jgfx
04-04-2007, 17:05
3.4.2007 Montichiari
Donne che cadono dal fico dopo averlo sposato: cara Nina Moric, lasci perdere la separazione da Corona e la Bernardini-Pace, non è questo il momento di cadere dalla padella alla brace. Quanto poi al p.m. Henry John Woodcock...
Riporto da pag. 23 dell’odierno numero del Corriere della Sera un brano dell’intervista alla modella Nina Moric coniugata Fabrizio Corona, intervista ripresa da un settimanale, guarda caso non delle Edizioni Paoline, che il Corsera disinteressatamente annuncia in edicola “da domani”:
Iniziano le domande su una presunta ‘doppia vita’ di Corona, sulla bisessualità, sul suo rapporto con Lele Mora, che a Corona fece anche da testimone di nozze. “Sentivo, dall’inizio, di non conoscere mio marito fino in fondo. Ma ero accecata dall’amore che provavo per lui. Totale, assoluto. Ma una parte di lui, forse era sempre altrove” racconta la top model di Zagabria. E alla domanda diretta “suo marito è bisessuale?” risponde: “Non lo so, non credo”. Quando le ricordano che Mora ha definito Corona “il mio uomo” lei risponde così: “L’ho letto. Credo che Mora sia un’altra vittima di Fabrizio”.
In queste sette righe c’è un condensato di luoghi comuni sulla virilità e sulla sessualità umana in generale che provano come sia l’intervistata che chi la intervista (temo una donna) vivano in una temperie culturale di idee ricevute una volta per tutte e mai più rivisitate alla luce dei fatti della vita, proprio come se le due creature non ne avessero mai avuta una propria dalla quale filtrare interpretazioni più consone a un passabile principio di realtà. Va be’ che quando le donne e le sessuologhe in generale parlano di sessualità maschile sembrano fare il verso alla colonna sonora di Per un pugno di dollari di Leone, ma uno presume che un/una giornalista, malgrado tutti gli stage, e una modella, grazie a molti stage, abbiano un certo uso di mondo, abbiano conosciuto, avvicinato, sentito dire, cambiato paesi e costumi, abbiano attraversato le umane maschere della società e di ciò che comporta mantenersi dentro una redazione milanese e sulle passerelle e i festini di mezza provincia, abbiano imparato qualcosa sugli uomini nel bieco senso di uomini, invece no, sembrano entrambe uscite da un museo di storia naturale degli stereotipi. Vediamoli uno per uno i clichés che entrambe si rimpallano di domanda in risposta senza darsi e darci scampo:
1) cliché della ‘doppia vita’ (il riferimento è chiaramente sessuale ovvero di omosessualità vissuta di nascosto) applicato a Corona: no, Corona è quanto di più lontano dall’avere un immaginario e un vissuto erotico di questo tipo (almeno a questo punto della sua vita, ma potrebbe restare valido anche per lui quel proverbio che io ripeto sempre ai giovani marchettoni romani e rumeni increduli di mestiere e di professata fede eterosessuale, “Chi va col lupo impara a ululare”, che devo sempre tradurgli in parole povere con “I soldi guadagnati di cazzo finiscono tutti spesi di culo” ); Corona – che personalmente trovo fisicamente del tutto resistibile per non dire altro – è un libro aperto con i caratteri American Tipewriter ben stampati in faccia e ben buttatiti in faccia (e nell’abbigliamento di dozzinale ricercatezza, nel lezioso codino con elastico, negli stucchevoli occhiali a specchio: tutta la sua persona rimanda a un outlet in piccolo, a un merchandising a stretto giro di occhiata, al prototipo dell’uomo-sandwich in tempi di grande crisi occupazionale), è l’incoronazione plateale del ragazzotto di provincia senza studi e senza risorse e senza prospettive (che sia del Sud o del Nord o del Centro da vent’anni a questa parte non fa alcuna differenza) che ce l’ha fatta, dopo un durissimo apprendistato di mondanità in mondanità che non fatico a immaginare e al quale ha sacrificato tutto, innanzitutto la facoltà di provare desiderio lui: un giovanotto di tal fatta, al quale, a differenza di me, saranno stati milleetré gli uomini e le donne disposti a riconoscergli un bel faccino e un sex appeal di grido, è su piazza non per desiderare (e per dare fiato al proprio eventuale desiderio, cosa che ne indebolirebbe la forza contrattuale) ma per essere desiderato, anzi, per farsi desiderare senza possibilmente concedersi mai o non fino al punto di far scoprire al desiderante i meccanismi della sua strategia di guerra; in sintesi: per avere una doppia o seconda vita bisogna prima averne una prima, e quella di Corona è da un certo punto in poi della sua gioventù troppo a metà strada (per il calcolo carrieristico che soppianta una iniziale, sottoproletaria e già di per sé meschina disperazione di fondo) per avere i contorni netti di un vero e proprio esercizio di volontà nel perseguimento di un proprio piacere da una parte o dall’altra o da una parte di giorno e dall’altra di notte; Corona è il valletto lungimirante, dall’assoluto autocontrollo nell’ingoiare rospo dopo rospo senza perdere il sorriso e rivelare la rabbia che affila in altrettanta sete di vendetta, uno che studia le debolezze altrui intanto che sfila e porge cappotti ai gentili convitati nel super bordello dei media e dell’ambiente in cui si trova e che non può permettersi di averne di proprie: si propone di prendere il posto del padrone e ce la fa, tanto di cappello; Corona si lascia sognare addosso, diviene per qualcuno, diciamo il suo padrone di riferimento momentaneo, il terminal di sogni andati a male, di sentimenti malriposti, diventa il ricettacolo di virtuosismi di genitali vizzi di cui egli filtra i veleni sessisti, omofobi, classisti, i vittimismi superomistici, la malafede dell’incompreso da bambino, lo schifo di sé che promana da quasi tutti gli uomini e le donne di potere e di dané, forse inala anche qualche fiato pestilenziale di troppo vicino alla sua bocca a boccone del prete e senza dar segno di deglutire dal disgusto; Corona è un elaboratore di proiezioni di cui è bersaglio e che non lo riguardano, è un pulitore indefesso di specchi rotti che mirano a trovare nel suo riflesso la perduta integrità, e la sua specialità è neutralizzare la chimera di averlo ma al contempo egli sa come far proprio quel potere che voleva comprarlo per annetterlo, farselo e infine azzerarlo; perchè in questo ambientino – come in tutti gli altri, anche dove c’è una madre badessa e una suorina di primo pelo, tanto per dire – il bello dell’amore non è la gratuità ma il prezzo perchè la recita della gratuità sia tanto più perfetta quanto più s’alza la posta (vedi Bel Ami di Maupassant o Vendita galline km2 di Busi);
2) cliché sulla bisessualità; “suo marito è bisessuale?” risponde: “Non lo so, non credo”. Quando le ricordano che Mora ha definito Corona “il mio uomo”...: mi scandalizza e mi esaspera che esistano ancora giornalisti che facciano una simile domanda, non potrebbero chiedere alla moglie in perplessità, ”Suo marito fa collezione di ambre con tibie di mammuth dentro?” che farebbero prima? L’ultima volta che ho sentito riparlare (ancora? uffa!) di bisessualità è stato il secolo scorso per via di una dichiarazione di uno sgomitante e devoto chiacchieratore verde napoletano che fece outing dicendo di essere però anche bisessuale nemmeno fosse un guiderdone o una patente di nobiltà del cazzo per il resto fetente invece di un triviale indorare la pillola per suffragare, curandola, una delle tante malattia immaginarie della morale sessuale cattolica. Mi ricordo che questa asserita “bisessualità” del verde mi fece mettere le mani tra i capelli (magari quello lì me lo sarei trovato un giorno al governo!), al che, previa telefonata con Franco Grillini, si decise che, ebbene sì, gli piacevano sia i mori che i biondi e da allora credevo che il termine fosse morto per sempre, insieme alla credibilità politica del gay che se ne era fatto scudo. Ora, ribadiamo il concetto sopra esposto: per gli uomini andare con altri uomini per interesse (delle due l’una: o Corona per andare con Mora è un pervertito nel gusto o è un calcolatore, la seconda, e per me unica ipotesi, è di gran lunga meno raccapricciante) non è diverso che per un idraulico stendersi a pancia insù per sturare un lavandino e non è assolutamente vero che l’erezione di un pene sia la prova di una partecipazione effettiva e affettiva all’atto sessuale, un uomo in erezione può fingere ben più di una donna supinamente a gambe larghe che emette i suoni di rigore per compiacere un cliente o un marito, spesso l’unico suo cliente, a insaputa solo di lui, da vent’anni; conosco troppo bene il mondo dei prostituti e degli uomini in generale per ignorare che un uomo, diciamo per il resto eterosessuale, può per tornaconto dare da ciucciare il proprio membro a un altro uomo con la stessa indifferenza e spirito di sopportazione con cui gli darebbe a nolo un gomito o il proprio calzascarpe, che cosa c’entra la bisessualità? Sta lavorando, coglie un’occasione per lui insperata di trasformare una relativa perdita di tempo in un certo guadagno (soldi, promesse, particine qui e là, cocaina, donne...) esorbitante rispetto all’insignificante capitale investito. Mi è capitato, circa un lustro fa, di incontrare durante un’ospitata televisiva un famoso e anzianotto stilista che mi invitò a fargli visita a casa sua, sicché, dopo parecchi mesi, passando proprio davanti al suo portone e non avendo niente di fare, pensai di dare per una volta aria al mio snobismo verso il basso e suonai il citofono; lo stilista era molto contento di vedermi – diciamolo pure: non gli parve vero – e io risposi con il dovuto calore alla sua aperta cordialità; dopo avermi fatto passare in rassegna i capi da passerella della sua ultima collezione (taglie troppo strette per me, mi invitava a servirmi a piene mani, ripetevo che non avrei saputo che farmene, ma lui insistette tanto che finii per lasciarmi imbustare due cappotti che poi corsi a dare ai primi due che facevano da spaventapasseri davanti alla Caritas lì alla Stazione Termini). Be’, per farla breve a un certo punto prende un gigantesco portafoto e comincia a mettermi sotto il naso nudi di uomini che sembravano usciti dalla psiche di Afrodite: bellissimi, tra i venti e i trenta, tutti cazzuti come elefantini, tutti, mi sembrò, ancora sudaticci per il sesso appena fatto, ebbi un paio di sobbalzi perché avrei giurato di aver visto alcune di quelle facce in comparsate televisive qui e là, tutti sfrontatamente e trionfalmente spudorati, me li andava descrivendo per regione, prevaleva la Sicilia, la Campania, l’Emilia-Romagna, “Me li son fatti tutti”, disse pieno dell’amor proprio dei depressi, “Ah sì?”, “Sì, sì, e tutti che in giro si mostrano solo con le fighe più tremende del pianeta”, e io, “E quanto costano?”, “Cento euro, centocinquanta”, “E cosa fanno?”. “Tutto, non ti immagini neanche, tutto-tutto”, “Per così poco?”, “E anche per meno. Certo, a volte li fai sfilare, ma comunque è sempre modelleria di prima qualità. Se vuoi, non c’è problema. In fondo, sei un’eminenza anche tu. A questi interessano le buone relazioni...”, “Scusa ma mi viene il voltastomaco solo a pensarci. Già il sesso è così noioso gratis che pure a pagamento...”, lui non credeva alle proprie orecchie – provavo solo pena, per lui e per loro, a pari merito, ecco quello che provavo: e puoi mai aggettare una voglia sopra qualcuno che ti fa pena? “Ma come fai a non sentire lo sforzo che devono fare per stare con te?”, sembrò non capire, “Oh, problemi loro, io li pago, siamo pari. Il do ut des. E del resto, uomini così, se non li paghi, come fai a farteli?”, “Fai senza”, dissi io, laconico. Secondo me è ancora là che scuote il capo e pensa a quanto io sia uno che o la dà a bere o che non ha capito niente della vita, uno stupido comunque. Morale: non uno di quegli stupefacenti bistecconi con l’osso – che specialmente a Roma trovano terreno fertile tra politici e monsignori dagli esigenti e quindi sbrigativi orgasmi ministeriali – resterà a lungo involato, tutti finiranno per diventare mariti di fanciulle di buona borghesia (magari figlie dello stesso padre di cui sono stati il prezzolato amante per un po’) e padri di famiglia esemplari, a modo loro ma pur sempre esemplari come chiunque altro padre che esemplare o no lo è (e che tre volte al mese va a farsi riallargare gli orli dal trans meglio dotato delle tenebre). Bisessualità? Ma no: è sempre la stessa, fritta e rifritta sessualità maschile, schematica e pedissequa come quei cruciverba che sembrano complessi e la cui soluzione, ammesso lo siano, si trova invariabilmente a fondo pagina senza fallo. La bisessualità vera è talmente rara che è meglio non farci conto nel valutare le frequentazioni di un uomo perché, appunto, essa presuppone intanto una sessualità e poi una sessualità ben definita, articolata, illuminata e illuminante, una coscienza politica estroflessa, coraggiosa, intemerata, adogmatica, spiritosa, una civiltà intellettuale non minata da scorie teocratiche e demonologiche, vaticane, ecco. Un uomo, come una donna, può fare qualsiasi cosa con chiunque sessualmente ma se non la porta alla coscienza o non accetta di parlarne, be’, è molto semplice: vuol dire che non l’ha mai fatta, e che invece l’abbia fatta è solo un dettaglio insignificante in più non della sua esperienza individuale ma della generale rimozione collettiva che va a ingrossare e che di fatto lo svuota di vita, di memoria, di amore – di un desiderio di cui rendere partecipe che sia tale dall’andata all’arrivo, non un’ennesima tabe cattolica della nausea di sé che si ribalti in una prova di forza, in una coercizione, in una compravendita, in una violenza, in un abuso di potere.
3) cliché del chi è vittima e chi è carnefice tra due contraenti sessuati forse sessuali: “...Credo che Mora sia un’altra vittima di Fabrizio”: cara la mia Nina, non le sembra di esagerare? Lele Mora una vittima? Uno che ha colonizzato le televisioni italiane e buona parte della Costa Smeralda, uno al quale un ministro della Giustizia stringe la mano e un aspirante al trono italico chissà cosa, una vittima? Uno che per anni ha sopportato le messe in piega cantate di Simona Ventura? Se anche vittima, avrà fatto bene i suoi calcoli: lo sarà come passatempo, sfizio senile, posa sacerdotale. Mi sembra che nella relazione tra Mora e Corona si dia troppa importanza al sesso che ci può essere stato, e non è neppure detto che il sesso quale moneta di scambio passi da Corona a Mora, e se fosse il contrario? Se l’oggetto del desiderio fosse Mora per Corona e non viceversa? Non dimentichiamo che Mora è padre di due figli, il che rende più verosimile l’ipotesi che uno che si sente orfanello voglia insinuarsi nel suo letto per diseredare a colpi di ginocchietto e di manomorta i legittimi pretendenti. Sa, mia cara, ne ho visto tante che talvolta penso addirittura di averne viste più di loro due e Lei messi assieme. Inoltre: i sentimenti cambiano, talvolta evolvono, solo i Suoi per Corona sembrano essere rimasti al palo di sempre. Due uomini possono andare a letto assieme una volta come a segnare un patto di fedeltà e poi ognuno fare la propria vita, certo è che sia l’uno che l’altro poi sanno, ma mai per sempre, chi viene per primo nel profondo dei loro cuori. Lei dimentica che, attrazione sessuale o no, se il punto di riferimento di una donna è sempre un uomo, il punto di riferimento di un uomo è sempre un uomo o, meglio, la società che tuttora un uomo sente in quanto società di uomini e non anche di donne. Se c’è qualcosa di insolito o di speciale da sapere su Suo marito, Lei, invece di continuare a ignorarlo o fingere di ignorarlo e invece di fare continue allusioni da cui chi ci esce male è Lei, non altri, perché non lo acquisisce alla Sua consapevolezza e amen? Se anche i due sono stati amanti o no, a Lei che cosa cambia nella vita? Lei afferma: “Sentivo, dall’inizio, di non conoscere mio marito fino in fondo. Ma ero accecata dall’amore che provavo per lui. Totale, assoluto. Ma una parte di lui, forse era sempre altrove”.
A parte il fatto che basta che un uomo se ne stia un quarto d’ora a leggere un libro chiuso in bagno e già per sua moglie una parte di lui era altrove da sempre e a parte il fatto che non è un gran merito o una gran difesa o un bell’alibi la carta dell’amore “assoluto e totale” per eludere la colpa di non aver voluto guardare in faccia (la faccia di Suo marito) quello che chiunque altro attorno a Lei deve aver visto, Le pare bello farsi vanto di questa frase fatta sull’amore cieco ecc. allorché Lei sembra non conoscere niente di un uomo col quale ha avuto sette anni di matrimonio e un figlio? Ma chi ha amato Lei, Corona o il messer Lancillotto che le faceva comodo credere? Non si è mai chiesta come era nata e come era andata consolidandosi la fortuna di Suo marito? Non sapeva fare quei due conticini che fa una qualsiasi donna di casa allorché la figlia studentessa sedicenne comincia a rientrare dapprima con una borsetta firmata e poi con una pelliccia e poi con un Cartier al polso e lei oltretutto è vedova e indigente? In tutti questi anni, Corona non le ha mai parlato una sola volta delle umiliazioni che subisce un valletto a servizio reale? Lei aveva la possibilità di aprire gli occhi ben prima e non l’ha fatto, e Le dirò di più: se Lei fosse stata una donna più accorta e meno superficialmente sensibile, avrebbe conosciuto Suo marito fino in fondo e l’avrebbe comunque amato per quel che era o ne avrebbe comunque compreso, seppur non condiviso, l’isterica corsa al denaro e alla rivincita, e tutti quei motivi, o sragioni, che oggi la inducono a disprezzarlo sarebbero stati gli stessi grazie ai quali Lei l’avrebbe o amato tanto di più o piantato subito. Lei adesso sembra limitarsi a sgranare gli occhi dalla meraviglia e dall’orrore: come ho potuto? ma che essere è veramente? va ripetendosi con una frequenza che definirei quasi perbenista e moraleggiante per non perdere il gradimento del pubblico. Ma via! Non mi sembra che Corona sia uno che possa nascondere alcunché se non a chi non voglia mai e poi mai aprire normalmente gli occhi per vederlo. Dia retta a me: lasci perdere la separazione e la Bernardini-Pace, non è questo il momento di cadere dalla padella alla brace. Lei deve prendersi del tempo, per riflettere, stare da sola, non ascoltare nessuno, non trovare conforto e garanzie e sicurezze e argini in chi le presenterà una parcella ma solo nella neutra, seppure un tantino brutale, ma gratuita verità che si farà strada in Lei. Mi ascolti: c’è più gusto a chiudere un occhio se prima si impara ad aprirli per bene tutti e due. Milioni di donne lo fanno già, e che sarà mai se un uomo ha “una parte altrove”? Pensi che sollievo: che se ne farebbe di tutto un uomo sempre tra i piedi? Non si sente asfissiare al solo pensiero? Io triplicherei subito i bagni di casa. Da tutta questa Sua intervista risalta la scarsa fiducia che Lei ripone in se stessa, e questo Suo essersi consegnata “per amore assoluto” a un uomo gruzzolo e tutto come se Lui fosse un Dio e lei una povera agnellina sacrificale, questo dispiace - e più ancora che le donne amino di un uomo non lui, la sua poetica e vulnerabile pochezza, il suo a volte inglorioso passato, ma la sua capacità di plagiarle, di ingannarle, di tradirle, di far loro perdere quella testa che ancora non hanno e alla quale sembrano voler rinunciare del tutto non appena qualcuno le convince di averla recuperata.
Ah, se anche le donne di mondo adesso cadono dal fico...
Aldo Busi
P.s.: il presente articolo, come tutti i precedenti, è inviato a Dagospia a titolo gratuito e pertanto chiunque può riprodurlo integralmente su altro sito, estrapolarne brani per la stampa di quotidiani ma non può nel modo più assoluto usarlo integralmente su supporto cartaceo senza previa acquisizione dei diritti editoriali. Approfitto del post per dire qualcosa di definitivo sulla bellezza maschile: il p.m. Henry John Woodcock è, lui sì, un bell’uomo, non c’è tronista o culturista o calciatore che oggi possa competere, la sua gestualità è misurata e virile, i suoi occhi chiari non portano segno di doppiezza, tutto fa sangue in lui, i capelli che si diradano, le occhiaie che non vorrebbero dare a vedere la fatica e neanche la mitezza, i lineamenti sono ben proporzionati, la bocca è proprio fatta per baciare, si muove con gentile elasticità, non ha l’arroganza degli uomini non abbastanza alti e, lo vedi dalla destrezza con cui si schermisce davanti alla spianata di microfoni in agguato, si guadagna ampiamente quanto costa alle tasse dei contribuenti, è affidabile, spiritoso, secondo me sa concentrarsi a fondo anche sul fortunato essere umano che ha deciso di amare, è un bell’esemplare di maschio che fa onore a Napoli, grazie alla mamma, dal Settecento in poi, inoltre non vuole passare in politica, il che significa che non ha scheletri nell’armadio. Uno che dà molto più di quanto per eleganza e pudore non prometterebbe mai. Una vera potenza. Se un giorno mi daranno un ergastolo o una grazia, che almeno mi venga da lui.
:cool:
Aldo Busi è un grande, l'ho sempre detto.
E' uno di quei pochi casi in cui non solo approvo in toto i contenuti, ma rimango anche colpito dalla profondità di pensiero e, insieme, dalla levità dell' esposizione.
Un Grande con la G maiuscola.
E voi che ne pensate? (non su Busi, ma sui contenuti della lettera...:) )
Donne che cadono dal fico dopo averlo sposato: cara Nina Moric, lasci perdere la separazione da Corona e la Bernardini-Pace, non è questo il momento di cadere dalla padella alla brace. Quanto poi al p.m. Henry John Woodcock...
Riporto da pag. 23 dell’odierno numero del Corriere della Sera un brano dell’intervista alla modella Nina Moric coniugata Fabrizio Corona, intervista ripresa da un settimanale, guarda caso non delle Edizioni Paoline, che il Corsera disinteressatamente annuncia in edicola “da domani”:
Iniziano le domande su una presunta ‘doppia vita’ di Corona, sulla bisessualità, sul suo rapporto con Lele Mora, che a Corona fece anche da testimone di nozze. “Sentivo, dall’inizio, di non conoscere mio marito fino in fondo. Ma ero accecata dall’amore che provavo per lui. Totale, assoluto. Ma una parte di lui, forse era sempre altrove” racconta la top model di Zagabria. E alla domanda diretta “suo marito è bisessuale?” risponde: “Non lo so, non credo”. Quando le ricordano che Mora ha definito Corona “il mio uomo” lei risponde così: “L’ho letto. Credo che Mora sia un’altra vittima di Fabrizio”.
In queste sette righe c’è un condensato di luoghi comuni sulla virilità e sulla sessualità umana in generale che provano come sia l’intervistata che chi la intervista (temo una donna) vivano in una temperie culturale di idee ricevute una volta per tutte e mai più rivisitate alla luce dei fatti della vita, proprio come se le due creature non ne avessero mai avuta una propria dalla quale filtrare interpretazioni più consone a un passabile principio di realtà. Va be’ che quando le donne e le sessuologhe in generale parlano di sessualità maschile sembrano fare il verso alla colonna sonora di Per un pugno di dollari di Leone, ma uno presume che un/una giornalista, malgrado tutti gli stage, e una modella, grazie a molti stage, abbiano un certo uso di mondo, abbiano conosciuto, avvicinato, sentito dire, cambiato paesi e costumi, abbiano attraversato le umane maschere della società e di ciò che comporta mantenersi dentro una redazione milanese e sulle passerelle e i festini di mezza provincia, abbiano imparato qualcosa sugli uomini nel bieco senso di uomini, invece no, sembrano entrambe uscite da un museo di storia naturale degli stereotipi. Vediamoli uno per uno i clichés che entrambe si rimpallano di domanda in risposta senza darsi e darci scampo:
1) cliché della ‘doppia vita’ (il riferimento è chiaramente sessuale ovvero di omosessualità vissuta di nascosto) applicato a Corona: no, Corona è quanto di più lontano dall’avere un immaginario e un vissuto erotico di questo tipo (almeno a questo punto della sua vita, ma potrebbe restare valido anche per lui quel proverbio che io ripeto sempre ai giovani marchettoni romani e rumeni increduli di mestiere e di professata fede eterosessuale, “Chi va col lupo impara a ululare”, che devo sempre tradurgli in parole povere con “I soldi guadagnati di cazzo finiscono tutti spesi di culo” ); Corona – che personalmente trovo fisicamente del tutto resistibile per non dire altro – è un libro aperto con i caratteri American Tipewriter ben stampati in faccia e ben buttatiti in faccia (e nell’abbigliamento di dozzinale ricercatezza, nel lezioso codino con elastico, negli stucchevoli occhiali a specchio: tutta la sua persona rimanda a un outlet in piccolo, a un merchandising a stretto giro di occhiata, al prototipo dell’uomo-sandwich in tempi di grande crisi occupazionale), è l’incoronazione plateale del ragazzotto di provincia senza studi e senza risorse e senza prospettive (che sia del Sud o del Nord o del Centro da vent’anni a questa parte non fa alcuna differenza) che ce l’ha fatta, dopo un durissimo apprendistato di mondanità in mondanità che non fatico a immaginare e al quale ha sacrificato tutto, innanzitutto la facoltà di provare desiderio lui: un giovanotto di tal fatta, al quale, a differenza di me, saranno stati milleetré gli uomini e le donne disposti a riconoscergli un bel faccino e un sex appeal di grido, è su piazza non per desiderare (e per dare fiato al proprio eventuale desiderio, cosa che ne indebolirebbe la forza contrattuale) ma per essere desiderato, anzi, per farsi desiderare senza possibilmente concedersi mai o non fino al punto di far scoprire al desiderante i meccanismi della sua strategia di guerra; in sintesi: per avere una doppia o seconda vita bisogna prima averne una prima, e quella di Corona è da un certo punto in poi della sua gioventù troppo a metà strada (per il calcolo carrieristico che soppianta una iniziale, sottoproletaria e già di per sé meschina disperazione di fondo) per avere i contorni netti di un vero e proprio esercizio di volontà nel perseguimento di un proprio piacere da una parte o dall’altra o da una parte di giorno e dall’altra di notte; Corona è il valletto lungimirante, dall’assoluto autocontrollo nell’ingoiare rospo dopo rospo senza perdere il sorriso e rivelare la rabbia che affila in altrettanta sete di vendetta, uno che studia le debolezze altrui intanto che sfila e porge cappotti ai gentili convitati nel super bordello dei media e dell’ambiente in cui si trova e che non può permettersi di averne di proprie: si propone di prendere il posto del padrone e ce la fa, tanto di cappello; Corona si lascia sognare addosso, diviene per qualcuno, diciamo il suo padrone di riferimento momentaneo, il terminal di sogni andati a male, di sentimenti malriposti, diventa il ricettacolo di virtuosismi di genitali vizzi di cui egli filtra i veleni sessisti, omofobi, classisti, i vittimismi superomistici, la malafede dell’incompreso da bambino, lo schifo di sé che promana da quasi tutti gli uomini e le donne di potere e di dané, forse inala anche qualche fiato pestilenziale di troppo vicino alla sua bocca a boccone del prete e senza dar segno di deglutire dal disgusto; Corona è un elaboratore di proiezioni di cui è bersaglio e che non lo riguardano, è un pulitore indefesso di specchi rotti che mirano a trovare nel suo riflesso la perduta integrità, e la sua specialità è neutralizzare la chimera di averlo ma al contempo egli sa come far proprio quel potere che voleva comprarlo per annetterlo, farselo e infine azzerarlo; perchè in questo ambientino – come in tutti gli altri, anche dove c’è una madre badessa e una suorina di primo pelo, tanto per dire – il bello dell’amore non è la gratuità ma il prezzo perchè la recita della gratuità sia tanto più perfetta quanto più s’alza la posta (vedi Bel Ami di Maupassant o Vendita galline km2 di Busi);
2) cliché sulla bisessualità; “suo marito è bisessuale?” risponde: “Non lo so, non credo”. Quando le ricordano che Mora ha definito Corona “il mio uomo”...: mi scandalizza e mi esaspera che esistano ancora giornalisti che facciano una simile domanda, non potrebbero chiedere alla moglie in perplessità, ”Suo marito fa collezione di ambre con tibie di mammuth dentro?” che farebbero prima? L’ultima volta che ho sentito riparlare (ancora? uffa!) di bisessualità è stato il secolo scorso per via di una dichiarazione di uno sgomitante e devoto chiacchieratore verde napoletano che fece outing dicendo di essere però anche bisessuale nemmeno fosse un guiderdone o una patente di nobiltà del cazzo per il resto fetente invece di un triviale indorare la pillola per suffragare, curandola, una delle tante malattia immaginarie della morale sessuale cattolica. Mi ricordo che questa asserita “bisessualità” del verde mi fece mettere le mani tra i capelli (magari quello lì me lo sarei trovato un giorno al governo!), al che, previa telefonata con Franco Grillini, si decise che, ebbene sì, gli piacevano sia i mori che i biondi e da allora credevo che il termine fosse morto per sempre, insieme alla credibilità politica del gay che se ne era fatto scudo. Ora, ribadiamo il concetto sopra esposto: per gli uomini andare con altri uomini per interesse (delle due l’una: o Corona per andare con Mora è un pervertito nel gusto o è un calcolatore, la seconda, e per me unica ipotesi, è di gran lunga meno raccapricciante) non è diverso che per un idraulico stendersi a pancia insù per sturare un lavandino e non è assolutamente vero che l’erezione di un pene sia la prova di una partecipazione effettiva e affettiva all’atto sessuale, un uomo in erezione può fingere ben più di una donna supinamente a gambe larghe che emette i suoni di rigore per compiacere un cliente o un marito, spesso l’unico suo cliente, a insaputa solo di lui, da vent’anni; conosco troppo bene il mondo dei prostituti e degli uomini in generale per ignorare che un uomo, diciamo per il resto eterosessuale, può per tornaconto dare da ciucciare il proprio membro a un altro uomo con la stessa indifferenza e spirito di sopportazione con cui gli darebbe a nolo un gomito o il proprio calzascarpe, che cosa c’entra la bisessualità? Sta lavorando, coglie un’occasione per lui insperata di trasformare una relativa perdita di tempo in un certo guadagno (soldi, promesse, particine qui e là, cocaina, donne...) esorbitante rispetto all’insignificante capitale investito. Mi è capitato, circa un lustro fa, di incontrare durante un’ospitata televisiva un famoso e anzianotto stilista che mi invitò a fargli visita a casa sua, sicché, dopo parecchi mesi, passando proprio davanti al suo portone e non avendo niente di fare, pensai di dare per una volta aria al mio snobismo verso il basso e suonai il citofono; lo stilista era molto contento di vedermi – diciamolo pure: non gli parve vero – e io risposi con il dovuto calore alla sua aperta cordialità; dopo avermi fatto passare in rassegna i capi da passerella della sua ultima collezione (taglie troppo strette per me, mi invitava a servirmi a piene mani, ripetevo che non avrei saputo che farmene, ma lui insistette tanto che finii per lasciarmi imbustare due cappotti che poi corsi a dare ai primi due che facevano da spaventapasseri davanti alla Caritas lì alla Stazione Termini). Be’, per farla breve a un certo punto prende un gigantesco portafoto e comincia a mettermi sotto il naso nudi di uomini che sembravano usciti dalla psiche di Afrodite: bellissimi, tra i venti e i trenta, tutti cazzuti come elefantini, tutti, mi sembrò, ancora sudaticci per il sesso appena fatto, ebbi un paio di sobbalzi perché avrei giurato di aver visto alcune di quelle facce in comparsate televisive qui e là, tutti sfrontatamente e trionfalmente spudorati, me li andava descrivendo per regione, prevaleva la Sicilia, la Campania, l’Emilia-Romagna, “Me li son fatti tutti”, disse pieno dell’amor proprio dei depressi, “Ah sì?”, “Sì, sì, e tutti che in giro si mostrano solo con le fighe più tremende del pianeta”, e io, “E quanto costano?”, “Cento euro, centocinquanta”, “E cosa fanno?”. “Tutto, non ti immagini neanche, tutto-tutto”, “Per così poco?”, “E anche per meno. Certo, a volte li fai sfilare, ma comunque è sempre modelleria di prima qualità. Se vuoi, non c’è problema. In fondo, sei un’eminenza anche tu. A questi interessano le buone relazioni...”, “Scusa ma mi viene il voltastomaco solo a pensarci. Già il sesso è così noioso gratis che pure a pagamento...”, lui non credeva alle proprie orecchie – provavo solo pena, per lui e per loro, a pari merito, ecco quello che provavo: e puoi mai aggettare una voglia sopra qualcuno che ti fa pena? “Ma come fai a non sentire lo sforzo che devono fare per stare con te?”, sembrò non capire, “Oh, problemi loro, io li pago, siamo pari. Il do ut des. E del resto, uomini così, se non li paghi, come fai a farteli?”, “Fai senza”, dissi io, laconico. Secondo me è ancora là che scuote il capo e pensa a quanto io sia uno che o la dà a bere o che non ha capito niente della vita, uno stupido comunque. Morale: non uno di quegli stupefacenti bistecconi con l’osso – che specialmente a Roma trovano terreno fertile tra politici e monsignori dagli esigenti e quindi sbrigativi orgasmi ministeriali – resterà a lungo involato, tutti finiranno per diventare mariti di fanciulle di buona borghesia (magari figlie dello stesso padre di cui sono stati il prezzolato amante per un po’) e padri di famiglia esemplari, a modo loro ma pur sempre esemplari come chiunque altro padre che esemplare o no lo è (e che tre volte al mese va a farsi riallargare gli orli dal trans meglio dotato delle tenebre). Bisessualità? Ma no: è sempre la stessa, fritta e rifritta sessualità maschile, schematica e pedissequa come quei cruciverba che sembrano complessi e la cui soluzione, ammesso lo siano, si trova invariabilmente a fondo pagina senza fallo. La bisessualità vera è talmente rara che è meglio non farci conto nel valutare le frequentazioni di un uomo perché, appunto, essa presuppone intanto una sessualità e poi una sessualità ben definita, articolata, illuminata e illuminante, una coscienza politica estroflessa, coraggiosa, intemerata, adogmatica, spiritosa, una civiltà intellettuale non minata da scorie teocratiche e demonologiche, vaticane, ecco. Un uomo, come una donna, può fare qualsiasi cosa con chiunque sessualmente ma se non la porta alla coscienza o non accetta di parlarne, be’, è molto semplice: vuol dire che non l’ha mai fatta, e che invece l’abbia fatta è solo un dettaglio insignificante in più non della sua esperienza individuale ma della generale rimozione collettiva che va a ingrossare e che di fatto lo svuota di vita, di memoria, di amore – di un desiderio di cui rendere partecipe che sia tale dall’andata all’arrivo, non un’ennesima tabe cattolica della nausea di sé che si ribalti in una prova di forza, in una coercizione, in una compravendita, in una violenza, in un abuso di potere.
3) cliché del chi è vittima e chi è carnefice tra due contraenti sessuati forse sessuali: “...Credo che Mora sia un’altra vittima di Fabrizio”: cara la mia Nina, non le sembra di esagerare? Lele Mora una vittima? Uno che ha colonizzato le televisioni italiane e buona parte della Costa Smeralda, uno al quale un ministro della Giustizia stringe la mano e un aspirante al trono italico chissà cosa, una vittima? Uno che per anni ha sopportato le messe in piega cantate di Simona Ventura? Se anche vittima, avrà fatto bene i suoi calcoli: lo sarà come passatempo, sfizio senile, posa sacerdotale. Mi sembra che nella relazione tra Mora e Corona si dia troppa importanza al sesso che ci può essere stato, e non è neppure detto che il sesso quale moneta di scambio passi da Corona a Mora, e se fosse il contrario? Se l’oggetto del desiderio fosse Mora per Corona e non viceversa? Non dimentichiamo che Mora è padre di due figli, il che rende più verosimile l’ipotesi che uno che si sente orfanello voglia insinuarsi nel suo letto per diseredare a colpi di ginocchietto e di manomorta i legittimi pretendenti. Sa, mia cara, ne ho visto tante che talvolta penso addirittura di averne viste più di loro due e Lei messi assieme. Inoltre: i sentimenti cambiano, talvolta evolvono, solo i Suoi per Corona sembrano essere rimasti al palo di sempre. Due uomini possono andare a letto assieme una volta come a segnare un patto di fedeltà e poi ognuno fare la propria vita, certo è che sia l’uno che l’altro poi sanno, ma mai per sempre, chi viene per primo nel profondo dei loro cuori. Lei dimentica che, attrazione sessuale o no, se il punto di riferimento di una donna è sempre un uomo, il punto di riferimento di un uomo è sempre un uomo o, meglio, la società che tuttora un uomo sente in quanto società di uomini e non anche di donne. Se c’è qualcosa di insolito o di speciale da sapere su Suo marito, Lei, invece di continuare a ignorarlo o fingere di ignorarlo e invece di fare continue allusioni da cui chi ci esce male è Lei, non altri, perché non lo acquisisce alla Sua consapevolezza e amen? Se anche i due sono stati amanti o no, a Lei che cosa cambia nella vita? Lei afferma: “Sentivo, dall’inizio, di non conoscere mio marito fino in fondo. Ma ero accecata dall’amore che provavo per lui. Totale, assoluto. Ma una parte di lui, forse era sempre altrove”.
A parte il fatto che basta che un uomo se ne stia un quarto d’ora a leggere un libro chiuso in bagno e già per sua moglie una parte di lui era altrove da sempre e a parte il fatto che non è un gran merito o una gran difesa o un bell’alibi la carta dell’amore “assoluto e totale” per eludere la colpa di non aver voluto guardare in faccia (la faccia di Suo marito) quello che chiunque altro attorno a Lei deve aver visto, Le pare bello farsi vanto di questa frase fatta sull’amore cieco ecc. allorché Lei sembra non conoscere niente di un uomo col quale ha avuto sette anni di matrimonio e un figlio? Ma chi ha amato Lei, Corona o il messer Lancillotto che le faceva comodo credere? Non si è mai chiesta come era nata e come era andata consolidandosi la fortuna di Suo marito? Non sapeva fare quei due conticini che fa una qualsiasi donna di casa allorché la figlia studentessa sedicenne comincia a rientrare dapprima con una borsetta firmata e poi con una pelliccia e poi con un Cartier al polso e lei oltretutto è vedova e indigente? In tutti questi anni, Corona non le ha mai parlato una sola volta delle umiliazioni che subisce un valletto a servizio reale? Lei aveva la possibilità di aprire gli occhi ben prima e non l’ha fatto, e Le dirò di più: se Lei fosse stata una donna più accorta e meno superficialmente sensibile, avrebbe conosciuto Suo marito fino in fondo e l’avrebbe comunque amato per quel che era o ne avrebbe comunque compreso, seppur non condiviso, l’isterica corsa al denaro e alla rivincita, e tutti quei motivi, o sragioni, che oggi la inducono a disprezzarlo sarebbero stati gli stessi grazie ai quali Lei l’avrebbe o amato tanto di più o piantato subito. Lei adesso sembra limitarsi a sgranare gli occhi dalla meraviglia e dall’orrore: come ho potuto? ma che essere è veramente? va ripetendosi con una frequenza che definirei quasi perbenista e moraleggiante per non perdere il gradimento del pubblico. Ma via! Non mi sembra che Corona sia uno che possa nascondere alcunché se non a chi non voglia mai e poi mai aprire normalmente gli occhi per vederlo. Dia retta a me: lasci perdere la separazione e la Bernardini-Pace, non è questo il momento di cadere dalla padella alla brace. Lei deve prendersi del tempo, per riflettere, stare da sola, non ascoltare nessuno, non trovare conforto e garanzie e sicurezze e argini in chi le presenterà una parcella ma solo nella neutra, seppure un tantino brutale, ma gratuita verità che si farà strada in Lei. Mi ascolti: c’è più gusto a chiudere un occhio se prima si impara ad aprirli per bene tutti e due. Milioni di donne lo fanno già, e che sarà mai se un uomo ha “una parte altrove”? Pensi che sollievo: che se ne farebbe di tutto un uomo sempre tra i piedi? Non si sente asfissiare al solo pensiero? Io triplicherei subito i bagni di casa. Da tutta questa Sua intervista risalta la scarsa fiducia che Lei ripone in se stessa, e questo Suo essersi consegnata “per amore assoluto” a un uomo gruzzolo e tutto come se Lui fosse un Dio e lei una povera agnellina sacrificale, questo dispiace - e più ancora che le donne amino di un uomo non lui, la sua poetica e vulnerabile pochezza, il suo a volte inglorioso passato, ma la sua capacità di plagiarle, di ingannarle, di tradirle, di far loro perdere quella testa che ancora non hanno e alla quale sembrano voler rinunciare del tutto non appena qualcuno le convince di averla recuperata.
Ah, se anche le donne di mondo adesso cadono dal fico...
Aldo Busi
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:cool:
Aldo Busi è un grande, l'ho sempre detto.
E' uno di quei pochi casi in cui non solo approvo in toto i contenuti, ma rimango anche colpito dalla profondità di pensiero e, insieme, dalla levità dell' esposizione.
Un Grande con la G maiuscola.
E voi che ne pensate? (non su Busi, ma sui contenuti della lettera...:) )