sono chiare due cose:
1) che interesse ha Telefonica a pagare le azioni Telecom a 2,82 quando le avrebbe potute comprare sul libero mercato ad un prezzo più basso?
Il prezzo più alto sarebbe stato giustificato se Telefonica avesse acquisito una quota di maggioranza, ma così... (un'ideuzza comunque ce l'ho!)
2) che interesse ha Generali nel ritrovarsi bloccato, (apparentemente) senza contropartita, un pacchetto azionario che fino a ieri poteva liberamente scambiare sul libero mercato?

Credo che investirò i miei soldi in azioni di aziende che producono mutande di ferro: presto ce ne sarà un grande bisogno!:sofico:

-kurgan-
30-04-2007, 10:05
negli usa at&t è stata spezzettata sul territorio senza che lo stato comprasse nulla, non capisco perchè qui dovremmo comportarci diversamente con telecom.
se deve essere statale, che lo sia completamente.. o se deve essere privata, che lo sia completamente. Niente vie di mezzo, che son schifezze immani in cui sguazzano politici a caccia di poltrone e imprenditori ammanicati senza scrupoli.

recoil
30-04-2007, 10:42
c'è un dubbio che mi è rimasto: quando è stata privatizzata Telecom la rete fissa è rimasta di proprietà dello stato o no?

generals
30-04-2007, 11:22
c'è un dubbio che mi è rimasto: quando è stata privatizzata Telecom la rete fissa è rimasta di proprietà dello stato o no?

No, e nonostante fosse stata realizzata con i miliardi sborsati dagli utenti :rolleyes: Dobbiamo ringraziare il caro Nicola Rossi dei Ds all'epoca consigliere economico di D'alema, i cosiddetti "riformisti" (coni soldi degli altri) :Puke:

giorno
30-04-2007, 14:02
se gli investitori italiani sono come tronchetti,allora stranieri tutta la vita.

lupotto
30-04-2007, 17:29
se gli investitori italiani sono come tronchetti,allora stranieri tutta la vita.

Oddio, telefonica non è che sia il massimo dati i suoi precedenti con ipse2000:( :(

rip82
30-04-2007, 18:41
Oddio, telefonica non è che sia il massimo dati i suoi precedenti con ipse2000:( :(

Gia', me ne ha accennato proprio ieri sera un mio amico, Telefonica non promette bene, forse At&t potrebbe gestire meglio, comunque il male peggiore sarebbe un acquisto da parte di Mediaset.

roverello
30-04-2007, 19:26
Ma scherzi? Hai presente gli sprechi che lo Stato italiano farebbe?
E poi i governi hanno ceduto la rete per pochi spiccioli, ma se ora lo Stato acquistasse la rete a prezzi di mercato, le cifre sarebbero stratosferiche..

Basterebbe dare migliori poteri di regolamentazione all'autorità per le telecomunicazioni.

La rete se la tiene il privato, che però deve sottostare a regole ben precise di accessibilità e investimenti pianificati in accordo con lo stato; la rete in pratica va gestita in concessione.
Il privato deve fare affari con le offerte commerciali.
E l'autorità deve avere più peso, ma soprattutto deve tutelare i clienti della rete, e di conseguenza di tutte le compagnie telefoniche che di detta rete si avvalgono. E fino ad oggi l'autorità è stata troppo vicina alla proprietà.
E comunque anche l'azienda meglio intenzionata non è stata fondata per fare la carità, e quindi regole chiare a tutela dello sviluppo e dei clienti.

Franco2
30-04-2007, 21:43
Articolo illuminante.
A me, il modo in cui è stata trattata l'azienda Telecom, il modo in cui se n'è fatta carne di porco, fa venire il voltastomaco.
Istintivamente direi di lasciare che la compri chi vuole, per poi ricostruire da zero, con tecnologie moderne, una nuova rete e che sia e rimanga pubblica, STATALE. E che il nome "Telecom" sia di monito a chiunque venga in mente, in futuro, di privatizzare qualcosa. :huh:

roverello
30-04-2007, 23:28
se gli investitori italiani sono come tronchetti,allora stranieri tutta la vita.

Viste le regole che abbiamo, temo che tutti gli investitori siano come Tronchetti, anche se provenienti da marte.
Tempo fa lessi un articolo, ma non ricordo dove.
In sostanza qualcuno sostiene che la riorganizzazione strutturale della rete sia stata fortemente condizionata (sic!) dalla volontà di liberare i palazzi (in genere di pregio) che ospitavano le vecchie centrali, in modo da poterli dismettere e realizzare lauti introiti a vantaggio della Pirelli Real Estate.
Non so se sia vero, ma non c'è da meravigliarsi di nulla.
Comunque in questa vicenda è apparsa molte volte la parola mercato, ma non ho mai sentito la parola "etica" ( o qualche sinonimo).

rip82
01-05-2007, 01:54
Comunque in questa vicenda è apparsa molte volte la parola mercato, ma non ho mai sentito la parola "etica" ( o qualche sinonimo).

Sei un inguaribile romantico, etica e business sono antitetici, sia che l'investitore voglia far funzionare l'azienda, sia che voglia succhiare tutta la linfa, in entrambi i casi ci rimette qualcuno. E' lo stato che deve tracciare una linea da non valicare ed assicurarsi che non venga oltrepassata, ma da noi lo stato e' stretto in pugno ai grandi imprenditori, sia direttamente (Silvio etc), sia indirettamente (uomini al soldo delle aziende).

naitsirhC
01-05-2007, 11:01
Capitalismo Spaghetti

Tutto troppo giusto in questo commento che segue. Peccato che Statera dimentichi di dire che il suo editore di Repubblica, e’ stato uno degli inventori e teorizzatori delle ’scatole cinesi’ che adesso tutti, Statera per primo, deprecano.

Il capitalismo-spaghetti e’ ridicolo e assurdo, soprattutto in epoca di Simulmondo, e l’Italia sta pagando un carissimo prezzo a questo capitalismo senza regole e senza capitali.

Per questo da decenni preferisco investire a Wall Street o in small caps italiane che vendono in tutto il mondo e se ne fregano se comanda Prodi o Berlusconi.

Grazie a questo sistema politico-economico, i nostri governanti sono contemporaneamente i meno legittimati dai cittadini e dalla democrazia elettorale, e i piu’ potenti e interventisti nell’economia del Paese.

Da qui nasce una situazione potenzialmente esplosiva per la nostra democrazia, specie in epoca di libera e circolante informazione interattiva e finanziaria.

Deve cambiare molto e fortunatamente ci sono molte persone intelligenti che ci stanno lavorando, anche nei media, nella politica e nell’economia.

E’ importante sostenerli.
www.repubblica.it
Alberto Statera

“Il mercato? Che si fotta: gli italiani li devono intercettare gli italiani”. Sic transit gloria mundi, con una vignetta di Tullio Altan che in dodici parole, più efficaci di qualunque editoriale, seppellisce per sempre l´epopea dei capitani coraggiosi della razza padana, che nel 1999 imbastirono la madre di tutte le privatizzazioni, e, con loro, l´homo novus del capitalismo italiano che nel lustro successivo, dal 2001, tentò di riportare l´operazione Telecom nell´alveo dei poteri forti – soprattutto sé stesso – sognando di farsi il Gianni Agnelli del ventunesimo secolo. Per la verità fu il Financial Times nel 2001 ad attribuire a Marco Tronchetti Provera l´eredità morale dell´Avvocato.

E fu seguito con entusiasmo da buona parte della spesso compiacente pubblicistica nostrana, con qualche distaccato fastidio - si racconta - dello stesso Agnelli.
Del resto, le stimmate, almeno quelle estetiche, l´uomo le ha tutte: bello, corrucciato, brizzolato, elegante - anzi l´italiano più elegante del mondo, sentenziò il Washington Post -, classe 1948, tre buoni matrimoni: con Letizia Rittatore Wonwiller, autrice di Come sposare un miliardario, Cecilia Pirelli, figlia di Leopoldo, e Afef Jnifen, l´attuale, modella tunisina ed ex moglie dell´avvocato d´affari romano Marco Squatriti, soprannominato Squatriarcos per gli stili di vita sardanapaleschi.

Nell´iconizzazione indefessa del “nuovo Agnelli” abbiamo saputo in questi anni che egli ha trascorso al vertice del colosso delle telecomunicazioni, che scia da dio, veleggia come Paul Cayard, veste Caraceni, porta scarpe su misura, se non per il tempo libero quando usa Tod´s e Prada, indossa camicie Loro Piana, orologio Audemars Piguet Royal Oak, cravatte Marinella. Il barbiere Colla garantisce che il suo “brizzolio” non ingiallisca. Nessuno ha mai rivelato da quali letture sia stata completata la cultura conferitagli dalla laurea alla Bocconi, ma tutti si sono fidati del giudizio di quel grande gentiluomo dell´ex suocero, che lo investì in Pirelli in un momento di crisi, dopo lo sfortunato assalto alla Continental, con le parole: «Marco sarà più di un capo». Enrico Cuccia ci credette e i risultati in Pirelli si videro.

Nel 2001, dopo il fallimento del “nocciolino” di Carlo Azeglio Ciampi inventato per collocare il lascito più importante dello Stato imprenditore e la successiva scalata e fuga col malloppo della razza padana, il decollo del grande disegno tronchettiano di fare di Telecom privata il crocevia di potere del nuovo capitalismo, quello che per mezzo secolo era stata la Fiat prima di Vittorio Valletta, poi di Gianni Agnelli.

Passati sei anni, Altan nella sua vignetta riassume in dodici folgoranti parole la crisi d´immagine di Telecom in seguito allo scandalo delle intercettazioni telefoniche, la crisi endemica dell´intero capitalismo italiano e della spesso dissennata politica industriale, il tutto condito dalla retorica dell´italianità. Del resto, sapete chi aveva previsto come sarebbe andata a finire? Chicco Gnutti e Stefano Ricucci, i capifila dei furbetti del quartierino, che appena due anni fa erano tutti schierati a scalare il cielo di questo tisico capitalismo autoreferenziale, quando non delinquenziale, fatto di partecipazioni a cascata, di scatole cinesi, di improbabili matrioske che partoriscono creature tarate.

Era l´estate del 2005, quando in un´intervista a questo giornale, Tronchetti, sempre misurato, quasi una sfinge - definizione che fece dire alla moglie «se lui è una sfinge io sono la sua piramide» - ci dichiarò che lui preferiva i «salotti sani» ai «salotti buoni». Il giorno dopo Ricucci, intercettato, parla al telefono con Chicco Gnutti: «…ma tu l´hai letta l´intervista di quel deficiente di Tronchetti Provera su La Repubblica di stamattina?» Gnutti: «No». Ricucci: «E leggitela va! Che parla de me e de te…. C´è tutta l´intervista del dottor Tronchetti Provera, che loro sono il salotto sano…». Gnutti: «Ah, ah». Ricucci: «…c´ha quarantacinque miliardi d´euro di debiti …il salotto sano lui c´ha!». «E sì, ma viene, viene…a miti consigli anche lui eh?» Ricucci: «E quando però?» Gnutti: «Eh, l´anno prossimo».

Come si fa a fare il crocevia del nuovo capitalismo con 45 miliardi di debiti e una partecipazione troppo fragile? Archimede diceva: datemi un punto d´appoggio e vi solleverò il mondo. Tronchetti- Archimede, caso forse unico al mondo, ci è quasi riuscito, perché con 340 milioni di euro ha ottenuto il controllo di Telecom, di conseguenza le mani in Capitalia, Mediobanca e Corriere della Sera, con un capitale investito di una settantina di miliardi, mentre gli azionisti di minoranza hanno sborsato 21 miliardi e le banche hanno concesso crediti per 45 miliardi.

Una leva finanziaria straordinaria resa possibile dalle partecipazioni a cascata e riversando il costo della scalata stessa sulla società acquisita, con l´esplosione dell´indebitamento. Se un imprenditore controlla la società con una quota piccola di capitale non c´è il rischio - come sostiene Lucian A. Bebchuk, professore della Harvard Law School – che trovi vantaggioso farsi gli affari propri, spolpare l´azienda avendone il profitto e scaricare gli oneri sugli altri soci? Per carità, non si può maramaldeggiare su Tronchetti e sul suo sogno infranto.

E´ il sistema italiano delle piramidi societarie – non la piramide incarnata dalla signora Afef - che consente il controllo da parte di un imprenditore che comanda tanto rischiando poco. Un sistema che ha favorito il formarsi di una classe dirigente mediocre, inadeguata a gestire le sfide del mercato e molto portata a favorire più gli interessi personali che quelli generali, come dimostra una ricerca del sociologo Carlo Carboni (Elite e classi dirigenti in Italia) in uscita per Laterza. Anche Tronchetti è stato sospettato e censurato duramente dall´economista Alessandro Penati per la famosa stock option formato gigante su Otusa, che portò nella sue tasche in un colpo solo 219 milioni di dollari, 146 in quelle di Giuseppe Morchio e 91,2 in quelle di Carlo Buora.

E anche per il suo “terzismo”. Nel 2001 Berlusconi è approdato a Palazzo Chigi e Tronchetti, appena entrato alla Telecom, dimostra la sua volontà di collaborazione: compra le disastrose Pagine Bianche e, con la Pirelli Real Estate, la berlusconiana Edilnord per 211 milioni di euro, un prezzo giudicato troppo alto. E subito dopo evira “La 7″ disinnescando la mina del Terzo Polo, progettato da Lorenzo Pellicioli e da Roberto Colaninno, che teneva alquanto in ansia Fedele Confalonieri.

L´aspirante homo novus del capitalismo italiano, il Gianni Agnelli del terzo millennio non è un furbo luciferino, lui si descrive come un tranquillo uomo di minoranza, ma non certo “il genero”, come lo chiamavano quando era coniugato Pirelli. In questi anni, nonostante gli errori commessi, al fianco della “piramide” Afef è diventato quasi un´icona nazionalpopolare, ma non riuscendo mai a colmare neanche lontanamente il vallo che lo separa dalla naturale autorevolezza che ammantava l´Avvocato.

Non un Lucifero, né uno stupido, nonostante la teoria di Robert Musil che divide in due la stupidità: una onesta e schietta, dovuta all´intelletto debole, l´altra, paradossalmente segno d´intelligenza, somigliante al «progresso, al talento, alla speranza e al miglioramento». Tanti anni dopo la testa pensante di Vito Gamberale, che inventò il business dei telefonini, oggi sapete che occorre? Non geni. Non stupidi. Serve un Marchionne dei telefoni.

Da: http://www.finanzaworld.it/blog/capitalismo-spaghetti


Vi allego un video: :read:
http://www.youtube.com/watch?v=h2Y19TdZTfY&mode=related&search=

Così vi rendete conto qual'è la "considerazione" verso i piccoli azionisti da parte della stessa CONSOB... che dovrebbe tutelare il mercato. :mad:

irenezzz
01-05-2007, 20:14
Non ho letto tutto il trhread, ma sinceramente credo che quello dell'italianità di telecom sia un falso problema o cmq un problema molto enfatizzato.
Sinceramente sarebbe più logico garantire una gestione efficiente consentendo così di redistribuire ricchezza anche agli investitori italiani.

-kurgan-
02-05-2007, 01:21
Non ho letto tutto il trhread, ma sinceramente credo che quello dell'italianità di telecom sia un falso problema o cmq un problema molto enfatizzato.
Sinceramente sarebbe più logico garantire una gestione efficiente consentendo così di redistribuire ricchezza anche agli investitori italiani.

concordo.
è pure un falso problema la scorporazione della rete, come ho detto.. basta costringere telecom a venderne una parte con l'autority per la concorrenza e il problema si risolve da solo.