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View Full Version : E l' Unione pose la censura sulle missioni militari


easyand
12-11-2006, 20:58
ROMA-Il consiglio - o un ordine??- è perentorio: raccontare ai media il meno possibile delle missioni militari italiane all’estero, mantenere insomma un basso profilo. A consigliare questa condotta è il governo.

Irritati i vertici delle forze armate, privati di una visibilità che per un esercito di professionisti costituisce anche un biglietto da visita promozionale per l’arruolamento.

Risultato:la presenza in Iraq è quasi scomparsa dalle pagine dei giornali, favorita certo dal ritiro ormai questione di settimane; offuscato l’Afghanistan, che ha rischiato di far cadere il governo sul provvedimento di rifinanziamento della missione, invisa alla sinistra radicale della maggioranza (tanto che si era cercato di farlo entrare in Finanziaria per evitare i successivi passaggi parlamentari, scorciatoia subito abbandonata per la levata di scudi ancora di parte dalla maggioranza).

Neppure del Libano, la prima missione militare progettata al 100% dal governo Prodi, circolano notizie. Salvo lo sbarco in diretta, sul resto della missione le notizie giungono con il contagocce, tanto da far passare quasi inosservato uno spiegamento di forze non indifferente, 2500 uomini con relativi mezzi operativi.

Le preoccpazioni sono note: la cronica instabilità dell’area in cui si alternano periodi di tregua a improvvisi e violenti scontri tra israeliani e palestinesi di Gaza e Cisgiordania, e con i caccia di Israele che ogni giorno sorvolano i cieli del Libano risvegliando le ire degli Hezbollah.

Sono passati due mesi e mezzo e sulla missione italiana in Libano è già un’impresa sapere del solo cambio della guardia al comando del contingente.


E molti militari non nascondono il disappunto per questa condotta che fa il paio con una situazione analoga tenuta per l’Afghanistan, dove i rischi per la missione crescono giorno dopo giorno.

L’estate scorsa, raccontano fonti militari, qualsiasi domanda posta dai media doveva passare sotto la lente d’ingrandimento degli uffici preposti ai rapporti con la stampa.

Una procedura normale - è vero - ma che dall’estate scorsa si è irrigidita, togliendo qualsiasi margine di autonomia ai quadri.

Altro nodo che preoccuperebbe il governo è la presenza di reparti speciali sollecitata dalla Nato a tutte le nazioni partecipanti a Isaf.

L’Italia ha sempre negato ulteriori apporti di truppe, anche se il numero dei soldati presenti in Afghanistan è cresciuto, pur restando nel tetto di 1938 unità autorizzato dal Parlamento, anche se nessuno ne ha parlato.

Se chiudiamo con le polemiche sulla mancata commemorazione nazionale di Nassiriya, 12 novembre 2003, ce n’è abbastanza per dedurre che il giro di vite sull’informazione è ben più che un sospetto.

C.F.

dantes76
12-11-2006, 21:37
ROMA-Il consiglio - o un ordine??- è perentorio: raccontare ai media il meno possibile delle missioni militari italiane all’estero, mantenere insomma un basso profilo. A consigliare questa condotta è il governo.

Irritati i vertici delle forze armate, privati di una visibilità che per un esercito di professionisti costituisce anche un biglietto da visita promozionale per l’arruolamento.

Risultato:la presenza in Iraq è quasi scomparsa dalle pagine dei giornali, favorita certo dal ritiro ormai questione di settimane; offuscato l’Afghanistan, che ha rischiato di far cadere il governo sul provvedimento di rifinanziamento della missione, invisa alla sinistra radicale della maggioranza (tanto che si era cercato di farlo entrare in Finanziaria per evitare i successivi passaggi parlamentari, scorciatoia subito abbandonata per la levata di scudi ancora di parte dalla maggioranza).

Neppure del Libano, la prima missione militare progettata al 100% dal governo Prodi, circolano notizie. Salvo lo sbarco in diretta, sul resto della missione le notizie giungono con il contagocce, tanto da far passare quasi inosservato uno spiegamento di forze non indifferente, 2500 uomini con relativi mezzi operativi.

Le preoccpazioni sono note: la cronica instabilità dell’area in cui si alternano periodi di tregua a improvvisi e violenti scontri tra israeliani e palestinesi di Gaza e Cisgiordania, e con i caccia di Israele che ogni giorno sorvolano i cieli del Libano risvegliando le ire degli Hezbollah.

Sono passati due mesi e mezzo e sulla missione italiana in Libano è già un’impresa sapere del solo cambio della guardia al comando del contingente.


E molti militari non nascondono il disappunto per questa condotta che fa il paio con una situazione analoga tenuta per l’Afghanistan, dove i rischi per la missione crescono giorno dopo giorno.

L’estate scorsa, raccontano fonti militari, qualsiasi domanda posta dai media doveva passare sotto la lente d’ingrandimento degli uffici preposti ai rapporti con la stampa.

Una procedura normale - è vero - ma che dall’estate scorsa si è irrigidita, togliendo qualsiasi margine di autonomia ai quadri.

Altro nodo che preoccuperebbe il governo è la presenza di reparti speciali sollecitata dalla Nato a tutte le nazioni partecipanti a Isaf.

L’Italia ha sempre negato ulteriori apporti di truppe, anche se il numero dei soldati presenti in Afghanistan è cresciuto, pur restando nel tetto di 1938 unità autorizzato dal Parlamento, anche se nessuno ne ha parlato.

Se chiudiamo con le polemiche sulla mancata commemorazione nazionale di Nassiriya, 12 novembre 2003, ce n’è abbastanza per dedurre che il giro di vite sull’informazione è ben più che un sospetto.

C.F.

Ot
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