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View Full Version : Il Capitalismo di casa nostra


Andala
15-02-2007, 12:03
A tutti quelli che si bevono le storie dellla nuova ripresa, della rimonta FIAT, del fare le pulci alla parrucchiera, ai tassisti ecc... dedico il seguente articolo.

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Ma Il Corriere non lo dice
Maurizio Blondet
15/02/2007
http://www.effedieffe.com/tasti/img/fiat_logo-2_jpg.jpg

La Consob ha multato per 16 milioni di euro il gruppo di potere Fiat, e decretato la sospensione del top-management IFI, IFIL e «Giovanni Agnelli Spa».
Sospeso per sei mesi il presidente IFIL Gianluigi Gabetti (5 milioni di euro di multa); per quattro mesi Franzo Grande Stevens, consigliere d’amministrazione e legale della Casa (3 milioni di multa); sospeso per due mesi l’amministratore delegati IFI Virgilio Marrone, con 500 mila euro da pagare.
Altri 4,5 milioni di multa alla IFIL Investment Spa, e 3 milioni alla «Giovanni Agnelli & C.».
Ma perché lorsignori sono stati multati?
A leggere Il Corriere del 13 febbraio non si capisce.
Pare un fulmine caduto dal cielo su teste innocenti.
Infatti si cita il noto John Elkann che annuncia ricorso e «conferma la fiducia» della Casa ai maggiordomi sospesi dalle cariche.
Ecco quanto è utile possedere un giornale, anzi il più grosso giornale italiano, il più «autorevole», commenta l’Imprenditore dai pensieri in libertà nel suo blog.
Vengono in mente le vecchie vignette di Guareschi, dove dei trinariciuti negavano verità evidenti e comprovate (come la rotazione terrestre) con la frase: «L’Unità non lo dice».
Ora, è Il Corriere che non lo dice.
Cosa hanno fatto i Gabetti, i Franzo e gli Elkann?
Non lo abbiamo scoperto dai grandi giornali.
L’abbiamo trovato ben spiegato nel sito «Simplicissimus» di Antonio Tombolini, a noi sconosciuto ma che ringraziamo.
A riprova che le informazioni ormai si trovano solo su internet.
Da lui prendiamo la scala degli eventi:

Aprile 2005. Il titolo FIAT precipita sotto i 5 Euro. L’amministratore delegato della FIAT Marchionne compra 1 milione di euro di FIAT per dimostrare che lui ci crede, e tutti si scappellano e gli fanno i complimenti
Commento: Marchionne compra tutte quelle FIAT a quattro soldi, sapendo già che le banche convertiranno il prestito in azioni, e che dunque dovranno far salire il titolo. Si chiama insider trading, reato penale gravissimo. In un altro Paese sarebbe sufficiente questo per la galera.
Nell’aprile 2005 la FIAT crolla sotto i 5 euro. I giornali scrivono che tutti vendono, senza notare che se molti vendono, ci sarà pure qualcuno che compra.
Nell’aprile 2005, una società lussemburghese, la Exor, compra il 10 % di tutta la FIAT a prezzi stracciati (attraverso una cosa complicata che si chiama equity swap, ma quello è). Per acquisti di questa entità c’è obbligo di comunicazione alla CONSOB, e invece nessuno comunica niente e nessuno ne parla. In un altro Paese sarebbe di nuovo galera.
Ma chi è ‘sta Exor? O meglio: di chi è ‘sta Exor, società con sede in Lussemburgo? La Exor appartiene per il 70 % alla Giovanni Agnelli & Co., e per il rimanente 30 % alla IFI. Che a sua volta appartiene alla Giovanni Agnelli & Co.

Il seguito: E’ il 16 settembre 2005 . IFIL, l’azionista di controllo della FIAT che fa capo alla famiglia Agnelli, comunica che procederà all’acquisto dell’8 % di tutta la FIAT per mantenere la sua quota al 30 % anche dopo l’ingresso delle banche in seguito al convertendo. Dice che lo farà perché la famiglia crede nell’azienda, e si impegna investendo ancora le sue risorse.
Indovinate da chi compra tutte quelle azioni la IFIL? Da Exor (vedi sopra). Le compra a 6,50 euro, mentre in Borsa, per gli idioti, sono a 7,50 - 8,00. Del resto Exor può venderle a un prezzo così basso, perché le aveva comprate ad aprile, ricordate?, a meno di 5 euro.
Il tutto può essere dunque tradotto così: la famiglia Agnelli con la faccia da Exor ad aprile compra il 10 % della FIAT a meno di 5 euro senza dire niente a nessuno. Il 16 settembre la famiglia Agnelli con la faccia da IFIL compra dalla famiglia Agnelli con la faccia da Exor l’8 % di FIAT a 6,50 euro, ad un prezzo cioè del 13 % inferiore a quello di mercato.
La famiglia Agnelli dichiara che con questa operazione vuole dire al mercato che è tutta impegnata e concentrata sul rilancio dell’azienda.
La famiglia Agnelli con la faccia da IFIL rivenderà queste azioni agli idioti a prezzi di mercato, guadagnandoci, mentre la famiglia Agnelli con la faccia da Exor ha già messo in tasca un sacco di soldi vendendo alla famiglia Agnelli con la faccia da IFIL le azioni che aveva comprato (naturalmente con soldi prestati dalle banche) ad aprile.

Capito l’essenziale?
Qui siamo di fronte a un gruppo criminale che si macchia di aggiotaggio, insider trading e chissà quali altre gravissime frodi a danno dei soliti risparmiatori e cittadini - e ciò a detta della Consob, che è l’organo competente.
Altro che multe: questi signori del salotto buono dovrebbero stare in galera.
Ma no, niente, Il Corriere non lo dice.
L’Unità non lo spiega.
La Repubblica di De Benedetti glissa, e anche i giornali berlusconiani tacciono: sarà che questo modus operandi fra lorsignori è comune e non va troppo divulgato?
Anche il governo Prodi non fa una piega.
Anche le «sionistre» no-global.
Una vasta complicità.
Vastissima.
Meno male che c’è un blog «Simplicissimus», ossia «la finanza spiegata agli idioti».
Grazie, Tombolini, grazie di esistere.
http://www.simplicissimus.it/2005/09...swap_ovve.html.
E non basta.

Un lettore ci segnala che i suddetti signori sono recidivi.
Anche l’Antitrust ha multato la Fiat, stavolta per pubblicità ingannevole.
Una pubblicità trasmessa per radio nel giugno scorso, dove quel tale Fiorello esaltava una speciale offerta Fiat: «Fino a 2500 euro di supervalutazione del tuo usato con cinque anni di finanziamento, cinque anni di garanzia e cinque di assicurazione furto e incendio su tutta la gamma FIAT».
Nel provvedimento dell’Antitrust si legge testualmente: «Il messaggio attraverso l’esplicito riferimento all’estensione della promozione a ‘tutta la gamma’ lascia intendere che qualsiasi modello di autoveicolo Fiat possa essere acquistato alle condizioni indicate nella pubblicità stessa».

Invece, naturalmente, non era vero.
L’offerta valeva solo per i fondi di magazzino e il ricco parco di catorci Fiat, ed escludeva i modelli che tirano.
Stavolta la multa è però di soli 36 mila euro.
L’antitrust è piena di riguardi con la Casa.
Draghi, Prodi e Padoa Schioppa lamentano periodicamente che in Italia non vengano ad investire i capitali stranieri, che l’innovazione segna il passo, che la ricerca e sviluppo sono inesistenti, che l’economia arretra: ora capite perché.
Non è poi tutta colpa dei tassisti e dei parrucchieri.

Maurizio Blondet

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http://www.effedieffe.com/interventizeta.php?id=1763&parametro=

T3d
15-02-2007, 12:11
ottimo articolo...

mi astengo dal commentarlo, metto solo una faccina:
:muro:

sempreio
15-02-2007, 12:15
meglio investire tutti i propri soldi all' estero, qui non mi fido più di nessuno

trallallero
15-02-2007, 13:59
vabbé, continuo qui :O

Perché vi scandalizzate adesso per gli affari sporchi di Telecom?
La frode e il saccheggio sono stati compiuti già all' inizio, nella sua «privatizzazione».
Fu nel 1997, quando il governo Prodi mise sul mercato le azioni telefoniche in possesso del Tesoro. E vendette quelle azioni - cosa nostra, pagate da noi contribuenti in mezzo secolo - per una cifra minima: tant' è vero che si vide, in un anno, che Telecom valeva sul mercato cinque volte di più (più 514%).
Insomma Prodi svendette un patrimonio nostro e dello Stato.
Un regalo per amici e privilegiati.

Vero è che l' enorme rialzo fu in parte dovuto ad altre frodi del governo.
Si proclamò che di Telecom si voleva fare una public company; i piccoli risparmiatori furono invitati a comprare da una campagna martellante (e infatti comprarono l' 85%).
La fiducia dei risparmiatori fu artificialmente accresciuta dall' affermazione, emanata dal Tesoro, che la AT&T, il colosso USA delle telecomunicazioni, s' era precipitata a comprare ben il 2,4% della nostra Telecom: una presenza che aumentava il prestigio e dunque il valore di Telecom. Ebbene, era una menzogna.
Quel 2,4% restò parcheggiato al Tesoro, fino a quando AT&T rese pubblico che non aveva mai pensato di comprare alcunchè.
Ministro del Tesoro era allora Ciampi, il padre della patria.
Direttore generale, Mario Draghi.
Al vertice di Telecom fu nominato l' immarcescibile, il sempre intoccabile Guido Rossi.
In realtà, il potere fu assegnato a un «nocciolo duro» di vari proprietari, ciascuno dei quali possedeva lo 0,5%, lo 0,6%: fra cui Ifil (Agnelli), i soliti capitalisti senza capitale.

Prima ancora della privatizzazione, il più bell' affare sporco di Telecom: nel `97 compra il 29% di Telekom Serbia, pagando a Milosevic 878 miliardi di lire.
Rivenderà questa quota a Telekom Serbia, cinque anni dopo (caduto Milosevic), per 378 miliardi: con una perdita del 57%.
Su questo delitto il Polo, Paolo Guzzanti in testa, faranno una così rumorosa «indagine», da pasticciare le cose in modo tale, che nulla si scoprirà e nessuno sarà condannato.
E' stata tutta una serie di affari schifosi, in pura perdita, a portare il debito Telecom a 40 miliardi di euro, il costo di tre finanziarie lacrime-e-sangue.
Nel 1997, quando il governo (Prodi) privatizza Telecom, ne ricava 11,8 miliardi di euro.
Lo Stato esce dalle telecomunicazioni, si proclama.
Ma nel 2001 ENEL - società pubblica - rientra nelle telecomunicazioni comprando Infostrada, una concorrente di Telecom, ma più piccola.
E per quale cifra? 11 miliardi di euro.
Ma che c' entra Infostrada, direte voi.
C' entra e spiega come avvenne il saccheggio.
Infostrada è, sostanzialmente, la vecchia rete telefonica interna delle Ferrovie dello Stato.
Il governo (Prodi) vendette questa preziosa infrastruttura, nostra e pagata da noi, ad Olivetti (De Benedetti) per 700 miliardi di lire, pagabili con comode rate in 14 anni.
E Olivetti la vendette subito alla tedesca Mannesman per 14 mila miliardi di lire, mica a rate, ma in unica soluzione.
Non è un bel regalo, un patrimonio nostro ceduto a un amico loro a un ventesimo del suo valore?
Nessuno fu incarcerato per questo.
Anzi, uno sì: Lorenzo Necci, onesto manager delle Ferrovie, cercò di opporsi.
Giuliano Amato e Massimo D' Alema gli consigliarono di non fare il difficile, di dare la rete a Olivetti senza tirare sul prezzo.
Necci non capì l' amichevole consiglio.

La magistratura lo incriminò subito dopo, le sue telefonate intercettate divennero di pubblico dominio, lo attendevano mesi di carcerazione preventiva.
Poi assolto.
D' Alema va al governo, e comincia il saccheggio firmato Colaninno.
Questo «capitano coraggioso» dalemiano s' è accaparrato Olivetti, e con questa dà la scalata a Telecom.
Con irregolarità mostruose: ma quando la Consob, con Spaventa a capo, vuol vederci chiaro, un colloquio a quattrocchi di D' Alema con Spaventa spaventa Spaventa (che non è un ardito, ed ha di fronte l' esempio di Necci).
Un caso soltanto: nell' offerta pubblica d' acquisto, Colaninno è costretto ad aumentare l' offerta, da 10 a 11,5 euro ad azione, perché il titolo in Borsa è salito.
Da quel momento ovviamente Colaninno ha estremo interesse che il titolo non salga più sul «libero mercato».
Che fa?
Si scopre che in quei giorni lui e soci vendono di soppiatto le azioni in loro possesso e di cui dichiarano al mercato di essere pronti a comprarne di più: per farne calare il corso.
I capitani coraggiosi realizzano tra l' altro una plusvalenza di 50 miliardi con questa vendita occulta, perché hanno approfittato del rialzo da loro stesso determinato con l' annuncio di voler acquistare a 11,5 anziché a 10.
In altri Paesi, ciò si chiama aggiotaggio e insider trading, e porta in galera.
In Italia no, quando governa D' Alema.
Colaninno si scusa, e finisce lì.
La scalata venne definita dal Financial Times «una rapina in pieno giorno».

Colaninno non ha soldi, ma amici e ingegno.
Controlla al 51% una società fantasma, la Hopa, che controlla il 56% di un' altra entità chiamata Bell, la quale controlla il 13,9% di Olivetti, la quale a sua volta controlla il 70% di Tecnost, che controlla il 52% di Telecom.
Fatti i conti, Colaninno e i suoi complici controllano Telecom detenendone l' 1,5%.
Saggia minuscola partecipazione: Telecom ha già 30 mila e passa miliardi di debiti, e deve pagare il debito con rate di 6,600 miliardi l' anno, un rateo mangia-profitti.
Qualche curiosità si appunta, in queste scatole cinesi, sulla Bell: non si sa chi ne siano i soci.
A garantire la trasparenza della Bell interviene direttamente il capo del governo, D' Alema.
Chissà perché.
Due giornalisti di Repubblica scoprono un perché possibile: tra i soci fondatori di Bell compare un capitalista collettivo chiamato Oak Fund, con sede alle Cayman.
Oak Fund significa, tradotto, Fond o Quercia, e risulta un fondo gestito in esenzione fiscale, in un paradiso vietato dalla legge italiana, da soci anonimi con quote al portatore.
Sarà a causa di questo Fondo Quercia che Marco Travaglio parlerà, a proposito dei nuovi comunisti, come di gente «entrata al governo con le pezze al culo e uscitane coi miliardi»?
Sarà per questo che, come testimoniò Colaninno, dopo la sua OPA il ministro Bersani gli telefonò gridandogli: «E vai!»esultante alla romagnola?
O che Prodi esalò un giorno: «Se avessi fatto io il 2% di quel che sta facendo D' Alema per influenzare le decisioni di aziende quotate sui mercati sarei già crocifisso»?
Certo è che ci furono dei bei guadagni dai saccheggi di Colaninno.
Colaninno stesso ne è uscito, dopo il disastro da lui provocato, supermiliardario.
Ma non è il solo.
Prendiamo per esempio la SEAT, che gestisce la pubblicità.
Apparteneva a Telecom, e fu dismessa.
Anzi no: ne fu poi ricomprato da Tele com il 20% (perché se la società committente possiede almen! o il 20% della società cui affida la pubblicità, può farlo a trattativa privata evitando la gara d' appalto: in gara c' era il gruppo Fininvest, che di pubblcità s' intende un po').

Chi acquistò SEAT (Comit - De Agostini ed altri, ammucchiati in una società chiamata «Otto») a 1.955 miliardi per il 61%, la rivende trenta mesi dopo a Colaninno, che ne acquista il 20% a 7200 miliardi; poi un altro 17% a 5 mila miliardi, e un altro 8% per 5750 miliardi.
Insomma, una cosa acquistata a 1.955, viene venduta subito dopo a 16 mila e passa.
A fornire i soldi alla «Otto» per il fortunato acquisto è Dario Cossutta, figlio dell' Armando, alto dirigente della Banca Commerciale - che è anche socia della «Otto».
Ma gli altri soci, che dovrebbero pagare le imposte sulle plusvalenze dopo la splendida vendita al mille %, si trasformano prontamente in società lussemburghesi.
Chi sono i padroni?
Non si sa; tutta una catena di società anonime che finiscono in paradisi fiscali: si ignora chi abbia incassato la plusvalenza miracolosa senza pagare le tasse, in un' operazione voluta dal governo (Prodi) di allora.
Magari qualche partito?
Magari qualche gemello di un qualunque Oak Fund alle Cayman?
Non chiedete a me.
Vi ho raccontato solo quattro cose, delle molte che basterebbero per sbattere in galera l' intera sinistra di governo italiana, la grande saccheggiatrice del patrimonio pubblico con le «privatizzazioni».
Io, poi, non so nulla.
Mi sono limitato a copiare: da «Il grande intrigo», un libro del giornalista economico Davide Giacalone, distribuito da Libero.
Non chiedano a me, i magistrati.
Non so niente di Tronchetti, né di Tavaroli lo spione che intercettava, e che aveva da parte 14 milioni di euro (provenienti dalla società più indebitata dell' universo).
Se vogliono indagare, li rimando al libro di Giacalone, è tutto scritto lì.
Arrestino lui, semmai, se vogliono indagare.
Io non c' entro.

Maurizio Blondet
Fonte: www.effedieffe.com


http://www.tuttotrading.it/granditemi/telefonia/060921telecomtardiperscandalizzarsi.php

Feric Jaggar
15-02-2007, 16:50
Resta da dire che, esaurita la fase delle privatizzazioni-rapina con cui sono stati (s)venduti i pezzi migliori dello Stato, non resta molto altro da rubare in Italia. Per rubare ricchezza, bisogna prima che qualcuno la crei.

Per cui adesso i topi saltano giù dalla barca portando il malloppo in Cina o in India.

Ed esaurita anche questa fase, che a questa velocità non durerà molto, qui resterà un bel sacco vuoto: niente risorse industriali, niente ricerca, niente infrastrutture, solo un pieno di debiti e di mafia.

trallallero
15-02-2007, 21:23
Resta da dire che, esaurita la fase delle privatizzazioni-rapina con cui sono stati (s)venduti i pezzi migliori dello Stato, non resta molto altro da rubare in Italia. Per rubare ricchezza, bisogna prima che qualcuno la crei.

Per cui adesso i topi saltano giù dalla barca portando il malloppo in Cina o in India.

Ed esaurita anche questa fase, che a questa velocità non durerà molto, qui resterà un bel sacco vuoto: niente risorse industriali, niente ricerca, niente infrastrutture, solo un pieno di debiti e di mafia.
:eek: non ho trovato la gif di quello che si tocca le OO

Però mi sembra un'ottima analisi della situazione attuale italiana. E lo avremo mai uno con le OO di cui sopra che riesca, salito al potere, a risolvere qualcosa ?
Ma ci si può lamentare di Berlusconi dopo notizie del genere ? si, sicuramente, ma mi sembra che alla sinistra faccia anche comodo un buco nero del genere che riesce ad assorbire almeno metà delle presunte accuse di responsabilità del declino italiano. Ma come dice saggiamente Proteus, Berlusconi è un loro prodotto!
Se ha potuto agire come si dice, è stato grazie al fatto che agiva allo stesso modo chi faceva le leggi e governava.

E la cosa che mi spiace di più di tutto, è che questo post, insieme all'altro dove ho postato la stessa storiella, verrà dimenticato ... e via, tutti a gareggiare per la propria squadra del cuore :rolleyes: