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View Full Version : Riforma dell'ordinamento giudiziario, la storia infinita


dantes76
28-10-2006, 15:37
26-10-2006
Riforma dell'ordinamento giudiziario, la storia infinita
Carlo Guarnieri

Il 23 ottobre la Camera ha definitivamente approvato la sospensione, fino al 31 luglio 2007, di buona parte della riforma dell’ordinamento giudiziario varata dalla precedente maggioranza nella scorsa legislatura. In particolare, la sospensione interessa due aspetti di rilievo della riforma ideata dall’ex-ministro Castelli: la cosiddetta separazione delle carriere e la progressione in carriera dei magistrati.

Separare le carriere?

La riforma Castelli prevedeva che entro il 28 ottobre 2006 i magistrati in servizio dovessero optare per una o l’altra delle due funzioni: quella di giudice o quella di pubblico ministero. Per il futuro, era poi previsto che, a cinque anni dall’entrata nel corpo, i magistrati dovessero scegliere definitivamente a quale funzione appartenere.

Era una soluzione di compromesso che manteneva il corpo giudiziario unito, anche se dopo i primi anni rendeva impossibile passare da una carriera all’altra. Per questo avrebbe ulteriormente irrigidito i percorsi professionali dei nostri magistrati, cosa di cui non si sente assolutamente il bisogno. Per di più, gli avvenimenti di questi giorni dimostrano che la riforma è difficilmente attuabile.

Infatti, pare che, in vista della scadenza del 28 ottobre, centinaia di magistrati abbiano deciso per protesta di chiedere il cambio di funzioni: se la legge non fosse intervenuta a sospendere la riforma, il Consiglio superiore della magistratura sarebbe stato paralizzato.
La discussione sulla necessità di separare le carriere di giudice e pubblico ministero è in corso da lungo tempo. Grosso modo, gli avvocati, specie i penalisti, sono favorevoli e i magistrati, largamente contrari.

La separazione, di per sé, poco influirebbe nell’immediato sul rendimento del sistema giudiziario. D’altra parte, il nostro processo – penale e civile – ha bisogno di una forte semplificazione, se si vuole ricondurne la durata a tempi ragionevoli. (1) Per fare questo però è necessaria la collaborazione di tutti i protagonisti del processo: senza il sostegno fattivo dell’avvocatura difficilmente potranno essere portate a compimento riforme che snelliscano le nostre procedure. Quindi, la separazione delle carriere, e in generale un rapporto più stretto fra magistratura e avvocatura, non deve essere abbandonata ma, pur con gradualità, realizzata.

Assicurare la professionalità?

Un secondo aspetto importante della riforma Castelli riguardava i controlli sulla professionalità dei magistrati. Da tempo è noto che l’attuale situazione è nettamente insoddisfacente e che le qualità dei nostri magistrati sono affidate per lo più alla loro coscienza (che in molti casi, per fortuna, funziona). La riforma del centrodestra voleva risolvere il problema introducendo un complicatissimo sistema di concorsi interni – circa una ventina – che avrebbe assorbito un’enorme quantità di risorse, senza garantire i risultati.

Il problema di come verificare le qualità professionali dei magistrati è complesso. In primo luogo è necessario individuare strumenti che le verifichino davvero e non misurino invece qualcos’altro. Ad esempio, i concorsi basati su esami tendono a valutare non tanto le effettive capacità professionali quanto le conoscenze teoriche, che non sempre sono alle prime collegate. Hanno inoltre il difetto di non incentivare l’impegno lavorativo. Anzi, in realtà di scoraggiarlo, dato che la valutazione si basa su conoscenze teoriche che possono essere apprese soprattutto fuori dall’ufficio.

Quindi, se valutazioni ci devono essere, è opportuno che tengano presente soprattutto il modo con cui il magistrato svolge le sue funzioni. Importanti potrebbero quindi essere i giudizi dei capi degli uffici, dei consigli giudiziari, dell’avvocatura e, con le dovute cautele, degli stessi cittadini. Semmai, andrebbero costruiti strumenti per evitare le valutazioni sempre e comunque elogiative che non discriminano fra i magistrati.

La valutazione dei magistrati solleva però la questione di come evitare che la loro indipendenza ne possa essere in qualche modo danneggiata. È questo un rischio presente anche quando a compiere la valutazione è un organo interno alla magistratura, come il consiglio giudiziario e lo stesso Csm. Una soluzione è quella di allargare e diversificare la provenienza dei giudizi, in modo da ridurre la probabilità di abusi. D’altra parte, per non ammazzare la qualità con la quantità, è anche opportuno che le valutazioni non siano troppo numerose.

Prevedere che tutti i magistrati siano valutati ogni quattro anni (2) significa effettuare almeno duemila valutazioni l’anno: è realistico aspettarsi che siano fatte tutte con sufficiente cura? Una strada forse più efficace è quella di investire sulla formazione iniziale.

Perché non selezionare meglio?

Una legge organizzativa ben nota afferma che il rendimento lavorativo può essere assicurato da una serie più o meno ampia di controlli o da un processo di selezione particolarmente accurato o da una combinazione di questi due strumenti.

Se si ritiene, non senza ragione, che i controlli sull’attività del magistrato debbano tenere conto della necessità di non interferire con la sua indipendenza, è opportuno rafforzare il processo di selezione iniziale e farlo seguire da un adeguato periodo di formazione. In questo campo, la riforma Castelli offre qualche buona idea. Innanzitutto, per partecipare al concorso iniziale, oltre all’ovvia laurea in giurisprudenza, richiede un’ulteriore serie di qualificazioni.

La lista dei titoli necessari può ovviamente essere ritoccata, ma l’idea resta valida, soprattutto perché per la prima volta tiene in qualche conto l’esperienza professionale. Inoltre, la riforma ha istituito finalmente la scuola della magistratura. (3) Anche in questo caso, qualche ritocco è necessario. Alla scuola sono stati assegnati troppi compiti e voler istituire tre sedi è perlomeno velleitario. La riforma Castelli non va però abbandonata: senza una miglior formazione – che includa anche una dimensione organizzativa – difficilmente sarà possibile migliorare il rendimento della nostra giustizia.
Naturalmente, molto dipenderà dalla capacità del Parlamento di decidere. Molto dipenderà anche dalla volontà degli attori principali – magistratura e avvocatura in primis – di trovare un accordo. Oggi, le prospettive non sembrano promettenti. Ma, si sa, la speranza è l’ultima a morire.


(1) L’ultima, ennesima, condanna del Consiglio d’Europa è del 2 ottobre scorso.
Vedi http://www.coe.int/t/dc/press/.
(2) Vedi Italia Oggi del 26 ottobre 2006.
(3) Il decreto è in vigore, anche se finora non sembra avere ancora trovato applicazione.


http://www.lavoce.info/news/view.php?cms_pk=2414

bjt2
28-10-2006, 17:28
Allora ricordavo male... :stordita: Non fate caso ad un mio messaggio in un altro thread... :stordita: