Sinclair63
14-03-2007, 12:24
MILANO (Reuters) - Chi domani consumerà un pasto nei locali pubblici si vedrà rifiutare il pagamento con i buoni pasto ma riceverà in omaggio un caffé.
E' la conseguenza del "No-ticket day", la seconda protesta di un giorno lanciata dalla Federazione italiana dei pubblici esercizi (Fipe) di Confcommercio dopo quella del 2004, contro i costi elevati a carico degli esercenti nella gestione dei ticket-restaurant.
"Questa forma eccezionale di protesta nasce perché le condizioni che hanno consentito al buono pasto di svilupparsi e diffondersi (esenzione fiscale e contributiva fino a 5,29 euro) rischiano di svanire dinanzi a quello che è diventato un vero e proprio malcostume: lo sconto richiesto in gara dal datore di lavoro per l'acquisto dei buoni pasto", scrive il Fipe.
Poiché questi tassi arrivano anche al 20%, su un buono di 5,29 euro il gestore di un bar ne incassa 4,50 (iva inclusa) anche otto mesi dopo, lamenta la Federazione degli esercenti.
"Su 30.000 euro il costo, tra sconto e oneri finanziari, può arrivare alla pazzesca cifra di oltre 6.000 euro (20% del totale)".
Il meccanismo dei buoni pasto prevede che un datore di lavoro acquisti per i suoi dipendenti buoni con uno sconto rispetto al valore nominale. I lavoratori li spendono presso gli esercizi convenzionati. L'esercente li rispedisce poi all'emettitore, ricevendo i relativi pagamenti al netto di uno sconto.
Sono oltre 7 milioni i lavoratori italiani che mangiano fuori casa, dei quali il 40% circa usa come mezzo di pagamento il buono pasto, riepiloga Fipe in una relazione diffusa sul suo sito.
Un volume d'affari, nel 2006, pari a 2,3 miliardi di euro, triplo rispetto a 6-7 anni fa.
Il decreto del 2005 della presidenza del Consiglio dei ministri, annullato dal Tar del Lazio, intendeva rendere più solido e trasparente il mercato del buono pasto fissando requisiti di onorabilità degli emettitori e garanzie di solvibilità, vietando aste online per contenere l'abuso di sconti a danno di esercenti e fissando un termine di 45 giorni per il pagamento delle fatture agli esercenti.
Fipe e altre associazioni del settore come Fisa e Anseb hanno predisposto un ricorso al Consiglio di Stato. Federdistribuzione, che racchiude 10 associazioni della distribuzione commerciale nazionale, ha auspicato in una nota la riapertura di un controllo per una soluzione condivisa
Fonte: http://today.reuters.it/news/newsArticle.aspx?type=topNews&storyID=2007-03-14T112505Z_01_CIA437461_RTRIDST_0_OITTP-PROTESTA-BUONI-PASTO.XML
E' la conseguenza del "No-ticket day", la seconda protesta di un giorno lanciata dalla Federazione italiana dei pubblici esercizi (Fipe) di Confcommercio dopo quella del 2004, contro i costi elevati a carico degli esercenti nella gestione dei ticket-restaurant.
"Questa forma eccezionale di protesta nasce perché le condizioni che hanno consentito al buono pasto di svilupparsi e diffondersi (esenzione fiscale e contributiva fino a 5,29 euro) rischiano di svanire dinanzi a quello che è diventato un vero e proprio malcostume: lo sconto richiesto in gara dal datore di lavoro per l'acquisto dei buoni pasto", scrive il Fipe.
Poiché questi tassi arrivano anche al 20%, su un buono di 5,29 euro il gestore di un bar ne incassa 4,50 (iva inclusa) anche otto mesi dopo, lamenta la Federazione degli esercenti.
"Su 30.000 euro il costo, tra sconto e oneri finanziari, può arrivare alla pazzesca cifra di oltre 6.000 euro (20% del totale)".
Il meccanismo dei buoni pasto prevede che un datore di lavoro acquisti per i suoi dipendenti buoni con uno sconto rispetto al valore nominale. I lavoratori li spendono presso gli esercizi convenzionati. L'esercente li rispedisce poi all'emettitore, ricevendo i relativi pagamenti al netto di uno sconto.
Sono oltre 7 milioni i lavoratori italiani che mangiano fuori casa, dei quali il 40% circa usa come mezzo di pagamento il buono pasto, riepiloga Fipe in una relazione diffusa sul suo sito.
Un volume d'affari, nel 2006, pari a 2,3 miliardi di euro, triplo rispetto a 6-7 anni fa.
Il decreto del 2005 della presidenza del Consiglio dei ministri, annullato dal Tar del Lazio, intendeva rendere più solido e trasparente il mercato del buono pasto fissando requisiti di onorabilità degli emettitori e garanzie di solvibilità, vietando aste online per contenere l'abuso di sconti a danno di esercenti e fissando un termine di 45 giorni per il pagamento delle fatture agli esercenti.
Fipe e altre associazioni del settore come Fisa e Anseb hanno predisposto un ricorso al Consiglio di Stato. Federdistribuzione, che racchiude 10 associazioni della distribuzione commerciale nazionale, ha auspicato in una nota la riapertura di un controllo per una soluzione condivisa
Fonte: http://today.reuters.it/news/newsArticle.aspx?type=topNews&storyID=2007-03-14T112505Z_01_CIA437461_RTRIDST_0_OITTP-PROTESTA-BUONI-PASTO.XML