sempreio
18-01-2007, 08:36
si costruiscono le prove a tavolino per incastrare un povero cristo qualunque! mi sa che la prossima volta voto mastella!
L’accusa: ha manomesso l’indizio che doveva incastrare Zornitta. Lui nega
ROMA — I reperti che dovevano incastrare l’ingegner Elvo Zornitta sono stati manomessi. E ad alterarli sarebbe stato Ezio Zernar, il poliziotto che dirige il laboratorio di indagini criminali della procura di Venezia e che da anni è impegnato nelle indagini per individuare Unabomber. Con le forbici sequestrate nel marzo scorso a casa del professionista, avrebbe tagliato il lamierino che componeva l’ordigno inesploso trovato nel 2004 nella chiesa di Portogruaro per dimostrare la compatibilità tra i due oggetti. È questa la clamorosa scoperta fatta dalla difesa che, come hanno riconosciuto i magistrati, «rischia di far ripartire da zero l’inchiesta» sul bombarolo che da anni terrorizza il Nordest. Zernar è stato iscritto nel registro degli indagati e interrogato. La sua casa e il suo ufficio sono stati perquisiti, i suoi computer e le apparecchiature sigillati. Adesso bisognerà stabilire se la manipolazione sia stata accidentale o se invece il consulente abbia consapevolmente falsato gli esiti degli esami per risolvere il caso.
LE FOTO — Sono state le fotografie dei reperti a dimostrare che il lamierino sottoposto a perizia era più corto di quello trovato nella chiesa. I consulenti di Zornitta hanno comparato le istantanee scattate al momento del ritrovamento dell’ordigno inesploso con l’oggetto di metallo catalogato e messo a disposizione per le analisi. E si sono accorti della differenza. Ora i magistrati dovranno scoprire come mai i carabinieri del Ris e i poliziotti della Scientifica che hanno effettuato gli stessi accertamenti, non abbiano rilevato l’anomalia. Per questo stanno ricostruendo le fasi della vicenda, partendo dalla scoperta della microbomba di Portogruaro.
LA COMPARAZIONE — È il 2 aprile 2004. Nella chiesa di Sant’Agnese viene rinvenuto un congegno esplosivo rimasto integro. I carabinieri del Ris lo analizzano e non hanno dubbi: l’ha fabbricato Unabomber. Catalogano ogni componente e trasmettono la relazione alla magistratura. In cima alla lista dei sospetti finisce intanto Elvo Zornitta, che ha la passione del «fai da te». Nella mansarda e in un altro locale che usa per coltivare il suo hobby, gli investigatori sequestrano alcuni oggetti che appaiono identici a quelli utilizzati dal terrorista. Contenitori delle sorprese degli ovetti Kinder, pennarelli svuotati, minuscole bottigliette di lievito. Il 26 marzo 2006 gli portano via coltelli e forbici. È Zernar ad effettuare la prima comparazione tra gli arnesi e il lamierino. Usa la tecnica del «toolmark » che consente di analizzare le tracce e le «striature» lasciate sui reperti. E il verdetto che consegna è positivo: le forbici di Zornitta sono quelle giuste, hanno tagliato il pezzo di metallo.
LA SVOLTA — Per non avere dubbi i magistrati dispongono altre due perizie. La prima è affidata al Ris che conferma «l’identità tra i due reperti». La seconda alla Scientifica che arriva allo stesso risultato e nelle conclusioni riconosce la «elevata compatibilità». Zornitta appare ormai incastrato,ma continua a proclamarsi innocente. Sa che il lavoro dei suoi consulenti può smontare l’accusa. I magistrati assicurano invece di avere «prove formidabili», circola la voce che l’ingegnere potrebbe essere arrestato. Due giorni fa i suoi avvocati Maurizio Paniz e Paolo Dell’Agnolo depositano la loro relazione. Elo scenario improvvisamente cambia. Perché i consulenti della difesa hanno scoperto che il lamierino è più corto di quello trovato a Portogruaro e dimostrano che la manipolazione è avvenuta nel corso della prima perizia, dunque durante gli esami effettuati nel laboratorio diretto da Zernar. Sostengono che anche le forbici sono state «compromesse» perché «smontate e poi avvitate nuovamente». Il poliziotto nega qualsiasi manomissione, assicura ai magistrati di poter dimostrare che nulla è stato alterato. Ma sono gli stessi pubblici ministeri a dover ammettere che l’inchiesta «potrebbe essere definitivamente compromessa».
Fiorenza Sarzanini
G8, sparite le molotov della Diaz
Gli avvocati difensori: "Processo finito"
<B>G8, sparite le molotov della Diaz <br>Gli avvocati difensori: "Processo finito"</B>
GENOVA - Non si trovano più le due molotov del G8, che rappresentano una delle prove a carico più pesanti nel processo contro i 29 poliziotti, imputati della irruzione nella scuola Diaz e di aver falsificato gli indizi per incastrare 93 ragazzi. Svanite nel nulla. Lo si è scoperto ieri mattina, nel corso di un'udienza del processo. Il presidente Gabrio Barone ha dato incarico alla procura di rintracciarle e i magistrati oggi chiederanno ufficialmente spiegazioni al questore Salvatore Presenti.
Le ipotesi spaziano dall'ufficio corpi di reato di palazzo di giustizia, il cui responsabile ha allargato sconsolato le braccia, alla questura, come spiega il vicedirigente della mobile Francesco Borré: "Io sono arrivato alla squadra mobile nel 2002, un anno dopo il G8. Non abbiamo mai trattato quel reperto. Ma esiste un registro di carico e scarico. Ritengo che teoricamente dovrebbero essere agli atti della Digos".
Mantengono comunque la calma i pubblici ministeri e i legali delle parti offese: "Forse uno dei tanti pasticci della pubblica amministrazione, le molotov salteranno fuori nei prossimi giorni e comunque su quelle bottiglie, filmate e fotografate da ogni angolazione, sono stati fatti tutti gli accertamenti previsti". Ma gli avvocati difensori tentano l'affondo: "Le fotografie non possono sostituire l'oggetto. Senza corpo del reato il processo è finito".
Le ricerche per trovare i reperti proseguiranno, ma fintanto non saranno trovate le bottiglie incendiarie il processo rimarrà congelato nella sua parte più delicata. "Le fotografie di un oggetto - ha commentato l'avvocato Alfredo Biondi, difensore del vicequestore Pietro Troiani - non possono sostituire l'oggetto corpo del reato, che deve essere materialmente riconosciuto".
L'indagine ora continua per capire da chi, quando, perché sono state spostate le molotov. E chiarire l'ennesimo mistero del G8 genovese del 2001.
(m. cal.)
L’accusa: ha manomesso l’indizio che doveva incastrare Zornitta. Lui nega
ROMA — I reperti che dovevano incastrare l’ingegner Elvo Zornitta sono stati manomessi. E ad alterarli sarebbe stato Ezio Zernar, il poliziotto che dirige il laboratorio di indagini criminali della procura di Venezia e che da anni è impegnato nelle indagini per individuare Unabomber. Con le forbici sequestrate nel marzo scorso a casa del professionista, avrebbe tagliato il lamierino che componeva l’ordigno inesploso trovato nel 2004 nella chiesa di Portogruaro per dimostrare la compatibilità tra i due oggetti. È questa la clamorosa scoperta fatta dalla difesa che, come hanno riconosciuto i magistrati, «rischia di far ripartire da zero l’inchiesta» sul bombarolo che da anni terrorizza il Nordest. Zernar è stato iscritto nel registro degli indagati e interrogato. La sua casa e il suo ufficio sono stati perquisiti, i suoi computer e le apparecchiature sigillati. Adesso bisognerà stabilire se la manipolazione sia stata accidentale o se invece il consulente abbia consapevolmente falsato gli esiti degli esami per risolvere il caso.
LE FOTO — Sono state le fotografie dei reperti a dimostrare che il lamierino sottoposto a perizia era più corto di quello trovato nella chiesa. I consulenti di Zornitta hanno comparato le istantanee scattate al momento del ritrovamento dell’ordigno inesploso con l’oggetto di metallo catalogato e messo a disposizione per le analisi. E si sono accorti della differenza. Ora i magistrati dovranno scoprire come mai i carabinieri del Ris e i poliziotti della Scientifica che hanno effettuato gli stessi accertamenti, non abbiano rilevato l’anomalia. Per questo stanno ricostruendo le fasi della vicenda, partendo dalla scoperta della microbomba di Portogruaro.
LA COMPARAZIONE — È il 2 aprile 2004. Nella chiesa di Sant’Agnese viene rinvenuto un congegno esplosivo rimasto integro. I carabinieri del Ris lo analizzano e non hanno dubbi: l’ha fabbricato Unabomber. Catalogano ogni componente e trasmettono la relazione alla magistratura. In cima alla lista dei sospetti finisce intanto Elvo Zornitta, che ha la passione del «fai da te». Nella mansarda e in un altro locale che usa per coltivare il suo hobby, gli investigatori sequestrano alcuni oggetti che appaiono identici a quelli utilizzati dal terrorista. Contenitori delle sorprese degli ovetti Kinder, pennarelli svuotati, minuscole bottigliette di lievito. Il 26 marzo 2006 gli portano via coltelli e forbici. È Zernar ad effettuare la prima comparazione tra gli arnesi e il lamierino. Usa la tecnica del «toolmark » che consente di analizzare le tracce e le «striature» lasciate sui reperti. E il verdetto che consegna è positivo: le forbici di Zornitta sono quelle giuste, hanno tagliato il pezzo di metallo.
LA SVOLTA — Per non avere dubbi i magistrati dispongono altre due perizie. La prima è affidata al Ris che conferma «l’identità tra i due reperti». La seconda alla Scientifica che arriva allo stesso risultato e nelle conclusioni riconosce la «elevata compatibilità». Zornitta appare ormai incastrato,ma continua a proclamarsi innocente. Sa che il lavoro dei suoi consulenti può smontare l’accusa. I magistrati assicurano invece di avere «prove formidabili», circola la voce che l’ingegnere potrebbe essere arrestato. Due giorni fa i suoi avvocati Maurizio Paniz e Paolo Dell’Agnolo depositano la loro relazione. Elo scenario improvvisamente cambia. Perché i consulenti della difesa hanno scoperto che il lamierino è più corto di quello trovato a Portogruaro e dimostrano che la manipolazione è avvenuta nel corso della prima perizia, dunque durante gli esami effettuati nel laboratorio diretto da Zernar. Sostengono che anche le forbici sono state «compromesse» perché «smontate e poi avvitate nuovamente». Il poliziotto nega qualsiasi manomissione, assicura ai magistrati di poter dimostrare che nulla è stato alterato. Ma sono gli stessi pubblici ministeri a dover ammettere che l’inchiesta «potrebbe essere definitivamente compromessa».
Fiorenza Sarzanini
G8, sparite le molotov della Diaz
Gli avvocati difensori: "Processo finito"
<B>G8, sparite le molotov della Diaz <br>Gli avvocati difensori: "Processo finito"</B>
GENOVA - Non si trovano più le due molotov del G8, che rappresentano una delle prove a carico più pesanti nel processo contro i 29 poliziotti, imputati della irruzione nella scuola Diaz e di aver falsificato gli indizi per incastrare 93 ragazzi. Svanite nel nulla. Lo si è scoperto ieri mattina, nel corso di un'udienza del processo. Il presidente Gabrio Barone ha dato incarico alla procura di rintracciarle e i magistrati oggi chiederanno ufficialmente spiegazioni al questore Salvatore Presenti.
Le ipotesi spaziano dall'ufficio corpi di reato di palazzo di giustizia, il cui responsabile ha allargato sconsolato le braccia, alla questura, come spiega il vicedirigente della mobile Francesco Borré: "Io sono arrivato alla squadra mobile nel 2002, un anno dopo il G8. Non abbiamo mai trattato quel reperto. Ma esiste un registro di carico e scarico. Ritengo che teoricamente dovrebbero essere agli atti della Digos".
Mantengono comunque la calma i pubblici ministeri e i legali delle parti offese: "Forse uno dei tanti pasticci della pubblica amministrazione, le molotov salteranno fuori nei prossimi giorni e comunque su quelle bottiglie, filmate e fotografate da ogni angolazione, sono stati fatti tutti gli accertamenti previsti". Ma gli avvocati difensori tentano l'affondo: "Le fotografie non possono sostituire l'oggetto. Senza corpo del reato il processo è finito".
Le ricerche per trovare i reperti proseguiranno, ma fintanto non saranno trovate le bottiglie incendiarie il processo rimarrà congelato nella sua parte più delicata. "Le fotografie di un oggetto - ha commentato l'avvocato Alfredo Biondi, difensore del vicequestore Pietro Troiani - non possono sostituire l'oggetto corpo del reato, che deve essere materialmente riconosciuto".
L'indagine ora continua per capire da chi, quando, perché sono state spostate le molotov. E chiarire l'ennesimo mistero del G8 genovese del 2001.
(m. cal.)