lasfinge
15-02-2007, 11:26
Interessante articolo della Padania: http://www.lapadania.com/PadaniaOnLine/Articolo.aspx?pDesc=73455,1,1
Davanzo, Latino, Bortolato... Nel 2003 si sapeva già tanto su di loro. Eppure le manette sono scattate solo adesso. C’è un “filorosso” che lega sorprendentemente gli ultimi arresti nell’ambito delle “nuove” Brigate Rosse nel Nord Italia, nel tempo e nello spazio, in una sorta di déjà vu internazionale. Si chiama “Cp”: Commissione Preparatoria. Un’organizzazione clandestina e compartimentata che nasce in Francia nel 1999 ed è finalizzata alla preparazione del Congresso di fondazione del (nuovo) Partito comunista italiano. Partito anch’esso clandestino che si “prefigge il sovvertimento” dell’ordinamento economico e sociale dello Stato italiano. Dove sta la connessione spazio-temporale? L’operazione “CP”, Commissione Preparatoria per “l’altro” partito comunista italiano - quello non legale, per intenderci - prende le mosse dal leader dei Carc (Comitati di Appoggio alla Resistenza per il Comunismo), Giuseppe Maj, arrestato in Francia, insieme a Giuseppe Czeppel (entrambe nati in Italia e riparati Oltralpe clandestinamente per lavorare alla “causa”) nell’ambito di un’inchiesta di Parigi sulla falsificazione di documenti e l’associazione a delinquere di stampo terroristico. Da lì, infatti, attraverso il materiale sequestrato nelle case dei “francesi” nel giugno del 2003 prende forma una ragnatela di contatti e intrecci internazionali - tra Francia, Spagna, Italia e Svizzera - che portano alla luce legami stretti con i vertici dell’organizzazione “bloccata” dai blitz di tre giorni fa: Alfredo Davanzo, Claudio Latino e Davide Bortolato. Fino ad arrivare al legame con le perquisizioni svizzere di ieri - altro déjà vu - nell’abitazione di Andrea Stauffacher, un attivista di sinistra zurighese che secondo gli inquirenti italiani avrebbe fornito appoggio al gruppo estremista. Era già tutto scientificamente studiato, indagato e scritto in un rapporto del Raggruppamento operativo speciale dei Carabinieri, reparto antieversione, datato 27 novembre 2003 e inviato alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli, di cui si possono trovare ampi stralci sul sito del francese “Comitato d’aiuto ai prigionieri” (Cap). Che appunto funge da “compendio” alle attività di esame del materiale documentale sequestrato nel corso delle perquisizioni effettuate in Francia nel 2003, “ad eccezione -si legge - della documentazione rinvenuta in Svizzera presso il domicilio e le pertinenze di Andrea Stauffacher”. «Lo sviluppo del lavoro - si legge nel rapporto - ha seguito un’articolazione logica che ha consentito di approfondire (già allora, ndr) la natura dell’organizzazione, il percorso politico organizzativo ed i progetti eversivi della Commissione Preparatoria, riepilogare gli elementi raccolti in Francia (...) ed analizzare i rapporti di interlocuzione con altre strutture eversive nazionali ed internazionali ed, in particolare, con la Cellula per la costituzione del Partito Comunista Combattente». Oltre 300 pagine di documento che spiegano come funzionava il meccanismo della “clandestinizzazione” dei militanti attraverso la falsificazione dei documenti di identità; nascita, finalità e Manifesto programmatico della Commissione preparatoria e del congresso di fondazione del nuovo Partito comunista italiano; il rapporto tra Carc (Comitati di Appoggio alla Resistenza per il Comunismo) e la Commissione Preparatoria, gli appartenenti a quest’ultima, nonché la Cellula per la costituzione del Partito Comunista Combattente e la militanza di Alfredo Davanzo. E ancora il legame con i militanti delle Br-Pcc, dei Nuclei Territoriali Antimperialisti e con altre organizzazioni eversive nazionali e internazionali, fino al Soccorso Rosso internazionale.
IL GRUPPO VICENZA E PADOVA
Nell’ambito delle indagini e del materiale sequestrato a Maj e Czeppel - per i quali i senatori di Rifondazione Comunista Giovanni Russo Spena e Maria Luisa Boccia solo il 22 novembre scorso hanno presentato un’interrogazione al ministro Mastella paventando la persecuzione giudiziaria (in pagina qui sotto) - appare anche il nome di Davide Bortolato, intestatario di uno dei documenti d’identità che sarebbero stati falsificati. Bortolato è definito dagli investigatori come un “noto esponente dei Comitati proletari per il Comunismo, organizzazione sorta a seguito di una scissione avvenuta nella primavera del 1999 all’interno dei Carc”. E proprio nel giugno del 1999 - riporta il documento dei Ros - viene diffusa la lettera aperta “Perché ci siamo staccati dall’organizzazione dei Carc”, firmata dai comitati di Vicenza, Padova e Foggia, con la quale viene ufficializzato un nuovo sodalizio antagonista. Agli atti anche il foglio “Rivoluzione” dell’ottobre di quell’anno, sul quale veniva pubblicato, tra gli altri, un articolo con il quale i redattori indicavano, “nella ricostruzione del partito comunista, nello sviluppo di un ampio fronte popolare e nell’esercito proletario, gli strumenti per far avanzare la rivoluzione”. E di questo sodalizio antagonista “Vicenza, Padova e Foggia” sarebbe leader proprio Claudio Latino.
METODI DIVERSI STESSE FINALITÀ
Militanti o “militari”, la differenza è sottile se le finalità sono unanimi e nell’articolata organizzazione ognuno (a vari livelli: dai centri sociali, alle masse di protesta, agli operai) agisce col mezzo più consono. Quindi nelle teorizzazioni del leader dei Carc, Giuseppe Maj ci sta la propaganda a favore delle “attività militanti” nel corso delle manifestazioni di massa e in generale nella lotta contro l’aggressione Usa-Nato. Altro nemico la “bi”, ovvero la borghesia imperialista. Che in Italia viene identificata naturalmente a destra, ma anche a sinistra. Con accuse pesanti alla sinistra riformista, responsabile di aver incentivato la vittoria di Silvio Berlusconi nel 2001. Quest’ultimo abbondantemente citato nel materiale sequestrato.
DUE CURIOSITÀ
A tal proposito vale la pena di accennare, paradossalmente, come solo 7 giorni dopo il voto del 13 maggio 2001, quello che sancì la vittoria della CdL, fosse già ampiamente scattata l’offensiva al nemico Berlusconi e la sua azione di rapina. Sette giorni dal voto, infatti, un comunicato propagandava già “Dieci Misure Immediate”.
L’altro fatto curioso è che, una delle abitazioni perquisite di Giuseppe Maj si trova a Saint Denis, multiculturale centro della cintura parigina, uno dei punti nevralgici della rivolta delle banlieue. Coincidenze?
ALESSANDRO MONTANARI
Onorevole Maroni, a quanto pare già dal 2003 i Ros ritenevano che in Francia si stesse organizzando un Partito Comunista clandestino italiano. L’ultima inchiesta sulle nuove Br incrocia diversi di quei personaggi. Cosa ne pensa?
«Nel dossier che avete individuato ci sono molti aspetti...
... inquietanti. È veramente incomprensibile che questo documento sia rimasto nel cassetto fino adesso. Certamente presenterò un’interrogazione per capirne qualcosa di più e qualcuno dovrà darci delle risposte perché altrimenti diventa legittimo il sospetto di chi ritiene che ci siano coperture, se non addirittura connivenze, con questi personaggi. Personaggi che evidentemente si sapeva bene chi fossero e cosa facessero».
Quando eravate al Governo eravate al corrente di questa indagine?
«No, ma mi sembra che nemmeno il ministro dell’Interno nella sua relazione ne abbia fatto cenno. Ha detto che le indagini sono partite nel 2004 senza riferirsi a nessuna indagine precedente».
Dietro questo fantomatico nuovo partito comunista ci sarebbero elementi di molte nazionalità: italiani, svizzeri, francesi, spagnoli. C’è un’internazionale del terrore?
«Temo di sì e la “testa” è certamente in Italia. Ci sono 150 sindacalisti indagati e almeno 8 dei 15 arrestati erano iscritti alla Cgil: non mi sembra che nulla di simile accada negli altri Paesi. Quindi è il terrorismo italiano che ha contaminato con i propri germi gli altri Paesi. È un altro primato del Made in Italy, purtroppo».
Le nuove Br si sono radicate soprattutto al Nord. Il Capo della Polizia De Gennaro è riuscito in qualche modo a rassicurarla?
«Non direi. Il nostro Parlamento del Nord a Vicenza è molto vicino a Padova, dove abbiamo visto che si è radicata una delle teste pensanti del movimento brigatistico. Quindi a De Gennaro abbiamo chiesto un’attenzione particolare nei confronti delle nostre sedi e dei nostri militanti. Ricordo che proprio al centro sociale Gramigna appartenevano i picchiatori che aggredirono Mario Borghezio. Noi però abbiamo anche chiesto al ministro dell’Interno e al vicepremier di pronunciarsi per la chiusura immediata di questi centri ma entrambi hanno glissato evitando di rispondere. Ecco, questo è proprio uno di quegli atteggiamenti che favoriscono la proliferazione di elementi eversivi. Cosiccome, del resto, il passaggio da “ex brigatista” ad “ex cathedra”. La sinistra ha portato gli ex brigatisti nelle istituzioni, addirittura nel ministero dell’Interno. Sembra incredibile ma nella segreteria del Viminale c’è un ex brigatista! Mi domando come si possa pensare di combattere il terrorismo se gli ex terroristi continuano ad essere premiati e valorizzati dalla maggioranza?»
De Gennaro le ha detto se anche la Lega era tra gli obiettivi politici della cellula?
«Non ha voluto né potuto dirmi nulla che fosse coperto dalle indagini. Ma quello che è uscito sui giornali non è tutto. Ad ogni modo, visto che lo è stato in passato e proprio per mano di personaggi che frequentavano il Gramigna, posso immaginare che tra gli obbiettivi ci sia anche la Lega. Abbiamo motivi di preoccupazione».
L’intervento alla Camera di Amato non è stato tranquillizzante. Il ministro ha rimarcato le infiltrazioni nei movimenti, nelle lotte sociali, nella Cgil parlando addirittura di legami con la malavita calabrese. Si può pensare che un’organizzazione simile sia già stata smantellata?
«Assolutamente no. Anche perché ieri sui muri di Milano, Padova e di altre città sono comparse inquietanti scritte di solidarietà e perché qualcuno ha tentato di incendiare la casa del capo della Digos padovana. Il collegamento con la mafia, poi, fa capire che non si tratta in alcun modo di mitomani. Qui c’è un rischio vero, confermato anche dalle armi rinvenute».
La sinistra radicale saprà tagliare il cordone ombelicale culturale con l’estremismo rosso?
«Stando alle dichiarazioni di questi giorni, direi di no. Ma parlerei di sinistra “estremista”, non “radicale”. La radicalità è propria dei movimenti politici veri, come la Lega. La Lega è un partito radicale, perché sui valori non scende a patti con nessuno, ma non estremista, perché nessuno di noi è mai ricorso alla violenza. A sinistra c’è un’inquietante sottovalutazione del fenomeno, basti pensare che L’Unità parla di queste cose all’ottava pagina. Ma sono andato a rileggermi i commenti sull’Unità all’indomani dell’omicidio Biagi e devo dire che non è cambiato niente. La pericolosità di queste nuove Br però non può essere minimizzata. Hanno infiltrato il sindacato e gli ambienti giovanile, vogliono essere un fenomeno sociale. Questa è gente che cerca di ottenere il consenso e di fare proseliti per scatenare una reazione sociale violenta».
Molti hanno fatto congetture sulla tempistica di questi arresti, così vicini alla manifestazione di Vicenza. Lei vede qualche legame?
«Non vedo collegamenti particolari».
Amato teme attacchi contro le forze dell’ordine.
«Il clima è teso. C’è da aspettarsi di tutto. Quello di Vicenza, infatti, è un cocktail micidiale: la base Nato, gli americani, la guerra e adesso pure gli arresti dei brigatisti. Per questo non credo che la sinistra sia così masochista da pianificare un’operazione di polizia che possa incendiare ulteriormente gli animi».
Non sarà certamente la manifestazione dei vicentini contro la base vicino a casa...
«No di sicuro. Anche perché Vicenza è una città tollerante che sa apprezzare i benefici di quella base cosiccome sopportarne il peso. Ormai la protesta è diventata ideologica. E l’ideologia non accetta ragione: se non sei d’accordo o sei un matto o sei un traditore. Questa è l’ideologia comunista».
Davanzo, Latino, Bortolato... Nel 2003 si sapeva già tanto su di loro. Eppure le manette sono scattate solo adesso. C’è un “filorosso” che lega sorprendentemente gli ultimi arresti nell’ambito delle “nuove” Brigate Rosse nel Nord Italia, nel tempo e nello spazio, in una sorta di déjà vu internazionale. Si chiama “Cp”: Commissione Preparatoria. Un’organizzazione clandestina e compartimentata che nasce in Francia nel 1999 ed è finalizzata alla preparazione del Congresso di fondazione del (nuovo) Partito comunista italiano. Partito anch’esso clandestino che si “prefigge il sovvertimento” dell’ordinamento economico e sociale dello Stato italiano. Dove sta la connessione spazio-temporale? L’operazione “CP”, Commissione Preparatoria per “l’altro” partito comunista italiano - quello non legale, per intenderci - prende le mosse dal leader dei Carc (Comitati di Appoggio alla Resistenza per il Comunismo), Giuseppe Maj, arrestato in Francia, insieme a Giuseppe Czeppel (entrambe nati in Italia e riparati Oltralpe clandestinamente per lavorare alla “causa”) nell’ambito di un’inchiesta di Parigi sulla falsificazione di documenti e l’associazione a delinquere di stampo terroristico. Da lì, infatti, attraverso il materiale sequestrato nelle case dei “francesi” nel giugno del 2003 prende forma una ragnatela di contatti e intrecci internazionali - tra Francia, Spagna, Italia e Svizzera - che portano alla luce legami stretti con i vertici dell’organizzazione “bloccata” dai blitz di tre giorni fa: Alfredo Davanzo, Claudio Latino e Davide Bortolato. Fino ad arrivare al legame con le perquisizioni svizzere di ieri - altro déjà vu - nell’abitazione di Andrea Stauffacher, un attivista di sinistra zurighese che secondo gli inquirenti italiani avrebbe fornito appoggio al gruppo estremista. Era già tutto scientificamente studiato, indagato e scritto in un rapporto del Raggruppamento operativo speciale dei Carabinieri, reparto antieversione, datato 27 novembre 2003 e inviato alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli, di cui si possono trovare ampi stralci sul sito del francese “Comitato d’aiuto ai prigionieri” (Cap). Che appunto funge da “compendio” alle attività di esame del materiale documentale sequestrato nel corso delle perquisizioni effettuate in Francia nel 2003, “ad eccezione -si legge - della documentazione rinvenuta in Svizzera presso il domicilio e le pertinenze di Andrea Stauffacher”. «Lo sviluppo del lavoro - si legge nel rapporto - ha seguito un’articolazione logica che ha consentito di approfondire (già allora, ndr) la natura dell’organizzazione, il percorso politico organizzativo ed i progetti eversivi della Commissione Preparatoria, riepilogare gli elementi raccolti in Francia (...) ed analizzare i rapporti di interlocuzione con altre strutture eversive nazionali ed internazionali ed, in particolare, con la Cellula per la costituzione del Partito Comunista Combattente». Oltre 300 pagine di documento che spiegano come funzionava il meccanismo della “clandestinizzazione” dei militanti attraverso la falsificazione dei documenti di identità; nascita, finalità e Manifesto programmatico della Commissione preparatoria e del congresso di fondazione del nuovo Partito comunista italiano; il rapporto tra Carc (Comitati di Appoggio alla Resistenza per il Comunismo) e la Commissione Preparatoria, gli appartenenti a quest’ultima, nonché la Cellula per la costituzione del Partito Comunista Combattente e la militanza di Alfredo Davanzo. E ancora il legame con i militanti delle Br-Pcc, dei Nuclei Territoriali Antimperialisti e con altre organizzazioni eversive nazionali e internazionali, fino al Soccorso Rosso internazionale.
IL GRUPPO VICENZA E PADOVA
Nell’ambito delle indagini e del materiale sequestrato a Maj e Czeppel - per i quali i senatori di Rifondazione Comunista Giovanni Russo Spena e Maria Luisa Boccia solo il 22 novembre scorso hanno presentato un’interrogazione al ministro Mastella paventando la persecuzione giudiziaria (in pagina qui sotto) - appare anche il nome di Davide Bortolato, intestatario di uno dei documenti d’identità che sarebbero stati falsificati. Bortolato è definito dagli investigatori come un “noto esponente dei Comitati proletari per il Comunismo, organizzazione sorta a seguito di una scissione avvenuta nella primavera del 1999 all’interno dei Carc”. E proprio nel giugno del 1999 - riporta il documento dei Ros - viene diffusa la lettera aperta “Perché ci siamo staccati dall’organizzazione dei Carc”, firmata dai comitati di Vicenza, Padova e Foggia, con la quale viene ufficializzato un nuovo sodalizio antagonista. Agli atti anche il foglio “Rivoluzione” dell’ottobre di quell’anno, sul quale veniva pubblicato, tra gli altri, un articolo con il quale i redattori indicavano, “nella ricostruzione del partito comunista, nello sviluppo di un ampio fronte popolare e nell’esercito proletario, gli strumenti per far avanzare la rivoluzione”. E di questo sodalizio antagonista “Vicenza, Padova e Foggia” sarebbe leader proprio Claudio Latino.
METODI DIVERSI STESSE FINALITÀ
Militanti o “militari”, la differenza è sottile se le finalità sono unanimi e nell’articolata organizzazione ognuno (a vari livelli: dai centri sociali, alle masse di protesta, agli operai) agisce col mezzo più consono. Quindi nelle teorizzazioni del leader dei Carc, Giuseppe Maj ci sta la propaganda a favore delle “attività militanti” nel corso delle manifestazioni di massa e in generale nella lotta contro l’aggressione Usa-Nato. Altro nemico la “bi”, ovvero la borghesia imperialista. Che in Italia viene identificata naturalmente a destra, ma anche a sinistra. Con accuse pesanti alla sinistra riformista, responsabile di aver incentivato la vittoria di Silvio Berlusconi nel 2001. Quest’ultimo abbondantemente citato nel materiale sequestrato.
DUE CURIOSITÀ
A tal proposito vale la pena di accennare, paradossalmente, come solo 7 giorni dopo il voto del 13 maggio 2001, quello che sancì la vittoria della CdL, fosse già ampiamente scattata l’offensiva al nemico Berlusconi e la sua azione di rapina. Sette giorni dal voto, infatti, un comunicato propagandava già “Dieci Misure Immediate”.
L’altro fatto curioso è che, una delle abitazioni perquisite di Giuseppe Maj si trova a Saint Denis, multiculturale centro della cintura parigina, uno dei punti nevralgici della rivolta delle banlieue. Coincidenze?
ALESSANDRO MONTANARI
Onorevole Maroni, a quanto pare già dal 2003 i Ros ritenevano che in Francia si stesse organizzando un Partito Comunista clandestino italiano. L’ultima inchiesta sulle nuove Br incrocia diversi di quei personaggi. Cosa ne pensa?
«Nel dossier che avete individuato ci sono molti aspetti...
... inquietanti. È veramente incomprensibile che questo documento sia rimasto nel cassetto fino adesso. Certamente presenterò un’interrogazione per capirne qualcosa di più e qualcuno dovrà darci delle risposte perché altrimenti diventa legittimo il sospetto di chi ritiene che ci siano coperture, se non addirittura connivenze, con questi personaggi. Personaggi che evidentemente si sapeva bene chi fossero e cosa facessero».
Quando eravate al Governo eravate al corrente di questa indagine?
«No, ma mi sembra che nemmeno il ministro dell’Interno nella sua relazione ne abbia fatto cenno. Ha detto che le indagini sono partite nel 2004 senza riferirsi a nessuna indagine precedente».
Dietro questo fantomatico nuovo partito comunista ci sarebbero elementi di molte nazionalità: italiani, svizzeri, francesi, spagnoli. C’è un’internazionale del terrore?
«Temo di sì e la “testa” è certamente in Italia. Ci sono 150 sindacalisti indagati e almeno 8 dei 15 arrestati erano iscritti alla Cgil: non mi sembra che nulla di simile accada negli altri Paesi. Quindi è il terrorismo italiano che ha contaminato con i propri germi gli altri Paesi. È un altro primato del Made in Italy, purtroppo».
Le nuove Br si sono radicate soprattutto al Nord. Il Capo della Polizia De Gennaro è riuscito in qualche modo a rassicurarla?
«Non direi. Il nostro Parlamento del Nord a Vicenza è molto vicino a Padova, dove abbiamo visto che si è radicata una delle teste pensanti del movimento brigatistico. Quindi a De Gennaro abbiamo chiesto un’attenzione particolare nei confronti delle nostre sedi e dei nostri militanti. Ricordo che proprio al centro sociale Gramigna appartenevano i picchiatori che aggredirono Mario Borghezio. Noi però abbiamo anche chiesto al ministro dell’Interno e al vicepremier di pronunciarsi per la chiusura immediata di questi centri ma entrambi hanno glissato evitando di rispondere. Ecco, questo è proprio uno di quegli atteggiamenti che favoriscono la proliferazione di elementi eversivi. Cosiccome, del resto, il passaggio da “ex brigatista” ad “ex cathedra”. La sinistra ha portato gli ex brigatisti nelle istituzioni, addirittura nel ministero dell’Interno. Sembra incredibile ma nella segreteria del Viminale c’è un ex brigatista! Mi domando come si possa pensare di combattere il terrorismo se gli ex terroristi continuano ad essere premiati e valorizzati dalla maggioranza?»
De Gennaro le ha detto se anche la Lega era tra gli obiettivi politici della cellula?
«Non ha voluto né potuto dirmi nulla che fosse coperto dalle indagini. Ma quello che è uscito sui giornali non è tutto. Ad ogni modo, visto che lo è stato in passato e proprio per mano di personaggi che frequentavano il Gramigna, posso immaginare che tra gli obbiettivi ci sia anche la Lega. Abbiamo motivi di preoccupazione».
L’intervento alla Camera di Amato non è stato tranquillizzante. Il ministro ha rimarcato le infiltrazioni nei movimenti, nelle lotte sociali, nella Cgil parlando addirittura di legami con la malavita calabrese. Si può pensare che un’organizzazione simile sia già stata smantellata?
«Assolutamente no. Anche perché ieri sui muri di Milano, Padova e di altre città sono comparse inquietanti scritte di solidarietà e perché qualcuno ha tentato di incendiare la casa del capo della Digos padovana. Il collegamento con la mafia, poi, fa capire che non si tratta in alcun modo di mitomani. Qui c’è un rischio vero, confermato anche dalle armi rinvenute».
La sinistra radicale saprà tagliare il cordone ombelicale culturale con l’estremismo rosso?
«Stando alle dichiarazioni di questi giorni, direi di no. Ma parlerei di sinistra “estremista”, non “radicale”. La radicalità è propria dei movimenti politici veri, come la Lega. La Lega è un partito radicale, perché sui valori non scende a patti con nessuno, ma non estremista, perché nessuno di noi è mai ricorso alla violenza. A sinistra c’è un’inquietante sottovalutazione del fenomeno, basti pensare che L’Unità parla di queste cose all’ottava pagina. Ma sono andato a rileggermi i commenti sull’Unità all’indomani dell’omicidio Biagi e devo dire che non è cambiato niente. La pericolosità di queste nuove Br però non può essere minimizzata. Hanno infiltrato il sindacato e gli ambienti giovanile, vogliono essere un fenomeno sociale. Questa è gente che cerca di ottenere il consenso e di fare proseliti per scatenare una reazione sociale violenta».
Molti hanno fatto congetture sulla tempistica di questi arresti, così vicini alla manifestazione di Vicenza. Lei vede qualche legame?
«Non vedo collegamenti particolari».
Amato teme attacchi contro le forze dell’ordine.
«Il clima è teso. C’è da aspettarsi di tutto. Quello di Vicenza, infatti, è un cocktail micidiale: la base Nato, gli americani, la guerra e adesso pure gli arresti dei brigatisti. Per questo non credo che la sinistra sia così masochista da pianificare un’operazione di polizia che possa incendiare ulteriormente gli animi».
Non sarà certamente la manifestazione dei vicentini contro la base vicino a casa...
«No di sicuro. Anche perché Vicenza è una città tollerante che sa apprezzare i benefici di quella base cosiccome sopportarne il peso. Ormai la protesta è diventata ideologica. E l’ideologia non accetta ragione: se non sei d’accordo o sei un matto o sei un traditore. Questa è l’ideologia comunista».