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View Full Version : Parisi: dico sì a una Convenzione


DonaldDuck
08-01-2007, 03:29
http://www.corriere.it/Primo_Piano/Politica/2007/01_Gennaio/06/parisi.shtml

Il ministro: strumento eccessivo per modificare la legge elettorale

Parisi: dico sì a una Convenzione solo se serve a cambiare la Carta

«Avanti con il referendum, allontana la tentazione di rinviare tutto»

ROMA - Arturo Parisi prende e rilancia. Se Giuliano Amato propone una «convenzione» per riformare la legge elettorale, lui va più in là e dice che in una sede così ambiziosa vanno discussi temi costituzionali, a partire dalla forma di governo. E così all'«idealismo e realismo» coniugati dal socialista Amato, il democratico e cattolico ministro della Difesa aggiunge il suo «ottimismo della volontà». «Non mi è difficile riconoscermi - ammette Parisi - nell'ispirazione che guida la proposta della convenzione. Quando nel '96 scrivemmo il programma dell'Ulivo, la scheda numero uno, della quale avevo la responsabilità, la intitolammo "un patto da scrivere assieme"».

Quella scheda fu il punto d'origine della Bicamerale?
«Non la prevedeva nell'immediato ma tuttavia riconosceva la necessità che le riforme costituzionali avessero alle spalle un consenso ampio, che coinvolgesse la maggioranza e l'opposizione. Questo è stato sempre il nostro principio ispiratore. Anche quando abbiamo avanzato proposte e sollevato proteste sul modo di legiferare della controparte. Ecco perché mi riconosco nell'ispirazione della proposta di Amato anche se meno nella sua formulazione».

Perché?
«Se la convenzione è limitata alla legge elettorale, dovremmo dire che è uno strumento eccessivo, perché il Parlamento è già di per sé capace di legiferare su una legge ordinaria. Sarebbe, viceversa, uno strumento pertinente se mettesse capo ad una revisione più complessiva dell'ordito costituzionale dopo i diversi tentativi andati a male».

Ma è ipotizzabile una convenzione che non affronti solo la legge elettorale?
«Certamente. Basta ricordare che quando affrontiamo i diversi modelli elettorali, una parte è comunque affidata a scelte di carattere costituzionale. Quando diciamo modello francese, diciamo certo maggioritario, con il doppio turno di collegio, ma anche sistema semipresidenziale».

Lei non pensa quindi a ritocchi. Vuole proprio entrare nel merito dei problemi.
«Troppe approssimazioni non aiutano. Pensi alla forma di governo e ai problemi lasciati irrisolti prima dalla Bicamerale e poi dalla riforma voluta a colpi di spada dal Polo e che si è infranta sul no degli italiani».
Come è possibile, in questo clima di scontro tra i due schieramenti, e con profonde divisioni all'interno degli stessi schieramenti, mettere in piedi un progetto così ambizioso? Non sembra tempo di saggi e di padri costituenti.
«Prima che possibile lo ritengo doveroso. In quale momento si cerca il confronto se non nel pieno dello scontro? D'altro canto, anche in questi mesi, non sono mancati momenti di incontro, nei quali abbiamo condiviso opinioni e decisioni».

Pensa alla politica estera?
«Al voto per il rientro dall'Iraq e alla partenza per il Libano. In ambedue la convergenza è stata corale».

Ma il Polo, Berlusconi, dice: se dobbiamo fare questa discussione, via Prodi e formiamo intanto un governo di garanzia.
«Una soluzione di questo tipo interromperebbe proprio quella logica bipolare alla quale diciamo tutti di ispirarci. Significherebbe disfare con una mano quello che tessiamo con l'altra. Della scelta della democrazia governante siamo tutti padri e figli: della scelta del bipolarismo, dell'alternanza, fatta all'inizio degli anni 90. Interrompere il cammino ci danneggerebbe tutti, noi e Berlusconi. E forse lui più di noi».

E quindi avanti con il governo Prodi e in parallelo via alla convenzione?
«Non lo dico perché sono un ministro di questo governo ma perché metteremmo in discussione un bene comune».

Però potreste concedere all'opposizione un termine. Si fa la convenzione e una volta ultimati i lavori e approvata la legge, tutti alle urne.
«Non è il momento dei dettagli. Ma è evidente che una scelta costituzionale chiamerebbe all'applicazione delle nuove regole decise assieme. E quindi ad un calendario conseguente. Ma non chiediamo a questi giorni più di quello che possono darci. Ora siamo nella fase di una verifica di una disponibilità al confronto».

Ma ritiene tutto questo possibile?
«Non posso non vedere le enormi difficoltà ma già la manifestazione della buona volontà contribuisce a superarle, al di là di quelle che sono le occasionali reazioni. So naturalmente che per questo obiettivo le buone intenzioni talvolta non bastano. È in questo che vedo l'utilità del referendum».

In ogni caso, bisogna quindi andare avanti con la raccolta delle firme?
«Senza dubbio».

Anche lei vuole la pistola sul tavolo.
«Sì, Amato ha usato un'immagine efficace. So per esperienza che i temi costituzionali ed elettorali sono destinati ad essere rinviati sine die e semmai affrontati nel modo sbagliato e nel tempo sbagliato, all'ultimo momento con un colpo di mano. Il referendum serve ad indurre il Parlamento ad agire bene e tempestivamente».

Se però poi si arrivasse comunque a chiedere un si agli elettori, la parziale modifica sarebbe comunque meglio della legge attuale?
«Direi di sì. Peggio della legge attuale, che lo stesso Calderoli ha definito una porcata, è impossibile. E' stata fatta per rendere ingovernabile il Paese».

Amato invita in ogni caso a fidarsi di Berlusconi. Lei si fida?
«La fiducia evoca dimensioni morali o religiose che preferisco tenere fuori. Inoltre Berlusconi, e questo assieme ad una critica è un riconoscimento, è capace di adattarsi a tutte le situazioni e di praticare tutte le verità, traendone sempre un vantaggio».

E allora?
«Berlusconi comunque c'è e con lui, nel momento in cui parliamo di aprire un dialogo, bisogna arrivare al confronto. Non possiamo sceglierci noi gli interlocutori».

La sinistra già agita lo spettro della Bicamerale e dell'inciucio.
«Quello che ho in mente è un confronto alla luce del sole nelle sedi pubbliche, non un negoziato notturno in case private».

Se invece prosegue lo scontro come fate ad andare avanti? Al Senato siete 157 a 157.
«Non è la paura dello scontro che consiglia un confronto, ma la necessità dell'incontro, della conclusione di un processo di transizione che non può durare ancora troppo a lungo. Il primo quesito referendario lo presentammo nel gennaio '90, esattamente 17 anni fa».

Tutto questo si intreccia con la travagliata nascita del partito democratico. Nicola Rossi ha lasciato i Ds lamentando un deficit di battaglia riformista.
«Nicola Rossi ha semplicemente anticipato di qualche mese una scelta che i dirigenti principali del suo partito sostengono da tempo. Il suo non è un addio alla politica ma un arrivederci là dove ci siamo già dati appuntamento. Non so come abbia vissuto questa decisione, posso immaginare l'amarezza, ma è oggettivamente un segno di crescita. Se è possibile rappresentare con forza le proprie idee senza per questo rompere è anche perché esiste l'Ulivo ed è in campo la battaglia per il partito democratico. E' stato individuato un luogo e un tempo nel quale siamo chiamati a rincontrarci. Semmai a preoccuparmi sono alcune reazioni più improntate ad un'idea di rottura della solidarietà di partito che sento poco compatibili con l'annuncio e la speranza di un partito nuovo».



Marco Cianca
06 gennaio 2007

DonaldDuck
08-01-2007, 05:13
http://www.repubblica.it/2007/01/sezioni/politica/legge-elettorale/reazioni-convenzione-amato/reazioni-convenzione-amato.html

Ancora reazioni e commenti all'idea di una Convenzione per le Riforme
Il sì di Alemanno (An): "Una ottima cosa, la presieda Gianfranco Fini"

Proposta Amato, dialogo in salita
Chiti ripete: "Tocca al Parlamento"

La sinistra radicale ribadisce il "no". Calderoli: "Torneremo alla Costituente..."

ROMA - L'ipotesi di Giuliano Amato di dar vita a una Convenzione per l'approvazione della riforma elettorale continua ad animare il dibattito politico di inizio anno. Poche le manifestazioni di disponibilità all'interno della maggioranza, mentre anche il governo ribadisce che la via maestra è quella parlamentare. L'opposizione si divide. Forza Italia e Alleanza nazionale sono più possibilisti, la Lega e l'Udc ci vanno caute, e il presidente del Senato, Franco Marini, sostiene che la proposta del ministro dell'Interno "va approfondita". La prossima settimana la discussione entra nel vivo, in attesa del meeting della maggioranza che Romano Prodi ha convocato a Caserta, l'11 e 12 gennaio. Già in calendario riunioni e incontri fra Chiti, ministro per i Rapporti con il Parlamento, e il centrodestra. Ma anche consultazioni autonome degli azzurri e del Carroccio.

Chiti: "Lavorare nelle sedi parlamentari". Il ministro non ha dubbi: "In questa fase - dice in un'intervista al Quotidiano Nazionale - è meglio continuare a lavorare sulle riforme nelle sedi parlamentari". Intanto, cerca quel "raccordo" al quale è necessario il contributo di tutti i partiti e del Parlamento. Non ha dubbi neanche il presidente del Senato: "Sulla legge elettorale si deve procedere con il dialogo e mai a colpi di maggioranza" dice Marini a Repubblica, aggiungendo che la proposta del ministro dell'Interno "va approfondita".

La cautela della Quercia. Dopo le prime prese di distanza di Ds e Margherita, oggi il futuro Partito democratico sceglie due strade per commentare. I Dl sfruttano l'onda lunga del ragionamento del ministro Parisi: "Ha ragione - dice Franco Monaco - a richiamare il nesso tra legge elettorale e riforme costituzionali", ma è "questo nesso che rende ancor più difficile la Convenzione di Amato". I Ds invece optano per la cautela: la Convenzione, sottolinea il responsabile Istituzioni della Quercia, Marco Filippeschi, è "non c'è contraddizione tra l'iniziativa di Chiti e la proposta di Amato, non saremo noi a dire no a un luogo in cui si discuta".

An: "Convenzione utile". Non si tirano indietro Forza Italia e Alleanza nazionale. L'ex ministro delle Politiche agricole Gianni Alemanno propone Gianfranco Fini alla presidenza della Convenzione, un luogo che - insiste l'azzurro Osvaldo Napoli - sarebbe "utile al Parlamento e al Paese perché potrebbe contribuire ad avviare un dialogo fra i due schieramenti".

Il no dei "piccoli". Compatti nel respingere la proposta, Rifondazione, Verdi, Pdci ma anche l'Udeur del Guardasigilli. Tra i partiti di maggioranza, voci fuori dal coro sono l'Italia dei Valori e i Radicali che con Daniele Capezzone insistono sulla via del referendum. Ironico il leghista Roberto Calderoli: "Tra un po' torniamo all'Assemblea costituente". L'Udc, con Francesco Pionati, ribadisce il proprio scetticismo: "La Convenzione allargherebbe troppo l'area del confronto, con lo stesso, prevedibile esito della Bicamerale".

(6 gennaio 2007)

DonaldDuck
08-01-2007, 05:32
http://www.iltempo.it/approfondimenti/index.aspx?id=1108817&Sectionid=5&Editionid=5

La proposta del ministro sulla legge elettorale potrebbe spaccare l’Unione

di GIANNI DI CAPUA

ROMANO PRODI ha paura. Teme i tentativi di sgretolamento della maggioranza. Teme le apertura all’opposizione. E vede con sospetto l’iniziativa di Giuliano Amato che, lanciando una convenzione per le riforme, apre a Silvio Berlusconi. Il quale ovviamente dice «sì, grazie» mettendo di nuovo in difficoltà il centrosinistra che si trova a respingere una proposta di dialogo. Che cosa teme Prodi? Anzitutto l’ala radicale della coalizione, il suo più fedele alleato. Il Pdci dice chiaro e tondo che l’ipotesi di Amato è da bocciare. Ma fanno eco anche Rifondazione comunista e Verdi, il partito più prodiano. In pratica respinge la proposta Amato tutta l’area che solitamente dice le cose che il premier non può istituzionalmente dire. Ed è ovvio che dicano di no, perché l’apertura al centrodestra porterebbe alla loro marginalizzazione. E anche l’Udeur avverte: «Sulla riforma elettorale, registriamo troppe proposte che mettono in campo troppi strumenti: dalla modifica della Costituzione alla convenzione. Si rischia di arrivare a un nulla di fatto. Siamo aperti al dialogo, ma prima bisogna trovare un’intesa all’interno della maggioranza», dice il capogruppo del partito di Mastella alla Camera Mauro Fabris. Che aggiunge: «Bisogna verificare la volontà del Parlamento sovrano di modificare la legge, il resto sono solo tatticismi: non accetteremo certo una riforma per risolvere i problemi interni al partito democratico o quelli del partito unico del centrodestra». Ma che il quadro sia questo arriva la riprova anche dalle reazioni ad Arturo Parisi che aveva rilanciato, vincolando il proprio sì alla convenzione di Amato alla possibilità di toccare anche la Costituzione: il prodiano Monaco ha chiuso subito la porta. Non si tirano indietro Forza Italia e Alleanza nazionale, anzi. Per bocca dell’ex ministro delle Politiche agricole Gianni Alemanno via della Scrofa propone Gianfranco Fini alla presidenza della Convenzione. Un luogo che sarebbe «utile al Parlamento e al Paese perché potrebbe contribuire ad avviare un dialogo fra i due schieramenti», insiste l'azzurro Osvaldo Napoli. Scherza, come al suo solito, il leghista Roberto Calderoli: «Tra un po’ ritorniamo all’Assemblea Costituente» dice commentando il tandem delle proposte Amato-Parisi, mentre l’Udc con Francesco Pionati ribadisce il proprio scetticismo: «La Convenzione allargherebbe troppo l’area del confronto, con lo stesso, prevedibile esito della Bicamerale».

domenica 7 gennaio 2007

franklar
08-01-2007, 08:45
Che è, la Bicamerale 2.0 ? :doh: Cmq., se vogliono stendere il tappeto rosso per il gran ritorno di Silvio sulla poltrona, questo è il modo giusto :muro: .

Tutti a dire, come Guzzanti ( Corrado ) che imitava Rutelli: " 'a Silviooo, RICORDATI DEGLI AMICI !!! " :muro: :muro: